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Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: L\\\'INCIDENTE
Genere: Comico, Drammatico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: fuliggine galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 15/08/2010 09:32:12

Scompiglio al maniero Logbottom(Come Neville \\\"visitò\\\" accidentalmente i fondali di Blackpool)
 
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L\\\'INCIDENTE
- Capitolo 1° -

IL FATTACCIO
<<Inverno alle porte…>> annunciò l’attempato ambasciatore inglese dell’Assiria spalancando la porta.
<<Chiudi che tira vento che dio la manda.>> protestò la cognata andandogli incontro. In effetti, l’ambasciatore si era portato dietro un bel po’ di neve.
<<Niente di nuovo a Damasco, Algie?>> domandò lei aggiustandosi il nodo della vestaglia.
<<Niente.>> borbottò lui sfilandosi di dosso il suo tabarro invernale. Un po’ di neve cadde sull’ingresso, Augusta inarcò le sopracciglia.
<<Sinak?>> ordinò poi battendo le mani. Un ricurvo elfo domestico apparve all’ingresso pronto a prendere il soprabito. Algie diede uno schiocco di bacchetta e sul pavimento comparvero due pesanti bauli rivestiti di cuoio. L’elfo si diede da fare con il cappotto e i bagagli mentre il signor Longbottom si sfilava i guanti.
<<Ho appena fatto accendere il camino. Sei tornato presto.>> fece Augusta una volta giunti nell’enorme salotto del maniero di Blackpool Pier. Un austero ritratto appeso al camino fece un breve cenno al nuovo arrivato.
<<Salute anche a te, Benjamin.>> rispose sbrigativo Algie al fratello defunto.
<<Enid?>>
<<Non sa ancora del tuo arrivo. È ancora a Londra.>>
<<Frank, Alice?>>
<<Condizioni stabili.>>
<<Neville?>>
<<È ancora di sopra.>>
<<Di sopra?>>
<<Algie, sono le sei del mattino!>> lui si bloccò premendosi una tempia.
<<E tu, allora?>>
<<Solita insonnia…>> disse lei alzando le spalle.
<<…senile.>> concluse poi con riluttanza. Algie trattenne un risatina.
<<Ah…il fuso orario, perdonami.>> aggiunse accomodandosi sul divano. Augusta si risedette sulla larga poltrona rossa riaprendo il libro al punto dove era arrivata, ma lo richiuse subito: cosa leggeva a fare con la tensione che aveva in corpo?
<<Eliotropia?>> chiamò Augusta sempre battendo le mani. Una giovane elfetta vestita con un panno viola apparve davanti al tavolo del salotto.
<<Caffè.>> ordinò lei indicando Algie che le sorrise. La creaturina trotterellò con grazia verso le cucine.
<<Parliamo di Neville.>> propose lui sadico accendendosi un sigaro.
<<Parliamone.>> sospirò lei alzando gli occhi al cielo. Algie sapeva benissimo di aver beccato un nervo scoperto.
<<Niente di nuovo, scintille, fatti strani?>> Augusta prese a scuotere la testa.
<<Oggetti rotti…volanti…>> Augusta continuò a scuotere il capo affranta.
<<Insomma, niente di niente?>> Augusta pose il libro sul comodino alla sua destra.
<<No.>>
<<Ma…ha sette anni, capisci? SETTE ANNI, io alla sua età…>>
<<Sì, lo so potevi alzare le sottane alle fanciulle con la sola forza del pensiero. Davvero…incantevole.>> sbottò irritata la donna. Eliotropa riapparve con un vassoio in argento con caffè, pasticcini e zuccheriera.
<<Ah, grazie cara.>> fece Algie cordiale mettendo un cucchiaino di zucchero nel suo caffè. L’elfetta esibì un lieve inchino per poi scomparire. Tre giri in senso orario, tre in senso antiorario…tre giri in senso orario, tre in senso antiorario.
<<Sicché niente, eh? Sarà il caso che mi rimetta all’opera.>> propose entusiasta.
Tre giri in senso orario, tre giri in senso antiorario. Il cucciaino tintinnava nella tazza.
<<Ah, sì?>> disse lei scostante. Tre giri in senso orario, tre in senso anti orario…
<<Sentiamo le tue grandi idee: lanciarlo da un palazzo? Legarlo ai binari?>> scattò lei alzandosi dalla poltrona.
<<Oppure no, aspetta: usare di nuovo la scossa elettrica? Mi ci sono voluti due giorni perché i suoi capelli tornassero normali!>>
Algie smise di girare avvicinando le labbra alla tazzina.
<<Auh!>> scottava. Poi gli venne un’illuminazione.
<<Se non sbaglio lui vede i testral.>> propose a voce più bassa.
<<Arabella Figg…>> sentenziò Augusta.
