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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Videogiochi
Dalla Serie: God of War
Titolo Fanfic: GOD OF WAR: CONSPIRACY
Genere: Azione, Avventura, Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Autore: blackonwhite galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 16/06/2010 20:04:01

Ambientata nel pieno degli anni al servizio degli dei, una nuova misteriosa avventura attende il Fantasma di Sparta. Quali ostacoli incontrerà Kratos
 
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FAME DI VITA
- Capitolo 1° -

Il passato, flebile ombra sul tratto già percorso del polveroso sentiero dell’esistenza, ma alle volte, gravoso macigno sul cuore di un uomo, se macchiato da tragici episodi. Un grido disperato squarciò per brevi istanti la quiete della notte. Soltanto un sogno, un eco incessante, covato nei meandri più profondi della mente, sempre in agguato, mai sopito. Ancora una volta il sonno di Kratos fu ferocemente interrotto dall’improvviso riemergere dei ricordi, eredità degli atroci atti che avevano costellato la sua vita precedente. Rinvenne dai suoi incubi seduto sul letto in una pozza di sudore , respirando affannosamente e stringendo saldamente tra le dita i lembi sgualciti delle coperte. Si guardò attorno frastornato: le meretrici che avevano allietato la sua nottata giacevano sul pavimento fissandolo con occhi sbarrati, sconcertate da un simile risveglio. Senza degnarle della minima attenzione, Kratos abbandonò le lenzuola ed indossò i propri indumenti. Si diresse verso la porta, scostò il chiavistello cigolante e, dopo aver gettato un ultimo sguardo al giaciglio, lasciò la cabina sospirando lungamente. Sul ponte della trireme dominava il silenzio, intervallato dall’infrangersi dei flutti sulla chiglia e dallo scricchiolio delle tavole, sollecitate dall’incessante ondeggiare dell’imbarcazione. Cinque lunghi anni erano trascorsi dalla solenne promessa di Kratos di servire fedelmente gli dei per un decennio, in cambio della redenzione dal suo funesto passato. Per lui ogni giorno nasceva e tramontava a questo unico scopo, null’altro aveva importanza ormai, neppure la sua stessa vita, messa a repentaglio ad ognuno degli incarichi assegnatigli dagli Olimpici. Che valore avrebbe potuto avere del resto l’esistenza di una tale bestia? Rimasto solo a questo mondo, trovava requie temporanea dalla memoria delle sue gesta meschine e crudeli soltanto nella furia della battaglia, ove poteva nutrirsi della cieca ingiustizia della guerra e lavare nel sangue i propri peccati. Nessuno avrebbe reclamato la sua libertà, nessuno avrebbe pianto la sua dipartita, non esiste compassione per il Fantasma di Sparta. Bruciavano ancora sulla sua pelle le ceneri dei suoi cari e con loro era perito anche l’ultimo barlume di speranza, in luogo della quale null’altro che la rassegnazione ad un destino da schiavo colmava la voragine nel suo cuore.
