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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Beyblade (Bakuten Shoot Beyblade)
Titolo Fanfic: JULIET
Genere: Sentimentale, Romantico, Azione, Drammatico, Erotico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Yaoi
Autore: stellina2790 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 17/12/2010 23:52:29

..In questa fanfic Boris incontrerà un personaggio di mia invenzione..E\\\' una storia cui sto appresso da mesi e ci tengo molto..Spero vi piaccia
 
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..LAGGIù..IN UN MONASTERO RUSSO...
- Capitolo 1° -


JULIET


Tutto era iniziato quand’ero troppo piccolo per capire.
Nevicava quel giorno.Una vera e propria tempesta infuriava sulla città di Mosca. La mia città. Avevo freddo e fame. I mercati erano chiusi, e non avevo nemmeno l’occasione di rubare qualcosa da mettere sotto i denti, o un portafoglio da qualche sprovveduto.
Non avevo altro modo per vivere.
Sentivo le forze venirmi meno, e trascinavo i piedi sulla neve ormai alta, che mi rendeva ancora più difficoltoso il movimento. Non sapevo dov’ero.
Vidi un enorme e all’apparenza vecchio palazzo e mi accasciai tra le sue mura. Lì almeno gli spiragli di freddo erano limitati e mi permettevano di riscaldarmi per quanto fosse possibile. Non avevo un soldo in tasca, avevo una maglietta e pantaloni troppo lunghi.
Mi addormentai così, seduto su quel pavimento di pietra, rannicchiandomi su me stesso.
Quando mi svegliai, non ero più nel posto che ricordavo essere stato l’ultimo. Le mie ossa erano ancora infreddolite, ma lì dentro faceva più caldo. Mi trovavo dentro un palazzo enorme, dai soffitti altissimi, buio e piuttosto inquietante. Chi mi aveva portato lì? Dov’ero?
Non capivo, quindi mi limitai a fare qualche passo per capire meglio. Ero un bambino coraggioso e ne ero consapevole. In fondo, i miei genitori erano morti quand’ero appena un neonato. Un’anziana signora moscovita mi aveva allevato fino all’età di quattro anni, poi anch’ella, per vecchiaia, aveva finito per morire. Da lì mi ero ritrovato totalmente solo. Avevo a malapena sei anni, ed era un anno pieno che mi nutrivo in strada, rubando o chiedendo un po’ di soldi, che i più caritatevoli erano spesso disposti a darmi.
Ora però mi trovavo in un’enorme struttura sconosciuta, da solo, in mezzo a un corridoio buio di cui non vedevo la fine.
“Andate a prendere il ragazzino”. Una voce distolse la mia attenzione, proveniva dalle mie spalle. Mi girai di scatto, appena in tempo per vedere un tizio incappucciato che mi agguantava per un braccio, tirandomi verso di lui. Indossava una lunga tunica nera consunta, e aveva il colletto bianco piuttosto malmesso. Mi lasciai trascinare senza opporre troppa resistenza, e il tipo mi mollò con poca gentilezza in una stanzetta malamente arredata. C’era una scrivania, qualche sedia, un orribile quadro appeso alla parete, delle foto di gente sconosciuta. Erano ritratti molti bambini.
Decisi di sistemarmi su una sedia, ero ancora parecchio indolenzito, ma altrettanto deciso a non lamentarmi, né a piangere. Avevo dimenticato come si faceva da un po’ di tempo ormai.
La mia attenzione venne attirata da un uomo che era entrato silenziosamente e si era sistemato davanti a me, dietro alla scrivania. Mi sorrise. Un sorriso che non mi piacque per niente. Aveva i capelli quasi del tutto bianchi, la pelle chiarissima, avrà avuto almeno sessant’anni. Aveva il naso aquilino, affilato e piuttosto lungo. Le labbra erano praticamente inesistenti, il volto contratto e gli occhi ben nascosti dietro un paio di occhiali scuri di cui io non comprendevo l’utilità dato che eravamo in un luogo chiuso, malamente illuminato per giunta. Continuò a sorridermi, poi mi allungò una grossa mano nodosa.
“Piacere piccolo, mi chiamo Vladimir”. Il suo tono era zuccheroso e un senso di nausea mi assalì, costringendomi a distogliere velocemente gli occhi da lui. Allungai anche io una mano distrattamente, che scomparve inghiottita dalla sua.
“Mi chiamo Boris…” Sussurrai con un filo di voce.
Lui sembrò soddisfatto, come se avessi espresso chissà quale concetto astruso ma estremamente intelligente.
“Bene, e quanti anni hai?”. Intanto sopraggiunse un altro uomo incappucciato, vestito nell’identico modo di quell’altro.
“Ne ho..boh, credo cinque”. Lui irruppe in una risatina che continuò a non ispirarmi fiducia.
“E dimmi, perché te ne stavi fuori dal monastero tutto solo?”. Ah, allora è un monastero. Bene, immagino sia pieno di preti, e quegli uomini incappucciati non siano altro che monaci.
“Non sapevo dove andare…”.
“Vivi solo?” Incalzò quello. Decisi di essere più esauriente, magari mi avrebbe lasciato andare via prima.
“No, vivo nella strada, non ho nessuno…”. Vladimir assunse un’espressione interessata, e s’avvicinò al mio viso.
“Bè, e come hai fatto a vivere fino ad ora? Hai qualcuno che ti dava da mangiare?”. Mi chiesi cosa gliene potesse importare. Scossi la testa energicamente.
