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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: I GIOCHI DELLA DEA BENDATA
Genere: Sentimentale, Romantico, Comico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: meisin galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 01/11/2009 18:51:39

"Bene, Severus, direi che la punizione più giusta sia quella di far stare per un po’ assieme questi due spiriti contrastanti. " [Dm/Hg]
 
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- Capitolo 1° -

I personaggi, i luoghi e gli oggetti di questo racconto appartengono alla mente di J.K.Rowling, tranne alcuni di mia invenzione.
Buona lettura.





° I giochi della Dea Bendata °




Era in ritardo, era in ritardo!

Era in ritardissimo!

Lei, Hermione Jean Granger si era svegliata in ritardo per la prima volta in sette anni ad Hogwarts di mattiniere sveglie al canto del gallo. Era un cataclisma, era la fine del mondo, era la cosa peggiore che potesse capitarle, perfino il ritorno del Signore Oscuro sarebbe stato nullo in confronto a quello!

Saltellava da una parte all’altra della camera del dormitorio femminile ormai vuoto come non aveva mai visto, schizzando dentro e fuori del bagno diventato simile ad un paesaggio alluvionale, con i capelli ricci grondanti d’acqua, la camicia fradicia mezza allacciata, la cravatta rosso e oro storta e ancora senza scarpe.

Non riusciva a comprendere come fosse potuto accadere. Eppure controllava ogni sera che l’incantesimo di sveglia funzionasse alla perfezione, ma a quanto pareva quella mattina aveva deciso di ribellarsi alla sua padrona, decidendo di attivarsi non alle sei bensì alle otto e mezza e quindi in ritardissimo. Per lei il tempo era sempre stato una cosa essenziale nella sua vita quotidiana, quando non lo passava in biblioteca dove pareva annullarsi del tutto. Odiava far tardi, non rispettare i suoi orari sempre così precisi, e la cosa la innervosiva talmente tanto che imprecò con coloriti epiteti quando un laccio della scarpa scelse anch’egli la ribellione, sviscerando tra le sue dita tremanti di agitazione.

Afferrando i libri al volo e la borsa riempita solo per metà scattò fuori dalla sala comune mentre la Signora Grassa le intimava di non correre, la ignorò facendo di corsa le scale e imbottendo la grossa tracolla con i pesanti tomi lasciandola poi aperta, troppo indaffarata a cercare l’aula di Storia della Magia. I corridoi di pietra erano vuoti, i suoi passi veloci e il suo respiro affannato echeggiavano sinistri, smorzandosi nel silenzio assoluto; sperò solo che Gazza o la sua adorata Mrs Purr non avessero intenzione di comparirle proprio in quel frangente.

Non furono loro a comparire ma il poltergeist Pix.

«No…» mugolò distrutta mentre il fantasmino le volteggiava attorno facendole le pernacchie e tirandole i capelli boccolosi ancora bagnati. Cercò di ignorarlo aumentando il passo, la testa bassa per riparare almeno il volto dai dispetti di Pix; peccato che quella era proprio la sua giornata sfortunata: infatti si ingarbugliò con i piedi mentre girava l’angolo e cadde a faccia avanti con uno strillo acuto. I libri schizzarono via dalla borsa aperta con suo grande disappunto.

Questa è veramente la giornata peggiore che possa essermi mai capitata; l’unico lato positivo è forse che non mi si sia alzata la gonna.

Pensò sarcastica. Il generoso Fato poi, non pago di vederla mentre si ritrovava a gattonare sul pavimento lucido per recuperare tutti i libri di testo sparpagliati e che le lacrime stavano minacciando di rompere le righe per scorrere sulle sue guance, diede pure l’ispirazione giusta a Pix.


«In ritardo, in ritardo è la saputella ‘Mione,
che cade e rimbalza come un pallone!»



E continuò a ridacchiare e a cantare a squarciagola sopra di lei.

Riuscita nell’intento di recuperare tutti i suoi libri, la boccetta di inchiostro e le sue due piume d’oca, si alzò in tutta fretta a testa bassa, ricominciando a camminare con velocità.

Per fortuna sono quasi arrivata.

Non fece in tempo a pensare quella frase e a fare soli quattro passi che finì contro quello che le parve un muro, rimbalzando all’indietro e rischiando di perdere la presa sulla borsa; ovviamente quello non era un muro.

Peggio.

«Ehi, Mezzosangue bada a dove metti i piedi o la prossima volta ti ci faccio rimanere lunga per terra, al giusto livello che ti spetta.» sbottò brusco una voce sprezzante, con la solita gentilezza.

«No, non tu.» piagnucolò in un soffio. Proprio contro Malfoy doveva andare a scontrarsi? E a quanto pareva l’aveva anche vista nella scena pietosa poco prima accaduta; ma quel giorno la sfortuna non aveva proprio nulla da fare se non perseguitarla? Non lo guardò nemmeno, scostandosi da lui e cercando si scansarlo per passare; ma, come d’ovvio, lui le si parò davanti ben conscio del ritardo.

«Ma cosa è tutta questa fretta Granger?» la schernì con finta ingenuità, «Non dirmi che non ti sei svegliata questa mattina.» ghignò la malefica Serpe.

«Levati di mezzo Malfoy! E’ tardi, muoviti!» gli ringhiò contro senza pazienza, continuando a spostarsi sia a destra sia a sinistra, subito bloccata dalla figura imponente del biondo. Aveva voglia di giocare, il Principe, ma per Hermione non era proprio il momento adatto. Sbuffò stizzita, l’eco della canzone di Pix ancora si sentiva per i corridoi.

«Sai, ho appena visto Rüf passare oltre un muro. Non è che per caso hai lui stamani?»

«Cosa? Oh no!» urlò lei, sobbalzando. Non si preoccupò di come facesse Malfoy a sapere quale materia avesse lei in quel momento, l’idea di doversi presentare dinanzi a un professore in ritardo la stava facendo sentire male. «E levati…» con uno sforzo immane riuscì a spostarlo, spintonandolo, di certo lui aveva sentito solo solletico, e cominciò a correre mentre da dietro echeggiava la risata gutturale e roca del Serpeverde.

«Corri, corri Sanguesporco, o farai tardi!»

Hermione entrò di slancio nell’aula aperta, preparandosi già mentalmente per l’umiliazione e per declamare le sue scuse all’insegnante, rammaricandosi per i primi minuti di appunti persi per colpa di un idiota. Solo quando fu in piedi vicino ai banchi si rese conto dell’allegro berciare degli studenti, molto insolito durante la solita lezione il cui l’unico suono era la voce monotona di Rüf, e in ritardo posò lo sguardo sulla cattedra che mostrava orgogliosa un posto vuoto.

Quel brutto figlio di un basilisco! E io che perfino gli ho dato ascolto, da brava sciocca; ho corso per nulla.

Pensò con amarezza e rabbia, mordendosi il labbro inferiore, mentre si sedette al solito posto di fianco a Harry e Ron che la assalirono subito.