<<La vedova incaricata di sorvegliare Harry Potter ha visto morire di cancro suo marito.>>
<<Embè?>> disse lui.
<<Embè…la signora vede i testral. Algie, non è una prova sufficiente. Arabella è una magonò.>> disse lei con tono spazientito. Algie tornò pensieroso.
Poi prese il piattino del suo caffè e vi poggiò velocemente la tazza a rovescio.
<<Beh, che fai?>>
Augusta lo guardò incuriosita sporgendosi dalla poltrona. Algie girò lentamente la tazza tra le dita osservando il contenuto grumoso del fondo di caffè.
<<Metti via quella tazza, Algie. Io non credo a quella roba.>>
Ma Algie continuò a studiare incuriosito la figura che si era formata.
<<Accidenti si vede male…col caffè arabo verrebbe meglio.>> ma si arrestò subito.
<<Un serpente…perché un serpente?>>
<<Non avrebbe senso, fa vedere.>> e gli strappò la tazzina di mano.
<<Hei, piano! Meno male non ti interessava...>>
<<Qui è interrotto.>> disse piano lei.
<<Cosa?>>
<<Guarda, qui! C’è un tratto interrotto che divide il serpente.>> e indicò col dito il punto facendo attenzione a non toccare.
<<Un serpente a metà?>>
<<No, è più a sinistra, vedi? Quaggiù.>> spostò il dito verso un’estremità.
<<No, scusa. Può darsi che prima abbia toccato il grumo rovinando l’immagine.>>
<<Hai con te il libro?>>
<<Assolutamente no.>> ribattè lei.
<<Insieme a incantesimi era la materia che odiavo di più.>>
<<Capisco.>> convenne lui.
<<Ad ogni modo, se non ricordo male, il serpente è un segno nefasto.>>
<<Questo vuol dire che resterà magonò?>>
Algie non rispose riponendo la tazza sul vassoio.
<<Tanto la superstizione non ha mai portato da nessuna parte.>> sospirò lei.
Non dissero niente per un po’. Eliotropia riapparve per prendere il vassoio.
<<Comunque oggi per festeggiare il tuo rientro faremo un pranzetto al BellaVista.>> propose la donna calmandosi un poco e tornando a sedersi.
<<Chiama Enid. Ti va?>> Algie giocherellò con il centrino bianco del tavolo. In fondo un bel pranzetto in un elegante ristorantino in riva al lago non era male. Uno scintillio attraversò i suoi occhi: non male come idea.
<<Enid ne sarà entusiasta.>> disse lisciandosi il mento con malizia.

Persero equilibrio. Le ruote stridettero sul selciato prima che la carrozza si schiantasse rovinosamente a terra. Continuò giù per la scarpata. Qualcosa strappò con violenza le briglie di cuoio. La carrozza arrestò la corsa in prossimità della riva di un piccolo torrente. Incastrato com’era nella cabina della carrozza poteva ancora vedere gli occhi girarsi all’indietro e la carne viva sporcarsi di polvere mentre scompariva tra due fauci invisibili. Le mani nodose tenevano ancora parte delle briglie strappate. Sentì un rumore come fiuto di cane; qualcuno stava annusando.
Qualcosa stava ondulando: si muoveva nell’aria tracciando un movimento a esse. Una coda, no due. Crini? Ali?
Le loro larghe narici erano dilatate per via del forte odore del sangue.
Per la prima volta vide le due creature nere con i colli tesi sul suo corpo.
Ah, ma allora non era un incantesimo a trainare la carrozza?

Neville Augustus Harfang Longbottom sobbalzò ritrovandosi nel suo letto.
Scostò le tende del suo baldacchino. Le nove del mattino. Primo giorno delle vacanze di natale. Cercò di consolarsi che fino al sette di Gennaio il suo insegnante privato non sarebbe più venuto. Evviva.
<<Neville.>> Neville si girò di scatto sobbalzando di nuovo a quella voce.
<<Nonna?>> mormorò. Era già vestita e pettinata e sedeva ai bordi del letto.
<<Hai riposato bene?>>
<<S-sì.>> balbettò lui sperando di essere credibile. Sua nonna sospirò.
<<Ah, sì?>> domandò.
<<E allora dimmi: perché urlavi?>> Neville abbassò gli occhi.
<<M-ma io n-non ho urlato…>> provò lui timidamente.
<<Sìì, non hai urlato…Aiuto, no, per favore, no, ti prego, no, no, eccetera eccetera…>> disse lui recitando stancamente l’elenco di parole che aveva sentito. Erano due anni che si tiravano dietro questo faticoso lutto.
