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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: Saoirse { Libero Arbitrio. }
Genere: Sentimentale, Avventura
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: iskachan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 02/06/2010 00:26:13

Questa storia tratta della crescita di una ragazza. Si passa dal sogno di deventare una dea...al desiderio di diventare sacerdotessa.
 
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- Capitolo 1° -

Saoirse ~ { Libero Arbitrio}

“ Is Cuma lei san oige ca leagann si a cos.”

La gioventù non fa attenzione a dove mette i piedi.

Non so descrivervi chi sono: ne da dove vengo. Immaginatevi una bambina come tante: spalanca gli occhi,gioca e cerca. Mi piaceva correre con gli altri bambini per la foresta,scalavamo gli alberi,ci sentivamo potenti! Alcune volte,quando i grandi non ci vedevano,giocavamo agli dei: io facevo Enyanka,la bianca freccia,la signora della caccia! Snella e veloce com'ero,ero perfetta per il ruolo.
Gli altri dicevano che un giorno mi avrebbe presa e portata via,per farmi diventare una delle sue ancelle,ed io ero fiera del paragone,volevo diventare la fanciulla più famosa del villaggio,volevo diventare la sua compagna,per poi divenire anche io una dea!
Facevo attenzione però che i grandi non mi sentissero: mi avrebbero punita,picchiata,non potevo voler diventare pari ad un dio,era sacrilegio, e quindi mostruoso.
Io però,bambina superba,non ci credevo: pensavo di essere l'unica mortale a poter aspirare ad un ruolo del genere,ero perfetta,lo dicevano anche i grandi!
Ogni giorno alle prime luci dell'alba mi svegliavo,purificavo il mio corpo per poi prendere il mio arco e la mia faretra per andare a cacciare: degna della dea,mi ripetevo,devo essere degna della dea.
Tutto questo,nella mia dodicesima alba.
Nel mio villaggio,ognuno di noi aveva un ruolo: chi tesseva,chi conciava le pelli,chi addomesticava il bestiame. Ed i figli di quegli uomini e di quelle donne sapevano dove il loro destino li avrebbe condotti,e vi si rassegnavano,anzi molto lo esaltavano anche,ritenendo onorevole portare avanti il lavoro dei loro padri,unici custodi dei segreti di quel mestiere, sentendosi speciali per questo.
Secondo la tradizione,io avrei dovuto seguire il lavoro di mia madre;esperta tessitrice,malinconica ma precisa: colei che mi aveva partorito non era esattamente il mio modello di donna. In verità,all'epoca la disprezzavo.
Così uguale alle altre,conforme,priva di quella scintilla di mutevolezza e di originalità che così tanto apprezzavo nelle forme della natura, così multiformi da essere perfettamente distinguibili l'uno dall'altro anche se appartenevano alla stessa specie.
Abbandonata da mio padre appena una settimana dopo la mia nascita,non ha mai tentato di ritrovarlo,ne di chiarire il perchè di tale onta.
Lei mi aveva donato il nome di Cailin, e dei del cielo,mai nessun nome fu meno adatto alla persona alla quale era stato imposto: “ragazza”. Per i miei fratelli e le mie sorelle,il nome di ciascuno di noi e la guida che ci permette di raggiungere dopo la morte L'invel, la terra infinita, dove tutti i popoli della terra di Kull di tutte le ere ed i tempi si sarebbero riuniti,per vivere insieme ed in pace.
Cosa mi avrebbe dovuto dare quel nome? Quale indizio per le mie future trasformazioni? Nessuna,pensavo,nessuna.
Ma il nome è sacro,non mi era permesso modificarlo,pena l'allontanamento dal villaggio e l'eliminazione dell'impronta della sua mano dalle pareti della grotta di Nimue la saggia: dopo di questo,si era considerati morti. Geo bheo, Gan Baisteadach.*
Nessuno ti si poteva più rivolgere e nel momento in cui gli dei ti avessero rubato il respiro le tue ossa non avrebbero potuto godere degli onori funebri,ma sarebbero state gettate ai cani,come segno di disprezzo.
Ma all'epoca per me le regole non erano altro che vento durante una tempesta: imprevedibile,
mortale,ma lontano dai giorni di sole della mia esistenza.
Dai miei compagni mi facevo chiamare Eimh,la veloce: un altro piccolo espediente per farmi riconoscere della dea,quando sarebbe venuto il momento.
È forse a causa di tutto ciò che non avevo buoni rapporti con i ragazzi della mia età: non capivo cosa ci trovassero le altre ragazze in loro.
Erano rozzi,sporchi,privi di regole e limiti; facevano discorsi strani,guardavano le mie forme pronunciate con occhi vacui e lucidi,ed io non sapevo mai come comportarmi.
Nel mio quattordicesimo anno,un allevatore di capre venne alla mia capanna e mi chiese di incontrare mia madre: non lo avevo mai visto.
Lo portai da lei in silenzio,per poi fuggire nella foresta,per i miei soliti allenamenti: il mio sogno non mi aveva ancora abbandonata,anzi,bruciava la mia anima come il fuoco di un sacrificio,ed il mio cuore ne era la palpitante vittima.
Nel pomeriggio seppi che quell'uomo era venuto a chiedere la mia mano, e la donna che stentavo a riconoscere come madre aveva accettato.
Quale onta per il mio desiderio di purezza,il mio donarmi alla dea! Un uomo qualunque,senza alcun pregio,con il quale non avevo mai corso,combattuto,saltato!
Perchè mi aveva fatto questo? Cosa avevo sbagliato? Avrebbe dovuto amarmi quella donna più di qualuqnue altra persona,ero carne della sua carne,sangue del suo sangue!
Corsi nel folto del fogliame,mi diressi verso il fiume e mi gettai nelle sue acque limpide.
Ricercavo il silenzio come unico rimedio allo sporco che mi si stava insediando nell'anima.
Ed allora la vidi: era poggiata ad un albero,avevo un lungo vestito rosso,due occhi pungenti ed attenti. Mi fissava.
Era la sacerdotessa del villaggio: non l'avevo mai vista prima d'ora.
Mi disse che il mio posto non era con quell'uomo,che non era nel fiume,che o non avevo casa in quel momento.
Impaurita quindi le chiesi: Qual'è la mia casa allora? Non ho più un luogo dove nascondermi,dove proteggermi quando il sole sarà troppo caldo per la mia pelle e la pioggia troppo pungente per le mie ossa?
Slàine dei monti mi rispose: La tua casa è tra le braccia di Nimue,la saggia.