«Hermione! Ma dov’eri finita? Stavo cominciando a preoccuparmi, se non fossi venuta a lezione avremmo dovuto prendere appunti!» esclamò il rosso, scandalizzato dalla sola prospettiva di seguire per una buona volta un intero discorso di Rüf.

«Mi sono svegliata in ritardo.» sbuffò nervosa, sbattendo con forza sul tavolo la boccetta di inchiostro che aveva appena estratto dalla tracolla; lo schiocco del vetro sul legno si perse nel vociare confuso dei ragazzi molto felici di saltare quella lezione.

«CHE COSA?» quasi gridarono i due, avvicinandosele ancora di più. La Grifondoro li incenerì con gli occhi castani infuocati di rabbia, mentre sistemava la sua bella penna d’oca nuova nera con striature grigio chiaro che pareva argentee.

«Oddio Hermione, lo sai che vuol dire vero?» proruppe Ron.

«No.»

«Sei umana! Sei una comunissima persona umana che si sveglia tardi la mattina! Oh per Merlino, è una scoperta grandiosa!» anziché innervosirla, quella piccola presa in giro la fece calmare sino a farle stirare le labbra rosa in un sorriso un po’ tremolante.

«Beh sarà pure umana, ma nella sua umanità è una delle persone più fortunate del mondo. E’ la prima volta che si sveglia in ritardo e, guarda te, se il professore non doveva fare tardi!» continuò Harry. Anche se avrebbe avuto molto da ridire sulla sua fortuna, perché quella mattinata era la più orribile che le fosse mai capitata, si lasciò andare ad una risata leggera e dagli effetti tranquillizzanti. Erano i suoi amici, chi se non loro potevano calmarla nei peggiori momenti, di cui nemmeno sapevano nulla? Rimase per un istante a guardarli: Harry con la sua zazzera corvina arruffata, gli occhi verde smeraldo e il costante impiego di cacciarsi nei guai peggiori; e Ron con la sua criniera fulva che sfiorava le spalle, le gote cosparse di lentiggini e la poca, quasi nulla, voglia di studiare.

«Va bene, ora basta, tirate fuori i libri. Non si può mai sapere se il professore arriv…» si interruppe con un’espressione corrucciata perché le sue dita che avrebbero dovuto sfiorare la copertina rigida del libro di Storia della Magia si chiusero stringendo solo l’aria, raschiando con le unghie la superficie di un altro volume.

«Il mio libro! Non ho il libro!» squittì, infilando tutta la testa dentro la borsa e spostando la roba freneticamente. Quella era di sicura la giornata più sfortunata.

«Ma dai, l’avrai lasciato nel dormitorio, ora puoi usare quello mio o quello di Ron se vuoi. Dai Herm, per una volta, tanto lo sai quasi tutto a memoria, no?» la consolò Harry. «Non è un grosso…» lo sentì interrompere trattenendo il fiato.

«Forse è un enorme problema.» riprese Ron, dalla voce, agitato.

Dei risolini molto fastidiosi e anche molto insoliti le fecero percepire che l’atmosfera era cambiata, sensazione che divenne concreta quando si sentì strattonare la manica della divisa. Alzò la testa dalla borsa, le guance appena un po’ più rosse, e guardò verso la porta, dove stavano guardando tutti; e digrignò i denti in una smorfia.

Draco Malfoy era sfrontatamente poggiato allo stipite della porta con un ghigno belluino, mentre soppesava con finta aria interessata il suo libro di Storia della Magia; quel maledetto doveva averglielo rubato mentre non guardava e raccoglieva il contenuto della borsa, o magari perfino quando si erano scontrati. Sotto tutti gli occhi della classe il Serpeverde lo fece volare per aria e lo prese con l’altra mano, mentre Hermione trasaliva.

Si alzò, e insieme con lei anche Ron ed Harry, ma ella fece un cenno imperioso e stizzito.

«Me la cavo da sola. Se arriva il professore ditegli che sono andata al bagno e, per favore, prendete appunti per una volta.»

Camminando per l’aula si accorse solo in quel momento di quale compagnia avessero i Grifoni: le Serpi. Ora comprendeva come Malfoy conoscesse la sua materia e l’inganno palese le fece ribollire il sangue nelle vene; i discorsi nella classe erano cambiati: le ragazze Serpeverde ridevano acutamente tra loro e i ragazzi incominciarono il giro delle scommesse, tutti i Grifondoro invece le dimostravano il loro appoggio con piccoli ‘Forza Herm!’, entusiasti ‘Fagli vedere la forza dei Grifoni, Granger!’ e simili.

Quando ebbe quasi raggiunto la porta Malfoy le fece un gestaccio con la mano e sparì di botto. La ragazza uscì dall’aula e si voltò appena in tempo per vedere un lembo del mantello nero svolazzare al di là dell’angolo; lo rincorse, posando talvolta una mano sulla gonna per non permetterle di sbatacchiare troppo tra le gambe. Svoltò, slittando appena sul pavimento e si ritrovò davanti ad un corridoio vuoto, nessuna traccia della Serpe; passò una mano tra i capelli umidicci e girò su se stessa.

«Sai Granger, mi serviva proprio un altro libro. Quella megera della McGranitt non può nemmeno mettersi a posto i suoi banchi di Trasfigurazione! Lo userò per non far traballare il mio.» la voce ironica e strascicata di Furetto risuonò tra le pareti di pietra ma come un eco senza principio; era un incantesimo, chiaro, ma così non riusciva a comprendere da dove provenissero le parole.

«Mmh, oppure che ne dici se lo usassi per alimentare il fuoco nel camino? Sai, la nostra sala comune è un po’ fredda…» continuò lui. La Grifondoro camminava avanti e indietro, rigirandosi e scattando, cercando anche un solo minuscolo indizio.

Dov’è, maledizione, dov’è…

«Fatti avanti, vigliacco.» ringhiò ella, i pugni chiusi e le braccia rigide lungo i fianchi. Si stava stufando di quel gioco impari, rivoleva il suo libro e rivoleva soprattutto tornare in classe ad attendere il professore chiacchierando con i suoi amici, come di consueto.

«Non osare chiamarmi vigliacco, sei tu quella che rifugge dagli altri.» una voce più fredda del ghiaccio e più tagliente di una lama affilata non lontana le sferzò le spalle. Voltandosi lo vide poggiato alla parete, una gamba ripiegata, il libro nella mano e le iridi grigie fisse su di lei.

Ma come osa dirmi certe cose? Per lo più false.

Con lunghe falcate inviperite gli si avvicinò e gli si parò dinanzi, guardandolo storto con i suoi occhi castani che bruciavano di rabbia contro i suoi ghiacciati. Non abbassò mai lo sguardo, né lo spostò, in attesa di una sua reazione; dopo parecchi minuti in cui la tensione era palpabile, in assenza di quella aspettata mossa, Hermione si decise a parlare.

«Vuoi ridarmi il mio libro, sì o no?»

«Ho detto che ho intenzione di tenermelo; la copertina mi sembra anche abbastanza resistente da farmi da posacenere.» ribatté lui, algido e strafottente.