<<Guarda che trambusto di coperte. Ti rigiravi come uno spioscopio impazzito!>> protestò risistemando il piumone che per metà era finito per terra. Raccattò il cuscino da terra e lo buttò sul materasso con gesto secco, ma poi, notando i suoi occhietti umidi,si chinò sul nipote cingendogli le spalle. Neville esitò un attimo e alla fine nascose il viso nel suo petto. Sentiva lo sterno duro attraverso il girocollo di volpe. Solo ora si rese conto di avere il viso rigato di lacrime. Si sentiva gli occhi gonfi e cisposi come due patate. Stettero un po’ così.
<<Hei, lo sai chi è arrivato?>> disse a un tratto sua nonna tirando un buffetto alla sua guancia. Lui riemerse alzando il viso.
<<No, chi?>> chiese lui tirando su con il naso.
<<Lo zio Algie, resterà qui con noi per tutte le vacanze natalizie. Non sei contento?>> Neville riaffondò il viso nel suo petto chiudendo gli occhi. Quello era il suo “sì”. Augusta si lasciò scappare un sorriso.

<<Allora una brocca di acqua naturale, tre bicchieri di Lantier stravecchio, due antipasti, tre primi e un secondo, giusto?>> i clienti annuirono soddisfatti mentre il cameriere fece dietrofront zigzagando tra i tavoli. Dall’immensa vetrata del ristorante si poteva vedere parte del lago. La dove le onde si rompevano contro gli scogli l’acqua non era ancora ghiacciata. Un pescatore al centro del lago aveva fatto un buco nel ghiaccio sottile per arrivare ai pesci con la sua canna. C’era il sole, ma faceva un freddo becco. Neville guardava distrattamente dal vetro mentre i grandi discutevano di “cose da grandi”. La discussione si era animata quando Algie aveva preso a raccontare di come a Damasco i muezzin (per risparmiar voce) mettevano delle apposite strillettere amplificate in cima alle moschee per annunciare la preghiera mattutina.
<<Perché? È un peccato rovinare una così bella tradizione con simili apparecchi moderni.>> osservò Augusta sistemandosi il tovagliolo sulle ginocchia.
<<Beh, ci sono casi, come inviti ufficiali o giorni di festa, in cui il muezzin canta.>> spiegò lui. Il cameriere arrivò con le bevande. Enid annusò compiaciuta il suo calice prima di sorseggiare. Neville prese con le mani la pesante brocca e la portò sopra il bicchiere. Incominciò a versare stando attento a non buttarla fuori. I suoi occhietti marroni si concentrarono sul liquido trasparente che sgorgava nel suo bicchiere.
<<Beh, se questo ti sembra troppo modernizzato, allora che mi dici dell’ingegnoso sistema che hanno architettato all’interno delle moschee?>>
<<Ossia?>> domandò Augusta interessata.
<<Sovrapposizione aerea a strati di inginocchiatoi e tappeti.>>
<<Non male.>> commentò la moglie riposando il calice.
<<C’entra più gente e poi…>>
KCRAASSCHH!
<<Neville!>> gemette esasperata la nonna.
Neville, versando l’acqua troppo velocemente, aveva fatto vacillare il bicchiere che adesso era in frantumi sul pavimento. Lui era rimasto con la brocca a mezz’aria e il viso terrorizzato. Era calato il silenzio: ora tutti gli altri clienti guardavano nella loro direzione. Due camerieri si diressero velocemente al loro tavolo muniti di tovaglioli e bacchette. Dopo qualche gratta e netta riportarono la situazione alla normalità.
<<Ci scusi tanto per il disturbo, avanti Neville…>> ringhiò sua nonna.
<<Mi s-scusi p-per il di-disturbo.>> balbettò Neville chinando il capo con aria mortificata. Non appena i camerieri furono tornati in cucina Augusta si chinò su di lui sfilandosi un guanto.
…CIAFFH…
La guantata gli arrivò dritta sulla guancia destra. Si sentì arrossire mentre sua nonna si ri infilava il guanto nero di pizzo.
<<Via, via…nulla di grave.>> ridacchiò Algie, ma Augusta non sorrise.
<<Non gli basta di fare il magonò, deve fare anche il disastro ambulante!>> si lamentò più tardi la nonna in bagno. Lei e Enid si stavano incipriando i nasi davanti a un grande specchio tirato a lucido.
<<Mio marito è ancora fermamente convinto che Neville possa essere un mago.>> disse tranquillamente Enid riponendo il mascara nella sua borsetta.
<<No, è diverso: tuo marito è ancora fermamente convinto che sia divertente fare esperimenti sulle persone!>> ribattè aspra la cognata chiudendo con uno scatto secco la scatoletta rotonda della cipria.