“No, rubavo qualcosa, o chiedevo un po’ di soldi...”. Il suo sorriso si allargò vistosamente, facendomi impallidire.
“Bene piccolo Boris… Adesso ti presento altri bambini della tua età… Non saresti contento di vivere qui? Qui hai tutto piccolo Boris… Hai del cibo caldo e buono, un letto, una cameretta tutta tua..”
Nella mia mente di bambino, quella proposta non poteva che risultare allettante. Non ne trovavo l’aspetto negativo, quindi la mia risposta affermativa non arrivò a tardare. Lui applaudì dinanzi a me.
“Benissimo, sono davvero felice che tu sia dei nostri..Qui ci sono tantissimi bambini sai?”. Improvvisamente un lamento attirò le mie orecchie. Sembrava un pianto, ed era piuttosto lontano. Vladimir fece uno strano cenno al monaco ancora appoggiato vicino alla porta, e quello uscì velocemente.
“Bene, adesso chiamo qualcuno che ti accompagnerà nella tua stanza…” Prese un telefono color avana appoggiato alla scrivania e compose un numero. Attaccò velocemente e tornò a fissarmi.
“Vedrai, ne sarai felice… Qui non dovrai rubare… Qui siamo una grande famiglia!”Rise. In modo sinistro, sgradevolissimo all’orecchio. Un senso di pesantezza mi invase, e un brivido mi percorse la schiena in tutta la sua lunghezza. Volevo andarmene da quella stanza. Proprio mentre iniziavo a oscillare nervosamente sulla sedia, un monaco entrò tirando per un braccio un ragazzino piuttosto robusto. Doveva avere almeno otto anni. Aveva dei capelli biondissimi piuttosto scompigliati, e sul suo volto non c’era la benché minima ombra di sorriso. Fu trascinato vicino a me. Vladimir non accennava a smettere di sorridere.
“Bene Boris, lui è Sergei. Ti accompagnerà nella tua nuova cameretta”. Allungai indifferente la mano per presentarmi, ma quello nemmeno la prese. Piuttosto, mi agguantò per un braccio e mi trascinò fuori. Non potevo competere con la sua stazza fisica, e dovetti fare attenzione a non scivolare sotto tutta quella foga.
Si fermò bruscamente e gli finii addosso. Ricorderò molto a lungo lo sguardo che mi lanciò il robusto ragazzino biondo. Se avesse avuto la capacità di fulminarmi, sarei stato ridotto in cenere in meno di pochi secondi.
“Stai attento piccoletto!” Mi disse, ringhiando come un cane rabbioso. Decisi di tacere, anche se sentivo l’ira salirmi fin nel cervello. Se ne approfittava solo perché ero più piccolo di lui, anagraficamente e fisicamente.
Mi mollò davanti a una porta numerata: numero 264.
“Sei arrivato ragazzino, buon soggiorno vacanze” rise maligno, prima di lasciarmi il braccio ormai indolenzito e allontanarsi.
Aprii la porta con un po’ di timore. Era una stanzetta piuttosto povera, con qualche mobile essenziale sgangherato, due letti dai materassi bassi e con un paio di coperte sudice, una minuscola finestra che dava su un parco, situato probabilmente dietro il monastero. L’aspetto che mi andava più a genio era un piccolissimo balcone, posto nella parte est della stanza. Non c’era nulla di tecnologico, ma per me era qualcosa di straordinario avere un letto sul quale dormire e dei pasti caldi senza bisogno di rubare. Il tutto, a quanto sembrava, completamente gratis. Probabilmente era una struttura simile agli orfanotrofi, che ogni tanto avevo sentito nominare. Mi chiesi cosa potevo farci con due letti singoli, ma la risposta arrivò poco dopo.
Un ragazzino mi sfiorò un braccio e mi fece voltare di scatto.
Incontrai subito due immense iridi azzurre, luminose e vivaci. Il ragazzino era più basso di me, aveva un maglione troppo lungo che gli copriva le manine candide. Non potei non notare subito il contrasto tra quei due enormi e immensi pozzi di ghiaccio e un groviglio scompigliato di ciocche rosso fiamma che gli ricadevano lungo il piccolo viso niveo e delicato.
“Sei nuovo?” Mi chiese il bambino sorridente. Sentii il suo sorriso scaldarmi il cuore.
“Sì, sono nuovo…Mi chiamo Boris” Sussurrai. Non avevo molta voglia di parlare, ma non riuscii nemmeno a distogliere il mio sguardo da quelle due iridi splendide.
“Ciao…Mi chiamo Yuri, ho quattro anni”. Iniziò a seguirmi, finché io non mi buttai sul letto che, notai subito, essere piuttosto duro e scomodo. Lui fece lo stesso e trascinò i piccoli piedi fino al suo, aggrappandosi a fatica, cercando alla bell’e meglio di tirarsi su le maniche blu.

….Così iniziò la mia avventura nel monastero…

**
Ehilà! E' la prima volta che pubblico una storia di mia invenzione! In realtà è piuttosto lunga e complessa, ma spero comunque che vi piaccia! Se commenterete e vi interesserà sarò ben lieta di pubblicare i capitoli successivi! Un bacione a tutti!
 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
degloskov - Voto: 01/02/11 17:53
L'inizio è veramente bello! Descrive molto bene il monastero e il carattere di chi è all'interno... sarei curiosa di leggere il seguito! ;)
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