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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Naruto
Titolo Fanfic: ODE TO SASUKE
Genere: Sentimentale, Romantico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: erisu galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 17/11/2009 01:50:15

Fa parte di un ciclo infinito che ho scritto, ma può funzionare anche come os... La protagonista, dunque, è inventata.. Amate sasuke! Tutti! ora! xD
 
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PLEASE DON'T GO AWAY!
- Capitolo 1° -

[perdonatemi... è stata scritta secoli or sono! ed ero così GIOOVANE! xD]
[chiedo venia... sasuke avrà rotto!]
[scusatemi... è lunga! ç.ç]
[insomma, leggete, prima che mi profughi in lacrime inutili]
[mi sa che non si dice "profughi"... uhm...]




Era ormai ovvio su tutti gli alberi che l’estate era giunta.
Con sè aveva portato il caldo afoso delle passeggiate pomeridiane e le coppie di fidanzati allegri sotto l’ombra delle fronde.
Fra queste stesse fronde, indisturbati, gli uccellini dilungavano i loro concerti, alternandosi alle cicale, nei primi pomeriggi, fingendo da colonna sonora delle pennichelle, anch’esse aggiuntesi con l’avvento della nuova stagione. Le nuvole erano solo invisibili coltre, leggere e profumate di brezza, che si trascinavano pigre nelle profondità del cielo.
Le foglie smeraldine ondeggiavano al caldo venticello, dando ritmo alle giornate lunghe dei viali, ora illuminati ora all’ombra delle fronde oscillanti.
La strada di ghiaia era una stracciatella di luci, le ombre che si alternavano ai raggi che impudenti scivolavano fra le foglie del tetto del bosco, e scoprivano alla luce timidi fiorellini dai dolci colori pastello. L’erba alta e romanticamente incolta, un giardino di forti profumi e di luci eteree e vividi colori, gli scarlatti, gli azzurri, i rosa, i cobalto, e i verdi, i fantastici verdi, verdi delle foglie, dell’erba, dei tronchi muschiosi, dei cespugli, dei rovi di spine gentili, della luce, la luce che verde diveniva, scolorita dal passaggio fra le fronde.
E il vento che, in tutto questo, si divertiva dietro ai rami, giocherellando con le foglioline, scherzando fra un fiore e l’altro e sciogliendo delicato i tiepidi boccioli che nuovi variegavano le erbe dei prati.

Heris camminava fra le foglioline fresche di rugiada, cercando di coglierne il solletico nonostante l’attenta lettura. Girò pagina. L’aria le stuzzicava il volto in modo molto piacevole, così smise per un attimo di leggere per guardarsi intorno, cercando qualcos’altro per cui ringraziare anche quel giorno l’estate. Arrivò in una piccola radura, dove l’erba lasciava il posto ad un cerchio di terra quasi secca. Lì le fronde degli alberi erano più fitte e più basse, tanto che quasi arrivavano a terra.
Heris vi si recava spesso. Era il posto perfetto per leggere in santa pace, anche nelle ore in cui il parco era strapieno di gente di tutti i tipi che cercava di usufruire fino allo sfinimento delle calde giornate estive. Lì non andava mai nessuno. La gente cercava il sole e l’erba. Lei invece stava proprio bene anche all’ombra e sulla terra. Heris era sempre stata una ragazza che si accontentava delle cose belle. Quelle splendide potevano cercarsele gli altri.
La ragazza si sedette con la schiena appoggiata ad un albero e proseguì nella sua lettura.
Il libro che stava leggendo raccontava la storia di un ragazzo di sedici anni che si innamora lentamente della persona che aveva odiato di più in tutta la sua vita. La ragazza in questione, al contrario, lo ha sempre amato. Il suo problema è l’orgoglio. Infatti, per non sentirsi (ne far capire agli altri di essere) rifiutata, esternamente si dimostra il più insensibile possibile nei suoi confronti, cosa che non le riesce difficile, dato il modo in cui la tratta lui. Il ragazzo la odia per qualche semplice ragione: fra queste, è convinto che sia lei la causa implicita della morte del suo amato fratello maggiore , avvenuta due anni prima. Inoltre la crede erroneamente responsabile di alcuni altri avvenimenti. Quando lentamente viene a conoscenza della realtà, si riscopre innamorato da tempo di lei e decide di rivelarle i suoi sentimenti.
