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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic:
Genere: Giallo, Azione, Avventura, Fantasy, Dark, Soprannaturale
Rating: Per Tutte le età
Autore: chiakisama galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 12/08/2010 19:16:56

Ormai la guerra tra Vampiri e Lycans sembra al culmine. E la vittoria di questi ultimi.
 
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I
- Capitolo 1° -

Era una di quelle notti classificabili come “da lupi”.
L'aria era gelida e il vento forte mi scompigliava i capelli; il freddo mi penetrava nelle ossa facendomi rabbrividire e la luna piena alta nel cielo non era da meno.
Era pieno inverno e stavo facendo il mio solito giro di ronda. L'ennesimo.
Ho sempre odiato le ronde, le trovo noiose; molto meglio la mischia. La sensazione agghiacciante che la tua vita potesse finire da un momento all'altro mi elettrizzava, mi spingeva ad essere imprudente, sfidando il destino e la fortuna. Fino ad allora la vittoria era stata mia.
Nelle ronde, invece, non era così: non facevi altro che girare per gli stessi posti, impazzendo per ogni rumore e vivendo nell'ansia di finire in un'imboscata. Stressanti, troppo per i miei gusti.
Mi strinsi di più nella giacca di pelle, non che servisse a qualcosa, era solo un gesto meccanico che mi era rimasto della mia vita precedente. Un movimento futile per chi non ha più bisogno del calore.
Quando mi accesi la sigaretta sentii la spada tintinnare contro le borchie della cintura. Ne afferrai l'elsa con un istinto quasi primordiale. Sentire la ruvida stoffa che mi sfregava i calli in qualche modo mi faceva sentire meno sola: quante anime aveva mietuto quell'arma? Quanti di noi si erano dovuti sacrificare per la sua forgiatura?
Domande che mi ponevo da tempo e che, tralasciando risposte vaghe come troppe, migliaia, non trovavano risposta.
Era stata forgiata sfruttando tutto l'argento che possedevano i miei antenati, molti secoli prima che nascessi. Mi fidavo ciecamente di lei, forse anche troppo, ma dopotutto mi aveva salvato la vita non so quante infinità di volte.
Per far passare la noia iniziai a canticchiare il jingle di una pubblicità sentita qualche giorno prima, ma mi interruppi praticamente subito: un rumore indistinto fece eco alla mia “performance”.
Quando trovai la fonte del suono digrignai i denti, facendomi scappare la sigaretta dalle labbra.
Quel puzzo di sangue, selvatico e pelo sporco era inconfondibile. Solo...cosa l'aveva spinto fin lì?
Sfoderai la Colt, che nascondevo sotto la giacca, e tolsi la sicura. Prima di avvicinarmi controllai che fosse carica e che i proiettili fossero d'argento.
Si trascinava lontano da me, per quanto riuscisse a muoversi, tentava di nascondersi in un anfratto del muro che lo sormontava.
Nonostante la luna fosse piena la trasformazione non era completa e questo non mi piacque. Già il fatto che un Lupo fosse in una zona franca mi puzzava, ma che non fosse nemmeno completamente trasformato era pure peggio. I loro scienziati ne avevano inventata un'altra e ciò non significava niente di buono per nessuno. Per noi men che meno.
Quando capì che stava solo sprecando energia si fermò a fissarmi ansimando pesantemente.
Quegli occhi gialli mi lanciavano lampi d'odio, ma non mi scomposi: non era certo la prima volta che ricevevo uno sguardo di quel tipo e sicuramente non sarebbe stata nemmeno l'ultima.
Gli puntai contro la pistola, mentre lui scopriva i denti con un ringhio sordo.
Come potevo provare pietà per una bestia del genere? Un abominio contro natura! Eppure non lo uccisi; l'odore fresco di sangue mi fece capire che era ferito. E dire che con un colpo, da quella distanza, l'avrei fatto fuori senza problemi, per poi andarmene lasciando lì il cadavere a marcire.