“ Bha sud an dan dauch. ”

“ Così era decretato contro di me.”

La sera stessa la saggia Slàine disse che non mi potevo sposare con alcun uomo che non fosse stato presdestinato dal volere degli dei : ero Naomh, sacra,designata dagli dei.
Il che però non mi rendeva felice: essere Naomh voleva dire essere una apprendista sacerdotessa,una serva,un tramite della terra per i celesti,non una di loro! Tutti gli allenamenti,le purificazioni,le preghiere! Gettate nel fuoco come rami secchi.
Eimh,la veloce,L'ancella della di Enyanka, La nuova dea rifulgente: era morta prima di essere completamente alla luce.
Le due donne designarono il momento in cui sarebbe iniziato il ritiro di preparazione per purificarmi dalle scorie terrene per diventare parte di Esla, la madre di tutti gli esseri viventi.
Mi dicevano che avevo trovato la mia strada,che stava per iniziare una nuova vita,che avevo rovato la mia via maestra,che il mio nome mi aveva guidato fin lì,anche se all'epoca credevo che il nome di “ragazza” non fosse un sentiero ben designato da seguire,azni,che fosse fin troppo leggero ed evanescente.
Troppi accadimenti avevano sconvolto la mia esistenza, in quella giornata ombrosa,non avevo neanche la forza di rimanere in piedi: nella mia mente c'era un funerale da onorare,ed il mio corpo mi imponeva il riposo.
Dormì per cinque giorni e per cinque lune,senza alzarmi ne per dormire,ne per mangiare: mia madre si preoccupò per me,pensava che
l'uomo che aveva dovuto respigere per donarmi a Slàine mi avesse lanciato una maledizione,e che ora gli dei mi avessero contagiata con qualche tipo di malattia.
Ma il calore non inondava le mie membra,non sentivo i pensieri confusi e la mente annebbiata,come si ricordava di essere stata la mia me bambina qualche anno fa,no,era il mio cuore,anzi,il mio spirito ad essere ferito.
Purtroppo,quel tipo di ferite non sono visibili,e le può curare solo chi ne è il possessore.
Alla quinta alba della quinta notte,mi alzai. Mi disgustava il mio essere sempre a letto,immobile,quasi morta: se dovevo abbandonare definitivamente i miei sogni,l'avrei fatto con onore.
Mi lavai e mi vestì a festa,per poi corre al di fuori della tenda che aveva imprigionato il mio corpo inerte come l'ultima tomba di un uomo morente.
Scansai la figura di mia madre china sul telaio,per dirigermi da lei,dalla donna che mi aveva sottratto da una tortura per poi regalarmene un'altra maggiore, Slàine,colei che dona salute.
Raggiunto l'altare delle anime sulla collina,la vidi inginocchiata,con gli occhi chiusi: era strana,sembrava dormire,eppure ero certa che non fosse così.
Mi avvicinai a lei ed iniziai a pregarla,se dovevo partire volevo farlo subito,volevo che la sofferenza durasse il meno possibile,volevo agire,in modo tale che il rumore dei miei passi sul terreno coprisse quello del mio cuore martoriato!
Lei Si voltò e miguardò in silenzio.
Mi ricordo distintamente di quel momento,poichè mi sembrò che il tempo si arrestasse,che tutto il mondo si fosse riunito nei suoi occhi,mentre mi trafiggeva con quei freddi soli luminosi.
Ancora,non parlò: mi prese la mano però,e mi trascinò su,per un ripido sentiero di montagna.
Non osavo rompere quella magica assenza di parole che si era creata tra noi dopo le mie preghiere disperate: avevo paura di dire qualcosa di sbagliato,di farla arrabbiare così tanto da farmi cacciare dal villaggio.
Raggiungemmo la costiera di Reinni,d al centro di un circolo di alberi ci fermammo: si sedette sul terreno secco solcato dal vento,e mi fece capire di volermi al suo fianco.
Poggio quindi la mano sulle mie palpebre,come ad indicarmi di chiuderle,e così feci.
Tutto questo,nel più assoluto silenzio.
Non mi disse che cosa fare,che cosa pensare,come muovermi: semplicemente mi fece rimanere ferma e con gli occhi chiusi sino a sera.
