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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: LO SCARTO DEL SUICIDIO
Genere: Fantasy, Dark
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: gokusupersaya galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 05/05/2011 21:18:16


 
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- Capitolo 1° -

Gli acuminati occhi di Belial scrutavano, dall’alto della torre campanile, la vita d’una fanciulla appesa ad un filo: sospesa fra le gelide acque d’un torrente ed un ponte ferroviario abbandonato.
Dall’altra parte, la gente del paese, esplodeva in una grande festa popolare, radicata nelle più antiche tradizioni dei loro avi.
Era incredibile come nessuno di loro percepisse l’immenso dolore di quella fanciulla, la sua assenza, la sua indignazione verso la propria esistenza; in quel momento, paradossalmente, solo una creatura come Belial, riuscì a contemplare quell’agonia d’incertezze.
Il paesaggio campestre si estendeva a raggiera, attorno alle antiche mura del paese, ed una lieve pioggia tintinnava, da una parte, sui tetti del paese, dall’altra, sulla verdeggiante vegetazione, dividendosi in melodie polifoniche che si univano nell’aria e puntavano alla luna.
Belial decise di conoscere meglio quella giovane e si spostò, con la propria velocità soprannaturale, per sederle accanto, sulla trave di ferro arrugginita dal tempo.
«E’ una serata infausta e troppo misteriosa per uccidersi, ma da qui si gode d’un bel paesaggio illuminato da quella luce lattea della luna.»
Lui vestito con un frak nero, pantaloni neri, camicia e tuba nera, faceva spiccare nella notte la rosa bianca appuntata sul petto. Le tenebre davano, inoltre, ancor più risalto alla sua pelle cadaverica, i suoi occhi d’argento e le mani caratterizzate da lunghe e raffinate dita.
La ragazza, innalzata sul margine di quella trave, che componeva il ponte ferroviario, si meravigliò di vedere improvvisamente la presenza di quell’essere, che ingenuamente scambiò per umano.
Non l’aveva sentito arrivare, non aveva percepito alcun passo; la sua apparizione fu così veloce che poteva essere paragonata a quella d’un fantasma.
«Chi sei? Cosa vuoi da me?»
«Qualcuno che ha voglia di chiacchierare sotto la luna»
«Non credo ascolterò le tue parole»
Gli occhi della fanciulla, d’un azzurro chiarissimo, brillavano nella notte e riflettevano di luce lunare come occhi felini; questi trasmettevano un grande senso di colpa e di un dolore macchiato di sangue, e mentre le sue parole trasmettevano fermezza la vista le tradiva.
«E se fossi io a voler ascoltare te?»
Belial restava seduto con aria noncurante: la gamba destra portata al petto, faceva d’appoggio al braccio opposto, mentre la gamba sinistra penzolava verso il torrente ed il braccio destro sorreggeva il corpo, poggiandosi su di una giuntura del ponte.
«Penserei che sei davvero folle a non capire la situazione. O forse vuoi cercare di convincermi a non gettare questo corpo nelle fredde acque sottostanti.»
«Bene! Sì, io sono folle! Lo sono dalla nascita, e, per mestiere, non sottraggo alla morte le sue vittime»
«Insomma, chi ti ha mandato?»
«Ma tu! Non hai intenzione di cadere, intenzionalmente, verso quel torrente? Non ammiravi quell’orizzonte di stelle, come fosse l’ultima notte della tua vita? Non cerchi la morte?»
Lei abbassò le braccia che fino ad allora erano rimaste sollevate ad altezza delle spalle, come a simulare delle ali, ali che l’avrebbero aiutata nel volo contro quel vento che s’insinuava nel letto sottostante: gelido e acuto.
«Tre volte si.»
«Bene»
«Sei tu…la morte?»
Belial scoppiò in una risata molto scomposta a quelle parole.
«Io la Morte? No…posso esser tutto fuorché essa»
«E allora…non capisco, non seguo il nesso delle tue domande, non capisco perché sei apparso qui accanto a me pretendendo di ascoltarmi proprio prima che io muoia»
«I miei occhi osservavano il tuo sottile vestito bianco mosso dal vento»
«Non mi rispondi»
«Ma poi, dall’alto della torre campanile, ho ben percepito un desiderio di morte»
«Divaghi…»
«…morte si, ma è una morte che cerchi in modo cieco, poiché vorresti vivere ancora»
«Vuoi persuadermi! Ciò che dici è una menzogna!»
Lei inclinò il corpo in avanti, verso quelle acque ingrossate dai numerosi giorni di pioggia.
«Non vorrai ucciderti ora solo per affermare la tua teoria e dimostrare a me che ho torto. Non gioiresti nemmeno per aver dimostrato d’aver ragione»
La giovane tornò sui suoi passi e Belial le sorrise con le sue labbra cadaveriche.
«Bene. Se devi morire, devi farlo per te stessa non per altri»
«E’ per me stessa che sono qui!»
«Io invece sono qui per te. Mi affascina il sangue che hai cosparso sulle mani»
«Tu…tu sei…»
«Folle?»
«Si»
«Lo so! E’ il mio più gran vanto; ma tornando a te…come ti chiami?»
«Catherine»
«Bello! Conobbi una ragazza con questo nome circa un secolo fa»
«Assurdo»
«Che (pensa che follia) voleva uccidersi gettandosi in un fiume»
«Storia già sentita…»
«La conobbi giuro!»
«Folle! Come quel sorriso che non ti si spegne»
«Catherine prima di uccidersi, decise di ballare col vento per un’ultima volta»
Belial si alzò ed invitò, con gesto galante, la giovane a ballare
«Mi vorresti far ballare?»
«Beh, sarebbe carino nei confronti di quella povera Catherine»
La giovane osservava con timore la mano di Belial, per terrore che, con la pretesa assurda del ballo, la portasse via da quel posto evitandole la morte.
«Non preoccuparti, non ti sottrarrò al tuo destino, ma prendi questa mano e balla con me seguendo il nostro ritmo.»
I due si avvicinarono: Belial passò le lunghe dita fra i capelli dorati di lei per poi afferrarle la mano, l’altra era già adagiata sul fianco.
Iniziarono a ballare su quel reticolo di travi arrugginite. Si scambiarono i sospiri, le intese, i gesti ed i sorrisi. Lui la teneva con destrezza e forza, lei scivolava nell’incanto di quel viso così folle e bello, da non farle intuire più la linea fra la pazzia e la ragione.
Belial la coinvolgeva in giravolte, l’allontanava, non lasciandole mai la mano, ma sempre la rivoleva dinanzi a se, a pochi centimetri dal suo volto. Ammaliava, come solo una figura demoniaca di quel calibro poteva fare, con il solo allungare un angolo della sua bocca, trasformando due semplici labbra in un sorriso che mescolava il furbo, il pazzo, l’elegante, il raffinato ed il naturale.
Ballarono lasciando crescere in loro la semplice emozione del lasciarsi andare, travolgere dai sensi, trasportare dal ritmo naturale della vita; mentre, poco lontano, giungeva il chiasso della festa paesana, intrisa di parole senza alcun significato, di gente ebbra di vino e scelleratezze.
In cielo, scoppiavano le stelle umane con giochi di colori e di botti diversi.

