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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Magic Knight Rayearth
Titolo Fanfic: LE FIGLIE DEL DESTINO
Genere: Sentimentale, Romantico
Rating: Per Tutte le età
Autore: umisan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 17/09/2010 17:27:55 (ultimo inserimento: 18/09/10)

Cosa succederebbe se i tre Cavaleri Magici fossero state sconfitte nell'ultima battaglia, ma qualcosa di loro fosse rimasto?
 
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SIAMO LE LORO FIGLIE
- Capitolo 1° -

Si guardarono senza sapere bene che fare, poi Iris
-Andiamo?
Anaìs annuì.
-Sì, ci aspetta.

Il Monaco Guida sollevò il capo appena entrarono.
-Salve, siete arrivate.
Avanzarono timorose, e lui sembrò capirle.
-Non preoccupatevi. Ho parlato loro di una visita.
-Ma non sanno chi siamo. No?- era Iris.
-No. Avrei potuto dirglielo, naturalmente …
-Ma non lo avete fatto.
-Dovete affrontarli voi, mi spiace.
-Sapete dove sono?

Iris si aggirava nervosa alla ricerca dell’uomo. Non lo aveva visto mai ma sapeva perfettamente come riconoscerlo.
Un uomo alto, coi capelli neri, vestito di nero, con un lungo mantello.
Iris non sapeva leggere nel pensiero ma possedeva poteri latenti, in parte dovuti all’acuta sensibilità. Chiuse gli occhi
Lantis Kailu Lantis
e lo vide. Un uomo alto, capelli neri e abiti scuri. Sedeva sul bordo di una grande fontana, in un favoloso giardino. Aprì gli occhi sottraendosi all’immagine.
Non ne aveva più bisogno.

Marine era molto confusa. Non aveva idea di dove cercare, il Monaco Guida era stato estremamente vago. E poi non le piaceva l’idea di andare a cercarlo nella sua stanza, era come violare la sua privacy. Non bastava che gli sarebbe comparsa davanti senza che lui nemmeno sospettasse della sua esistenza? Sospirò
Ascot Baal Ascot
A volte anche lei aveva delle sensazioni, anche se non come quelle di Iris. Le aveva a sprazzi, a ondate. Proprio come adesso.
Chiuse gli occhi per isolare quel segnale. Si fermò. Si voltò verso dove lo sentiva più forte.
Aprì gli occhi e riprese a camminare.

Anaìs possedeva una sensibilità molto simile a quella di Iris, ma la sua era il frutto del suo intelletto. Adesso però, per quanto si concentrasse non riusciva a capire dove potesse essere. Clef aveva detto all’entrata, ma loro erano venute da lì e se ci fosse stato lo avrebbero sicuramente visto.
Certo, questo succedeva almeno un’ora fa.
Chiuse gli occhi e ascoltò. Tutte le creature magiche di Sephiro lasciano la loro presenza nell’aria, aveva detto Clef. A lei restava solo da isolare quella appartenente all’uomo che stava cercando, perché naturalmente in quel castello ne vivevano molte
Felio principe Felio
Ci volle un po’, ma alla fine seppe da che parte andare.

