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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Saiyuki
Titolo Fanfic: SHINJIYOU (LET US TRUST EACH OTHER)
Genere: Sentimentale, Romantico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Lemon, Yaoi
Autore: iorichan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 14/08/2010 15:19:59

E se i SB, reincarnandosi ancora, si ritrovassero di nuovo insieme per affrontare una missione... ai giorni nostri? Condita da 3x9, immancabile!! xP
 
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- Capitolo 1° -

Che dire? E’ una sensazione strana riprendere in mano, dopo forse due anni di inattività, una storia sul mio manga preferito… Prima la scrittura era quasi una droga, adesso, causa vari impegni, è stata relegata a hobby… che peccato! Fa uno certo effetto ritrovarsi di nuovo in compagnia dei miei amati Saiyuki boys! In ogni caso… primo capitolo di una ficcina che sto scrivendo per sfizio, nonostante me la sia immaginata come un lavoro mastodontico! xD speriamo di continuare con regolarità… Il nucleo della storia è fondamentalmente semplice: e se il nostro caro gruppo di Sanzo si ritrovasse ai giorni nostri, in un’ennesima reincarnazione odierna? E se fossero costretti di nuovo a coalizzarsi contro un nemico comune, affrontando insieme gli spettri del passato? Chissà che verrà fuori... (risata) Intanto, ringrazio chi avrà il coraggio di leggere e commentare… ogni considerazione è ben accetta! ^_^ Ah… andando avanti, è d’obbligo una bella 3x9, quindi chi non è interessato al genere… cambi ora o legga per sempre! xD
Iorichan =)

Shinjiyou (Let us trust each other)