Heris era arrivata a questo punto, ma sapeva bene che doveva esserci qualcosa di sconcertante prima del lieto fine. Mancava ancora meno di metà libro (lo aveva cominciato il giorno prima…), ma in questo lasso di tempo ci sarebbero entrate almeno un centinaio di dichiarazioni amorose, vista la mole del libro. Qualcosa tipo il cambiamento dei sentimenti di lei, stanca del troppo aspettare oppure mutata a causa del suo dover nascondere i sentimenti: l’abitudine a rifiutarlo è diventata realtà. Heris confidava in quest’ultima idea. La ragazza doveva aver per forza cambiato idea. I romanzi d’amore si basano su questo. In realtà, Heris non leggeva spesso romanzi “rosa”. Quello che le piaceva di questo era la polemicità dell’autrice(una giovane scrittrice molto simpatica) che infilava in ogni angolo, rendendo la lettura estremamente divertente. Inoltre non parlava unicamente di sentimenti d’affetto, ma di problematiche sociali, relazioni familiari e tutte cose che descriveva con mano maestra in modo molto carino. Heris amava la lettura divertente e scorrevole e questo libro l’aveva affascinata sin da subito. Il protagonista, poi, per altro particolarmente affascinante come personalità, le ricordava terribilmente Sasuke. E la ragazza era facilmente reincarnabile in lei. In realtà la somiglianza era più netta fra le due, mentre fra il giovane protagonista e Sasuke le differenze erano molte. Intanto, la depressione per la morte del fratello del ragazzo, non lo opprimeva ne ossessionava come quella di Sasuke per la propria famiglia, essendo anche di gravità minore, ma comunque li accomunava quell’odio profondo per il colpevole (nel caso del libro, il sospetto colpevole). Heris si dilettava così a scoprire il carattere di un giovane frustrato, conscia che sicuramente molte cose combaciavano con quello di Sasuke. Scoprire il protagonista era come riscoprire Sasuke.
Heris seppe cosa voleva davvero Sasuke dalla vita, di cosa aveva bisogno. Poteva chiedere quanto voleva, ma forse non l’avrebbe mai avuto realmente. Intanto, Heris aveva capito molto presto che la mancanza della madre in giovane età aveva portato ad una carenza di affetto, e questo era il primo punto di cui era privo. Qui Heris(pensava sorridendo), poteva facilmente rimediare. Ma poi arrivava il punto cruciale. Aveva bisogno dell’affetto di una madre. Heris non avrebbe mai potuto aiutarlo in questo. E poi era convinta che ormai fosse tardi. L’affetto materno gli era mancato molto tempo fa. Ormai era quasi abituato. Ma quello a cui non era abituato era l’amore quotidiano che invece Heris conosceva benissimo, quello nei gesti di tutti i giorni, quello che Heris conosceva proprio di tutte le persona che avevano sin da sempre vissuto con lei.
E poi Sasuke aveva un grosso problema. Come unico sollievo al suo dolore conosceva la vendetta. E questo invece gli portava, inconsciamente, altre sofferenze. Qui Heris, se non insisteva in modo petulante, poteva farci ben poco. Ma sapeva bene che era tardi anche per quello. Dopo l’arrivo di Orochimaru era quasi sicura che niente gli avrebbe tolto dalla testa tutte quelle cavolate di gloria e potere. Però la speranza non era ancora spenta. La candela bruciava fievole e timida, ondeggiando agli spifferi della sconfitta, ma resisteva. Heris sapeva che avrebbe dovuto provare.
Era sempre così.