Bene, non vuoi darmelo? Allora me lo prenderò da sola.

Come conseguenza dei suoi pensieri allungò di scatto la mano per afferrare il volume ma lui, fulmineo e più pronto di lei, alzò il braccio fuori dalla sua portata. Era molto più alto ed era perciò avvantaggiato; la Grifondoro, sempre più convinta che il Fato le aveva ormai voltato le spalle e sicura che non si sarebbe mai messa a saltellare come una bambina per riprendersi il libro, intrecciò le braccia e lo fulminò.

«Malfoy, dammi quel libro. Ora.»

«Altrimenti che fai? Vai a fare la spia, Mezzosangue?» rise beffardo, sempre con il braccio ostinatamente alzato.

«Mi metto ad urlare.» provò. Era un giornata pessima fino all’idiozia, non aveva nemmeno idee per frecciate o controbattute, era disperata come non mai.

«Prego.»

Si innervosì ancora di più, chinò il capo stringendo i denti, poi le venne un’idea. Un’idea pericolosa certo, ma se avesse reagito come pensava avrebbe lasciato cadere il libro a terra; tuttavia, non sapeva assicurarsi la possibilità di riuscire a prenderlo e sfuggirgli. Deglutì.

«Sei una Serpe odiosa!» sbottò e, fulminee, le sue dita si stamparono scarlatte sulla guancia pallida del biondo con uno schiocco orrendo, sonoro, che echeggiò nel silenzio di tomba. Malfoy rimase con la testa voltata, spostata di lato per l’impatto, per qualche secondo senza muoversi; uguale ella divenne statua, con il braccio ancora alzato nella conclusione del gesto.

La reazione fu quella sperata. Più o meno.

Ringhiando il biondo la guardò furente e abbassò il braccio, lasciando poi cadere il libro a terra; e qui il piano era perfetto ma ci fu un pecca: prima che lei potesse reagire il Serpeverde le afferrò entrambi i polsi e la spinse dall’altro lato del corridoio, sbattendola con ferocia contro il muro togliendole il fiato. La morsa che la bloccava si strinse, facendole sfuggire un mugolio acuto di dolore.

«Non dovevi permetterti di fare una cosa del genere Mezzosangue, pagherai per questo affronto. Una nullità come te non può osare prendere a schiaffi un Purosangue come me; io non mi faccio sottomettere dalla feccia.» le soffiò a pochi centimetri dal suo volto. No, questo non se lo era aspettata, non si era aspettata una reazione simile; avvertì un lampo di paura ma impedì alle sue membra di tremare e lo guardò fiera negli occhi.

«Ne hai da imparare Malfoy. Sei al di sopra di nessuno; sei un ragazzo come tutti gli altri.»

«Non dire cazzate Granger, io sono migliore di ‘tutti gli altri’. Migliore della lurida feccia dei Mezzosangue che ci sono in questa scuola.»

«Da quel che mi risulta questa lurida feccia, in particolare quella a cui stai stritolando i polsi, ti batte in ogni materia.»

Le sue ossa scricchiolarono in maniera poco promettente quando lui le strinse ancora di più la presa e le si avvicinò; poteva sentire il suo fiato caldo sulle labbra chiuse in maniera ostinata per non lasciar sfuggire un solo gemito di dolore. Le iridi grigie erano furiose e mandavano scintille almeno quanto le mandavano le sue dorate.

«Lasciami Malfoy.» ordinò secca e si divincolò per la libertà che le era stata tolta; in risposta egli la strattonò e stava per parlare quando una voce lo zittì, facendolo scansare di botto. Si massaggiò i polsi doloranti.

«Signor Malfoy, la prego di non infastidire ulteriormente la Signorina Granger. Potrei conoscere i motivi di tale comportamento?» domandò con gentile autorità la McGranitt, avvolta in un abito lungo fino a terra dal gusto molto medievale.

«Mi ha dato uno schiaffo.» rispose subito Malfoy. Hermione rimase a bocca aperta. Così sembrava fosse stata tutta colpa sua! Decise di usare la stessa tecnica della vittima, prima che la professoressa potesse anche solo chiedere conferma.

«Mi ha rubato il libro.» e per sottolineare si chinò a raccogliere il volume dalle pagine sgualcite dalla caduta, sotto lo sguardo furente del Serpeverde e quello severo della donna che alzò un sopracciglio.

«Molto bene. Signorina Granger, Signor Malfoy seguitemi.»

Continuando il loro battibecco senza parlare ma solo in modo visivo, fulminandosi e incenerendosi a vicenda, seguirono la professoressa. Durante il tragitto Malfoy le diede un pizzicotto sul braccio, lei rispose uno schiaffo nel medesimo punto di lui,di conseguenza tentò di farle lo sgambetto ma lei gli artigliò una spalla, le tirò una ciocca di capelli e lei gli diede una librata, e via discorrendo. Erano tanto occupati a bisticciare in silenzio come due bambini che si accorsero dov’erano finiti solo quando la McGranitt bussò ad una porta scura e una voce lenta e profonda rispose, invitando l’entrata.

Entrarono nell’ufficio di Piton, nei sotterranei del castello. Le pareti erano decorate con scaffali ricolmi di alambicchi con pozioni colorate e strani oggetti galleggianti, libri dalle tinte lugubri e scure, cartelle di documenti, un calderone consunto ma funzionante e altre oscure cianfrusaglie che davano alla stanza un’idea di misterioso caos stipato ai margini.

«Oh, che piacevole… Sorpresa Minerva. E con te il Signor Malfoy e la Signorina Granger… Interessante.» mormorò soave Piton, sollevando il naso adunco dalla scrivania dove era intento a scrivere qualcosa, le dita giallognole che stringevano la piuma non erano sporche di inchiostro come spesso capitava a lei.

«Severus, ho trovato il tuo alunno bisticciare con la mia alunna. Ho pensato che fosse il caso di dare una punizione…» fece una pausa ad effetto, guardando i due studenti. Hermione trattenne bruscamente il fiato, evitando anche solo di sfiorare la Serpe. «Ad entrambi

La Grifondoro assunse un’espressione scandalizzata; non potevano dare una punizione a lei! Per poco non le cadde il libro dalla mano. Non ne aveva mai avute, a parte quella del primo anno per esser stata scoperta proprio da quell’idiota di un Malfoy a casa di Hagrid nel pieno della notte con Harry e Ron. Era… Indecente.

«Vuole dire qualcosa Signorina Granger? Forse per lei è un po’… Difficile accettare l’idea di una punizione?» proruppe verso di lei il professor Piton, guardandola con un certo divertimento negli occhi neri come la pece mentre si scansava un ciuffo di capelli dalla fronte.

Malfoy ghignò sotto i baffi.

«No signore, io la accetto di buon grado. Dopotutto se questo serve ad insegnare a qualcuno le buone maniere ne sono lieta.» Hermione strinse i denti e raddrizzò le spalle, con fare fiero e altezzoso, compiaciuta allo scivolare del sorriso accennato di Piton e al comparirne un altro invisibile sulle labbra della direttrice della sua Casa.