Capitolo 1


Un bellissimo Swatch da polso, abbandonato malamente su di un tavolo, scandiva docilmente i minuti di una sonnacchiosa giornata novembrina, mentre fuori il vento smuoveva ora qua, ora là, mucchi di foglie morte in vorticosi mulinelli. Un ragazzo, chino su di un libro striminzito ma praticamente vuoto di figure, alzava ad intervalli regolari l’orologio, forse nella speranza che non fosse passato troppo tempo da quando si era messo a studiare, o forse, segretamente, desiderando di essere già arrivato all’ora di cena per chiudere baracca e burattini. Era inutile, tanto lui la chimica non era riuscito a capirla in seconda*, come pretendeva di farlo ora? Si appoggiò stancamente allo schienale, gettando un’occhiata fuori dalla finestra: la stessa, monotona immagine lo salutò dall’altra parte della strada. Si chiese distrattamente se gli inquilini del palazzo di fronte aprissero mai quelle maledette persiane, poi si immaginò un’ipotetica famiglia vampiresca che si riuniva intorno ad un tavolo al lume di candela, i calici pieni di una sostanza vischiosa e rossa, densa, quasi come il succo di lamponi, mamma che sete, scendere e prendere qualcosa da bere al bar, tanto è vicino, ci metto pochissimo, poi magari un salto in sala giochi… e via, la sua concentrazione se n’era andata di nuovo. Guardò per un’ultima volta, disperatamente, il libro, come se su quelle pagine sbiadite fosse scritta la risposta a tutti i suoi problemi, ma in un linguaggio che lui non riusciva a decifrare; poi lo chiuse definitivamente e si mise il cuore in pace. Si alzò, gironzolò un poco per la stanza, un’altra occhiata fuori. Quella giornata non ne voleva sapere di passare. Sentì che la noia lo travolgeva come un’ondata gelida; frugando nel proprio cervello cercò un modo per resisterle, ma sapeva bene che era destinato a soccombere: si sarebbe ritrovato disteso sul divano, leggiucchiando qualcosa o sospeso in una specie di dormiveglia catatonico. Non aveva neppure la consolazione della TV. Che strazio…
Dopo una buona mezz’ora, passata nell’indecisione se riaprire il libro di chimica o andarsene a fare una passeggiata, si risolse e uscì dall’appartamento. Lo investì un silenzio gravido, che pareva nascere direttamente dal fondo delle scale e salire su per la tromba, serpeggiante, infido, rotto soltanto dallo sbattere del porta. Il portachiavi a forma di Converse gonfiava la sua tasca destra, nell’altra quella specie di macinino che si portava appresso ormai da anni e che non era nemmeno più lecito definire cellulare, tanto era vecchio e mal funzionante.
Scese i gradini a due a due, reggendosi al passamano, e si fermò al piano di sotto. Bussò ad una porta, senza esitare, con familiarità, ma non ottenne risposta. Provò di nuovo, con maggior impeto, poi si attaccò al campanello.
-Ehi, c’è nessuno?- insistette sdegnato, quasi come se gli stessero negando un sacrosanto diritto –Aprimi! Si muore di freddo qui fuori!-
Improvvisamente ci fu un tramestio dall’interno, poi un rumore sordo seguito da un gemito; infine, un ragazzo dai lunghi capelli rossi aprì la porta.
-Che diavolo vuoi, scimmia?- fu l’unico, biascicato commento che quello riuscì ad articolare.
-Lo sai che mi chiamo Goku, brutto maniaco!-
-Si, si, e io mi chiamo Gojyo, buongiorno, piacere, buona sera e arrivederci- fece per richiudere la porta, ma Goku la fermò con una mano.
-No, aspetta, sono venuto a chiederti se ti va di fare una partita alla Wii…-
Gojyo sogghignò.
-Primo, è esilarante che tu mi inviti a giocare con una mia consolle, per di più a casa mia- Goku si morse il labbro inferiore imbarazzato, ma era abituato a quel genere di battute –Secondo, oggi proprio non posso…-
-Che avrà mai da fare un fannullone come te!- lo schernì bonariamente il ragazzino, abituato com’era a non sentirsi mai rifiutare un invito –Dai, prometto che non ti umilierò troppo- e fece per entrare, ma una voce femminile proveniente dall’interno dell’appartamento lo fece impietrire sulla soglia.
-Gojyo, chi c’è di là? Muoviti a tornare a letto, ho freddo-
E, all’improvviso, Goku realizzò che Gojyo non aveva addosso altro che un paio di boxer, cosa quantomeno strana alle cinque del pomeriggio di un giorno d’inverno. Guardò l’amico con occhi pieni di imbarazzo.