Invece rimisi a posto la pistola e mi piegai sulle ginocchia per osservarlo meglio.
Allungai un braccio per esaminargli la ferita, ma lui mi avvertì con un ringhio di non toccarlo. Ritrassi il braccio e rimasi a fissarlo: aveva il viso più allungato di un normale essere umano, con denti forti e aguzzi, le orecchie più appuntite e peli, biondi peli ovunque, solo in quantità minore di un normale Lupo.
Mi accesi un'altra sigaretta e solo allora mi accorsi che l'aria era più calda, o meglio, mi pareva più calda.
La gamba sinistra del pantalone era stracciata più o meno a metà coscia, e lo era pure la carne; nonostante tenesse premute le mani sulla ferita il sangue continuava ad uscire, colorandogli il pelo di rosso.
Senza una parola mi tolsi il fazzoletto che avevo al collo e lo legai appena sopra la ferita, incurante dei suoi ringhi di avvertimento.
« Perché non mi uccidi? » chiese con voce roca quando ebbi finito.
« Perché finalmente mi sono trovata qualcosa da fare. » risposi tranquilla fissandolo e aspirando una lunga boccata dalla sigaretta.
« Quindi mi stai tenendo in vita solo per fare in modo che tu non ti annoia. » continuava a fissarmi con odio, senza lasciar trasparire altra emozione.
« Potrebbe anche darsi, ma sono anche convinta che tu non voglia morire qui e non certo per mano mia. ».
Per un po' rimase in silenzio e in quella pausa tentò di mettersi a sedere; non feci niente per aiutarlo, tanto sapevo che non me l'avrebbe permesso. Quando si fu sistemato contro il muro riprese: « Non credevo di trovarne una anche qui. E che mi avrebbe pure mostrato pietà, nonostante tu sappia quanti ne ho fatti fuori. » mi parve divertito, o forse era stato quel ghigno che si ritrovava quando scopriva i denti a farmelo credere.
« Non amo fare qualcosa senza che mi ritorni indietro. Se ti uccidessi cosa ne avrei? Solo rastrellamenti e indagini. No, grazie. » spensi la sigaretta contro il muro e la lasciai cadere a terra.
Rimanemmo nuovamente a fissarci per un po' in silenzio, inframezzato da lui che ogni tanto annusava l'aria.
« Cala la luna e la temperatura si sta abbassando. Fra non molto si alzerà una tempesta di neve. Ecco ciò che volevi. Ora uccidimi. ».
Aveva ragione, la temperatura era calata bruscamente e il vento pareva essersi calmato. Inoltre si stava trasformando: la pelle di nuovo liscia, il viso di nuovo umano e gli occhi divennero verdi.
Non doveva avere più di trent'anni, anche se quella zazzera bionda e le guance un po' paffute lo facevano sembrare ancora più giovane.
« E quella? » chiesi piuttosto indifferente a ciò che mi era stato appena detto.
« Intendi la gamba? » ridacchiò, notando che la fissavo. « Uno stupido scherzo, semplice goliardata tra compagni. » smise quando vide che mi accingevo a tirarlo in piedi.
« Che hai intenzione di fare? » domandò semi rabbioso.
« Fatti passare la bava. Ti porto via. Come ti ho detto prima se muori qui non posso più vivere tranquilla, quindi ti tengo al caldo almeno fino a che non è passata la tempesta. Se poi vuoi andartene non sarò certo io ad impedirtelo. » mi passai il braccio sinistro intorno al collo e lo sostenni per tutto il tragitto, fino alla casa di umani dove mi nascondevo; almeno ero sicura che non lo avrebbero riconosciuto: odiavano i Lupi, per quello mi avevano fatto entrare in casa loro. Le loro famiglie, i loro amici, erano stati tutti deportati o uccisi dai Lycans. Tradivo la loro fiducia portandogliene uno in casa, ma lo facevo per loro.