Con le persone che amava, Heris era capace di rompere ogni pudore e impicciarsi fino all’osso di affari non suoi, pur di risolverli.
Stava pensando a quanto la sua caparbietà fosse innocente quando, alzando lo sguardo, lo vide.
Inimitabili ciuffi di carbonio, zigomi eleganti, labbra sottili, profilo perfetto; con l’andatura segreta dei ninja si muoveva silenzioso, le mani di quella bellezza così ricercata lasciate cadere lungo i fianchi e, con loro, l’occhio seguiva il profilo dei polpaccio allenati, e giù, fino alle caviglie. Era forse impossibile vederlo, nascosto tra le ombre della mattina, ma Heris lo vide.
Fu un attimo.
Un secondo.
Sbatté le palpebre e lui scomparve.
Col groppo in gola, gli occhi si mossero come in un REM alla ricerca della sua ombra, delle sue curve, dei suoi colori.
Niente.
La selva crudele lo aveva inghiottito per sempre. Ma Heris era certa di averlo visto. Anche se fosse stato invisibile, lei avrebbe sicuramente riconosciuto il suo respiro leggero e regolare, il battito del suo cuore così controllato, avrebbe sentito la sua silenziosa presenza. E ovunque avrebbe individuato le sue curve, i suoi tratti, la sua fisionomia. Lei conosceva di lui tutte le cellule, per anni ne aveva osservato meandro per meandro tutto il corpo, impadronendosi per sempre della sua figura. Sasuke era suo.
Ne sentiva il diritto di appartenenza. Era lei che l’aveva scoperto fin in fondo, lei che voleva conoscerne i sentimenti, lei che (effettivamente) lo aveva conosciuto nei suoi momenti più duri, osservandolo da lontano, lei che, sempre in distanza, lo aveva visto disperarsi, lei che viveva unicamente per ricevere un suo sguardo.
Lei che lo amava.
Ogni cellula del suo corpo inveì contro i cespugli del bosco e protestò per essere ascoltata. Le sue gambe scelsero per lei e Heris si alzò in piedi. Lasciò il libro aperto sulla polvere e seguì l’invisibile sentiero lasciato da Sasuke.
Era ovvio in qualsiasi parte del corpo di lei che non l’avrebbe lasciato andare.
Perché lei sapeva cosa lui ci facesse lì.
Sentì che si era fermato e accelerò silenziosamente il passo.
Quando vide la sua maglietta blu notte, il suo cuore tornò a battere tranquillamente.
«Ciao Heris» La sorprese lui.
«…» Si sentì enormemente stupida. “Brava, Heris, non l’hai perso. E ora???” Fortunatamente lui sapeva cosa dire.
«Vieni qui tutti i pomeriggi?»
«Anche tu» Rivelò in risposta.
E così anche lui la guardava… Ovvero, la vedeva. Ma Sasuke era stato impreciso. Si erano visti solo tre volte in quella stessa radura.
Sasuke alzò le sopracciglia, quasi stupito di essere stato “scoperto”.
«Ehm… Cioè, non che ti guardi intenzionalmente, ma… Ci troviamo sempre nello stesso posto e…» Heris arrossì.
«È vero. Succede…» Provò a tranquillizzarla lui, con tono passivo.
Il caldo sole irruppe fra le foglioline, illuminando per un tratto i suoi lineamenti.
Era così bello che Heris si dimenticò di essere al mondo.
Lui evidentemente sentiva il bisogno di parlare, così cominciò a parlare dell’esame chunin. Heris era felice di sentirlo chiacchierare dell’esame cui non aveva potuto partecipare(che rabbia!), ma comunque le dava fastidio che lui volesse ritornare così spesso ai momenti in cui aveva assaporato quel falso potere.
Heris sapeva che Sasuke voleva parlare con lei in quel momento. Lo sentiva nei suoi gesti, nel suo modo di comportarsi. Si conoscevano da quando erano molto piccoli. Sasuke evidentemente si comportava in modo diplomatico con lei, come se stare con Heris gli permettesse di distaccarsi dal resto del mondo… Come una scappatoia, come una simulazione…
Quando lui finì di parlare, lo fissò per un po’, gustandosi i riflessi d’oro che la mano artista del sole dipingeva sulla sua pelle liscia e lievemente abbronzata.
