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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Persone famose e TV
Dalla Serie: Tokio Hotel
Titolo Fanfic: 21th DECEMBER 2012
Genere: Sentimentale, Drammatico, Avventura, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: What if? (E se...)
Autore: lally-mangaka galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 03/05/2010 11:26:03 (ultimo inserimento: 28/10/10)

La fine di tutto. L' inizio di un nuovo mondo.
 
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THE END OF THE WORLD
- Capitolo 1° -

Autore: Lally-chan
Titolo: 21th december 2012
Raiting: P - Pg13
Avvisi: Longfic - Introspettivo - Angst - Drammatico - Character death
Note: Malinconico - Avventuroso
Riassunto: Le persone diventano loro stesse solamente quando non pensano di avere più nulla da perdere. Io l' ho capito proprio quel giorno quando ormai il fato aveva segnato la mia vita come quella di molti altri. A mie spese ho imparato quanto possa essere importante e difficile prendere delle scelte.

Disclaimer: I Gemelli Kaulitz non mi appartengono in nessun modo.
Tutto ciò che è scritto di seguito è puramente inventato senza nessun riferimento alla realtà dei fatti,e niente di ciò che è descritto è a scopo di lucro.

****

Prologo

Thursday 20th December 2012 : The last day

Ho sempre amato volare.
Da quando ho compiuto vent' anni, mi sono ripromessa di viagiare per il mondo, per poter scoprire tutto quello che non avevo mai visto e magari riuscire anche ad innamorarmi.
E' così alla fine sono approdata ad Amburgo, la città che in assoluto ho amato di più da quando ho conosciuto loro.
Anche adesso mi sto dirigendo proprio li, come faccio ormai da cinque anni a questa parte. Adoro troppo questa città per non visitarla almeno un' ultima volta prima del giorno fatidico.
A sentirmi parlare così mi sembro matta. Non so perché io, come quasi tutti, voglia credere a una cosa tanto sciocca come la fine del mondo; ma nell' incertezza volevo fare ancora una cosa prima dell' ineitabile armagedon.
Intorno a me le persone sembrano molto pensierose; tutti si stanno preparando a scoprire se ciò, che è stato profetizzato da anni, sarà vero o meno.
Io penso che sia stato tutto uno stupido modo per far impazzire la gente; ma se poi sarà davvero così, non penso che avrò il tempo di rendermene conto.
L' aereo ormai sta sorvolando la Germania di quasi mezz' ora. Il comandante ci ha appena chiesto di riallacciare le cinture.
Guardo fuori il cielo terso e luminoso; e mi perdo a pensare cosa farò in questo ultimo giorno della mia potenziale vita.
So che sarà stupido; ma il mio più accanito pensiero, prima di prendere questo volo, è stato che volevo vederlo almeno ancora una volta.
Da parte mia, essermi allontanata dalla mia famiglia in un momento tanto critico, può parere un atto di egoismo gratuito; ma morire senza aver visto Bill almeno una volta davanti a me, non mi sembrava un buon modo per andarmene in pace.
Intravvedo l' aeroporto di Amburgo e sorrido al pensiero di cosa farò quando sarò atterrata. Appena scendo dall' aereo mi fiondo subito verso l' uscita e prendo la prima S-bahn per arrivare in centro. Da li cambio ed arrivo fino all' estremità della città dove so che mi aspetta l' autobus che mi porterà da lui.
Salgo sul mezzo, sempre troppo pieno di persone che tornano alla loro casa, e mi siedo in uno dei posti più anteriori, perdendomi nel osservare il triste paesaggio innevato che si staglia tutto intorno a me.
Arrivata alla mia meta, col cuore che cerca di scoppiarmi nel petto, scendo dall' autobus e mi dirigo allo piccolo hotel in cui ho affittato una camera per questi giorni. L' albergatore sembra una persona assai cordiale; mi pare che lui non creda molto a tutte queste dicerie sulla fine del mondo ed anzi mi inviti a vivere la vita senza preoccuparmi della morte, vista la mia giovane età. Io cerco di essere gentile e gli rispondo, col mio tedesco scolastico, che vivrò finché mi sarà concesso.
Salgo poi in camera, impazziente di sisemare le mie cose, ed esco fuori dall' alberghetto dirigendomi a piedi fino alla via che conosco fin troppo bene. Appena varcata quelle sottile linea, iscritta nella mia immaginazione contorta, mi avvio, passo dopo passo, tra le piccole case in stile nordico, fino ad arrivare in una piccola distesa erbosa che precede la mia meta. Già dalla strada principale posso scorgere la sagoma della casa dei Kauliz che mi guarda come ad invitarmi a ragiungermi. Il suo colore acceso e gli alberi radi e spogli, me la inquadrano perfettamente, facendomi venire voglia di mettermi a correre.
Cerco di mantenere la calma e mi avvicino più che posso, notando poche auto, e qualche persona, passarmi accanto come automi. E' ridicolo come tutto appaia così trasformato, mutato e distorto dagli eventi. Sembra che tutti abbiano improvvisamente cambiato mentalità, modo di vivere e di porsi al prossimo.
Io saluto tutti, come sempre ho fatto quando sono stata qui, e finalmente raggiungo la staccionata in legno che delimita la proprietà in cui vorrei tanto entrare.
Il famigliare cartello,"Privät Weg", mi fa sorridere e mi ricorda quanta paura e preocupazione mi ha arrecato in passato. Lo supero sicura e mi posiziono davanti al cancello della casa. Guardo tra le assi della staccionata e cerco di capire se Bill e Tom siano in casa; le loro auto e il comignolo fumante tradiscono la loro presenza e mi mettono di buon umore.
Essendo loro in casa, prima o poi dovranno uscire o comunque notare la mia presenza. Se sono fortunata, entro sera avrò un bellissimo tête a tête con uno dei due se non con entrambi; certo, non è il massimo come ultimo gesto prima di abbandonare questa valle di lacrime; ma non penso di poter chiedere di meglio da delle star internazionali.
Attendo speranzosa tutto il giorno, constatando solo quando il sole ormai è sparito oltre l' orizzonte, che nessuno uscirà da quella casa per oggi.
Torno in albergo, alterata per una sfortuna tanto palese e mi domando seriamente se domani non sia meglio essere un poco più sfacciata e tentare il tutto per tutto. Tanto nel peggiore dei casi mi arresteranno ed allora si che preferirò la fine del mondo al rimanere in una prigione tedesche per chissà quanto tempo.
Mi siedo sul letto ed osservo la piccola camera in cui sto, riflettendo e pensando che quella potrebbe essere la mia ultima notte.
Chissà cosa sarà di me domani? Chissà cosa sarà del mondo domani.
Poche ore e tutto sarà li, solo da vedere.

***

Friday 21th December 2012 : The beginning of the end

Stamattina mi sono svegliata con l' animo colmo d' inquietudine.
Certo, già l' essere ancora in grado di poter dire di essere sulla terra, in un giorno tanto importante come questo, è un buon segno; almeno spero.
Mi vesto con gli abiti migliori che ho deciso di portare con me ed esco dall' hotel, salutando gentilmente l' albergatore, che mi guarda con aria stanca ed avvilita, e coprendomi bene viso e mani. Sento subito il freddo intenso sospinto dal forte vento del nord e chiudo meglio il piumone che indosso, tirando di poco su la sciarpa di lana che mi cinge il collo.
Comincio a camminare per le viuzzole innevate che ormai ho cominciato a conoscere e lentamente, senza alcuna fretta, raggiungo casa Kaulitz, per un' ultima occhiata prima della mia probabile fine. Mi sposto sul ciglio della strada, e vedo da lontano arrivare una macchina sportiva mandata a tutto gas. Appena l' auto mi passa accanto, sgrano gli occhi nel riconoscere la sagoma di Tom Kaulitz che sfreccia via verso la città e mi domando cosa possa aver da fare in un giorno tanto speciale, per lasciare la sua famiglia e la sua casa così velocemente.
La scorgo innettersi sulla strada principale e spostarsi a nord ad una velocità non propriamente legale. Torno a camminare per la stradina e finalmente raggiungo la mia meta, sperando in cuor mio che Bill non fosse col fratello, non avendolo intravisto nell' auto.
Mi avvicino alla casa, e scorgo i cani all' esterno che giocano tra di loro come nulla fosse. Raggiungo l' entrata principale ed osservo il citofono di fronte a me non riuscendo a decidermi se suonare o meno.
Dopo parecchi minuti, in cui come un' idiota sono rimasta li impalata, mi decido e, col cuore in gola, premo il dito contro il pulsante del citofono.
Un suono lieve e appena udibile si infange contro i miei timpani e mi fa quasi sussultare. Sento un lieve rumore proveniente dall' interno della casa, e subito dopo scorgo la porta della villetta aprirsi. La figura che sempre ho sognato di poter vedere, si staglia a pochi metri da me e si avvicina alla staccionata raggiungendo la porta d' ingresso.
< Chi è? > chiede annoiato Bill, rimanendo ancora un poco lontano dall' entrata. < Tom sei tu? Hai dimenticat qualcosa? >
E adesso che gli dico?
< C'è un pacco per lei signor Kaulitz. > mi invento su due piedi, sperando che mi creda.
< Oggi? > sembra dubbioso.
< Non so cosa dirle. > rispondo prontamente.
Bill pare pensarci un istante, poi apre la porta d' ingresso, comparendomi dinnanzi come una visione celestiale.
Se non avessi tanta di quell' adrenalina in corpo, penso che potrei anche svenire.
< E tu che sei? Non mi sembri certo un fattorino. > constata.
Io sorrido apertamente sperando di risultare simpatica.
< Scusami, ma non sapevo cosa inventarmi per farti uscire. > decido di essere sincera.
Bill mi giurda scocciato e fa subito dietro front facendomi sbiancare repentimamente.
< Ehi, aspetta! > lo chiamo, prendendolo per un braccio.
Lui mi guarda e poi osserva la mia mano che lo trattiene; il suo sguardo è alterato ed assai poco amichevole, quasi mi incute paura.
< Lasciami immediatamente. > sibila con tono serio.
< Ma...un momento... >
< Non ho tempo da perdere. > dice malevolo.
< Io non volevo... >
< Se non mi molli subito chiamo la polizia. > asserisce facendomi raggelare e mollare la presa.
< Mi dispiace. > mi scuso, sentendomi improvvisamente fuori luogo. < La mia unica intenzione era poterti conoscere... >
Bill mi scrocca uno sguardo scocciato e sopira.
< Senti, non è che, perché tu vuoi conoscermi, io debba necessariamente volerlo. > dice crudele. < Voi fan siete tutte uguali; credete che solo perché voi lo volete, noi dobbiamo accondiscendere ad ogni vostra richiesta. >
< Non l' ho mai pensato, ma certo è che potresti essere un poco più gentile. > mi lascio sfuggire notanto subito la sua reazione non propriamente positiva.
< Gentile?! > ripete con voce incrinata. < Ringrazia che non ti faccia arrestare per essere entrata in una proprietà privata, disturbando la quiete di chi ci vive. >
Una rabbia incontrollata mi assale; ma questo ragazzo è proprio uno stronzo! Certo, avevo sempre avuto delle idee a riguardo, ma non pensavo che fosse tanto antipatico ed associale.
< Neanche avessi cercato di aggredirti. > sibilo arrabbita.
< Le tue sono comunque molestie. > risponde lui. < Non fisiche, ma psicologiche; ma pur sempre molestie. >
Ma quali molestie? Questo qui si crede un po' troppo importante per i miei gusti.
< Se avessi cercato di entrare in casa tua forse avresti ragione; ma non vedo come l' averti suonato alla porta possa essere considerata una molestia. >
Bill sembra quasi spiazzato dalle mie parole.
< Vorrei vedere te se ricevesti ogni santo giorno la visita di fan psicopatiche che ti assediano casa impedendoti ogni possibile attività. >
< Non penso che le cose siano proprio come le descrivi tu. > affermo convinta. < Credo invece che tu esageri sempre nel dire le cose; il tuo egocentrismo ti offusca la mente e distorce ogni cosa che ti accade intorno, facendoti credere cose che non esistono. >
Lui sembra adirato dalle mie parole, perché sgrana gli occhi, prima di fulminarmi con lo sguardo.
< Tu non sai niente. > dice avvicinandosi a me con fare minaccioso. < Per cui chiudi subito quella boccaccia. >
Io tremo, scossa dalla cattiveria impressa in quelle parole, ed indietreggio.
< Sei proprio uno stronzo. > asserisco sincera. < Mi domando perché ho deciso di seguire un montato come te. Perché ho pensato di vederti un' ultima volta prima della fine del mondo...che idiota che sono stata... >
Bill mi guarda e poi ride.
< E tu crederesti a queste cazzate? > sputa sardonico facendomi avvampare.
< Anche fosse non sono cazzi tuoi. > rispondo velocemente.
< Mio dio, sembri proprio una bambinetta. > continua a prendermi per il culo. < Eppure mi sembri troppo cresciuta per dire queste stupidaggini. >
Lo squadro adirata dal suo comportamento e, senza quasi accorgermene, gli tiro uno schiaffo di cui subito mi pento.
< Sei solo un pomposo, egocentrico, associale, egoista di merda. > dico quasi urlando, con le lacrime agli occhi. < Ti credi di essere chissà chi, ma non vali neanche un mio sputo. > affermo convita. < Mi fai schifo. > finisco scappando letteralmente via.
Non mi volto neppure per vedere come lui possa aver reagito e torno velocemente alla stradina che porta alla via principale per potermene andare via da questo posto.
Mi fermo un istante, cercando di riprendere fiato dopo quella corsa improvvisa, e provo a calmare il mio animo, cercando di smettere di piangere. Tiro su col naso, asciugandomi le lacrime che mi rigano il viso, e improvvisamente perdo l' equilibrio e cado a terra, colta da quella che mi pare una scossa di terremoto improvvisa. Mi rialzo leggermente spiazzata e mi guardo intorno non scorgendo nulla di anomalo; cosa sarà stato? Volto il viso verso casa Kaulitz e una raffica di vento mi investe, penetrandomi fin nelle ossa e facendomi trasalire e tremare fortemente. Ma perché deve fare tanto freddo?
Decido di avviarmi verso l' albego per potermi riscaldare un poco e mi incammino triste verso la via principale, attraversando il piccolo viale alberato che prima ho percorso venendo qui. Non faccio un passo che, come solo pochi secondi prima, mi manca letteralmente la terra sotto i piedi. Cado in avanti. riuscendo a non farmi troppo male. e provo a capire cosa sia successo, che una raffica di vento torna a farsi sentire, portando con se rami divelti da alcuni alberi che quasi non mi sfregiano la faccia. Mi rimetto in piedi e cerco di tenermi in equilibrio mentre una nuova scossa di terremoto mette in precaria stanbilità ogni cosa intorno a me, facendomi quasi girare la testa. Provo a muovermi di qualche passo, sperando di riuscire a raggiungere uno spazio più aperto dove nulla cerchi di colpirmi od uccidermi, e, davani a me, uno squarcio lungo quasi un metro si apre velocemente, portando con se i detriti e la neve fresca che si è poggiata al suolo nella notte.
Indietreggio impaurita, cercando di tornare sui miei passi, e noto che anche dietro di me la terra si sta sgretolando come fosse sabbia. Mi avvicino ad una staccionata, che racchiude un piccolo pascolo di pecore, e riesco a malapena ad osservare le povere bestie correre forsennate alla ricerca di una scappatoia da quella prigione di legno e filo spinato, che una voragine si espande a macchia d' olio dal centro del appezzamento, facendo spofondare tutto in una voragine in cui ho quasi paura di cadere anch' io. Le pecore belano impaurite e spariscono di quel buco, che sarà la loro tomba, sotto i miei occhi terrorizzati. Comincio a correre in tutte le direzioni, venendo indirizzata dai tremori che la terra ha sotto di me, verso una stradina laterale che quasi non riesco a riconoscere. Una nuova folata di vento mi colpisce e mi fa voltare indietro; proprio mentre verso di me sopraggiunge un pezzo di staccionata divelta da tutto quello che sa accadendo, finendomi contro prima che possa muovermi. Il legno levigato si schianta contro il mio fianco destro e mi fa sibilare dal dolore e ruzzolare a terra. Mi scortico la mano sinistra contro il terreno irregolare e frastagliato, e cerco di non darci troppo peso, cercando di rimettermi nuovamente in piedi prima di venire colpita da altro. Provo a restare in equilibrio, accorgendomi che il piumino che indosso mi sta solo causando impiccio. Decido di togliermelo, tanto anche se mi salvassi non so se mi servirebbe a molto, e lo metto nella eastpak che porto a tracollo, senendomi, almeno in parte, un poco più agile di prima. Il freddo mi circonda in pochi secondi e subito mi fa battere i denti. Mi guardo a destra ed a sinistra e scruto la devastazione che mi circonda: le stradine, che solo poche ore prima avevo percorso, sono state rese impraticabili e tutti i campi intorno a me appaiono sconquassati ed irriconoscibili. Non riesco a decidermi sul dove andare, perché da nessun lato la scena sembra tanto sicura da permettermi di sopravvivere. Rimango un istante li, per capire cosa posso fare e un rumore assordante mi fa squotere fino ai piedi ed impaurire non poco. Mi volto sulla mia sinistra e davanti a me scorgo, a soli cinque metri, casa Kaulitz, di cui mi ero dimeticata, ancora li dove l' ho lasciata. Un albero si è sdradicato dal terreno ed è caduto a terra, distruggendo parte della staccionata della casa e alcuni cespugli davanti ad essa. I rami più alti mi sfiorano le caviglie sibilando maligne e mi fanno tremare al pensiero che se fossi stata un poco più in la, mi avrebbe potuto colpire. Mi sposto velocemente verso la casa, ricordandomi solo ora che li dentro c' è ancora Bill, e un' angoscia sregolata mi invade facendomi avere le più orribili visioni del possibile stato del mio idolo. Raggiungo la via privata, saltando da una parte all' altra dei profondi buchi che percorrono tutti i terreni li intorno, e quasi non cado in uno di questi, riuscnedo ad aggrapparmi ad uno piccolo recinto di fil di ferro mezzo sotterrato dalla terra smossa dal sisma. Mi faccio forza e torno eretta arrancando tra le buche che pargono allargarsi ad ogni secondo che passa. Il vento torna a sferzare tra gli alberi, ancora in piedi al loro posto, e con la sua forza mi spinge in avanti come a volermi portare nella direzione che lui desidera. Cado in una delle buche, proprio davanti alla porta d' entrata al giardino di casa Kaulitz, e scorgo dalla mia posizione la porta della villa semi aperta e fermata dal terreno accumulato ai suoi lati. Provo ad uscire dalla fossa, sperando di riuscire a togliere la terra che blocca la porta d' ingresso alla casa, ma un dolore alla caviglia destra mi fa sibilare e ricadere rovinosamente a terra. Cerco di contenere il dolore che provo e mi tiro su in piedi, zoppicando, quasi trascinandomi, fino alla staccionata davanti a me. Comincio a scavare nel terreno convulsamente, sentendo un' unghia spezzarsi contro la pressione della terra e della neve ghiacciata, e riesco a spostare gran parte di essa, prima di avvertire una nuova scossa. Cerco un riparo contro la staccionata e sento altri alberi cadere intorno, sibilando nelle mie orecchie a pochi centimetri da me. Prego che nessuno di questi mi colpisca, serrando occhi ed orecchie, e tento subito dopo, premendo con tutto il mio peso la parete di legno liscio, di aprire la porta. La sento cigolare sui cardini e muoversi di pochi millimetri bloccandosi contro qualcosa che non riesco a scorgere. Maledico quella situazione e cerco di capire se lo spazio tra la staccionata e la porta sia abbastanza ampio da lasciarmi passare. Mi tiro in piedi, sibilando per lo sforzo che devo far sopportare alla mia caviglia stortata, e cerco di schiacciarmi con la schiena contro la superfice della porta, spingendo il mio corpo contro il legno. Riesco a passare per miracolo, sentendomi almeno un poco felice di essere riuscita a fare almeno quello, e guardo subito in avanti, scorgendo la sagoma della casa ancora in piedi. Vedo che le fondamenta si sono smosse ed hanno fatto crollare tutta la villa di quasi mezzo metro sotto la superficie del terreno. La porta d' ingresso è spalancata ed infossata nel terreno franato davanti a lei. Dentro tutto sembra solo un immenso caos di mobili caduti e distrutti e il silenzio regna sovrano. Avanzo per dirigermi verso di essa ed un oggetto che non identifico mi cade davanti facendomi trasalire. Guardo per terra e scorgo una tegola del tetto mezza nascosta dal terreno, ora fangoso dalla neve, e non faccio a tempo a realizzare la cosa che una scossa altre tegole la raggiungono, colpendomi direttamente in testa. Cado a terra, sentendomi le forze mancare, e probabilmente svengo per qualche minuto, perché mi risveglio con un mal di testa allucinante e la faccia immersa nella terra fin quasi al naso. Mi massaggio la parte lesa e sento qualcosa di viscido ed appiccicoso essersi mischiato ai miei capelli. Osservo la mano con cui mi sono toccata la testa e scorgo il mio stesso sangue impregnare le mie dita assieme al terrero bagnato.
Sento la testa pulsare e una sensazione di vomito farsi strada in me; tutti questi avvenimenti mi hanno scombussolato lo stomaco oltre ogni dire. Mi tiro a sedere, provando un senso di vertigine provocato quasi sicuramente dalla botta che ho ricevuto, e mi rialzo a fatica, provando a sostenermi sulle gambe traballanti che sembrano volermi abbandonare. Guardo la casa davanti a me, in uno stato peggiore di come l' ho vista solo poco prima: il tetto è stato scoperchiato quasi per intero, riverandosi per terra tutt' intorno. Il primo piano della casa è semidistrutto e parzialmente visibile ai miei occhi, riesco a scorgere un letto e quello che rimane di un armadio a muro. Vedo anche dell' acqua guizzare abbondantemente verso il basso, non più bloccata dalle tubature in cui stava, e una vasca da bagno in bilico su di un pavimento rivolto ormai verso il basso.
Il piano terra pare ancora salvo dalla devastazione e maggiormente sprofondato nel terreno.
Provo ad avvicinarmi ad esso, torvando meno facile l' entrare dalla porta che ormai si è ridotta ad una fessura di poco più di mezzo metro. Improvvisamente sulle pareti davanti a me, un insieme di crepe spaventose si forma alla velocità della luce ingrespando tutto il muro visibile ai miei occhi, nel giro di pochi secondi. Io sbarro gli occhi e faccio istintivamente un passo indietro; mentre, come un castello di carte, la villa che avevo imparato ad amare ed in cui sarei tanto voluta entrare, si disgrega dannanzi a me, crollando su se stessa con un tonfo spettrale e caotico.
Io cado a terra sconvolta da quella visione così irreale e orribile e vengo colpita dai detriti shizzati addosso a me, non sentendoli quasi da quanto sono scioccata.
Dopo ciò, l' unica cosa che riesco ad udire è solo un flebile rumore di vento trai rami degli alberi, e poi il silenzio; un orribile silenzio che mi trapana i timpani assordandomi.
Nulla si muove più intorno a me. Tutto è tornato tranquillo come quasi non fosse successo nulla; come se ogni cosa fosse tornata alla normalità.
Guardo le macerie e calde lacrime cominciano a scorrere sul mio viso; non voglio credere che tutto ciò sia appena successo. Non voglio! Non voglio! Non può essere! No!
Mi rialzo di scatto, non dando peso al dolore fisico che si sta risvegliando nei miei arti, e senza pensarci troppo corro verso quella che una volta era casa Kaulitz, non volendo credere a quello che è appena successo. Mi butto per terra, proprio dove le macerie cominciano ad accumularsi disordinate, e senza pensarci troppo comincio a spostarle freneticamente come presa da un raptus di pura pazzia.
Non voglio che sia morto; voglio trovarlo, devo farlo o non me lo perdonerò mai. Se solo l' avessi trattenuto fuori abbastanza a lungo, se non gli avessi permesso di rientrare in casa. Perché? Perché è dovuto accadere tutto questo?

***

Note dell' autrice: Ecomi qui con questa storia. Non so perché l' ho scritta, ma un giorno ho voluto dare sfogo ad alcune idee su questa presunta profezia sul 2012.
Sinceramente sono molto poco convinta che il mondo finirà, ma almeno nella mente volevo dare un idea di ciò che presupo possa accadere.
Spero vi sia piaciuto.
Alla prossima.
 
Continua nel capitolo:


 
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