«Bene, Severus, direi che una punizione giusta sia quella di far stare per un po’ assieme questi due spiriti contrastanti. Pareri?»

«Sono pienamente d’accordo, Minerva. Mettiamo la scadenza di…»

«Dei prossimi due mesi. Se si calmeranno, si potrà sempre posticipare.»

«Due mesi…» scrisse veloce Piton su una pergamena nuova. «Dovranno passare ogni momento libero assieme.»

«Come uniche eccezioni le lezioni che non hanno in comune, i pasti e la notte.»

«Mh, sarei di una diversa opinione ma vada. Prego, Minerva.» accennò alle due statue dinanzi loro.

«Grazie Severus.»

I due studenti seguirono a bocca aperta le trattative della loro punizione; mentre Malfoy lasciava dipingere sul suo volto un’espressione di puro disgusto, Hermione assunse l’aria ancora più scandalizzata. Entrambi sobbalzarono quando, all’invito di Piton, la professoressa puntò su di loro la bacchetta e una catenella d’argento luminosa li legò per i polsi, sparendo poi in un soffio. La Grifondoro si prese il polso sinistro, tenendo in equilibrio il libro sotto l’altro braccio, esaminando la carne chiara ma non vide nulla di anomalo, alzò gli occhi e anche Furetto aveva fatto lo stesso gesto; si incenerirono.

«Molto bene.» disse la McGranitt mentre la campanella che segnava la fine della lezione trillò per i corridoi e lo scalpiccio degli studenti cominciò a farsi sentire. «Mi dispiace che non possiate attuare subito la vostra punizione, ma lo farete nell’ora dei compiti.»

Fecero il percorso all’inverso, sempre preceduti dalla figura austera della Vice Preside; Hermione era ancora scandalizzata, non osò fiatare né incrociare lo sguardo con il biondo Serpeverde. Si teneva rigida e distante da lui in maniera innaturale, sembrava che le avessero fatto l’incantesimo della Pastoia su tutta la parte superiore del corpo, lasciando liberi giusto gli occhi.

Non sentì la professoressa quando diede loro l’ordine di andare nelle proprie classi, non sentì il borbottio di Malfoy, non sentì tutti quegli studenti del primo anno che le sciabordavano attorno, nulla. Era ancora confusa. Solo una mano improvvisa sulla spalla la riscosse.

«Hermione! Ti abbiamo cercato per tutto il piano!» la rimbrottò Harry, mentre Ron le porgeva la tracolla.

«Grazie… Devo darvi una brutta notizia, ragazzi.» sussurrò mentre infilava il libro maltrattato nella borsa e camminavano verso la Torre di Astronomia.

Quella era sicuramente la giornata più sfortunata e disastrosa di tutta la vita di Hermione Jean Granger.



*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*




«Oddio Herm, mi dispiace tantissimo!»

«Non sai a me quanto Ron…»

«Ma non puoi fare nulla per…?»

«Andiamo Harry, è stata la McGranitt a farlo, mica chissà chi!»

Hermione sbuffò, il morale sotto le scarpe nere, mentre osservava Ron ed Harry mangiare avidamente il pranzo. Lei aveva lo stomaco chiuso per quello che era accaduto un paio di ore primo, legata da un incantesimo a Draco Malfoy, il suo peggiore nemico; per di più si stavano avvicinando le vacanze di Natale e la professoressa McGranitt era tornata ad annunciare che aveva spedito due lettere alla sua famiglia e ai Malfoy, spiegando che per motivi di studio sarebbero dovuti rimanere a scuola. Non avrebbe avuto un attimo di pace.

«Hermione, ti prego, permettici di…» cominciò il Bambino-Che-E’-Sopravvissuto ma fu zittito dall’indice alzato della ragazza, molto minaccioso, seguito dalla sua occhiataccia.

«Ho detto di no. Non ho intenzione di rovinarvi il Natale alla Tana, anche perché seppure voi rimaniate con me io dovrei comunque rimanere assieme a Malfoy. Non potete lenire le mie sofferenze…» esclamò con aria tragica e teatrale.

«Chi schiveemo ‘gni gorno!»

«Ron, sarei lieta che tu inghiottissi prima di parlare.» sorrise, alzando gli occhi al cielo. Prese la sua coppa e bevve un breve sorso di succo di zucca.

«Scusa, ti scriveremo ogni giorno! Vero Harry?» propose il rosso Grifondoro, buttandosi sul porridge con una foga entusiasta. Il moro annuì, ridendo allo spettacolo offerto da Ron mentre riusciva a sporcarsi fino al naso.

Finito il pranzo Hermione sentì l’irrefrenabile impulso di alzarsi, impulso che non poté contrastare, e per curiosità si voltò verso il tavolo dei Serpeverde e vide Draco Malfoy che, senza farsi notare troppo dagli altri, le faceva cenno con la testa di andare. Sospirò e chiese scusa ai suoi amici, congedandosi con la frase ‘il dovere mi chiama’.

Uscita dalla Sala Grande trovò il Serpeverde poggiato al muro con una sigaretta pronta in mano, che la fissava molta male.

«Neanche io ho voglia di stare con te Malfoy, perciò mettiamo subito le cose in chiaro: quella…» indicò il cilindro di carta e tabacco stretto tra le sue dita, «Non la voglio vedere e adesso andiamo in biblioteca.»

«Non ci pensare nemmeno, ora tu vieni con me, mi fumo questa sigaretta e poi andiamo in biblioteca.»

«No Signor Malfoy, quella te la potrai fumare quando non sarai costretto a starmi vicino!»

«E invece io me la fumo quando mi pare, okay? E adesso andiamo.» la afferrò per un polso con violenza ma lei puntò i piedi e, con molto sforzo, riuscì a contrastare la sua potenza. Il biondo si voltò come una serpe inviperita e la fissò con gli occhi ridotti a due fessure minacciose, le diede un paio di strattoni facendola barcollare tuttavia la Grifondoro riuscì a fare una certa resistenza. Nel frattempo il vociare confuso della Sala Grande stava cominciando a farsi più confuso e le panche stavano venendo spostate, il che significava che molti studenti tra pochi istanti sarebbero stati intorno a loro.

«Granger, non ho voglia di farmi vedere mentre sono costretto a toccarti, perciò andiamo?» ringhiò con una certa urgenza, mentre guardava nervoso verso la porta enorme. Beh, almeno su quello erano d’accordo, sul fatto di non voler essere visti insieme da tutta la scuola; dato che da lì a pochi secondi ci sarebbero stati tutti sospirò e scrollò via la mano di Malfoy, incenerendolo con gli occhi d’oro, e seguendolo verso il cortile esterno.