Poi si riprese. «Sasuke…»
Ma lui la interruppe, come se solo mentre lei voleva parlare lui dovesse dire qualcosa…
«Sai, ci avevo fatto caso, sei migliorata nell’utilizzo del chakra. Davvero, prima pensavo che l’unica ragazza che avesse la minima possibilità di essere ninja fosse Sakura, ma tu hai una tecnica personale e sei nettamente al di sopra del suo livello»
Questa sua loquacità insospettiva, ma Heris si godette i complimenti e arrossì lievemente.
«Grazie. Ma… C’è una cosa che» Lui la bloccò nuovamente, alzando la mano.
Guardava a terra. I suoi occhi di pece erano illuminati da un raggio di sole che sembrava perforarli fino alla retina, unendo in una danza segreta l’oro e il carbonio.
Heris si perse in quei pozzi scuri, colmi di luce e oscurità, che tanto l’avevano sempre sconvolta.
Si chiese come poteva vivere senza di lui. Ma perché l’aveva bloccata!?
«Ho preso una decisione. E questa è la mia strada»
Ora la guardava negli occhi. I pugni stretti tanto da far sbiancare le nocche.
Il volto era duro, ma gli occhi lasciavano intendere una strana emozione che Heris non gli conosceva. Evidentemente lui si imbarazzò per il silenzio che si era formato fra loro. La salutò e si allontanò.
Heris si sentì montare la rabbia.
Quando fu scomparso, cadde in ginocchio e si coprì il volto con le mani, premendosi le dita sugli occhi, fino a vedere cerchi di luce e colore nelle palpebre chiuse.
Non ci era riuscita.
Lui era stato più furbo. L’aveva evitata.
Lei non era riuscita a convincerlo.
Avrebbe seguito Orochimaru. Era questa la decisione di cui parlava lui.
Heris se l’era sentito. Sapeva in anticipo che la probabilità di riuscire a convincerlo era una su un milione.
Però sapeva che doveva far leva su quello che sentiva.
Doveva averlo.
Non poteva vivere senza di lui. No. Non poteva dirgli quella odiosa parola, addio.
“A stasera, Sasuke” Si disse.
Heris mosse un altro passo. Ecco, lui l’aveva sentita.
Il tramonto estivo non abbandonava ancora il caldo afoso del primo pomeriggio, accompagnandosi però con un più assiduo canto del vento.
Lui, Sasuke, era lì anche quella sera. Aveva vestiti diversi da quelli della mattina. Eviden-temente si era cambiato dopo il loro incontro. Heris gli vedeva per la prima volta dei jeans addosso. La maglietta nera era larga, a maniche corte e molto leggera.
Erano entrambi di fronte al tramonto e si guardarono. Alla destra di Sasuke, sinistra per Heris, il sole illuminava per gli ultimi minuti il profilo della foresta.
«Ciao, Heris. Sai, sapevo saresti venuta»
Lei arrossì lievemente.
«Sembra tu mi conosca a memoria» Ebbe il coraggio di rispondere, pensando al fatto che la cosa era reciproca.
Lui sorrise enigmatico. Aveva le mani in tasca, in modo quasi rilassato, ma sembrava molto teso.
Heris si sentiva terribilmente male, al pensiero di quello che doveva succedere.
“Non ce la faccio, non lo reggo”. Prima che riuscisse a decidere di fare qualsiasi cosa, una pesante lacrima scivolò sulla sua guancia destra.
Il sorriso del ragazzo si spense e spostò lo sguardo lievemente, sulle spalle di lei.
Lei aveva una maglietta a maniche lunghe, scollo a V, jeans corti al ginocchio, scarpe da ginnastica nere.
«Heris…» Il ragazzo prese fiato.