<<Troppo tempo passato in Siria…mi domando come non gli sia ancora venuto in mente di lapidarlo per strappargli un po’ di magia.>> Enid non ribattè: in fondo anche lei non andava pazza per le idee di suo marito. D’altronde non si lamentava mai delle lunghe assenze di suo marito. Algie aveva incominciato a sospettare che sua moglie avrebbe potuto essere la migliore delle mogli o la peggiore di tutte.
<<Perché tu ti trucchi?>> domandò all’improvviso lei notando Augusta impegnata con la riga degli occhi. Per un attimo si sentirono come due adolescenti prima di andare a una festa.
<<Perché mi trucco?>>
<<Beh, sai: io ho ancora qualcuno da compiacere, ma tu…>> Augusta fece cadere la matita nera nel lavandino.
<<Non mi pare che sia un reato grave. E poi si può continuare a “compiacere” anche un defunto, non ti pare? Io lo trovo molto nobile.>> rispose lei in tono secco.
<<Anzi, credo che tu abbia anche anticipato i tempi…e credo che il vecchio caro Ciceron Harkiess ne sappia qualcosa.>> insinuò infine raccattando la matita.
<<Hai un amante?>> chiese Enid con finta nonchalance.
<<Questa battuta era mia.>> Enid arrossì.

<<Fa molto freddo, lo so, ma una bella passeggiata digestiva non guasta mai.>> commentò soddisfatta la nonna mentre percorrevano il molo del lago. Algie si era acceso un altro sigaro mentre sua moglie non sembrava aver assorbito del tutto il colpo: camminava al suo fianco guardando tutto meno che il marito. Muoveva la testa a scatti facendo commenti sul tempo e il paesaggio. Vicino al molo avevano aperto una fila di graziosi mercatini natalizi. Tra una conversazione e l’altra le due donne si avvicinarono al primo capannone.
<<Orecchini cangianti…>> commentò Enid cercando di riprendersi un po’. Augusta annuì.
<<Che guaio abbiamo combinato a scuola io, Minerva e Griselda. Mi ricordo la faccia di Monsieur Zanzibar quando ci presentammo in infermeria con le orecchie arrossate il giorno dopo il ballo.>> commentò giuliva Augusta avanzando verso il banco di gioielli. Enid la guardò con fare interrogativo.
<<Volevamo che cambiassero colore ogni minuto, così, per rendergli più interessanti.>> spiegò. Enid rise.
<<Dimmi, non era mica la prima volta che quel povero infermiere doveva rimediare a uno dei tuoi, ehm…incantesimi.>> stavolta fu Augusta a subire un colpo sotto la cintola. Enid rise ancora più forte.
<<Noo, giro di perle zannute!>>
<<Prego, signore, avanti, avanti!>> le incitò cordialmente il venditore.
<<Sì, sì ho capito l’antifona…ci vediamo qui tra un’oretta.>> fece Algie abbozzando un finto sorriso annoiato. Ma Enid e Augusta erano troppo prese dal banco e dai loro ricordi di giovinezza per ascoltarlo.
<<A dopo donne, noi uomini abbiamo cose molto più interessanti da fare, non è vero Nev?>> Neville increspò le labbra arrossendo un pochino, ma sotto sotto gli piaceva sentirsi chiamato così.
<<Andiamo, ragazzo. A noi i gioielli non servono.>> ridacchiò il vecchio cingendo le spalle al nipote.
<<Zio Algie?>> domandò a un tratto Neville mentre camminavano sul molo.
<<Sì, che c’è?>>
<<Ma quando fa molto molto freddo…dove vanno i pesci del lago?>> Algie guardò un po’ stupito il nipote.
<<Qui, non vanno altrove.>>
<<Poverini, non sentono freddo sotto il ghiaccio?>> Algie rise, Neville ci rimase un po’ male; a lui sembrava una domanda interessante.
<<Il lago non è ancora del tutto ghiacciato. I pesci comunque restano lì. Ci sono abituati, sai? E poi questo è un lago. Come fanno ad andarsene?>> spiegò con sapienza adocchiando il pescatorello di prima. Neville si vergognò rendendosi conto dell’assurdità della sua domanda.
<<Guarda, lo vedi quel pescatore? Ha fatto un buco proprio per beccare i pesci: sa che sono qui. Guarda attentamente…>> Neville focalizzò la figura che armeggiava uno strano filo. Lo vide estrarre la bacchetta e lo sentì dire:
<<Accio esche!>> subito una decina di trote sboccarono dal buco mentre il pescatore le dirigeva a colpi di bacchetta nella sua bisaccia di cuoio. Neville ne rimase affascinato. Guardò il fagotto dimenarsi ai piedi del pescatore mentre questo rimetteva le esche in acqua.
<<Divertente. Eh?>> commentò allegro il prozio. Neville annuì senza staccare gli occhi dalla scena. Appoggiò le manine alla ringhiera sporgendosi di più.