Lo feci stendere sul mio letto. Eravamo entrambi coperti di neve. Non avevo fatto in tempo a tirarlo in piedi che aveva iniziato subito a nevicare; quando arrivammo davanti a casa era talmente fitta che non si vedeva che fino a pochi metri di distanza.
Mi concentrai sulla ferita: non era troppo profonda, ma un proiettile era rimasto al suo interno. Dovevo toglierglielo il più presto possibile.
Strappai via il pantalone a brandelli e gli pulii la ferita come meglio potevo. Non essendo abituata a medicare ferite avevo dei gesti piuttosto pesanti e gli capitò non poche volte di trattenere fortemente il respiro.
Non avendo anestetico dovette stringere i denti quando fu il turno del proiettile. Almeno per quello fui veloce.
Quando lo ebbi tra le mani non potei non osservarlo: era un comune proiettile, solo la punta aveva una sottile patinatura d'argento. Non poteva certo ucciderlo, ma sicuramente non gli avevano sparato per scherzo.
Poggiai in una ciotolina il proiettile e tornai a dedicarmi alla ferita. Non sapevo se ai Lycans servissero medicazioni. per noi erano completamente inutili, ma per evitare complicazioni spiacevoli gliela fasciai alla bell'e meglio.
Lo lasciai da solo, ansimava ancora forte per il dolore (il veleno non sarebbe scomparso prima di qualche ora), e andai in cucina per preparagli qualcosa.
Tornai poco dopo con un vassoio che gli ficcai in grembo.
« Sono secoli che non cucino, quindi non ti assicuro niente sul sapore, ma è meglio se lo butti giù. »
Si buttò immediatamente sul piatto e lo spazzolò in pochi secondi. Sembrava non mangiasse da giorni e vi si accanì come un animale.
Rimasi ad osservarlo, a metà tra l'essere disgustata e l'affascinata, indecisa che farne di lui.
Quando ebbe finito si pulì rozzamente con la manica e guardandomi chiese: « E tu? Non mangi? ».
Rimasi perplessa a quell'interessamento della mia persona. Mai prima d'ora un Lupo mi aveva rivolto parole gentili, non che prima avessi mai avuto a che fare con uno di loro in quel modo.
« Il vostro sangue non è certo la panacea, altrimenti ne avrei già approfittato, ma comunque sono già a posto. Noi non abbiamo bisogno di rifornimento continuo. E nemmeno di uccidere per mangiare. »
« Quindi sono stati i tuoi coinquilini a sfamarti? Che nobile gesto! » sbottò ironico. « Mi chiedo chi sia il vero mostro qui...ma forse lo siamo entrambi... » sospirò.
« Ognuno è quello che decide di essere. » risposi filosofica; dopodiché rimanemmo in silenzio lui pian piano si addormentò.
Fuori la tempesta si era lievemente calmata in vista del sorgere del sole, ma non accennava a smettere. Sbadigliai vistosamente, mettendo in mostra i canini, stavo crollando dal sonno, ma volevo aspettare che si svegliassero gli umani per spiegare loro la situazione, o almeno, una parte. Mi assicurarono che se ci fossero stati problemi se ne sarebbero occupati loro e grata andai a stendermi sul divanetto di pelle sgualcita che, oltre al letto, era l'unico mobile della mia camera.
Il soffitto candido, anche se nella semi oscurità, mi feriva gli occhi, ma rimasi a fissarlo comunque. Ripresi a pormi quelle domande che mi affliggevano ogni volta che mi rilassavo: quanto ancora sarebbe durata quella guerra? Quante altre vittime ci sarebbe state?
Due razze di titani che ormai da secoli si scontravano in un conflitto di cui nessuno più si ricordava la causa scatenante. I nostri anziani erano troppo giovani per saperne il motivo. Si continuava solo perché il sangue chiama altro sangue, perché la vendetta vuole altra vendetta. Ormai era diventata una guerra di sterminio: o loro o noi.
Mi girai su un fianco. Quel muro sterile e asettico mi ricordava la mia vita. Tentai di dormire, chiudendo gli occhi, ma fu completamente inutile; così mi alzai.