Il giardino era immenso e Iris ne restò impressionata. Appena vide l’uomo seduto sulla fontana poi, ebbe paura. Non perché avesse da temere qualcosa da lui, semplicemente perché non aveva idea di come presentarsi. Per lui, lei non era niente.
Comunque avanzò. Voleva conoscerlo, ma soprattutto doveva, perché lo doveva a sua madre. Lei lo amava troppo, e per Iris l’unico modo di renderle giustizia era questo. Dopotutto, gli restava solo lei.
L’uomo non l’aveva vista. Iris aveva il cuore che le batteva forte. Non lo conosceva, non lo aveva mai visto ma sapeva che era uno spadaccino, anzi, lo spadaccino magico di Sephiro. Sapeva che era il fratello minore del Sommo Sacerdote Zagart, e che era stato vicino alla principessa Emeraude. Sapeva che poco prima della loro morte era partito per Ootozam e lì si era fermato, fino al ritorno dei Cavalieri Magici, diventando l’amico del cuore del comandante Eagle Vision.
Era a pochi passi. L’uomo alzò gli occhi su di lei e Iris vide la sua sorpresa. Capì che sapeva chi era, o forse solo lo intuiva.
Si schiarì la voce, e
-Salve … io mi chiamo Iris.
Subito lui non disse nulla. Poi
-Chi sei?
-Io … sono la visita di cui il Monaco Guida vi aveva parlato. Ho quattordici anni, e …
-Quattordici?
-Sì.
Aveva capito. Quattordici anni erano passati, dalla morte di sua madre nella battaglia finale.
-Da dove vieni?
-Io, da un villaggio. Qui vicino.
-Chi sono i tuoi genitori?
-Io … non li conosco. Cioè, non conosco mia madre. Lei è …
Ma lui aveva capito. Tese la mano.
-Vieni qui, ti prego. Voglio guardarti bene.
Era proprio il momento che temeva, perché sapeva - dalle immagini, naturalmente - che la somiglianza con sua madre non poteva essere equivocata. Comunque venne avanti e lasciò che l’esaminasse. Non la toccò, le voltò solo appena il viso.
-Tu non puoi … - la guardò, come se cercasse da lei una conferma -Sei sua figlia. Vero?
E lei annuì.
- … Vostra figlia.
E lui non seppe che altro dire. Non osava nemmeno abbracciarla. Non era solito a certe manifestazioni.

Marine camminava spedita adesso, certa della sua direzione. Avrebbe dovuto bussare alla porta, ma non c’era scelta.
Arrivò davanti alla porta e fu certa che fosse quella. L’energia magica si sprigionava tanto potente che non poteva sbagliarsi. Sollevò la mano, trasse un profondo respiro e bussò.
-Sì, avanti.
Aprì pian piano. Lasciò sporgere solo la testa.
-Posso?
Il ragazzo sul letto si voltò e sembrò molto confuso. Non sapeva chi lei fosse ovviamente, ma poteva indovinarlo solo guardandola?
Secondo lei sì.
-Sì …
-Grazie.
Entrò ma restò sulla soglia, non osava avvicinarsi di più.
- … Io sono … la visita. Non so se …
-Ah. Sì.
-Mi chiamo Marine. Ho quattordici anni. Vengo dal villaggio.
-Sì …
Fece un altro passo.
-Tu non mi conosci. Però conoscevi mia madre.
-Tua madre …?
-Sì.
Non c’era bisogno di dire altro, aveva capito. Aveva visto i suoi occhi, o forse era stato il suo cuore a capire. Quello che di certo non capiva, era come questo fosse possibile.
Ma al momento non aveva importanza. L’abbracciò.

Anaìs tornava indietro verso l’entrata del castello. Camminava a passo spedito anche se il cuore le martellava, non sapeva cosa avrebbe potuto dirgli. Dopotutto non lo conosceva affatto, e lui non sapeva chi lei fosse. E poi, doveva dargli del tu o del voi? Era un principe, no?
Da lontano vedeva l’entrata, e intravide anche la figura. Capì che era lui, e adesso si sentiva ancora più impacciata.
Volutamente rallentò il passo per guadagnare ancora qualche secondo, ma nella testa continuava ad avere un enorme buco nero.
Lo raggiunse. Era di spalle ma non si voltò neanche sentendo i suoi passi, il che le fece capire che doveva essere profondamente immerso nei suoi pensieri.
Chissà, forse pensava proprio a lei.
Esitò, poi
- … Scusatemi …
Il giovane uomo si voltò, e la osservò per un lungo istante mentre la sua espressione cambiava. Anaìs pensò che stesse aspettando lei si inchinasse, quindi fece per farlo. Invece lui le prese la mano.
-Ti prego, no. Io non sono nessuno qui dentro.
Allora si tirò su.
-Io …
-Qual è il tuo nome?
-E’ Anaìs, Maestà.
-Tu sai chi sono.
-Sì, principe.
-Tu … sei … - le fece una carezza leggerissima, come avendo paura di farle male -Le somigli troppo. Non puoi essere …
Invece lei annuì.
-Io sono sua figlia.
E senza altre parole, il principe la prese tra le braccia.
 
Continua nel capitolo:


 
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