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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: SHELLS
Genere: Soprannaturale, Autobiografico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Autore: mewberry2009 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 09/04/2010 10:56:14 (ultimo inserimento: 17/06/10)

Per sfuggire al mondo c'è chi indossa una corazza di cinismo e chi trova nella sua mente un rifugio segreto dove il resto del mondo non può entrare.
 
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ABOUT SIMONE
- Capitolo 1° -

Seduto a guardare pigramente il paesaggio che si ripeteva, sempre uguale, monotono.
In grembo una consunta cartella nera, quel giorno ancora più pesante del solito. Il traballante autobus stava portando Simone a casa dopo una noiosa giornata di scuola; erano le due del pomeriggio di un caldo venerdì aprile. Finalmente, anche quell’anno, l’inverno era ormai decisamente finito, si potevano mettere in soffitta i vecchi cappotti e azzardarsi ad uscire di casa con magliette più leggere e meno ingombranti. Già, avrebbe dovuto spiegarlo a sua madre, pensò il ragazzo mentre tentava, in un movimento goffo di slacciarsi il cardigan grigio fumo che avrebbe altrimenti rischiato di scioglierlo.
La madre del quindicenne era una madre come tante che recitava ogni giorno il suo copione di madre: rimproverava lui e suo fratello per qualche espressione troppo volgare, lo rimbeccava per i capelli troppo lunghi e disordinati e, soprattutto, era una donnetta ossessionata dal freddo e dal fatto che i suoi figli avessero almeno un indumento che li proteggesse da esso: nel caso di Simone il suddetto cardigan, per quanto riguardava il fratellino Ivan il cappotto o la felpa di turno. A sentire la madre dei due ragazzi il cardigan grigio fumo sarebbe potuto essere la soluzione alla fame, alle guerre e ai programmi demenziali della domenica mattina.
Un trillo destò il ragazzino dai suoi pensieri sulla madre, si tolse completamente l’indumento e lo ripose alla peggio nello zaino che avrebbe potuto scoppiare da un momento all’altro aveva ricevuto un messaggio sul cellulare, un I-phone, per l’esattezza, regalo di compleanno dei suoi genitori che lo risollevava suoi momenti di acuta depressione, perché quando ci si sente inutili ed impotenti di fronte al crudo mondo poter manovrare a proprio piacimento uno schermo fluorescente con le dita da sempre molta soddisfazione.
Bollettino d’informazione: a causa della febbre debilitante non posso venire a scherma questo pomeriggio, pertanto non mi è possibile darti un passaggio.
Le buone nuove si fanno tanto attendere, ma le cattive colpiscono sempre quando meno ce lo si aspetta sbuffò il ragazzo mentre cancellava il messaggio dell’amica; non che egli amasse particolarmente la scherma e non potesse aspettare fino a lunedì per andarci, ma quel giorno a casa gli erano sembrati tutti più nevrotici del solito e sottrarsi un pochino da quella pazzia lo avrebbe solamente reso felice “grazie eh” rispose velenoso digitando il messaggio in quattro secondi esatti, la risposta si fece attendere qualche minuto
Infame! Pensi che io mi stia divertendo!?
Simone sbuffò e fece un rapido bilancio della situazione con la sua mente matematica e calcolatrice: la sua amica era a casa, malata certo, ma pur sempre a casa, aveva passato le ultime giornate a dormire a vegetare sul divano e a guardare la televisione: niente compiti, niente seccature. Si sarebbe volentieri ammalato anche lui se non fosse che rimanere a casa propria con tutta la famiglia per più di qualche ora era un’esperienza più che snervante.
In fondo non è che odiasse particolarmente i genitori e il fratellino, soltanto che, in quella famiglia, ci si limitava a leggere e rileggere un vecchio copione; lui, da quindici anni aveva la parte del figlio e ormai da undici anche quella del fratello maggiore. Doveva battibeccare con la madre, sopportare il padre e litigare col fratello ogni singolo giorno; perlomeno c’erano i gatti che lo facevano sorridere. Sofi, la grassa gatta bianca e arancione, contendeva costantemente alla madre il ruolo di padrona della casa e la signora non mancava di ammonirla a non alzare troppo la cresta con rimproveri e con dispetti quali, tra i più eclatanti, chiuderla per tutta la notte sul balcone o lasciarla a miagolare per ore nell’armadio di casa. L’altra gatta invece si chiamava Notte, non era difficile immaginare di che colore fosse e passava le sue giornate rintanata in qualche cantuccio dissolvendosi come per incanto all’arrivo di qualche ospite o all’arrivo di Ivan.
Il pullman si fermò davanti ad una schiera di condomini color mattone: all’ultimo piano di uno di quei condomini c’era casa sua, piccolina e modesta. Sgattaiolò velocemente con tutta la cartella fuori dal veicolo e salì rapidamente le scale fino ad arrivare alla meta agognata, il computer di casa sua. Salvato come file del computer v’era una pagina dove elencava tutti gli aforismi che gli venivano in mente; la maggior parte di essi, chiunque avrebbe potuto capirlo, erano ispirati al suo scrittore preferito, ovvero Oscar Wilde.
Il ragazzo rilesse con sguardo critico tutto ciò che aveva scritto, in quel momento, però, non gli veniva in mente nient’altro, doveva rassegnarsi ed aspettare, così si stese sul suo letto e aspettò. Aspettò che arrivasse l’ispirazione, sentiva che stava arrivando un aforisma spettacolare, qualcosa di epico, un motto. Ma invece dell’ispirazione chi arrivò fu suo fratellino Ivan: non ci voleva proprio, rilassarsi con quella peste tra i piedi sarebbe stato impossibile. Senza neanche salutare il piccoletto si tolse il cappellino da baseball e lo scaraventò sul letto scoprendo così una zazzera informe di capelli scuri o, almeno, di quelli sopravvissuti all’ultimo taglio imposto dalla madre
- Ciao anche a te eh?-. Lo rimbeccò il quindicenne seduto sul letto a castello. Il ragazzino bofonchiò qualcosa di poco gradevole e poi si diresse davanti al computer, dove era ancora aperta la frase degli aforismi di Simone – Ivan levati lo sto usando io!- gridò il ragazzo saltando sul pavimento – Non mi sembra- osservò il ragazzino – Bene ora ti sembrerà- ribatté il maggiore sollevando il fratellino dal pavimento (cosa che gli riusciva molto semplice dal momento che il piccoletto era alto quanto un comodino e forse addirittura più leggero) e chiudendolo fuori dalla camera. Si udirono dei violenti calci alla porta – Apri! Apri! Questa è anche camera mia!-. Sbraitava l’undicenne, ma il fratello non fece una piega, presto o tardi si calmerà, pensava, e, per il momento, aveva bisogno di starsene un po’ da solo e far finta che quell’esserino rompiscatole non esistesse; doveva isolarsi un po’ e andare avanti a scrivere aforismi, a scrivere il suo racconto a giocare con la playstation a distrarsi in qualsiasi maniera possibile; da cinico quale era. Claudia sbrigati a guarire, pensò ancora il ragazzo fissando un origami a forma di pinguino sul suo comodino. Claudia gli rimbeccava costantemente come una piccola predicatrice il suo spaventoso cinismo e Simone aveva bisogno che qualcuno glielo ricordasse.

 
Continua nel capitolo:


 
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