Scovarono di corsa un angolino un po’ più appartato e meno visibile a chi si fosse soffermato di fuori; era una bella giornata con il cielo abbastanza pulito, c’era un freddo vento dicembrino ma tutto sommato, con la sciarpa intorno al collo, si stava bene. La Serpe si appoggiò ad una colonna, aspirando soddisfatto quel veleno mortale, mentre lei si sedette su un basso muretto di fianco a lui; mentre sbuffi grigio chiaro uscivano dalle labbra del Serpeverde, Hermione prese a giocherellare con la bacchetta, un po’ impacciata a causa dei guanti.

«Che compiti hai da fare?» la domanda che le venne rivolta la stupì, tanto che alzò gli occhi a guardare il ragazzo serio che fumava assorto, guardando davanti a sé gli scorci dei pochi studenti che sfidavano il freddo invernale.

«Divinazione, Pozioni e Trasfigurazione. Tu?»

«Difesa contro le Arti Oscure, Pozioni e Trasfigurazione.»

Chissà perché ma il fatto che avessero entrambi Pozioni e Trasfigurazione non la sorprese. Beh, poco male, forse se Malfoy si fosse impegnato li avrebbero terminati in fretta. Fissò persa nei pensieri le guglie che si intravedevano da quella posizione così bassa e insignificante, il suo sguardo corse per i merli frastagliati, per le punte aguzze delle torri, annullandosi poi nel cielo azzurro intenso. Anche se non pareva, era sicura che per Natale avrebbe nevicato.

Malfoy gettò a terra la cicca, schiacciandola sotto il tacco della scarpa. Con uno sbuffo le si parò dinanzi, coprendole la bella visuale della volta con la sua egoistica presenza, squadrandola dall’alto in basso.

«Andiamo.» mormorò lei, riponendo la bacchetta, alzandosi e spolverando il dietro della divisa. Sbirciando che non ci fosse nessuno nei corridoi si incamminarono assieme, cercando di stare il più lontani possibili ma quando raggiungevano la soglia dei quaranta centimetri pareva che la catenella di candido argento si ricordasse di esserci ricomparendo e tintinnando per un solo istante. Meglio di un promemoria.

Raggiunsero la biblioteca e con aria molto furtiva si sistemarono nell’angolo più lontano da tutti, consci che se fossero stati visti ne sarebbe andato della reputazione di entrambi. Sospirando malinconica nel caldo ambiente della biblioteca Hermione cominciò a svestirsi: si tolse la sciarpa morbida, i guanti e il sopra della divisa, rimanendo con il maglione e sotto la camicia. Furetto invece tolse anche lui la sciarpa e la giacca, ma anche il maglione, arrotolando poi le maniche della camicia attorno agli avambracci.

«Hai i calori Furetto?» domandò perplessa quando lo vide addirittura allentare la cravatta verde e argento con fare infastidito.

«Quella Madama Pince… Dovrebbe abbassare il riscaldamento di tanto in tanto.» borbottò sprezzante, lanciando occhiate furiose a dove doveva essere il bancone della donna, ovvero alle sue spalle. Lei estrasse dalla tracolla il libro di Pozioni, la boccetta d’inchiostro, la penna d’oca e una pergamena, mentre lo guardava in tralice a intervalli regolari.

«E smettila di lamentarti di tutto e tutti, accontentati di qualcosa per una buona volta. E tira fuori le cose, facciamo subito Pozioni.» la Serpe non le riservò la solita occhiata fredda e antipatica, ma si limitò a borbottare cose tipo ‘Io non mi lamento’ oppure ‘Sono gli altri ad essere sbagliati, lurida feccia’, eccetera eccetera; almeno estrasse tutto il necessario, fermandosi poi a fissarla con le sopracciglia aggrottate.

«Allora, dobbiamo scrivere trenta centimetri sui vari usi dell’elleboro. Beh, non è poi così difficile.»

Ebbe solo un grugnito in risposta. Sospirò di nuovo, spazientita e puntò la cima ondulante della sua piuma verso il volto pallido e serio del suo nuovo compagno di studi dinanzi a lei.

«Senti, dobbiamo farlo o Piton ce le suonerà amare.»

«A te le suonerà amare, a me no di certo.»

«Vogliamo scommettere? Ti ricordo come sorrideva mentre scriveva la nostra punizione, sono sicura che stavolta se punirà uno punirà anche l’altro. Vuoi che andiamo a finire a tre o perfino quattro mesi?» lo rimproverò, agitandogli la piuma sotto il naso, con fare molto adulto come una madre che rimprovera il figlio dispettoso.

«E falla finita di sventolare ‘sta cosa. Va bene, va bene Mezzosangue, collaboriamo.» sbuffando rumorosamente si alzò dalla sedia per sedersi in quella alla sua sinistra, gomito contro gomito. Hermione prese a sfogliare il libro, mettendolo in mezzo per farglielo vedere, seppur non le andasse a genio l’idea di stargli così vicino.

Passò una mezz’ora di continuo grattare delle piume sulla carta, nella quale entrambi concentrati riuscirono addirittura a consultarsi su un particolare uso delle foglie di elleboro in una pozione capace di distorcere il tessuto umano fino a raggiungere risultati raccapriccianti. Dopo un po’, quando si voltarono insieme per cercare qualcosa sul testo Malfoy sbottò, scansandole una ciocca di capelli con due dita.

«Perché non te li tagli? Sono così fastidiosi Mezzosangue, è la ventesima volta che mi arriva in faccia questa schifezza.»

«Schifezza ci chiamerai quei quattro peli biondi impomatati che ti ritrovi.» rispose acida. «E poi bastava chiedere.»

Infilò una mano nella borsa sotto lo sguardo infastidito ma curioso del ragazzo ed tirò fuori un elastico; con veloci mosse raggruppò la chioma riccia e disordinata in una specie di crocchia e lo guardò.

«Contento?»

«Femmine…» mugugnò lui, riprendendo a scrivere. Sbirciò oltre la sua spalla e osservò la sua calligrafia: scriveva in corsivo, era ordinata ed elegante, allungata verso destra e molto spigolosa. Da rettile insomma. La propria invece era anch’ella corsiva ed era graziosa, un po’ tondeggiante, femminile. Di certo loro non avrebbero mai potuto scambiarsi i compiti, le loro scritture erano troppo differenti; lei tanto non ne aveva bisogno di sotterfugi simili, lei al contrario di Ron ed Harry studiava sempre.

«Finito?» gli domandò, mentre metteva l’ultimo puntino sulla i.

«Finito?» le domandò lui nello stesso preciso istante, mentre sistemava un trattino sulla t.

Si guardarono perplessi, squadrandosi l’un l’altro, poi Hermione fu la prima a reagire, alzando le spalle tirando fuori il volume di Trasfigurazione, molto alto e pieno zeppo di incantesimi, spiegazioni e illustrazioni.

«Che ha dato fa fare quella vecchia?» domandò scorbutico il biondo, avvicinandosele per guardare. La Grifondoro si sentì improvvisamente in trappola e si agitò un poco sulla sedia, il cuore che le batteva forte. Curioso.