<<Vuoi vederlo più da vicino?>> propose ad un tratto Algie avvicinandosi al nipote.
<<Ma la nonna ha detto che…>>
<<La nonna, la nonna, la nonna! E basta! Siamo in vacanza. Una piccola trasgressione la possiamo fare…e poi non glie lo diremo mai, sarà il nostro segreto tra uomini, ok?>> disse tendendogli la sua mano. Neville cercò di trattenere il sorriso e l’orgoglio: un vero segreto come tra uomini adulti!
Si strinsero la mano prima di incamminarsi verso la scaletta che conduceva al vero e proprio molo delle barche.
<<Ahh, eccoci qua.>> un venticello gli scompigliò i capelli portando un odore di alghe e fritto di pesce proveniente dai ristorantini circostanti. Algie fremeva nell’attesa. Sapeva di dover aspettare un po’, ma tra poco sarebbe arrivato il momento propizio. I suoi occhi caddero sugli scogli. Le onde si rompevano lasciando una schiumetta chiara che fuoriusciva dalle sottili lastre di ghiaccio.
<<Forse lì potremmo vedere dei pesci, dei veri pesci!>> il volto di Neville si illuminò.
<<Davvero?>> Algie annuì soddisfatto.
<<Già, pesci vivi…e non fritti come quello che avevi nel piatto. Dai andiamo.>>
<<Ma è pericoloso…>> obbiettò Neville, ma l’idea della loro piccola promessa lo spronava alla trasgressione.
<<Dammi la mano quando siamo sugli scogli.>>
Neville obbedì tenendosi stretto a lui mentre tentavano la loro piccola scalata sugli scogli. Così vicino all’acqua, sentiva gli spruzzi tagliargli il viso di tanto in tanto. Strizzò gli occhi mentre il vento lo spettinava.
<<Eccone uno!>> esclamò ad un tratto Algie chinandosi sul pelo dell’acqua.
<<Dove?>> si chinò anche lui a guardare, ma non vide nulla, solo la schiuma che si infrangeva contro le rocce scure.
<<Ah, se n’è andato…bisogna essere lesti, sai?>> Neville annuì un po’ deluso. Però era divertente stare lì, vicinissimi all’acqua a sentire gli schizzi. Sua nonna non glie lo avrebbe mai permesso. Qualcosa si mosse spostando un po’ di schiuma. Un musetto ricoperto di squame serpeggiò tra le lastre lasciandosi dietro una lieve scia.
<<L’ho visto! L’ho visto!!>> esultò il ragazzino prendendo a indicare l’acqua.
<<Dove? A-haa! Eccolo lì.>> Algie si chinò cingendo di nuovo le spalle del nipote.
<<Toh, eccone un altro!>> disse ad un tratto Algie cercando di tenere a freno l’emozione. Calma, calma…ci siamo quasi!
<<Dove, dove?>> domandò frenetico Neville che ormai era su di giri.
<<Guarda, lì vicino allo scoglio.>> Neville si sporse ancora di più sempre tenendosi al braccio dello zio. Algie non resisteva più, era troppo invitante.
<<Ma io non lo vedo niente, quale scoglio?>> domandò impaziente Neville. Algie trattenne il braccio del nipote con una mano mentre l’altra si appoggiò alla sua schiena curva sullo scoglio.
<<Quello.>>
<<Ma quale “quello”?>>
<<QUELLO!>> esclamò d’impeto Algie spingendogli con forza la schiena e mollando la presa attorno al braccio. Nel farlo, non poté fare a meno di sorridere mentre gli schizzi bagnarono la sua veste. Ormai era decisivo: se non avesse reagito in una condizione pericolosa come questa era inconfutabilmente un babbano fino al midollo, d’altro canto se avesse reagito era inconfutabilmente un mago a tutti gli effetti.
Suo padre Harfang lo aveva sempre un po’ criticato per questa sua mania di esperimenti che aveva fin da ragazzo, ma alla fine era il modo migliore per venire a capo di questa spinosa situazione.
<<E adesso facciamo onore al buon vecchio Frank, non mi resta che aspettare.>> disse tra sé e sé mentre attendeva una qualche reazione. Per un attimo vide solo le bolle di Neville, poi scomparvero.Dopo un po’ perse di vista il corpo.
<<Ma tanto sa nuotare…>> pensò febbrilmente cercando di scacciare via i brutti pensieri. Passò qualche minuto e il suo entusiasmo si affievoliva lasciando posto alla delusione e in fine alla preoccupazione. La fastidiosa immagine di un serpente gli solleticò la mente.