Finì in un caschè.

La tuba di Belial cadde sulla trave ed infine nel torrente, ma poco importava ai due, che rimasero a cercare le rispettive anime attraverso la porta degli occhi, e proprio quelli argentati del demone accarezzavano con fremito i lineamenti del viso di Catherine, completamente sottomessa in quel gioco.
Le labbra di lei si dischiusero appena per riprendere fiato.
Rimasero fermi per una manciata di minuti, poi, lei azzardò audace.
«Aspetto un tuo bacio»
«Non voglio suggellare un sentimento verso qualcuno che presto morirà, odio i lutti amorosi»
Sciolse l’abbraccio e si allontanò di qualche passo.
«Adesso puoi morire, se lo desideri; se sei convinta che il suicidio laverà via il sangue che hai cosparso sulle mani. Và. Fallo. Non avere rimorsi.»
Catherine sorrise a Belial guardandolo comprensiva; non capiva perché aveva avuto quell’incontro, eppure era successo e non voleva dargli una spiegazione logica, come illogico era quell’essere, come illogico, forse, era il suo suicidio…ma poco importava, le fazioni della ragione e della pazzia si erano fuse in sentimenti.
Si girò nuovamente verso il torrente, ascoltò l’acqua impetuosa che scivolava sui sassi ed accarezzava i fili d’erba cresciuti sulle sue sponde.
Si sporse in avanti…
Belial si voltò, forse per non vedere, ma sul suo viso era stranamente dipinto un sorriso soddisfatto.
«Non ho sentito il tonfo»
Quando si voltò, lei gli aveva circondato l’addome con le sue gracili braccia e lo stringeva forte, più forte che poteva, come fosse la sua ancora di salvezza.
«Non voglio morire»
Era un flebile sussurro in quella infausta notte che si apprestava a divenire alba: già parte del cielo est, infatti, aveva perso le sue stelle.
Belial abbassò il viso e con le labbra sfiorò quelle parole sul nascere, ma non si fermò lì…la bocca scese a fior di pelle, fino a giungere sul collo; lì rivelò le proprie fauci e con una morsa mortale, succhiò via la vita dal corpo di Catherine, che morì senza emettere alcun grido.
«Lieto di averti salvata»
Scostando il corpo, dissanguato, da se, lo fece precipitare nelle acque del torrente, che lo trascinarono via verso altri luoghi.
Ciò che tornò a riva fu il suo cilindro che scese a raccogliere, per poi abbandonare quel luogo macchiato dalla dubbia follia di quel demone di nome Belial.

 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
jappak - Voto: 15/05/11 00:07
stupendo..mi piace dall inizio alla fine..mi ha preso!grazie..mi piace
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