Un flash improvviso li fece sobbalzare e alzare gli occhi di scatto; Malfoy si allontanò da lei con un tale slancio che per poco non volò dalla sedia. Ed Hermione vide per la prima volta che le guance della Serpe rasentavano appena una sfumatura più colorita.

«Wow, Draco Malfoy ed Hermione Granger che studiano assieme! Questa foto farà scalpore!»

«Colin ti prego no!» mugolò lei con gli occhi sbarrati. Poi la reazione del biondo si manifestò troppo in fretta da permetterle di bloccarlo e come previsto non fu affatto gentile. Si alzò spostando con malagrazia la sedia, imponendo sul fotografo molto più gracile e minuto, e lo afferrò per il bavero della giacca sollevandolo per qualche centimetro da terra.

«Prova a far vedere quella foto anche solo al tuo gufo e giuro sul mio sangue che ti ritroverai quella macchina fotografica al posto della tua lurida faccia. Adesso sparisci.»

Lo lasciò all’improvviso e il povero Colin Canon cadde a terra, rialzandosi in tutta fretta e fuggendo a gambe levate.

«Potevi essere più gentile.» lo rimbrottò, mentre lui si sedeva di nuovo.

«Così da permettergli di far girare quella foto per tutta la scuola? Giammai Granger. Ora ha abbastanza fifa da distruggerla, come gli ho ordinato implicitamente.»

«Non è mica un tuo servo a cui dare ordini!»

«E’ uno stupido Mezzosangue, perciò posso eccome!» ringhiò Malfoy e la discussione terminò lì, la Grifondoro non aveva voglia di stare a battibeccare ancora. Con sbuffi e sospiri scocciati si chinarono di nuovo sul libro di Trasfigurazione pieno zeppo di scritte.

Per esercitarsi il Serpeverde scovò nella propria cartella due bottoni scuri e li lanciò sul tavolo malamente davanti ai suoi occhi, non fece domande e ne prese uno puntandolo con la bacchetta.

«Engorgio.» Hermione prima lo ingrandì per comodità, seguita a ruota da uno svogliato e scocciato Malfoy. Poi disegnò con la bacchetta un arabesco nell’aria con una complicata torsione del polso, movimento essenziale per la riuscita del nuovo incantesimo; guardò di traverso il suo compagno che borbottando un ‘sì, sì’ accennò veloce il gesto.

«Commuto.» e il bottone si ricoprì di una sottile peluria grigia, gli spuntò una coda rosa e dei lunghi baffi. Soddisfatta fece gironzolare un po’ il suo neo-topolino e disse il contro incantesimo facendo tornare il piccolo roditore nella sua reale forma. E fissò Malfoy.

«A te, Malferret»

«Tsk. Commuto!» come lei si era aspettata sbagliò il movimento del polso che non aveva voluto provare per semplice orgoglio e il bottone rimase solo un bottone coperto di pelo e con dei baffi che squittiva fiocamente; Hermione non seppe trattenersi dal ridacchiare deliziata e lui le scoccò un’occhiata truce.

«Commuto!» riprovò ma con il risultato di infoltire la pelliccia del bottone e farlo squittire più forte. Per paura che potesse richiamare l’attenzione di Madama Pince la Grifone fece un incantesimo di silenzio.

«Sei proprio uno zuccone. Guarda devi fare…» cercò di prendergli la mano con la bacchetta ma lui rifuggì schifato.

«Non mi toccare.» sibilò.

«Smettila sciocco.» sbottò lei e gli afferrò la mano bollente, «Devi fare questo movimento.»

Manovrò le sue dita come un’abile burattinaia mostrandogli l’effettivo movimento, sette anni di esperienza con Ron ed Harry facevano il loro effetto dopotutto. Riuscì a controllarsi abbastanza dal non arrossire, non si era mai presa nessuna confidenza con quella Serpe ed era molto strano avere un certo potere; appena gli ebbe fatto vedere lasciò in fretta la presa.

«Che c’è, la mia pelle ti brucia Mezzosangue? Il disinfettante brucia sempre ai batteri.» ironizzò. In risposta gli fece cenno di procedere, con un sorrisetto senza allegria.

Lui ripeté il movimento e finalmente trasfigurò il bottone in un vero e proprio topolino molto agitato, che zampettando frenetico scattò verso la mano di lei dandole un morso secco sull’indice.

«Ahi!» strillò, tirando la mano al petto mentre Malfoy faceva il contro incantesimo su quella bestiolina dispettosa e cominciò a ridacchiare, come lei poco prima.

«Guarda, perfino i bottoni non ti sopportano, Granger.» ghignò mentre osservava anch’egli come il sottile taglio prendeva a sanguinare copioso.

«Per Merlino, proprio oggi che ho lasciato il dittamo nel dormitorio!» si lamentò, ignorandolo. Era tutta concentrata ad osservare la minuscola ferita e il sangue cremisi che cominciava a scivolare lungo il dito con una goccia lenta e calda; stava prendendo in considerazione l’idea di fasciare il dito con la camicia, sporcandola in maniera inevitabile, e costringere il Serpeverde ad accompagnarla almeno in infermeria quando una mano bianco latte le mise sotto il naso una bottiglietta marrone con la scritta ‘Essenza di dittamo’. Strabuzzò gli occhi di miele e li alzò per incontrare quelle di ghiaccio del biondo, serio, muto, immobile.

«Ah.» riuscì solo a dire. La prese mentre il suo nemico continuava a fissarla senza un minimo di discrezione; svitò il tappo e l’odore pungente della pozione che si sprigionò le diede la certezza che quella fosse ciò che cercava, ma rimaneva nel fondo ancora un po’ scettica.

«Muoviti Mezzosangue. Non posso sopportare oltre la vista di quella sozzura che ti esce dal dito e se non ti sbrighi comincerai a imbrattarci tutto il tavolo. Mi toccherà buttare pure il libro.»

«Guarda che il libro è mio.» ribatté secca e lasciò cadere una goccia sul taglietto che smise di sanguinare e si rimarginò con uno sbuffo di fumo verdastro.

«Senti, io devo fare Difesa delle Arti Oscure. Devo esercitarmi con qualcuno; andiamo nella Stanza delle Necessità.»

Non c’era nemmeno una domanda, tutte affermazione che sapevano di ordini. E anche se lei non aveva intenzione alcuna di stare ad eseguire come una sua sottoposta i suoi ordini fu comunque costretta a riporre le sue cose nella tracolla e a prendere gli indumenti che si era tolta all’arrivo. Per fortuna Divinazione avrebbe potuta farla più tardi ad occhi chiusi.

Attraversarono in fretta la biblioteca, lei con i ricci perfetti che si muovevano a ritmo dei passi e lui alto bello come un angelo, cercando di farsi notare il meno possibile ma i mormorii sconcertati sibilarono comunque nel silenzio ovattato.

Una volta fuori, raggiunsero di corsa la meta senza neppure essere visti da Gazza; Hermione ad un certo punto aveva intravisto Ron ed Harry alla fine di un lungo corridoio ma Malfoy l’aveva tirata per la divisa. Indi, giunti dinanzi alla porta decorata, entrambi ansanti, il biondo esitò appena mentre si avvicinava e con uno scatto secco aprì un battente.