“Toccherà il fondo e poi ritornerà su.” Si sforzò di pensare. Mentre aspettava notò qualcosa che si muoveva dal basso raggiungendo la superficie. Un pesce rosso? La chiazza era ancora indistinta e sfocata. Si aggiustò il monocolo sul suo occhio per mettere più a fuoco l’immagine. Il riflesso del pesce era solo una larga macchia indistinta. Forse non aveva ancora raggiunto la superficie, per questo lo vedeva male come una chiazza indistinta. Ma più che un pesce sembravano dei filamenti. La macchia si espanse. Si bagnò la mano infilandola nell’acqua ghiacciata, ma la tirò subito via inorridito.
“Non era un pesce.” Pensò mentre si puliva sulla tunica la mano sporca di sangue.
<<Cazzo.>> ringhiò a denti stretti.
Serpente è uguale a segno nefasto…e se fosse stato OGGI il giorno nefasto?
<<No, no, no, cazzo, cazzo…A-augsta?>> balbettò ritirandosi su. Si guardò intorno. Nessuno aveva assistito alla scena. Probabilmente Augusta e sua moglie stavano ancora facendo il giro dei mercatini. Non sapeva se era più saggio andare a chiedere aiuto o rimanere lì. Optò per una terza opzione.
<<AIUTO, per favore…qualcuno mi aiuti, merda ho anche…>> “lasciato la bacchetta a casa.” finì di pensare atterrito. Due individui, una coppia, si avvicinarono attirati dal suo richiamo.
<<Si sente bene?>> domandò cordialmente la donna.
<<Ha bisogno di aiuto?>> disse a ruota l’uomo. Una coppia giovane.
<<Sì, per favore…>> ansimò Algie.
<<Mio nipote, stavamo guardando i pesci, l-lui è scivolato. Io non…s-sono cinque minuti che è là sotto! Sua nonna, è là ai mercatini e..>> la donna si portò le mani alla bocca terrorizzata sussurrando qualcosa tipo “ommioddio!”
<<Si calmi signore, possiamo avvertirla. Ha il suo numero?>>
<<Il n-numero?>> domandò Algie spaesato, poi capì al volo. Due babbani.
<<N-no, aspetti, forse…lei non usa il tefe-fele…>>
<<Non ha il cellulare?>> fece incredula la donna. L’uomo in tanto si era tolto la giacca.
<<M-ma cosa fa?>>
<<Quello che dovrebbe fare lei!>> disse aspro l’uomo. Scese sulla lastra del ghiaccio e dopo aver assestato due pedate riuscì a crearsi un varco nell’acqua.
<<Ma, tesoro, non vorrai mica…>>
<<Tranquilla, Clara. Tu aspetta qui.>> la donna non insistette.
<<S-senta, lei intanto potrebbe andare a chiamare…>> iniziò a dire alla donna, ma si bloccò subito notando due sagome che scendevano la scaletta del molo.
<<Algie!>> lo salutò Augusta con un gran sorriso. Enid sventolò la mano. Erano piene di buste e sacchetti di acquisti e avevano tutte e due un’aria soddisfatta.
<<Hai trovato degli amici?>>
<<Ecco dove eri finito. Pensavamo di farci un caffè.>> disse una volta raggiunto il cognato. Enid sorrise cordiale a Clara.
<<Ti andrebbe di andare…ma Neville?>> Algie non rispose, degludì.
<<Dov’è Neville?>> chese Enid giuliva ancora tutta presa dai suoi nuovi acquisti.
Clara si lasciò sfuggire una specie di gridolino alla vista dell’enorme avvoltoio che troneggiava sul cappello di Augusta.
<<Come, prego?>> fece Augusta.
<<Mm-no, niente.>> si ricompose la donna e tornò a guardare le acque scure dove era scomparso il marito.
<<Algie? Guardami, dov’è Neville.>>
<<Eeh, dunque…>>
SPLOOSH
<<Clara, aiutami, prendilo!>> tutti si voltarono: il babbano era riaffiorato in superficie stringendo le spalle di Neville e adesso fu Augusta a lanciare un grido.
<<Ah, e-eccolo qua! L-l’avevo perso di vista e quindi…>> balbettò Algie bianco come un cencio. Augusta lo fulminò con lo sguardo mentre Clara adagiava il corpo di Neville sul suolo con l’aiuto del marito. Aveva il viso completamente sporco di acqua rossa.
<<Sanguina, ha una ferita in cima alla testa. L’ha battuta contro uno scoglio, giù ce n’era uno sporco di sangue.>> spiegò l’uomo scostando i capelli arrossati. Si bloccò.
<<Occorre chiamare subito un’ambulanza, ha bisogno di parecchi punti, altrimenti ci lascia le penne!>> aggiunse allarmato. Si udì un tonfo, Clara e il marito si voltarono.