«…Vieni…Facciamo due… due passi»
Heris lo guardò stupita, asciugandosi la guancia col dorso della mano, ma lui si voltò, facendole segno di seguirlo con un cenno della testa.
Chissà solo quanta fatica gli era costato venire lì(dove sapeva sarebbe andata Heris a cercarlo) anche quella sera, e chissà di quanto altro coraggio aveva avuto bisogno per chiederle una cosa del genere.
Lo seguì tremante. Lui camminava svelto, come se non sapesse fare una passeggiata, ed Heris dovette allungare il passo per stargli al fianco.
Stettero qualche lungo secondo in silenzio, poi Sasuke parlò.
«Non puoi metterti in mezzo. È il mio destino che è in ballo, le decisioni le prendo io»
Era risoluto, ma non la guardava: significava una grande debolezza.
Heris invece lo fissava. Tratteneva le lacrime, si, ma più che altro era la rabbia ad essere irrefrenabile…
Il tramonto li stava lentamente lasciando, quasi a loro insaputa.
«Ti sbagli»
Sasuke la guardò interrogativo.
«Quel destino ha coinvolto anche il mio» La voce di Heris era ferma, ma tradiva troppa emozione. Sasuke spostò lo sguardo, ma Heris vide che arrossiva. Provò l’impulso di sorriderne, ma non era proprio il momento adatto. Sasuke si passò una mano sulla faccia, come se molto stanco.
«No» Era di nuovo deciso, ma continuava a nascondersi gli occhi.
«Non…» Si interruppe.
«Non capisci cosa voglio dire??» Proruppe allora Heris, alzando la voce. Sasuke si fermò. La ragazza gli si mise di fronte.
«Io… Io non potrò mai stare senza… senza..» La voce le moriva in gola, strozzandola. Tutta la sua sicurezza era svanita quando aveva cominciato a pronunciare quelle parole, ma la rabbia cresceva. Sasuke alzò lo sguardo, indecifrabile, fissando i suoi occhi bagnati.
Heris strizzò le palpebre con rabbia di impotenza e cadde in ginocchio.
«Io… Sono un’idiota! Scusa se te lo dico, ma mi sono innamorata pazzamente del ragazzo più insensibile del pianeta, sapendo sin dall’inizio che le probabilità di essere ricambiata erano meno di una su cento!!! E… E quando non sono finita nella tua squadra, e mentre Sakura diventava sempre più carina e… E tu sempre più suo amico, e quando era un continuo di essere in dovere di vita l’uno con l’altro fra te, Sakura e Naruto e io era lontana mille miglia, e quando… Quando è arrivato quel bastardo di Orochimaru (!!!), io… Io mi sono sentita morire tutte le volte! Io non ce la facevo a sopportarlo, mi sembrava di distruggermi per sempre, ma mi sbagliavo! Perché nulla è stato, in confronto al male che mi farai se te ne andrai via! Io, ti giuro, non ce la faccio, io impazzisco! Sasuke, ti prego, comprendimi! Che razza di vita vivo, se la mia vita sei tu e tu mi abbandoni?!» La voce le rifiutò altro sforzo e le lacrime la soffocarono. Si coprì il volto con le mani e pianse senza ormai più ritegno. Sasuke era zitto.
Heris sapeva che le sue parole non avevano sortito alcun effetto su di lui. Era stata solo una grande egoista a confessargli il proprio dolore, sciocco se confrontato al suo. Ma sapeva che non avrebbe trovato miglior sollievo che sfogarsi. Sapeva che poteva solo piangere e urlare, fino a terminare lacrime e voce. Sapeva che se non lo avesse fatto, sarebbe morta ingiustamente.
Si calmò un poco, smettendo di sussultare.
Poi rise, colta da uno strano pensiero.
«Sai… Haha… Com’è buffo… Com’è buffo che per tentare di dimenticarti, abbia provato ad amare qualcun altro… Non indovineresti mai chi, forse. O forse lo sai. Però, sai, l’ho amato davvero. Chissà, ti chiederai, come si può amare una persona come lui… Uno come Neji..».