Il vento gonfiava le grandi vele bianche, sospingendo lungo la sua rotta il veliero, che già da molti giorni aveva lasciato i lidi natii del Peloponneso per raggiungere la costa macedone. Una truppa di valorosi soldati spartani erano stati inviati per offrire manforte alla resistenza della città di Therma, assediata dall’esercito invasore delle Amazzoni. Kratos inoltre aveva preso parte alla spedizione in ossequio al suo patto con gli dei, avendo da questi ricevuto disposizione di recuperare l’antico braciere aureo, attraverso cui l’oracolo locale evocava i responsi divinatori. L’oggetto sacro era stato sottratto dalle donne guerriere come bottino di guerra presso il tempio consacrato a Zeus. Gli Olimpici avevano dunque deciso di vendicare l’affronto sacrilego, spedendo sul campo di battaglia il loro schiavo sanguinario. Dalla prua della nave egli scrutava l’orizzonte celato dalle tenebre notturne, pregustando impazientemente il momento dell’azione. L’attesa ebbe termine quando d’un tratto l’aria odorò di carne arsa. Sulle acque dell’Egeo rosseggiò in lontananza il riflesso della città in fiamme, incorniciata da un cielo stellato. In men che non si dica a bordo della trireme fu dato l’allarme, affinché i soldati si preparassero allo scontro. Kratos fissò le spade di Atena alle sue spalle, pronte per essere sguainate, mentre su tutto il corpo i peli si rizzavano a causa dell’eccitazione. Adorava quei pochi istanti prima della scesa in campo, erano per lui la cosa più simile alla vitalità da diversi anni ormai. Non appena la nave ebbe attraccato al porto di Therma, dalle alte mura una scarica di dardi, scagliati dalle formidabili arciere amazzoni, si sollevò nel cielo, piombando come una pioggia mortale sui figli di Sparta. Kratos si riparò dietro un barile di legno, mentre non tutti i suoi compagni riuscirono a sollevare in tempo lo scudo. L’orda lacedemone si riversò dunque ai piedi del grande portale d’accesso alla città, preparandosi ad abbatterlo con il pesante ariete. Intanto il Fantasma di Sparta era rimasto sul ponte della nave, da cui si avvalse di una delle balestre da guerra su ruote per addentrarsi più rapidamente nel cuore del centro fortificato. Caricò pertanto l’arma con un pesante palo acuminato, alla cui estremità posteriore assicurò una robusta fune collegata all’albero maestro. Scoccato il colpo, il tronco schizzò velocissimo verso le guerriere di vedetta, conficcandosi violentemente nel petto di una di loro, la quale fu trascinata urlante nella traiettoria del lancio finché il palo non penetrò saldamente nella parete di una torre, lungo cui colò lentamente il sangue dell’Amazzone trafitta. A questo punto Kratos s’arrampicò lungo la corda tesa, non curante delle frecce nemiche, venendo tuttavia colpito ad una spalla. Giunto in cima alle mura, lo Spartano si gettò nella furia della battaglia, dimenando sapientemente le lame assicurate ai suoi avambracci da lunghe catene. Alle sue spalle un’Amazzone si preparava ad infliggergli un fatale affondo alla schiena, ma egli con movenze fulminee, estrasse la freccia dalla sua spalla sanguinante e la piantò nel collo della combattente, che stramazzò al suolo. Distratte le guardie dall’incursione di Kratos, i soldati spartani ebbero modo di aprire un varco nel grande portale e penetrare oltre le fortificazioni di cinta. Dall’alto Therma appariva come un colossale inferno di fuoco da cui si alzavano un denso fumo nero e le agghiaccianti urla di dolore degli abitanti. Facendosi strada tra le spade nemiche, il servo degli dei avanzò mietendo vittime, sino a giungere al centro di una disputa tra un manipolo di guerrieri macedoni ed un gruppo di Amazzoni a cavallo. Un fante scagliò il suo giavellotto contro una delle micidiali donne soldato, che però fu pronta a ripararsi dietro il tipico scudo amazzone a forma di falce lunare. La guerriera galoppò verso il suo aggressore e con un poderoso fendente gli mozzò il capo. Fu allora che stabilì di puntare verso Kratos. Egli, avvedutosene, scattò all’attacco compiendo un impressionante balzo, durante cui lanciò le sue spade contro l’Amazzone, lacerandole profondamente l’addome, per richiamarle a sé un istante dopo, strattonando le lunghe catene. In tal modo disarcionò la combattente, che finì sul terreno polveroso, e le sottrasse la cavalcatura. Spostandosi rapidamente a cavallo, lo Spartano adoperò ancora una volta le spade di Atena per mutilare del braccio destro un’Amazzone, appena un attimo prima che questa infliggesse il colpo decisivo su uno dei Macedoni. Sebbene immerso nel vortice della battaglia, Kratos vide a breve distanza un carro carico di oggetti di valore addentrarsi tra i vicoli della città, per poi sparire dietro i caseggiati avvolti dalle