<<Ommioddio, Richard, guarda!>> Augusta aveva atterrato Algie e ora lo stava letteralmente prendendo a borsate, manco fosse un vecchio pervertito che aveva fatto la tipica proposta indecente alla nonnina ai bordi della strada. Enid si buttò nella mischia tentando di separargli.
<<Porca puttana, questo è un codice rosso! Volete chiamare qualcuno?>> scattò Richard afferrando le spalle di Algie. Augusta si bloccò.
<<Codice…rosso?>> domandò con la borsetta rossa sospesa a mezz’aria.
<<Sentite, mio marito è medico chirurgo, permetteteci di aiutarvi.>> spiegò velocemente la donna. Intanto il marito stava usando la sua giacca per bloccare l’emorragia alla testa di Neville. Sua nonna si precipitò su di lui.
<<Neville!>> gemette. Algie si tolse il suo tabarro per avvolgervi dentro il nipote.
<<Neville, mi senti?>> continuava Augusta sperando di notare un qualche movimento dai suoi occhietti chiusi. Lanciò un altro sguardo omicida al cognato.
<<Lasciateci fare, va bene chiameremo questa maledetta a-ambulante, lasciate, andate pure.>> cercò di intervenire Enid. Sapeva che con la bacchetta non ci sarebbe voluto nulla, ma come potevano, lì, di fronte a due babbani?
<<Enid.>> le bisbigliò il marito prendendo in braccio il nipote.
<<Senti, tu sei l’unica con la bacchetta, liberiamoci di loro, troviamo un posto sicuro per smaterializzarci al San Mungo.>> lei annuì complice.
<<Augusta.>> disse e le bisbigliò l’idea all’orecchio.
<<Signori.>> iniziò Augusta rivolta alla coppia di babbani
<<Dateci il tempo di trovare un, una…un(come cazzo si chiamano?) cabinotto rosso col telefono eh? Restate qui, torniamo subito.>>
<<Trascinarvi dietro il ragazzo? Perché non va soltanto uno di voi? Già che ci sono chiamo dal mio telefono, ho dei colleghi all’ospedale che…eh, no, fermi!>> incapaci di inventarsi un’altra scusa i tre avevano preso a correre ripercorrendo a ritroso il tragitto del molo.
<<Hei, la mia giacca!>> urlò l’uomo inseguendoli. Algie se l’era tenuta per tamponare l’emorragia di Neville.
<<Pazzi! Sono pazzi!>> ansimò l’uomo appoggiandosi alle ginocchia.
<<Ma hai visto come erano vestiti?>> osservò la moglie.
<<Ma il ragazzo, se non sopravvive…>>
<<Tesoro, lasciali perdere, il nostro l’abbiamo fatto. Nemmeno il ragazzino sembrava vestito normale; pareva un bimbetto uscito da un romanzo di Oscar Wilde con quella mantellina nera…>>
<<Non hanno nemmeno ringraziato…>>
<<Gira a destra!>> ordinò Algie. Le due donne obbedirono. Si rimpiattarono in quello che sembrava un vecchio garage abbandonato.
<<Ok, tocca a te Enid.>> disse alla moglie che aveva già sfoderato i suoi tredici pollici di castagno e crine di unicorno.

<<Longbottom?>> chiamò l’infermiera affacciandosi alla porta. Automaticamente scattarono tutti e tre in piedi.
<<Sta bene, abbiamo liberato i polmoni e chiuso l’emorragia. Dovrebbe riprendere conoscenza a momenti, se intanto vuole entrare…>> istintivamente si fecero avanti tutti e tre insieme.
<<A-a-ah, uno alla volta, non più di dieci minuti.>> con un cenno di intesa lasciarono che fosse Augusta ad andare per prima.
Il letto era uno degli ultimi. Il visetto tondo di Neville era ancora pallido e rigido con occhi e labbra violacei, però qualcuno aveva provveduto ad asciugarlo, pettinarlo e mettergli un pigiama di servizio dell’ospedale.
<<Potremo rilasciarlo non appena la ferita si sarà del tutto chiusa e i polmoni saranno del tutto liberi.>>
<<Ma non avevate detto che…>>
<<Sì, lo so, ma il fatto è che ha anche perso molto sangue e…non mi guardi con quella faccia, non si allarmi, il medico ha detto che…>> ma fu interrotta da un lieve mugolio.
<<Neville.>> sussurrò Augusta cercando di tenere a freno l’emozione.
<<Eh?>> biascicò lui.
<<Neville, dio mio, come stai?>> si chinò su di lui premendo una mano sulla sua fronte calda. Neville farfugliò qualcosa con voce flebile.
<<Non ho capito, come?>> disse la nonna avvicinando l’orecchio alla sua bocca. Neville ci riprovò, ma la sua voce era meno che un sussurro.
<<Dove ti trovi? Al San Mungo, tesoro.>> Neville gracchiò qualcosa di molto simile a un “perché”.