Sasuke ebbe un sussulto, Heris se ne accorse. Se ne chiese il perché. Vide la bellissima mano di lui contrarsi. Un pensiero fugace si affacciò alla sua mente: “gelosia”, ma si allontanò presto. Sapeva bene che Sasuke odiava quel soggetto.
«…Ma… Ho capito presto che non potevo vivere con lui il resto dei miei giorni... Sai quando?» Sorrise «Ricordi quella sera che-
«Si» Tagliò corto lui. Ma sembrava ansioso di ricordare, non stizzito. Heris si stupì ancora una volta. Lui continuò:
«Senti, io lo sapevo che sei stata con quel Neji. Perché mi stai dicendo questo?» La sua voce non tradiva emozioni. Era fin troppo bravo in questo.
Heris aspettò un po’ per rispondere.
«Perché… È per quanto ti amo» Rispose infine, con molto coraggio, senza però guardarlo.
«Amare Neji è stata solo una scusa in tua assenza. Ma è stato un errore» Concluse amaramente. Il ricordo di Neji era ancora vivido nei suoi pensieri, e tutto ciò che era successo quando stavano insieme le provocava ancora dolorose fitte di nostalgia, nonostante fossero passati parecchi mesi.
Qualcosa la toccò e la distolse dai suoi pensieri.
Sasuke le aveva messo la mano sulla guancia e le stava asciugando le lacrime con le dita, in modo però abbastanza impacciato.
Heris arrossì moltissimo. Tremava dalla testa ai piedi.
Erano l’uno di fronte all’altra, anche Sasuke si era inginocchiato, appoggiato sulle punte dei piedi.
«Hai parlato di percentuale, prima..?» Mormorò.
Si avvicinò.
Heris poteva contare le pagliuzze dorate che l’ultimo sole dipingeva nelle sue iridi di carbonio. I raggi si infiltravano gentili fra le leggere striature, mostrandole nuove e prima d’ora sconosciute sfumature, miste di luminoso oro ed ebano oscuro.
«Be’, ti sei sbagliata. Io credo… Credo che potrebbe salire fino a novantanove su cento…» La sua voce, dapprima poco più di un sussurro, si spense.
Heris non sentì più nulla, tranne le sue labbra, calde.
La pervase immediatamente la sensazione paradisiaca più bella che si potesse immaginare anche solo di sognare, la stessa sensazione che si è sicuri di provare toccando la piuma leggiadra delle ali di un angelo.
Chiuse gli occhi e toccò le nuvole, le sue adorate nuvole. Le sembrò di essere rimasta un’eternità a correre sulla panna ovattosa delle nuvole.
Ma non durò più di un sospiro.
Fu solo un contatto leggero. Sasuke le aveva sfiorato le labbra con le sue.
Heris stava già malissimo. Ormai, dopo essere arrivata a tanto, non avrebbe più potuto resistere lontano da lui di più di mezzo millimetro.
Gli cinse la vita con le braccia e gli si strinse addosso, scoppiando in un pianto infantile e disperato.
Lui rimase un po’ spiazzato, forse ancora stranito da quello che aveva appena fatto, ma ricambiò l’abbraccio.
Rimasero stretti l’uno all’altro per qualche minuto.
Il sole lasciò il loro profilo …mentre la luna…
Era già prossima alle soglie cerule…… E pareva che la campagna già si sentisse Da lei sommersa del notturno gelo E che da lei bevesse La sperata pace, senza vederla…

E la foresta si colorava d’argento, e il vento giungeva cantando piano, dondolando gentilmente le cime degli alberi in una dolce e nostalgica nenia.
Erano seduti l’uno accanto all’altra, entrambi sull’erba danzante sotto un grande abete argentato e luminoso, ma non si guardavano.
Il pianto di Heris era solo un’ombra silenziosa sui suoi occhi. Sasuke aveva gli occhi coperti dai capelli che ballavano leggiadri al vento, Heris non capiva che espressione potesse avere, o cosa sentiva. Pensò a lungo. Poi, prese la parola.
