torna al menù Fanfic
torna indietro

MANGA.IT FANFIC
Categoria: Film, Telefilm, Teatro
Dalla Serie: Dr. House Medical Division (House, M.D.)
Titolo Fanfic: NEI BAGNI DEL PLAINSBORO HOSPITAL
Genere: Giallo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: bordeaux galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 01/08/2010 00:10:59

Abitualmente House risolve i suoi casi clinici come se fossero un poliziesco... come se la caverà, stavolta, davanti ad un "vero" omicidio?
 
Condividi su FacebookCondividi per Email
Salva nei Preferiti
   
NEI BAGNI DEL PLAINSBORO HOSPITAL
- Capitolo 1° -

Serie: Dr. House
Personaggi: Gregory House, James Wilson
Rating: Arancione
Nota dell'autore: Con questa fan-fiction sono arrivato terzo al concorso "Bathroom Love" indetto da Collection of Starlight. Non mai andato bene in questo genere di cose, ho una sfortuna nera, ma stavolta me la sono cavata! Spero che vi piaccia!



Introduzione: Solitamente il dottor House risolve i suoi casi clinici come se fossero delle indagini di tipo poliziesco, usando i sintomi dei pazienti come tracce per risalire alla malattia. E se questa volta House si trovasse davanti ad un "vero" caso di omicidio?



Wilson entrò nei bagni al piano terra di corsa, quasi incredulo. Sperava che tutto quello che aveva sentito poco prima fosse uno scherzo, ma per lui purtroppo era tutto vero...
House era seduto su uno dei lavelli del bagno e continuava a far roteare il suo bastone da passeggio mentre, con sguardo pensieroso, fissava l'interno di una cabina. Lì dentro si era consumato un suicidio, c'erano ancora le macchie di sangue e la sagoma della vittima, un uomo di circa quarant'anni. House ne aveva combinate veramente tante di stupidaggini al Plainsboro, ma quella le aveva battute tutte: secondo Wilson si era introdotto in bagno, rompendo i sigilli che aveva messo la polizia, solo per un capriccio personale.
Due giorni prima la Cuddy, per mettere in riga House, gli aveva assegnato un caso clinico che lo stesso medico considerava "noioso". Per tutto il tempo, come al suo solito, House era rimasto lontano dal paziente e con una rapidità quasi incredibile aveva trovato la soluzione al caso: un tumore al pancreas, molto difficile da curare e con poche aspettative di vita.
Una volta formulata la diagnosi, House lasciò perdere il suo paziente, era passato a Wilson, finché non sentì la notizia che si era suicidato nei bagni degli uomini, al primo piano. Preoccupato per l'ennesima stupidaggine del suo amico, Wilson lo raggiunse in bagno per farlo ragionare...
«Sei completamente impazzito?» domandò l'oncologo.
«Zitto!» gli rispose House stizzito. «Sto ragionando...»
«House, devi smetterla! Lo sappiamo entrambi perché sei venuto qui, forzando le regole come al tuo solito!»
«Sentiamo, perché?»
«Fino a ieri ritenevi il tuo paziente noioso, però adesso che è morto, ti sei convinto che ci sia sotto qualcosa di interessante! House, per favore, smettila! Lascia che se ne occupi la polizia!»
«E tu credi veramente che io sia venuto fino a qui solo perché mi annoiavo?»
«Bhe...» accennò Wilson indeciso. Non avrebbe mai ammesso la verità, e per questo motivo cercò di cambiare argomento: «E poi, come pensi di risolvere il caso? Non hai mai visto il paziente in faccia!»
A quel punto House prese di sorpresa Wilson facendo una descrizione molto dettagliata del paziente, usando il suo solito gergo da cartella clinica. La vittima si chiamava Ryan Evans, un uomo di trent'otto anni dai capelli marroni chiaro e dagli occhi azzurri. Alto e magro, era proprietario di un negozio di articoli sportivi. La polizia lo aveva ritrovato morto su uno dei water del bagno, in posizione seduta e con la pistola di sua proprietà nella mano destra. Il corpo aveva la testa appoggiata alla parete sinistra della cabina, con la tempia destra completamente devastata a causa del proiettile che gli aveva trapassato il cervello. Nonostante fossero evidenti le prove di un suicidio, come le ustioni attorno al foro d'entrata del proiettile o la presenza di polvere da sparo ritrovata sulla mano dell'uomo, House era convinto che l'uomo non si fosse suicidato. La sua testardaggine non era nuova a Wilson, che per questo motivo provò ad insistere per farlo uscire dal bagno. Voleva evitare noie con la polizia, dato che House era già stato arrestato in passato...
«E' inutile che continui a fissare quella sagoma! Non c'è alcun dubbio che quello era stato un suicidio!»
«Ah sì?» esclamò House voltandosi verso il suo amico. «Allora dimmi perché si sarebbe suicidato!»
«House, lo sai benissimo che Evans aveva un tumore molto difficile da operare! Chiunque sarebbe crollato davanti ad una notizia del genere!»
«La teoria non regge, Wilson!» ribatté House puntandogli contro il suo bastone da passeggio, come per rimproverarlo. «Solitamente un suicida decide di morire in un luogo che conosce, a cui attribuisce un significato ben preciso... non credo che i cessi del Plainsboro Hospital fossero così importanti per lui!»
Questa volta Wilson rimase in silenzio; per la prima volta da quando era entrato in bagno, stava dando ragione alla follia del suo amico.