<<Sei caduto nel lago.>> gli spiegò la nonna con tono dolce accarezzandogli i capelli.
Neville si sentiva incredibilmente caldo e la testa gli pulsava da morire. Ma che aveva combinato?
<<Perché mi pigia la testa?>> disse riacquistando un po’ di voce.
<<L’hai battuta, per questo ti fa male.>>
<<Possiamo andare a casa?>>
<<Solo quando starai meglio.>> Neville lasciò che sua nonna passase le dita tra i suoi capelli. Faceva un po di solletico, ma era proprio quello il bello.
<<Neville?>>
<<Sì, nonna?>> Augusta si bloccò: aveva il nipote salvo, ma sarebbe rimasto magonò per tutta la vita. L’illustre dinastia dei Longbottom finiva lì, in uno squallido reparto ospedaliero. Ecco tutto.
<<Che c’è nonna?>> lai inspirò profondamente continuando ad accarezzarlo.
<<Niente, Neville, niente.>>

<<E poi che è successo?>> domandò la piccola Alice.
<<Beh, il resto lo sai, te l’avrò raccontato decine di volte.>> i due bambini seduti sul tappeto sgranarono gli occhioni in segno di supplica.
<<Dai, ridiccelo…>> insistette Alice.
<<Altrimenti non dormiamo!>> lo ricattò Xenofilus saltando sul letto.
<<Altrimenti non dormiamo, altrimenti non dormiamo!>> cantilenarono i due.
<<D’accordo, che altro volete sentire? Come ho scoperto di essere un ma->>
<<No, lo sappiamo che Algie ti ha fatto rimbalzare dal secondo piano!>> disse subito in tono vispo Xenofilus. Alice rise.
<<Dicci come hai conosciuto la mamma.>> Neville sospirò. Instancabili monelli…
<<D’accordo, vi racconterò di come-un momento cosa??>> i due bambini si rotolarono dalle risate.
<<È tardi! I programmi per i bambini sono finiti, forza a letto.>> balbettò sbrigativo il padre tentando di acchiapparli inutilmente.
<<Va bene, va bene, d’accordo. Sedetevi…>> decise di accontentarli; in fondo era l’ultima serata che passava con loro prima di ritornare a Hogwarts dietro la cattedra di Erbologia. Xeno e Alice si acciambellarono sul tappeto.
<<Eeeh…dunque, ero l’inizio del mio quinto anno di scuola. Harry, Ron, Ginny e Hermione avevano già sistemato i loro bauli. Stavo cercando uno scompartimento libero quando ho visto…>>
<<Non credi di dover avere la mia autorizzazione prima di raccontare queste cose?>> lo interruppe una voce. Neville arrossì di colpo.
<<Scusa, luna.>> mormorò abbozzando un sorriso alla moglie. I bambini risero ancora. Luna entrò nella cameretta.
<<Non siete ancora a letto?>> disse sgranando i suoi occhioni. Sapeva cosa fare.
<<Accidenti com’è tardi, a questora dovrebbero già esserci in giro un mucchio di gorgosprizzi.>>
<<Il mio cervello sta benissimo!!!>> gridò allarmato Xeno ficcando sotto le coperte al solo pensiero di ritrovarsi la testa confusa da quelle bestiole.
<<To’ e di questo passo arriveranno anche un po’ di cannoli balbuzienti!>> e stavolta fu Alice a scomarire sotto il suo piumone.
<N-n-non n-ne ho b-bi-bisogno, s-s-sono g-gia sott-to…>> balbettò la figlia mentre il suo musetto rotondo spuntava appena da sotto il cuscino.
<<Click!>> disse luna spegnendo la luce.
Una volta fuori dalla cameretta, Neville guardò Luna.
<<Questa notte e poi di nuovo a Hogwarts.>> sospirò lei.
<<Hop, si riparte.>>
<<Lo so.>> Neville giocherellò distrattamente con una ciocca dei suoi capelli.
<<Ti piacciono così tanto?>> osservò lei.
<<Ah, scusa.>> balbettò lui lasciando andare i capelli di lei.
<<E comunque sì, mi piacciono troppo.>>
<<Hai vinto la scommessa.>> disse ad un tratto Luna abbassando gli occhi.
<<Cioè?>>
<<I fondi di caffè sono una stupidaggine, contento? Aveva ragione tua nonna.>> spiegò lei con una nota di malinconia.
<<Evidentemente quel serpente spezzato non era nulla.>>
<<Non direi.>> disse d’un tratto lui sollevandole il mento con dolcezza. Lei sgranò gli occhi incredula.
<<Glie l’avrò tagliata sì o no la testa alla cara vecchia Nagini?>>
Luna non potè fare a meno di sorridere.

 
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