-Scusa…- farfugliò, infilandosi le mani in tasca e rigirandosi le chiavi tra le dita –Non credevo avessi ospiti-
Gojyo si strofinò l’avambraccio, a disagio, senza sapere bene cosa dire e Goku capì che era arrivato il momento di togliersi dai piedi.
-Beh, vorrà dire che ti straccerò la prossima volta- sorrise e si voltò, avviandosi frettolosamente su per le scale. Sapeva di aver fatto una figuraccia, e si vergognava da morire: avrebbe dovuto smetterla di insistere fin dall’inizio, da quando nessuno veniva a rispondere al suono del campanello. Appena mise piede in casa, si diresse immediatamente verso il bagno e si guardò allo specchio. Meno male, non era arrossito! Sospirò e si sciacquò la faccia, che sentiva sgradevolmente calda.
Ormai Gojyo era diventato una specie di fratello maggiore, nella sua testa. Da quando, circa cinque mesi prima, si era trasferito in quel condominio insieme alle cose che aveva potuto portarsi via dalla Casa-famiglia, il rossino era stato l’unico a trattarlo con genuina schiettezza. A Gojyo non importava che lui non avesse i genitori, non aveva mai fatto domande in proposito. Il loro primo incontro era avvenuto di fronte al portone: Goku era carico di scatoloni e borse, perché nessuno era venuto ad accompagnarlo durante il trasloco; guardava con aria afflitta i campanelli, pensando che il suo appartamento era al settimo piano. Poi era arrivato lui. Col suo passo indolente e l’aria perennemente divertita. Lo aveva osservato da lontano, incuriosito, poi si era avvicinato e gli aveva tirato una pacca sulla spalla. “Su con il morale, la vita è bella! Sei nuovo?”. Goku aveva annuito. “Beh, benvenuto. Ma non ti aspettare che ti aiuti con le scatole pesanti!” e, senza attendere una risposta, si era caricato una sacca in spalla. Da allora, erano diventati ottimi amici. Non importava che Gojyo avesse ventidue anni e lui diciotto. Quando avevano un joystick in mano, l’età non contava più!
Mentre pensava, Goku si prese una lattina di Coca Cola dal frigo: era desolante constatare come fosse già così vuoto, nonostante il mese non fosse ancora finito. Era di nuovo ora di fare la spesa. Ecco un’altra cosa di cui era grato a Gojyo: gli dava una mano con le spese che lui, con il solo, misero sussidio dei suoi zii, non riusciva a coprire. Non sapeva bene perché lo facesse, né dove trovasse tutti i soldi necessari per provvedere ad entrambi, ma gli era di grande aiuto e questo bastava. Goku si era offerto più volte di dargli una mano al negozio di videonoleggio, quello che gestiva in fondo alla strada, ma Gojyo aveva sempre rifiutato: pagherai, pagherai, e con gli interessi, quando avrai finito la scuola. Così gli aveva detto. E Goku gli era stato immensamente grato.
“Dopotutto, probabilmente sono un fastidio per lui” pensò il ragazzino, buttandosi a sedere sul divano e sorseggiando la Coca “oggi ho dato il peggio di me. Che palle…”. Ripensò ai boxer dell’amico, alla suadente voce della ragazza, al profumo di donna che si sprigionava dalla porta aperta dell’appartamento, e di nuovo sentì le guance che andavano a fuoco. Che stranezze per lui, che a cose del genere non aveva mai neanche pensato! Sì, c’era una ragazza nella sua classe, molto carina e gentile, ma…
Il suono del campanello lo fece balzare sul cuscino. Visto che non riceveva quasi mai visite, Goku rimase imbambolato a fissare la porta, interdetto, fino a che il campanello non suonò di nuovo, più a lungo di prima.
-Arrivo, arrivo- si riscosse il ragazzo.
Buttò la lattina vuota nel cestino. Quando aprì, Gojyo lo salutò con un sorriso trentadue denti.
-Allora, ‘sta partita?- domandò gioviale.
-Ma… che fai qua? Non eri con quella…?-
-Sì, un’amica, tanto se ne stava andando- lo interruppe, poi ridacchiò –Ah, ho capito…-
-Co… cosa?- balbettò Goku –Che hai capito?-
-Te la fai sotto perché hai paura di perdere!-
Goku non poté fare a meno di sorridere.
-Chi, io? Brutto maniaco pervertito, non ci contare proprio!-
-Allora vieni giù e dimostramelo, scimmia!-
-Puoi scommetterci!-
L’appartamento risuonò ancora di risate per qualche secondo, poi la luce si spense e calò il silenzio.