La stanza che si presentò loro era arredata con il necessario per tutti gli incantesimi possibili e le loro conseguenze: unguenti, cuscini, specchi, pozioni curative e tant’altro. Hermione la riconobbe perché era lì che le lezione clandestine dell’ES si erano svolte.

«Qui andrà benissimo. Faremo un breve duello, devo esercitarmi nella…» fece una smorfia, «Difesa

Si posizionò all’estremità di un tappeto blu scuro che sembrava fungere da passerella per l’incontro; Hermione sfoderò la bacchetta e si mise all’altra estremità, respirando piano e svuotando la testa da tutti i pensieri. Si fecero un breve inchino, come da regole, e fu lei ad aprire le danze.

«Expelliarmus

«Protego!» il gettò di luce rimbalzò contro lo scudo del biondo. «Stupeficium

Si riparò anch’ella dietro l’incantesimo scudo evocato in tempo e subito rispose all’attacco.

«Stupeficium!» e al contempo cercò di sferrare un attacco alla mente di Malfoy per distrarlo. Voleva allenarsi con lei, ma non aveva affatto detto che doveva essere gentile. Il Serpeverde evocò l’incantesimo scudo ma fu distratto per impedire l’accesso di Hermione nei suoi pensieri; lo Schiantesimo prese in pieno lo scudo troppo debole e lui fu sbalzato parecchi metri più in là, affondando con uno schianto nella pila poco pronta di cuscini scarlatti.

«Oh cielo, Malfoy!» squittì lei, fiondandosi verso il ragazzo. Anche se era il suo acerrimo nemico non significava che non fosse un semplice essere umano, in barba a tutte le convinzioni da Purosangue, capace anche di provare dolore fisico.

Lo aiutò a riaffiorare dai guanciali che lo avevano seppellito e togliendone uno dal volto notò con sollievo che era cosciente; l’abbozzo di incantesimo scudo lo aveva protetto dalla potenza totale dello Schiantesimo. Soffiando lui evitò in ogni maniera di guardarla e gemendo si portò una mano all’avambraccio destro: doveva averlo strusciato a terra, scartavetrando la pelle sino a farla sanguinare appena.

Quella giornata allora non era solo sfortunata per lei.

«Fammi vedere.»

«Giù le zampe!» ringhiò, ritraendosi dalle sue mani per stringere a sé la parte lesa e sporcando di scarlatto la candida camicia e un pezzo della cravatta. Doveva immaginarselo, era come un animale ferito che pretende di stare solo a leccarsi le ferite.

«Sei intrattabile Furetto! Va bene, facciamo a modo tuo, dov’è il dittamo allora?»

Senza risponderle, indicò con gli occhi la cartella nera gettata da una parte. Guardandosi in cagnesco, lei molto furiosa e soprattutto seccata andò a cercare la pozione nella borsa del Serpeverde, approfittandone per frugarci un po’ dentro: libri di testo, i due bottoni troppo grandi, un piccolo sasso nero, qualche rotolo di pergamena, la boccetta di inchiostro, una piuma d’oca bianca come la sua pelle, un pacchetto di sigarette, un accendino di metallo, un anello argentato che intravide sul fondo, vari fogli accartocciati e infine la bottiglietta che cercava.

«Mezzosangue, gradirei che togliessi le tue luride manacce dalla mia cartella. Mi infetti la roba.»

Ritornò dal mago che si issò a sedere, scalciando via i guanciali rossi, con un mugolio strozzato, forse doveva aver sbattuto anche la schiena nonostante l’atterraggio morbido.

«Da’ qua.» con uno scatto ferino le strappò di mano il dittamo, evitando ancora i suoi occhi, e si versò due gocce sulla sbucciatura, che sparì in fretta.

«Sei gentile come sempre.»

Hermione si alzò e si avvicinò alla porta, curiosa di riconoscere un suono che era appena cominciato.

«Ma che…»

«Ssssh.» Furetto indignatissimo per essere stato appena azzittito cominciò ad agitarsi per mettersi in piedi e dirgliene quattro. «Dobbiamo andare, sta suonando la campana dell’inizio delle lezioni pomeridiane.»

La Grifondoro fece per abbassare la maniglia ma quella si rifiutò di obbedire, senza muoversi di un solo millimetro; lei la guardò perplessa e ritentò, con più forza e cercando di metterci tutto il peso del suo corpo. Furetto doveva essersi accorto della sua difficoltà nell’aprire e con una risata di scherno la scostò brusco.

«Faccio io, Sanguesporco. Sei troppo debole, non puoi fare nulla con quei due stecchini che ti ritrovi.» ghignò alludendo alle sue braccia, molto diverse da quelle pallide e muscolose di lui. Spostandosi si mise a guardarlo con aria superiore di sfida; il forte Principe delle Serpi cercò di aprire ma la maniglia di rifiutò allo stesso modo. Confuso riprovò più e più volte, ringhiando di rabbia per il palese fallimento, sino a lasciarla di scatto e tirando un calcio alla porta; cercò la bacchetta nella tasca ma era chiaro che l’aveva persa tra i cuscini, così le strappò la sua e la puntò.

«Alohomora! Alohomora! Cazzo, ALOHOMORA

La serratura non reagì.

«Calmati, non risolverai nulla urlando e imprecando.» lo rimproverò severa, ricevendo solo un’occhiata carica di disprezzo.

«Mettiamoci a sedere e pensiamo a cosa poter fare.» propose. «E ridammi la bacchetta.»



*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*




Passarono due ore e nessuno aveva trovato la maniera di uscire e nessuno li era venuti a cercare, con grande disappunto del biondo. Nel tempo in cui se ne restarono rinchiusi Hermione aveva perso Incantesimi e Draco Malfoy Cura delle Creature Magiche; erano entrambi molto nervosi, avevano battibeccato a lungo, anche perché il ragazzo voleva fumare, per poi scendere nel silenzio, la Grifone era sempre più convinta che quella era e restava la giornata più sfortunata.

Quando aveva detto di mettersi a sedere era comparso un divano e dopo parecchio vi si erano sistemati, distanti più che potevano tanto che lei aveva quasi deciso di mettersi seduta sul bracciolo.

Si alzò all’improvviso, cominciando a fare avanti e indietro mentre si torturava l’unghia dell’indice con i denti.

«Non riusciremo mai a uscire!» esplose, scuotendo i ricci castano lucente. «Forse, quando la McGranitt e Piton si accorgeranno della nostra assenza proveranno a cercarci ma questa è la Stanza della Necessità, forse non riusciranno a trovare nemmeno questa! Resteremo segregati qua dentro! Oh cielo, oh cielo, oh cielo.»

«Sta’ calmina per un secondo, mi stai dando sui nervi. Vedrai che ci verranno a prendere, sicuramente si sono già messi alla ricerca del sottoscritto.» proferì lui stanco, mentre stravaccato sulla sua parte di divano studiava con perizia la bacchetta. Anzi la sua bacchetta che non aveva voluto ridarle se non dopo essere usciti da lì.