fiamme. Suppose dovesse trattarsi di un mezzo adibito al trasporto del bottino di guerra rastrellato nelle dimore dei nobili Thermani, decise allora di seguirlo, sperando di venir così condotto nel luogo ove le Amazzoni depositavano i beni depredati, tra i quali avrebbe quasi di certo rinvenuto il braciere sacro. Riportato bruscamente alla foga della lotta dall’assalto di una cavallerizza, il Fantasma di Sparta si difese tagliando di netto gli arti anteriori dell’equino, che, nitrendo per il lancinante dolore, crollò in avanti, catapultando a terra colei che portava sul dorso, infine l’indomito guerriero partì all’inseguimento. Lanciatosi al galoppo tra le strette vie, ben presto fu in grado di colmare il vantaggio guadagnato dal carro, trovandolo in sosta davanti ad un palazzo, il cui ingresso era preceduto da un ampio porticato. Kratos scese dalla sella e si avvicinò cautamente all’edificio stringendo tra le mani le sue spade, prestando attenzione a non rivelare la propria presenza alla donna che aveva visto reggere le redini a bordo del mezzo. Ella bussò alla porta d’accesso che le fu aperta da una compagna armata. Quello fu l’esatto momento di agire per lo Spartano, che con un unico potente lancio della sua lama, trapassò il busto della cocchiera e trafisse il petto della guardia, senza nemmeno concedere loro l’occasione di scorgere il volto del proprio assassino. Kratos recuperò l’arma avvalendosi della catena come di consueto, infine varcò la soglia di ingresso. Le ampie volte del lungo corridoio colonnato risuonavano ad ogni passo poggiato sul pavimento marmoreo. In fondo alla galleria di servizio si ergeva un massiccio portone ligneo, sorvegliato da due soldatesse. Emettendo il suo urlo di guerra, il servo degli dei affrontò entrambe in un breve scontro in cui ebbe la meglio facilmente. Con un calcio spalancò i battenti della porta, trovandosi, come sperato, di fronte alla sala nella quale erano stati accatastati i tesori acquisiti durante l’assedio. Ovunque luccicava il biondo metallo, accompagnato dal bronzo di statue di pregevole fattura e dall’argento di eleganti suppellettili. Kratos entrò nell’aula guardandosi attorno, ma d’istinto impugnò i manici delle lame quando da dietro una grande colonna scanalata si levò una voce femminile: “L’inattesa visita del Fantasma di Sparta mi colma di onore”. L’uomo intimò di farsi avanti e di chiarire l’identità della sconosciuta. Ella comparve allora da dietro il pilastro e si rivelò agli occhi del guerriero: un fisico forte e slanciato era parzialmente velato da una tunica monospalla che lasciava scoperto uno dei seni, prosperosi e torniti. Gambali e polsini metallici proteggevano gli arti mentre lo splendido viso era ben visibile da sotto l’elmo sollevato, da cui scendevano lunghi capelli riccioluti. “Mi chiamo Menodora, sono un generale amazzone” iniziò la donna avvicinandosi lentamente al combattente, poi passeggiandogli attorno e sfiorandogli sinuosamente il collo con la sinistra continuò: “Mi sono note molte cose sul tuo conto, sai? L’eco delle tue gesta al servizio di Ares è giunto sino alla palude Meotide da cui noi tutte proveniamo. Una tale potenza distruttiva, un simile sprezzo del pericolo, una conoscenza dell’arte bellica tanto accurata, tutto questo in un semplice … uomo. Noi Amazzoni viviamo unite come sorelle senza necessità alcuna di divenire le consorti di nessuno, eppure al cospetto di cotanta prestanza guerriera, viene da chiedersi: lo schiavo degli immortali saprebbe soddisfare il desiderio di una donna bisognosa delle attenzioni di un vero uomo, oppure questo fascino fatale è in realtà pura illusione?”. Kratos abbassò la guardia senza dir nulla e ruotò il capo verso il volto di Menodora, che gli si avvinghiava alle spalle. Liberatosi dalla morsa sensuale dell’Amazzone conturbante, la scaraventò sul pavimento con una spinta, per poi giacere con lei in un groviglio di gemiti. Quando furono ebbri di passione, lo Spartano s’apprestò a risollevarsi, ma fu fermato dalla mano del generale che avvicinatogli la bocca all’orecchio sussurrò: “Hai pienamente saziato le mie aspettative, Fantasma di Sparta, mi spezza il cuore doverti uccidere!”. In un lampo la donna estrasse un pugnale dalle sue vesti e tentò di affondarlo nel fianco di Kratos. Egli tuttavia con brillanti riflessi schivò rotolando sul lato opposto, si rimise in piedi e recuperò le spade di Atena. Prima ancora che la subdola Amazzone potesse preparare un secondo attacco, fu raggiunta dalle infilate avversarie, finendo massacrata a terra in un lago di sangue. Il guerriero concesse un ultimo sguardo alla salma con un’espressione infastidita, si asciugò la fronte con il braccio e diede immediatamente il via alle ricerche del braciere.