-Per esempio, oggi potrebbe venire a parlarci degli alcoli… Son Goku. Che ne dici?-
Un lampo di terrore attraversò le iridi color grano del ragazzo, mentre il professore di chimica pronunciava il suo nome. Aveva pregato, implorato ogni forma sotto cui Dio veniva nominato sulla superficie terrestre che quel supplizio non toccasse proprio a lui, ma evidentemente era servito a ben poco. Tutti i suoi compagni si erano voltati verso di lui ed ora gli chiedevano silenziosamente di non comportarsi da carogna.
“Mi dispiace, ragazzi” pensò, affranto.
-Uhm, mi sa che oggi… non sono preparatissimo, professore. Potessimo fare… che ne so, un altro giorno, sarebbe meglio, ecco- biascicò imbarazzato, senza alzare gli occhi dal banco. Quando tirò su lo sguardo, l’uomo lo guardava con un misto di rassegnazione e tristezza, senza però abbandonare la sua solita aria rassicurante.
-Va bene. Però sono costretto a metterti un impreparato- concluse, dopo attimi di silenzio.
-Si, lo so… me lo merito… Mi scusi-
Il professore sospirò.
-D’accordo. Dunque, allora se venisse…-
Goku appoggiò la testa sul banco, distrutto. Un altro impreparato. Incredibile. Era il secondo che collezionava dall’inizio dell’anno. Di questo passo, si sarebbe trovato una bella insufficienza in chimica, e non gli sembrava proprio il caso. Si sforzò di seguire la lezione il più attentamente possibile, ma la voce del professore era sovrastata dal rumore dei mille pensieri che gli correvano per la testa: tutti buoni propositi sullo studio e sulla concentrazione, che tradiva nel momento stesso in cui li formulava, visto che stava deliberatamente ignorando la spiegazione. Quando suonò la campanella, Goku era riuscito ad acquietare un poco i sensi di colpa, vaneggiando giornate intere di studio indefesso e ore sottratte al sonno e al cibo… praticamente, un’utopia. Non si accorse che il professore di chimica si era avvicinato al suo banco e adesso lo stava chiamando.
-Goku… Goku-
-Eh?- il giovane si risvegliò dal suo viaggio mentale –Ah, professor Hakkai. Mi dica-
-Volevo parlare con te… Puoi seguirmi un attimo in sala professori?-
Goku si rabbuiò in volto, ma non poté protestare. Quando si furono seduti entrambi ad una ordinata scrivania, Hakkai tirò fuori il registro e lo osservò in silenzio. Anche Goku taceva, a testa bassa, guardandosi la punta delle scarpe come se fossero la cosa più interessante del mondo. Attorno a loro, altri insegnanti chiacchieravano tranquillamente, lanciando di tanto in tanto sguardi dalla loro parte. Goku sperò vivamente che, in quel momento, nessuno dei professori del suo corso fosse nella stanza.
-Beh, Goku, che dire… è già la seconda volta che ti trovo impreparato- esordì Hakkai, scuotendo lievemente la testa –Ricordo che non hai mai brillato particolarmente in chimica, ma sei una persona seria e da te non mi sarei mai aspettato un simile comportamento…-
-Professore!- esclamò Goku, concitato –Lo so, ma sono stato sfortunato… poteva capitare a chiunque! Le prometto che mi rifarò, anzi, verrò volontario per recuperare-
-Lo so, ma ci vorrà un bel voto… anzi, uno bellissimo, per recuperare due impreparato…-
-Sarà dura- ammise Goku –ma ce la farò!-
Colpito positivamente dalla determinazione del ragazzo, Hakkai assunse nuovamente il sorriso gentile che aveva sempre stampato in faccia.
-Lo spero proprio. Non ho voglia di rifilarti un’altra insufficienza quest’anno. Ah, Goku, un’altra cosa- aggiunse, vedendo che il ragazzino era già pronto a balzare dalla sedia e sfrecciare via –Siediti, volevo parlarti ancora un attimo, se non ti spiace-
Con molta calma, mise via il registro e cominciò a dondolarsi sulle gambe posteriori della sedia, spingendosi con i piedi. Goku lo guardava, la testa reclinata da un lato, curioso di sapere cosa volesse.
-Com’è andato il trasloco?- chiese infine Hakkai, con un tono che voleva apparire noncurante –Hai avuto qualche problema? Non so, con i vicini, ad abituarti…-
Goku non rispose subito, mordicchiandosi l’interno della guancia: guardava Hakkai, il suo sorriso disteso, le gambe accavallate e la piega dei pantaloni, che sembrava seguire perfettamente la linea della gamba, dalla coscia fino alla caviglia. Goku aveva solo jeans o tute a casa. Anche lui avrebbe voluto un completo così. Come dire… Distinto.
-Bene- rispose infine –Ho avuto il tempo di sistemare tutto, adesso non manca niente-
- Questo significa che sei riuscito a gestirlo nonostante l’inizio dell’anno scolastico. Complimenti-
-Grazie- borbottò Goku, a disagio. Tutti quegli elogi lo stavano confondendo. Gli piaceva il professor Hakkai, perché lo aveva sempre seguito con interesse e, nonostante la sua materia fosse stata per Goku un osso più duro del previsto, non aveva mai gettato la spugna con lui. Inoltre, conosceva bene la sua situazione e non mancava mai di informarsi su eventuali sviluppi.
-Senti, senti- Hakkai si guardò intorno, circospetto, poi fece cenno a Goku di avvicinarsi –Se hai bisogno di qualcosa, che ne so, una mano per ripassare chimica per esempio, non farti scrupoli e chiamami- sorrise, scribacchiò un numero su un foglio di carta e lo passò a Goku. Questi lo fissò, stupito.
-Ma… non credo si possa fare-
-Lo so…Per questo devi parlare piano!- lo ammonì Hakkai –Senti, io in primis so quanto possa essere difficile la chimica, proprio perché come te l’ho studiata e ci ho sudato sopra per anni. Quindi, non farti problemi… Diciamo che sarà il nostro piccolo segreto. Ok?-
Goku ricambiò il sorriso e si nascose il numero in tasca.
-Grazie mille, professore-
-Di cosa? Sbrigati, lo sai com’è quella di economia domestica-
Anche quando il ragazzo se ne fu andato, Hakkai continuò a fissare la sedia vuota di fronte a sé. Rimuginava su un’enorme quantità di cose, che sembravano accalcarsi nel suo cervello e formare un blocco insormontabile, una specie di ateroma mentale che lo paralizzava. Il professore di matematica del corso di Goku gli si avvicinò, rivolgendogli alcune parole riguardo a quel “ragazzino dagli strani occhi d’oro”.
-E’ pazzesco… Chissà come fa, da solo… ha dei voti che non sono malaccio, dopotutto…- e concluse –La cosa che mi sconcerta di più… è che si dimostra sempre così allegro- e lasciò Hakkai di nuovo da solo coi suoi pensieri.
-Già- mormorò tra sé e sé, a testa bassa –Così allegro…-