Per qualche minuto House continuò a riflettere, sempre facendo roteare il suo bastone, ma ad un certo punto decise di darsi una mossa: prese il suo contenitore di pillole, ne ingoiò una e scese dal lavandino, per osservare nel dettaglio la cabina che aveva davanti. Wilson, per impedirgli di combinare altri disastri, lo affiancò per non farlo avanzare più di tanto.
Con molta attenzione House si mise a guardare ogni angolo della cabina, alla caccia di qualche prova che l'assassino avesse dimenticato sulla scena del crimine. All'improvviso, mentre puntava lo sguardo verso l'alto, trovò un indizio...
«Ah, ah!» ripeté House con entusiasmo.
«Cosa diavolo hai visto?» gli domandò Wilson.
«Guarda lì, vicino alla luce!»
Chiudendo leggermente gli occhi, Wilson si mise a guardare la lampada indicatagli da House. Sembrava una normalissima lampadina, come tutte le altre presenti nel bagno, ma col passare del tempo Wilson si accorse che c'era qualcosa di strano. Dietro alla lampada, quasi nascosta, c'era una piccola macchia rotonda. Incuriosito fece un passo in avanti e solo in quel momento capì di cosa si trattava...
«Ma è un foro di proiettile!» esclamò Wilson.
«Esatto!» gridò House. «Visto che mia idea non era così campata in aria?»
Sembrava impossibile, ma House poteva avere ragione! Wilson si sentì sconvolto, non sapeva più a cosa pensare; in fondo House era fatto così, era in grado di stravolgere ogni teoria che non gli andava a genio. Ma House non voleva perdere tempo, così richiamò a gran voce il suo amico.
«Ehi, Wilson! Smettila di pensare e stammi a sentire!»
«Perché?» domandò Wilson tornando in sé. «Hai già capito cos'è successo ad Evans?»
«Più o meno...»