« … Sasuke…Cosa credi… O speri… che possa portarti la vendetta?» Mormorò, quasi chiedendo al vento.
Sasuke la guardò all’improvviso con occhi di ghiaccio. Heris sapeva a cosa poteva portare quella discussione, ma voleva farla. Si asciugò gli occhi, più risoluta. Sasuke si voltò verso le montagne di fronte a loro, aldilà della valle boscosa del Villaggio.
«Io sono un VENDICATORE. Devo uccidere mio fratello».
Heris cercò di prenderla un po’ più alla leggera, come era solita fare, purtroppo.
«A me, al pensiero di dover uccidere mio fratello, viene da vomitare. Non lo farei mai».
«Non abbiamo un uguale concetto di famiglia» Ribatté Sasuke, guardandola.
«Già. Ma mi piacerebbe se invece conoscessi il mio sulla tua pelle» Disse Heris pensierosa.
Sasuke spostò lo sguardo.
«Sasuke… L’odio che provi ti distruggerà. Non si può vivere per una ragione così misera…» Lasciò cadere la frase.
Sasuke la guardò ancora, stavolta con un sorriso sfiduciato.
«E tu?... Per cosa vivi…?»
Heris ricambiò con un sorriso più caldo.
«Io ho imparato a vivere… Per amare» Abbassò lo sguardo e arrossì, ripensando quello che aveva appena detto. Sperò che Sasuke non la fraintendesse…
«Ti invidio. Avrai una vita meravigliosa» La stupì ancora Sasuke. «Ma…» La voce di lui si scurì. «Non potrò mai essere come te. Abbiamo un passato troppo diverso. Non puoi paragonarmi a te» Si alzò in piedi. Heris lo imitò arrabbiata.
«Come posso vivere una vita meravigliosa se… Se me ne privi!» Sasuke le dava le spalle. Lei lo prese per il braccio e lo voltò a forza.
«Se solo mi lasciassi provare! Se mi ascoltassi, accidenti, sai quanto staresti meglio! Non puoi vivere di odio!» Concluse urlandogli in faccia.
Lui si limitò a toglierle la mano dal proprio braccio, con una strana e forse irritante calma:
«No, Heris, non posso. Ma.. Tu ci hai già provato, Heris. Tu… Sei la persona con cui io sia più in debito sulla Terra. Heris, io ci ho provato, a ricambiarti con la stessa intensità con cui mi ami tu, ho provato fino all’ultimo, credo, anche stasera. Ti giuro, tu sei colei cui ho voluto più bene dalla morte dei miei genitori…Ma… Sono incapace. E forse non ci ho messo abbastanza impegno. Perdonami. Forse davvero non so più amare» Sasuke fece qualche passo allontanandosi.
«È impossibile» Lo interruppe Heris, mentre le lacrime la inghiottivano.
«Però, Heris, non ci sono riuscito.
Non potrò mai ringraziarti abbastanza per tutto quello che mi hai dato. Heris… Io non posso più restare qui»
Heris scoppiò ancora in pianto, nuovamente senza vergogna.
La mano di lui accarezzò dolcemente una ad una le sue dita, mentre si allontanava.
«Addio» Sussurrò Sasuke prima di voltarsi, guardandola dritta negli occhi con un’espressione di triste determinazione.
«No…» Mormorò debolmente Heris fra le lacrime.
Le sue dita la lasciarono.
Lui, la lasciò.
La sua ombra, i suoi colori, i suoi profili, il suo calore, sparirono per sempre.
Heris cadde di nuovo in terra e cominciò ad urlare al vento il suo nome.
E il vento lo portò lungo le colline e nelle valli,
fra le strade e le montagne, nelle case e fra le fronde,
e per sempre Sasuke ricordò quella tristezza infinita
e per sempre lei si impresse con rabbiosa caparbietà
nella sua più vivida memoria.
 
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