- Capitolo 1° -
E' una schifezzuola, lo so... perdonatemela!
Cammino per le vie di Water Seven senza una ben precisa meta.
Sono tornato.
Ferito, sconfitto, umiliato, ricercato.
Sono tornato perché sto per morire.
Me lo sento.
Sto per andarmene.
Se non saranno le ferite saranno i marines.
Se non i marines, la solitudine.
Lei, la mia compagna di sempre, ora mi uccide.
Ma io l'ho voluto.
Sono cambiato.
È anche per questo che sono qui.
Ma sarei tornato comunque.
Per lui.
Lui.
Mi ha cambiato.
Mi ha salvato.
È per lui che non sono più quello di un tempo.
È per lui che sono tornato.
Non so se è stata una buona idea.
L'ho ferito.
L'ho deluso.
Mi sono macchiato le mani del suo sangue.
Comincia a piovere.
Ho rischiato di ucciderlo.
Di perderlo.
Non l'ho ancora trovato.
Sono stato stupido.
Ma io l'ho voluto.
L'ho quasi ucciso.
E l'ho perso nel momento in cui l'ho trafitto.
No.
L'avevo già perso quando aveva capito chi ero in realtà.
Cosa ero veramente.
Un mostro senza scrupoli ne pietà.
Ma io l'ho voluto.
La mia gamba sanguina.
Io l'ho voluto.
Le ferite si sono riaperte.
Io me la sono cercata.
Sputo sangue.
Io l'ho voluto.
Devo trovarlo prima di morire.
Devo dirglielo.
Devo.
Alzo gli occhi.
È li.
Lo vedo.
Mi ha visto.
Devo dirglielo.
È sorpreso.
Ora o mai più.
Si gira per vedere meglio.
Lo amo.
Ti amo.
Dillo, dillo.
Mi avvicino.
Non si è accorto che sanguino.
Il viso gli si contrae in una smorfia rabbiosa.
“Perché sei tornato?”
Non rispondo.
Non gli parlo.
Mi vergogno.
Mi sono mancati i suoi occhi azzurri.
Mi mancano le sue risate.
I suoi scherzi.
Sanguino.
Non lo vede.
Sanguina anche il mio cuore.
Non può vederlo.
Non lo vedrà.
Non è giusto che veda.
Non è giusto che sappia.
Non saprà.
Lo decido, così.
Come ho deciso di venire qui.
Soffrirò solo io.
È giusto.
Questo è giusto.
Io l'ho voluto.
È quello che merito.
Non conta ciò che provo.
Me lo merito.
È giusto che mi tratti così.
Io non merito nulla.
Dopo quello che ho fatto.
Quello che ho detto.
Il sangue che ho versato.
Mi faccio schifo.
Che uomo sono?
Ma io non sono un uomo.
Sono un mostro.
Ed è giusto che paghi.
Viene verso di me.
È sfigurato, stravolto dall'ira.
Mi colpisce.
Con forza.
Mi spacca un labbro.
Sento il sapore del sangue.
Mi sento morire.
Vacillo.
Avevo detto di sapere che era giusto.
La cosa giusta.
È giusto.
Mi odio.
Mi odia.
Prima mi voleva bene.
È giusto.
Mi maledico.
Avrei potuto dirglielo prima.
Il suo pugno mi ha scalfito l'anima.
Non mi ama.
Non mi amerà.
Avrebbe forse potuto amarmi.
Ma è tardi.
Io lo amo?
Con tutta l'anima.
Non sarei tornato, altrimenti.
Non merito nulla.
Non mi aspetto nulla.
Mi solleva.
E mi colpisce di nuovo.
Allo stomaco.
L'aria abbandona i miei polmoni.
Mi piego in due.
Le ferite si riaprono ed è di nuovo dolore.
Faccio di tutto per non gemere.
Non devo.
Scivolo a terra.
Ora, un calcio.
Di nuovo.
Sobbalzo senza rispondere.
Non posso, non devo, non voglio.
E ancora, ancora.
Colpisci, Paulie.
Me lo merito.
Lo ripeto per convincermi.
Sento il bisogno di piangere.
Non devo.
Ormai il mio sangue ha formato una pozza.
Ti calmi.
Te ne accorgi.
“Oddio...”
Sei terrorizzato.
Hai capito quello che hai fatto.
Non ne hai colpa, Paulie.
“Ti porto da un medico.”
Fai per sollevarmi.
Ti blocco.
“No.”
Ho sussurrato.
Non capisci.
Ti tiro verso di me.
Mi muovo appena.
Ti sfioro le labbra con le mie.
Ricado.
Sei sconvolto.
Scusa.
“Oddio...”
Lo ripeti.
Sorrido.
Ormai sto morendo.
“Va bene così.” ti dico.
Ti guardo un ultima volta.
Hai capito.
E non avrai rimpianti.
Sono felice.
È la fine.
È una fine che non speravo.
È meglio così.
Una vita d'ombra.
Una fine di luce.
Va bene così.
Sarebbe potuta andare diversamente.
Ma va bene.
Ho trovato un po' di pace.
Chiudo gli occhi...
Finalmente, mi spengo.
|
|