Secondo la ricostruzione di House, l'assassino avrebbe seguito Evans in bagno, e una volta controllato che in giro non ci fosse nessuno, si avvicinò all'uomo per sparargli un colpo alla tempia. Poi, per camuffare l'omicidio, trasportò il cadavere dentro la cabina e da qui sparò nuovamente un colpo in aria, facendo in modo che la vittima tenesse la pistola in mano. Poteva essere un'idea valida, ma Wilson fu da subito molto scettico.
«Ci sono alcuni punti che non tornano, House!»
«E quali sarebbero?» domandò stizzito il medico zoppo.
«Prima di tutto, come ha fatto l’assassino ad entrare in bagno senza essere visto?»
«Che domande, Wilson! Lo sai benissimo che a mezzogiorno quasi tutto il personale è in pausa! A quell'ora anche un elefante con la parrucca rosa sarebbe passato inosservato! Figuriamoci ricordare una persona ben precisa...»
«Bhe, in questo hai ragione...» ammise Wilson. «Però c'è un altro punto che non capisco!»
«Cosa c'è stavolta?»
«Come avrebbe fatto l'assassino a sparargli alla tempia?»
«Wilson, prova a ricostruire mentalmente la scena. La vittima si trovava davanti allo specchio, si accorge che sta arrivando qualcuno alle sue spalle e si volta. In quel momento l'assassino prende la pistola e gli spara. Semplice, no?»
«Ma è impossibile!» affermò Wilson mimando una pistola con la mano destra. «Se Evans si era voltato, come faccio a sparargli a bruciapelo sulla tempia destra? Avrei colpito quella sinistra!»
L'oncologo era confuso, non sembrava esserci una spiegazione logica al problema. All'improvviso però ebbe un illuminazione, che chiarì il suo dubbio.
«Ma certo! L'assassino gli ha sparato a bruciapelo sulla tempia destra perché era mancino!»
«Esatto!» esclamò House contento. «In questa maniera sarebbe stato più facile simulare un suicidio, la vittima usava la mano destra!»
Per evitare nuove interruzioni, House spiegò a Wilson perché non c'erano tracce di sangue fuori dalla cabina: siccome l'assassino era stato così abile nel progettare l'omicidio, sicuramente aveva pensato di cancellare i residui di sangue usando dell'ammoniaca. Ciò non avrebbe fatto sospettare i poliziotti, sarebbe stato normale trovare tracce di ammoniaca sul pavimento del bagno...

Dopo aver chiarito la dinamica dell'omicidio, era necessario trovare i possibili sospettati. Non fu un ragionamento molto lungo, dopotutto solo due persone in tutto l'ospedale, a parte House e la sua équipe, conoscevano la vittima: erano sua moglie Cecilia e il socio in affari Samuel Crossley. La prima era una donna poco più giovane di Evans, dal fisico asciutto, gli occhi chiari e i capelli castano chiaro, con la frangetta. Di carattere mite, la moglie era una persona molto premurosa: ogni volta che poteva, andava a trovare suo marito in ospedale; il secondo era un uomo alto, giovane, ben allenato, aveva i capelli lunghi e corvini e gli occhi marroni. Era un tipo veramente egocentrico ed era anche un amante degli sport estremi, un vero temerario: non parlava d'altro quando incontrava il suo socio ammalato.
Ripensando a quello che si erano detti in precedenza i due medici, a Wilson venne in mente un particolare riguardante Cecilia, che poteva essere fondamentale: era sicurissimo di averla vista firmare un modulo per il consenso alle cure con la mano sinistra. Non aveva dubbi a riguardo, ma House fermò subito il suo entusiasmo, perché aveva notato che Samuel portava un orologio sportivo sul polso destro, un chiaro segno che anche lui era mancino!
«Adesso che facciamo?» domandò Wilson.
«Zitto! Lasciami ragionare!» urlò House. L'esperto in diagnostica si prese qualche minuto per pensare, ma non aveva molto tempo a disposizione: tra pochi minuti la polizia avrebbe lasciato andare i sospettati, doveva trovare la soluzione al più presto.
«Ci servirebbero altri indizi...» sospirò Wilson.
«Che stupido!» esclamò House. «Come ho fatto a non pensarci prima?»
«Di cosa diavolo stai parlando?»
«Quando la vittima era ancora un mio paziente, ho mandato i miei assistenti a controllare casa sua e il negozio di articoli sportivi, che è attaccato all'appartamento del socio in affari. Forse quella volta avevano trovato degli indizi che ora possono esserci utili!»
Velocemente House cercò di ricordare ciò che i suoi tre assistenti gli dettarono qualche giorno fa.
La casa di Evans era un luogo confortevole, dalle tinte delicate che davano un senso di relax. Inoltre era incredibilmente ordinato e pulito, probabilmente la moglie era fissata con l'igiene. Un altro particolare che venne in mente ad House fu la quantità enorme di medicinali che aveva in casa Evans, tra cui spiccavano antidolorifici, antistaminici, antiallergici e pastiglie non meglio identificate. Sicuramente erano tutti acquisti di Cecilia, perché Evans non aveva altre patologie, escludendo il tumore...
L'abitazione di Crossley invece sembrava l'opposto: siccome il proprietario era quasi sempre fuori per lavoro o per dedicarsi ai suoi sport estremi, la sua casa era in un po' in disordine. Si potevano trovare oggetti sparpagliati tra salotto e camera da letto, tra cui tende, sacchi a pelo, ganci e corde annodate di ogni forma, colore e dimensione. Nella cassetta dei medicinali non c'era niente di anomalo, se si escludevano i vari integratori e creme abbronzanti, ma quello che attirò l'attenzione degli assistenti di House fu un biglietto trovato in negozio. Era attaccato ad un paio di sci d'acqua e sopra era riportato il modello e la scritta "verde" tra parentesi. Un particolare piuttosto strano...