Frugò allora tra le montagnole di preziosi ammucchiati, per nulla attratto dal fascino di quelle ricchezze, del tutto prive di valore per uno schiavo il cui destino era così drammaticamente legato al volere delle divinità. Lanciatosi alle spalle un oggetto dopo l’altro con l’intento di scovare l’unico di reale interesse, Kratos comprese che quella caccia alla cieca non avrebbe di certo portato al risultato auspicato, ma in suo aiuto l’inaspettato tese la mano verso il suo suddito prediletto. Dalle profondità della mente dello Spartano provenne sibilante una fioca voce dalle tonalità sovrannaturali: “Recuperalo per me, Kratos, ed io ti sarò riconoscente, svelando le trame del tuo destino”. Istintivamente il guerriero scattò in posizione di difesa, allarmato dall’invisibile presenza. “Esigo sapere chi sei!” esclamò “fatti avanti”. Un arco di tempo brevissimo fu colmato dal silenzio, mentre l’atmosfera sembrava caricarsi di insolito mistero. Improvvisamente un lampo luminoso lacerò il buio della notte e attraversò una finestra, posando il suo bagliore accecante su di una piccola porta in fondo alla sala. Kratos interpretò tutto ciò come un segno divino e decise di seguire il fascio di luce. Tentò dunque di abbassare la maniglia, ma la porta appariva chiusa a chiave. Dandosi minimamente per vinto, trovò allora un mezzo d’accesso alternativo in un brusco calcio che mandò la serratura in frantumi. Il mistico raggio illuminò l’interno della stanza, nella quale era stato riposto il braciere aureo. Ancora una volta quella voce si insinuò nella mente del milite brutale sussurrando quasi impercettibilmente: “Riportala a me, il fato ti attende, Fantasma di Sparta”. Kratos si coprì la fronte con la mano, suggestionato da quelle parole, ma appena si fu ripreso afferrò i manici del braciere. Tuttavia questi si riscaldarono istantaneamente sino a divenire bollenti come la lava, tanto che lo Spartano fu costretto a mollare la presa. Precipitato sul pavimento lapideo, l’impatto produsse un assordante tintinnio talmente potente da scuotere la terra sotto i piedi. Lo schiavo degli dei protesse le orecchie dal tremendo frastuono, mentre i suoi occhi potevano continuare a fissare lo strumento divinatorio, il quale fu avvolto da un’aura luminescente da cui ebbe origine un nuovo fascio brillante indirizzato verso la finestra. Pertanto Kratos si affacciò dall’apertura per scoprire dove il raggio terminasse la sua corsa: sulla cima di un colle in lontananza sorgeva un tempio imponente, che dall’alto dominava la città in rovina. Bastò una semplice occhiata per intuire che quella sarebbe stata la sua prossima meta. “Eccolo laggiù, fatene carne da macello!” ordinò, additando l’intruso, un’Amazzone alle sue sottoposte introdottesi nella camera del bottino, avendo rinvenuto i cadaveri al suo ingresso. Kratos sfilò dalle mani di una statua bronzea alle sue spalle una scure e la scagliò contro le guerriere all’attacco. Roteando velocemente, l’arma raggiunse una delle Amazzoni, il cui cranio fu violentemente trafitto. Agganciata una delle imponenti colonne dell’aula tramite le lunghe catene, lo Spartano sradicò, tirando con disumano vigore, il pilastro, che piombò rovinosamente sulle avversarie. Kratos approfittò dunque del momento per abbandonare il palazzo, uscendo dalla grande finestra, portando con sé il magico braciere.

 
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