Non so di preciso per quante lune o per quanti soli fui immersa nei miei pensieri sotto quegli alberi,so solo che durante questo periodo né io né lei ci rivolgemmo mai la parola.
Lo scopo di tutto questo non mi era chiaro,ma mi era stato insegnato a fidarmi degli dei e del loro volere,quindi la seguivo e non obbiettavo.
Lei non cucinava mai animali,e quando raccoglieva delle piante le ringraziava e si scusava per il danno che stava causando al fusto principale del vegetale.
Non sprecava niente,utilizzava ogni cosa: le foglie per gli unguenti,lo stelo per intrecciare cestini e le corolle di fiori per splendide ghirlande.
Come me,si lavava ogni giorno nel fiume con acqua gelida,anche in inverno,in modo tale che il suo corpo emanasse sempre un odore piacevole e che fosse in piena forma,malgrado la sua veneranda età.
Quando gli abitanti del villaggio le chiedevano qualcosa,lei rispondeva con garbo e pacatezza,e se poteva,faceva di tutto per soddisfare le loro richieste,anche quelle più assurde.
Solo più tardi capì che con quelle lezioni silenziose lei mi stesse insegnando il rispetto verso gli altri e verso se stessa.
Rividi mia madre una volta sola,dopo la mia corsa forsennata dalla tenda: si avvicinò al cerchio di alberi e mi osservò per qualche tempo,per poi andarsene,silenziosa com'era venuta. Grazie a quell'unico sguardo io mi sentii per la prima volta veramente sua figlia.
Un giorno la maestra mi portò un giovane uomo,più o meno della mia stessa età e la pose tra le mie: capì allora che l'uomo per me era stato scelto,di nuovo.
Lasciai la mano del ragazzo,fuggì,di nuovo: questa volta sulla scogliera.
Mi fermai a fissare il mare,l'infinito mare,piangendo.
Slàine venne da me,con passo lento e cadenzato.
Mi abbracciò e dopo tanto tempo,finalmente,mi disse: “ Abbandona Eimh,bambina. Lei è morta,andata,finita. Si fiera di quello che sei,e che sei sempre stata: sei la dea della natura,della conoscenza e dei sogni. È ora di crescere,di diventare grande,di aprire gli occhi nella mente,e non solo quelli reali. Sii bambina nel cuore,donna nella mente e abbi un'anima priva di giorni. Tutto quello che hai imparato,i tuoi sbagli,il tuo maturare:finirà nel vuoto; se continui a scappare.”
Scossa dal senso delle parole,o forse solo da quelle parole,la prospettiva del mio mondo cambiò.
Sino ad allora la mia vita era stata comandata,rigirata tra le mani di altri: è vero.
Mi hanno cambiato,sono cresciuta,sono diventata più forte soffrendo,ed ho imparato a vivere.
Quello che ho fatto,quello che ho lasciato che gli altri mi facessero fare,i miei errori: non voglio che si perdano nel nulla. Voglio che attraversino i secoli,come il sole vedrà dopo i miei giorni,altri mille e mille giorni di altrettante vite.
E così,sotto la luce del tramonto,decisi che era ora di ricominciare a vivere.
La mia maestra si alzò, e mi chiese: “ Chi sei tu?”
“ Io sono Neilina,la chiara,la splendente.”
“E cosa vuoi da me?”
“ Voglio apprendere,voglio diventare una sacerdotessa di Nimue,la dea saggia.”
“ E sia.”
In silenzio,maestra ed allieva sotto il tramonto.
Forse per la prima volta in vita mia,ero felice.
Ma avevo ancora un ultimo compito da fare: creare la vita,far sì che ciò che ho imparato sia utile ai miei discendenti sino alla fine dei secoli.
Mi alzai,ritornai dall'uomo che la maestra mi aveva portato: era seduto su di un masso,la testa bassa,i capelli rifulgevano nella luce dolce del sole morente.
Lo toccai: lui alzò la testa e mi vide: sorrise. Lo rpesi per mano,lo portai via.
Avevo già letto il nome di mia figlia nei suoi occhi: Saoirse. Libertà.

Iska

*Senza vita,senza battesimo.









 
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COMMENTI:
Trovato 1 commento
iskachan 25/06/10 12:45
i commenti non uccidono XD
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