Gli umani si erano appena riuniti tutti in cucina per fare colazione, così mi aggregai a loro. Vederli mangiare mi fece venire nostalgia di quando ancora potevo vedere il sole e credevo che vampiri e lupi mannari fossero solo i protagonisti delle storie dell'orrore.
Inoltre mi stava tornando la fame. Quel Lupo aveva ragione: ero un mostro che si nutriva dei suoi ospiti e, nonostante loro lo facessero col sorriso sulle labbra, mi sentivo sempre in colpa e ogni volta ne prendevo sempre di meno.
Fortuna che uno di loro era un medico e ogni tanto mi portava a casa delle sacche di sangue. Pure della migliore qualità, peccato solo che non potesse essere un rifornimento continuo.
Ascoltavo i loro discorsi con aria assente, non avevo mai cercato di integrarmi completamente con loro, sapevo che prima o poi ci saremmo dovuti separare e non volevo che fosse troppo doloroso, almeno per me. Ero così stanca di soffrire.
Abitavo con loro solo perché li avevo salvati da un Lupo in modalità berserk. Per ringraziarmi mi avevano chiesto di vivere con loro. Erano passati otto mesi, durante i quali avevo fatto di tutto per rendere quella zona più sicura possibile: ronde continue, assillanti richieste al governo per rendere quella zona franca, sopportare l'umiliazione di quegli stupidi cani quando ci incrociavamo; e ora gliene portavo uno in casa. Sapevo che avrebbero capito che lo facevo per la loro salvezza, ma non ne sarebbero stati contenti comunque.
Iniziai a giocherellare col ciondolo che portavo al collo, un dente bianchissimo di Lupo, come sempre facevo quando qualcosa mi tormentava.
Pian piano la stanza si svuotò: chi si preparava per il lavoro, chi a fare la spesa, chi a vedere i parenti rimasti.
Tutto sommato gli umani vivevano una vita abbastanza normale, o almeno coloro che vivevano nelle zone franche; se ogni giorno non avessero avuto il timore di non tornare in quella casa avrebbero vissuto come prima che la guerra raggiungesse anche quel pezzo di mondo.
Mi accinsi a sistemare ciò che avevano lasciato indietro: tazze, posate; mi ero offerta di pulire i loro piatti e alcuni di loro avevano protestato. Continuavano a ripetere che non mi dovevo scomodare per certi lavori, dopotutto ero la loro salvatrice. Avevo sorriso dicendo loro che, non avendo niente di meglio da fare, non mi creava problemi. Ormai si erano abituati, anche se brontolavano comunque. Ma a me piaceva pulire i piatti, mi faceva sentire veramente utile e forse anche un po' umana.
Non appena ebbi finito tornai in camera a vedere la situazione del ragazzo. Stava ancora dormendo, perciò rimasi a fissarlo: il fatto che fosse biondo era davvero interessante. Era la prima volta che ne vedevo uno con un pelo del genere, di solito fulvo, nero o castano. Quel tipo diveniva sempre più misterioso.
Vederlo dormire così tranquillo mi fece pensare ad un angelo con un'aureola piuttosto che ad un Lupo sanguinario.
Mi risedetti sul divanetto e cullata dal suo respiro iniziai ad assopirmi. Prima di addormentarmi completamente avvertii qualcun altro nella stanza che mi copriva gentilmente con una coperta.
Non so per quanto dormicchiai, di sicuro poco.
Inizialmente intontita dal sonno non capivo cosa stesse succedendo, ma quando riuscii a mettere a fuoco vidi il ragazzo agitarsi sotto le lenzuola, preso da strani spasmi.
Gli corsi vicina per tentare di calmarlo e mettergli qualcosa in bocca prima che si mordesse la lingua. Sussultai quando vidi gli occhi spalancati e iniettati di sangue che fissavano il vuoto.