House ripensò più volte alla descrizioni dei due ambienti, ma non gli vennero in mente altri dettagli che potessero aiutarlo con il caso. Era chiaramente disperato, Wilson lo intuì per come ingoiò nervosamente una pillola di Vicodin.
«Ti vedo in difficoltà.»
«Siamo ad un punto morto, Wilson! Deve esserci qualcosa che ci sfugge!» ammise il medico zoppo.
«E' proprio necessario continuare, House? In fondo, hai fatto quello che potevi...»
«Io non mollo neanche morto! Piuttosto passo la notte qui dentro per scoprire chi è stato!»
«Guarda che i poliziotti qui fuori sono gente in gamba! Non sono stupidi, li ho sentiti durante gli interrogatori e...»
All'improvviso House bloccò il discorso del suo amico, mettendogli una mano davanti alla bocca, come per zittirlo. Poi si immobilizzò all'istante, come se fosse stato colpito da un fulmine, e solo guardandolo in viso Wilson capì che House aveva trovato l'ispirazione giusta per risolvere il caso. Probabilmente le ultime parole di Wilson avevano fatto scattare qualcosa nella sua mente.
«A cosa stai pensando stavolta?» domandò l'oncologo.
«La polizia ti ha interrogato?»
«Ovvio, ero il medico curante di Evans!»
«E per caso, hai assistito agli interrogatori della moglie e del socio in affari?»
«Sì, perché?»
«Presto, dimmi tutto quello che ti viene in mente! Non abbiamo molto tempo a disposizione!»
«Calmati! Se non ricordo male, la signora Evans stava aspettando il ritorno del marito accanto al bancone dell'accettazione del primo piano, rimanendo seduta per tutto il tempo. Sai, quello in cui da poco hanno messo i fiori nuovi...»
«Sì, l'ho visto! E che mi dici sul socio in affari?»
«Lui ha affermato che stava osservando il reparto di riabilitazione, perché lo trovava interessante. Ora che ci ripenso però ha mentito su un punto!»
«Quale?»
«Aveva detto che le pareti del reparto erano di color giallo spento, quando lo sappiamo entrambi che in realtà sono verdi! Ciò significa solo una cosa: non è mai stato lì! E' vero che anche l'alibi della moglie traballa un po', ma è evidente che è lui il colpevole!»
La soluzione di Wilson sembrava logica, ma House era di tutt'altro parere...
«No, Wilson!» ribatté il medico zoppo. «Il socio non è il colpevole, è solo un cretino!»
«Che vuoi dire?»
«Si è dimenticato di informare la polizia che è daltonico! Per la precisione, soffre di deuteranomalia!»
«Vuoi dire che non riesce a distinguere il colore verde?»
«Esatto! Ti ricordi lo strano biglietto ritrovato dai miei assistenti nel negozio?»
«Ora si spiega perché c'era scritto anche il colore!» commentò Wilson platealmente. Se ne era quasi dimenticato di quel dettaglio...
«Solo un deficiente avrebbe annotato su un biglietto il colore di un oggetto, a meno che non sia daltonico. Ciò è confermato anche perché solitamente chi non distingue il verde, lo confonde con un giallo spento!»
«D'accordo! Però così abbiamo solo scagionato il socio dal delitto!»
«E tu credi che non ho uno traccio di prova che incolpi la moglie?» domandò House con un sorriso ironico.
«Sul serio?» chiese sorpreso Wilson.
«Certamente!» rispose House ingoiando un'altra pillola. «Quando hai incontrato la moglie, ti ricordi se per caso sta bene?»
«In che senso?»
«Aveva il respiro irregolare? Si grattava la pelle? Lacrimava? Ha preso qualche medicina mentre parlava ai poliziotti?»
«No, era normale! Perché me lo chiedi?»
«Ti ricordi cosa c'era di particolare nella cassetta dei medicinali a casa del paziente?»
«No!»
«Antiallergici! E qual'è l'allergia più diffusa al mondo?»
«Bhe, quella alla polvere... o al polline! Che idiota che sono, come ho fatto a non pensaci prima!»
«Infatti! Se fosse vero, la moglie di...» accennò House in difficoltà. Come al solito, non si era ricordato il nome del suo paziente.
«Evans!» esclamò Wilson un po' infastidito.
«Sì, esatto! Dicevo, se fosse rimasta lì tutto il tempo, sicuramente avrebbe avuto un attacco allergico a causa dei fiori nuovi!»
«Certo, così abbiamo individuato il colpevole. Ma questa è solo un ipotesi, House! A noi serve almeno una prova per farla arrestare!»
«Vuoi una prova? Non c'è problema!»
«Ah sì?» mormorò Wilson incredulo.
«Se la moglie di Evans è stata così abile nel progettare il finto suicidio, sicuramente ha tolto tutte le tracce che ha lasciato in bagno. Avrà pulito il pavimento con l'ammoniaca, si sarà lavata con cura le mani, ma sono certo che è uscita da questo bagno con una prova addosso!»
«Non ti seguo House...» ammise Wilson all'inizio, ma poi anche lui intuì quello che voleva dire il suo amico. «Ma è ovvio! Non ha potuto togliere le tracce di polvere da sparo dai vestiti!»
«Già!» esclamò soddisfatto House. «Non poteva di certo gettarli via, qualcuno avrebbe potuto notare un cambio d'abito!»
«A questo punto dobbiamo assolutamente informare la polizia!»