Mentre tornava a casa da scuola, Goku continuava a stringere nella tasca quel pezzo di carta, con reverenza, per paura che si stropicciasse troppo e poi non vi si leggessero più i numeri sopra. Si sentiva felice, la medesima sensazione che si prova quando una brutta situazione si rivolge piano piano a tuo favore: un misto di incredulità e sollievo, accompagnato dalla voglia di scoppiare in una fragorosa risata.
Già sapeva che l’avrebbe fatto: avrebbe chiamato il professor Hakkai per delle ripetizioni. Il loro piccolo segreto… Non avrebbe più dovuto arrovellarsi su dubbi atroci, grattarsi la testa su legami o reazioni che per lui avevano meno senso dell’inglese (ed era tutto dire!), perché ci sarebbe stato il professore al suo fianco ad aiutarlo. Si sentiva decisamente sollevato. Per festeggiare, decise di entrare in un bar e bersi una cioccolata calda. Quando uscì, sistemandosi di nuovo la sciarpa intorno al collo, fu attratto da un’enorme vetrina in cui rilucevano una miriade di televisori a schermo piatto.
“Ah, la televisione… un po’ mi manca” ammise a sé stesso, ricordando con malinconia le giornate passate di fronte allo schermo insieme agli altri ragazzi della Casa-famiglia. Si avvicinò tanto per curiosità, ma all’improvviso fu colto da una sensazione strana, quasi una vertigine. La testa prese a dolergli furiosamente, come se fosse attraversata da mille scariche di corrente a bassa tensione; poi il bruciore si attenuò e, poco a poco, lasciò il posto ad un’emozione piana e semplice: una cocente nostalgia. Rimase basito di fronte al vetro, con un’espressione tra lo sconfortato e l’instupidito. Per un attimo, un solo attimo, un uomo era apparso sugli schermi, moltiplicato cento, mille volte, e in Goku era nato qualcosa. Oppure, si era rotto.


Continua…


Ed ecco la fine del primo capitolo… una specie di presentazione dei personaggi, diciamo. Hakkai come professore di chimica ce lo vedo troppo… anche io vorrei un prof di chimica così! *__* Ovviamente manca un personaggio... eh eh… chissà che lavoro farà il nostro Sanzo, di questi tempi?! Un lavoro importante… E’ stata una folgorazione… xD a chi lo vuole scoprire, non resta altro da fare che aspettare il prossimo capitolo! Ah, non sembra, ma questa storia dovrebbe essere ambientata a Tokyo… mah… Ringrazio di nuovo chi ha avuto il coraggio di arrivare fino in fondo a queste pagine! Ce la farò a gestire questa storia?! (risata) Forza e coraggio! Un saluto da Iori e compagni! xD


*seguendo il modello giapponese: elementari, 6 anni; medie, 3 anni; superiori, 3 anni. La chimica non esiste nella scuola giapponese, ma non sono riuscita a non abbinare questa materia al personaggio. Gomen nasai ^_^”

 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
ireth - Voto: 22/02/11 22:34
Ehi :) questa storia mi piace ed anche tanto!!! spero di potere leggere un seguito al più presto!!! BACI!!
D'accordo con il commento: 1 si - 0 no, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

 
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