Improvvisamente mi afferrò le braccia con una morsa d'acciaio e iniziò a fissarmi ringhiando con la bava alla bocca.
Ero terrorizzata. Letteralmente terrorizzata. Non mi era mai capitato. Credevo di conoscere il mio nemico, ma quel fatto mi era completamente sconosciuto.
Sentii gli umani accorrere; con forza venimmo staccati e qualcuno mi accompagnò a sedermi mentre un gruppetto si concentrava sul Lupo. Sembrava facessero fatica a tenerlo fermo; mi parve di vedere brillare un ago, non ne sono sicura. So che alla fine riuscirono a calmarlo.
Ero ancora paralizzata. Il medico mi venne vicino tentando di rassicurarmi, mentre cercava di strapparmi qualche parola per capire meglio ciò che era successo.
Fallendo nel suo intento spintonò via gli altri, scuotendo la testa, prima di tornare a prepararsi per andare al lavoro.
Quando rimanemmo soli si svegliò: era tranquillo, i segni del precedente attacco erano già scomparsi.
Capì subito, non appena mi vide. « E' successo, vero? ».
Annuii mentre rubavo un sorso dalla bottiglia che avevo in mano. Non sapevo come ci fosse finita lì, ma dato che l'armadietto era aperto pensai di averla presa inconsciamente.
« Succede spesso? » chiesi finalmente dopo un altro sorso, più lungo stavolta. Iniziai a riprendermi un pochino.
« Neanche così tanto. Solo quando mi trasformo e nemmeno tutte le volte. » chiuse gli occhi stringendo i pugni.
« Come facevi quand'eri piccolo? » non sapevo quanto sarebbe rimasto, perciò volevo informarmi il più possibile affinché potessi affrontare la prossima più prontamente.
« Da piccolo...non avevo problemi... » rispose vago.
Lo guardai di sottecchi, stupita. « Che intendi? » mi alzai e mi avvicinai al letto.
« Beh...io...sono un Mannaro da poco... » mi parve imbarazzato.
Strabuzzai gli occhi. « Che? Ti hanno morso? ».
Ormai era raro trovare Lycans adulti che non lo fossero sempre stati. Si riproducono come conigli. Non fai in tempo a farne fuori uno che ne nascevano altri tre.
« Nemmeno. » era sempre deciso a non fissarmi.
« E allora come? »
« Io...sono una cavia. Hanno sviluppato un siero trasformante. Ma come vedi è ancora imperfetto. ».
« Non mi vorrai dire che sei scappato dal laboratorio! » stava per prendermi uno dei miei attacchi isterici. Me li porto dietro da quando sono nata e sono veramente insopportabili. Mi maledissi per non averlo fatto fuori subito: non solo era un Lycan, era pure un cavia (fuggita e di sicuro lo stavano cercando) e per di più una bomba ad orologeria. Di male in peggio insomma.
Allungai il braccio con cui reggevo la bottiglia e gliela passai. « Spero ti piaccia anche il sangue, oltre che la carne. ».
Tornai a sedermi prendendo la testa tra le mani.
« Io ti avevo detto di farmi fuori. » annusava il contenuto sospettoso.
Ignorai il commento. Fissavo il pavimento senza vederlo pensando a cosa potevo fare.
In realtà che non fosse un Lupo completo mi interessava relativamente. Volevo solo sapere cosa sarebbe successo di lì a poco, grazie a quel siero.
Alzai lo sguardo, quando lo avvertii muoversi e lo fissai interrogativa.
« Mi levo di torno. I tuoi umani non mi sopportano e nemmeno tu. ».
Gli indicai dov'era la porta e lo lasciai andare.

Rieccomi! Con una nuova storia senza averne finita nemmeno una (tranne le auto-conclusive xD)! Lo ammetto storie tra con vampiri e lupi mannari non mi fanno impazzire, come nemmeno quegli stupidi canidi, ma mi era venuta in mente e allora perché no? Mai dire mai xD Mi butto subito sul secondo capitolo! xD
 
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