Wilson stava per uscire dal bagno, ma a pochi centimetri dalla porta si fermò di colpo. Aveva ancora una domanda da fare ad House.
«Secondo te...» accennò l'oncologo voltandosi.
«Sì?»
«Perché Cecilia ha ucciso suo marito?»
«Le ragioni possono essere molte. Forse aveva una relazione proprio con il socio di Evans... o forse aveva paura di affrontare la malattia del marito.»
«In che senso?»
«Il suo affetto verso Evans era così intenso e puro che l'idea di vederlo soffrire a causa del tumore deve averla spaventata a morte. Forse per lei quell'omicidio era un gesto d'amore, un modo per liberarlo dal dolore che in futuro sarebbe diventato insopportabile.»
«Ne sei sicuro?»
«E' solo una teoria, Wilson! Come affermai una volta: "il dolore ci porta a fare scelte sbagliate. La paura del dolore è ancora peggio".»



Fine
 
  » Segnala questa fanfic se non rispetta il regolamento del sito
 


VOTO: (0 voti, 0 commenti)
 
COMMENTI:
NON CI SONO ANCORA COMMENTI, SCRIVI IL PRIMO! ^__-
 
SCRIVI IL TUO COMMENTO:

Utente:
Password:
Registrati -Password dimenticata?
Solo su questo capitolo Generale sulla Fanfic
Commento:
Il tuo voto: