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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: NON RIESCO A DIRVI ADDIO..
Genere: Sentimentale, Drammatico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: karyandalexy galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 19/04/2010 10:33:34

La mia vita senza loro non è più vita, ma piccoli riti quotidiani mi permettono di riordarli. Non riescono ad andare avanti, a dir loro addio..
 
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DIFFICILE DIRVI ADDIO..
- Capitolo 1° -

Sono Francesco e da 7 mesi esatti la mia vita fa schifo e stento a riconoscerne il senso. La
mia passione sono le moto,ne possiedo una ma non la tiro fuori da troppo tempo. Ho perso la voglia di sentir sferzare il vento sulla pelle e di annusare il profumo impregnante dei pini. Correvo sempre sulla
strada costeggiata dai pini, per poi immergermi nell'oro del grano. A volte mi piaceva passeggiare da solo per godere di un'intimità concessa a pochi,altre volte correvo accompagnato dai uno dei miei amici. O da Alice. Alice è la mia ragazza, sebbene più di qualcuno mi faccia notare con tatto come
non sia più giusto usare il presente quando parlo di lei. Io lo faccio ugualmente. Usare il passato significherebbe relegarla in un angolo buio della memoria ed accettare che sia un capitolo chiuso. Eppure io non ci riesco, sono ancora annientato da una perdita improvvisa che tutt'oggi mi sveglia in preda al panico nel bel mezzo della notte, che mi fa accusare un vuoto incolmabile dentro. Ho bisogno di essere legato a lei attraverso un ricordo che spero non sbiadirà, voglio continuare a sentire la sua presenza invisibile ma solida. Lei è qui, sento la morbidezza ed il tepore della sua mano mentre solca il mio viso con le dita, tergendo le
mie lacrime. La notte rabbrividisco sotto le coperte mentre ascolto il sussurro sommesso della sua voce
nell'orecchio. Mi sussurra che mi ama, rinverdisce i miei ricordi raccontandomi aneddoti. I nostri. Il suo profumo è zucchero a velo, una scia delicata che mi solletica le narici e che mi rilassa. Sonnecchio intorpidito sul divano e la vedo rannicchiata contro la mia spalla, intenta a seguire lo stesso canale con lo sguardo serio. Ad Alice piaceva guardare la tv sul mio divano,sprofondati sui cuscini e rintanati sotto le coperte di pile.
Alice amava trascorrere del tempo con me. Dov'è ora?E' in un luogo in cui non posso raggiungerla, inaccessibile persino alla mia immaginazione.
Alice se n'è andata 7 mesi fa. Era in macchina con degli amici, tornavano da un noto e grande ipermercato fuori città. Stavano cantando qualcosa, sicuramente
il vecchio cd degli 883 di cui Lorenzo non riusciva ancora a sbarazzarsi. Al volante
c'era Stefano, detto Archimede. Era la
persona più pratica, geniale e assennata che conoscessi. E di un'ironia davvero singolare. Eppure quella
sera Archimede fu distratto da qualcosa e perse il controllo, riafferrò il volante quando era ormai troppo tardi. La sua Lancia Y nuova di zecca si schiantò contro una vecchia costruzione di mattoni. Alice morì sul colpo, Lorenzo la seguì dopo una manciata di minuti, rantolando qualcosa. Gli unici superstiti furono Archimede, Chiara e Gianmattia. Ricordo le sirene quella sera, i loro corpi inanimati e le
lacrime che mi annebbiavano il volto. Avevo sfiorato il braccio inerte di Alice, scosso la spalla di Lorenzo dove la sua camicia era sdrucita. La sua camicia preferita, ricordo. Alice aveva il polso il suo piccolo bracciale di perle. Lo avevo stretto tra le dita come se le perle
fossero i grani di un Rosario, invocando disperato una grazia. Ricordo di averli chiamati entrambi, di aver urlato. Chiara non si era mossa. Rannicchiata sul'ambulanza, miracolosamente
illesa ma scioccata, perdeva lo sguardo nel vuoto. Era assente, ma distrutta dal dolore. Gli occhi gonfi di lacrime si tenevano bassi. La sentii più tardi chiedere con voce flebile di poterli vedere e toccare un'ultima volta. Oggi Chiara non si è rimessa del tutto, spesso ha degli incubi come me ed è terribilmente deperita. Esce
di rado e mai da sola, è attorniata da
amici e parenti premurosi. Eppure lei dice di sentirsi sola.
Gianmattia ha deciso di seguire un corso negli Stati Uniti. La
sua famiglia benestante ha accettato riluttante questa scelta nonostante i vani tentativi di persuaderlo a restare. Ho sempre capito ed appoggiato la decisione di Gianmattia. Se avessi la sua stessa passione, forse l'avrei fatto anch'io. O no, forse avrei lasciato perdere. Alice è sepolta qui, riposa
in questa terra. So che il suo ricordo è in me
e che mi seguirebbe ovunque, ma la sua salma sigillata dietro una lapide gelida è l'unico legame più concreto che mi sia rimasto. Spesso sfioro la sua lapide con la fronte, mi ci appoggio fiducioso che mi ascolti e le sussurro la sua canzone. "Girasole", di Giorgia. Era la canzone che da sempre cantava e le cantavano tutti, quella che le cantavo io nonostante le stecche che prendevo di continuo. A volte Archimede viene con me a trovare lei e Lorenzo, camminiamo silenziosi per i viali e di tanto in tanto un ricordo comune riaffiora e trova le
parole per raccontarsi. Entrambi carezziamo la lapide dei nostri amici. C'è la loro cappella, quella di famiglia, ma anche la colonna dove i loro volti sorridono ai passanti. Solari come sono stati in vita, stretti in un abbraccio d'amicizia sincera. Nella cappella di Lorenzo abbiamo scritto una dedica incisa sul marmo immacolato, una canzone degli 883. Il suo cd senza età riposa lì, nella
sua custodia ingiallita dal tempo. Nella cappella di Alice un'altra incisione, un'altra canzone. Ai piedi della stele in marmo c'è il suo peluche preferito, un elefantino piuttosto grande. Oltre a tutti gli altri peluche di cui sono circondati sia lei che Lorenzo.
Archimede vive la sua vita come un eterno senso di colpa, dilaniato da una responsabilità che pesa ogni giorno. Lo rassicuro, mormorando che il destino non guarda in facci nessuno. La sua vita continuerà ugualmente. Scossa certo, come la mia, ma dovrà vivere anche per loro due.

Io prendo degli antidepressivi e spesso scelgo la solitudine. Mi sveglio a notte fonda a causa degli incubi e sogno spesso Alice. Anche Lorenzo, che viene a cantare con me e brinda alla mia vita sollevando il boccale di birra. Mi ricorda la nostra gita a Monaco. Avevano solo 18 anni, Dio. Perché ce li hai portati via?
Ora devo andare. Alice mi aspetta per una chiacchierata.


 
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