«Ma come fai a essere così tranquillo?» gli urlò isterica, guardandolo male. Per un attimo credette che la stesse cercando di tranquillizzare, ma scacciò in fretta quel pensiero, era impossibile. Il Serpeverde alzò un sopracciglio biondo, staccando per un secondo gli occhi dalla sua ispezione.

«Granger, ti ricordo che sei tu ad aver detto che urlando non si risolve nulla. Ergo, sta’ zitta.»

Si portò le mani alla testa, infilando le dita tra i capelli pieni di boccoli e chiuse gli occhi. Quella stanza stava diventando troppo calda, le sembrava che le pareti stessero restringendosi su di lei; non aveva mai rivelato a nessuno il suo segreto, non aveva mai detto ai suoi amici che Hermione Jean Granger soffriva di claustrofobia.

Cominciò a sentire il respiro mancarle e cadde a terra, rannicchiandosi a riccio; un fruscio del divano suonò in quel silenzio che per lei era riempito dal battito del suo cuore. Come minimo Malfoy doveva essersi sistemato meglio per poterla osservare in quella scena pietosa, poteva anche andare al diavolo per quanto la riguardasse; doveva solo pensare a respirare.

Peggio di così non poteva andare.

Aprì appena le palpebre, intravedendo e studiando il pavimento di un grigio chiaro uniforme, quasi irreale; riuscì a sollevare di poco la schiena, raddrizzandosi e vide non poco lontano da lei un ginocchio con la divisa poggiato a terra. Poi, il nulla.

Credette di aver chiuso di nuovo gli occhi ma quando sbatté le palpebre capì che qualcosa non andava; forse era diventata cieca! O peggio, la Serpe le aveva fatto qualche incantesimo! Non avrebbe mai dovuto abbassare la guardia e…

«Ma porca… Aaargh!» sentì Malfoy urlare, interrompendo l’imprecazione, e qualcosa di pesante le cadde addosso, facendola finire supina e schiacciandola completamente sul pavimento. Gridò anch’ella per lo spavento, aumentato dal fatto che non vedeva nulla, e cominciò a divincolarsi, scalciando agitata il peso che le stava sopra.

«Ferma! Ferma! FERMA GRANGER! Buona con queste gambe o mi toccherà dire addio alla mia virilità. Non voglio mica stuprarti! Lungi da me l’idea di farlo.»

Comprese dal respiro vicino al suo volto che quello che era sopra di lei non era qualcosa di inanimato ma bensì il Principe e che quelle due cose che le stavano premendo la gonna sopra le cosce erano le sue mani. Arrossi nel buio.

«La Stanza delle Necessità ha voglia di giocare, eh? Te lo faccio vedere io come si gioca.»

Lo sentì grugnire al buio in generale. Hermione non fiatò, anche perché tutta l’aria che aveva nei polmoni era stata consumata quasi per intero dall’urlo; era tutto immerso nelle tenebre più scure, non vedeva nulla di nulla, si ritrovava bloccata sotto Malferret, l’aria le sembrava sempre meno respirabile e si sentiva sempre più costretta. Le lacrime le salirono agli occhi e cominciò a tremare sul serio, l’imminente attacco di panico sempre più vicino.

«Granger?»

Un sussurro. Basso, roco, spezzato risuonò a non molti centimetri da lei.

«Granger ma stai… Tremando?»

Non seppe dire se fosse curioso o sprezzante, interessato o derisorio. Stava solo cercando di non lasciare sfuggire un solo singulto dalla sua gola, anche se l’impresa si stava rivelando molto ardua perché sentiva il panico che le stringeva le viscere in una morse sempre più stretta. Una lacrima le scese lungo la guancia e le sue spalle sussultarono, mentre il suo respiro si rompeva.

La pressione delle mani del mago sparirono dalle gambe, ma quando delle dita calde e così delicate da sembrare impossibile fossero di quella persona che le stava sopra sfiorarono la sua pelle inumidendosi di quella goccia salata lei sobbalzò con violenza.

«Ehi… Ehi Mezzosangue, sta’ calma, usciremo da questo guaio.» la sua voce era molto calda, rassicurante, morbida, tanto che a poco a poco riuscì a tranquillizzarsi, smettendo di tremare e tornando a respirare con il solito ritmo regolare. Godè del calore emanato dal suo palmo premuto contro la sua guancia, sembrava che la Serpe avesse perso tutto il suo ribrezzo a toccarla.

«Brava, brava. Adesso… Lumos!» fu ovviamente la bacchetta del Serpeverde a rispondere a quel richiamo con un fioco bagliore lontano, coperto dalla pila dei cuscini sparpagliati. Hermione si aggrappò con gli occhi a quell’accenno di luce come fosse un’ancora di salvezza mentre si sentì liberare dal peso che la schiacciava e la mano sulla guancia sparì. Solo ora che ne era privata si rese conto che quella presenza era stata rassicurante e tiepida, e cominciò a inquietarsi appena.

Un‘ombra oscurò il debole baluginio che divenne più intenso e luminoso quando il Serpeverde la riuscì a scovare; si voltò verso di lei, facendole osservare come rischiarava bene i tratti affilati e pallidi del volto assorto in una seria contemplazione di quello che in teoria avrebbe dovuto essere il suo nemico per eccellenza.

Lui si diresse verso la porta cauto, nel buio brillò tenue la catenella che li univa, e lo vide poggiare con sicurezza la mano sulla maniglia.

«Granger prendi la bacchetta e vieni qua, la porta si apre.»

Non sapeva dove fosse finita la sua bacchetta perché che si spegnessero le luci l’aveva Malferret, ma strano a dirsi in una giornata a suo dire tanto sfortunata che quando si sistemò a sedere e mise una mano a terra le dita sfiorarono il legno sottile.

Barcollando e sentendo su di sé gli occhi cenerei di quello che non pensò come Serpe ma come Malfoy, gli si avvicinò instabile. E posò anch’ella la mano sull’altra maniglia di ferro.

Un’esplosione di luce li abbagliò costringendoli a mugolare di dolore, con le mani premute sulle palpebre; chiaro che la Stanza voleva la loro collaborazione sincera ed Hermione non faticò a scervellarsi su chi potesse aver architettato un simile scherzetto proprio a loro due.

A poco a poco riuscì a dischiudere piano le palpebre con grande fatica e, quando i contorni si fecero nitidi, la prima cosa che vide tra le dita fu il volto accigliato e perso del Serpeverde mentre si strofinava un solo occhio. Fu quasi una visione e un’illuminazione improvvisa, il suo cuore sobbalzò e si mise a battere mille all’ora, la mente le andò in brodo di giuggiole estasiata tanto che non si accorse della campanella che suonava. Adesso avrebbero avuto l’ora di Difesa contro le Arti Oscure insieme.

Nel frattempo Malfoy puntò la bacchetta verso la stanza.

«Accio cartelle

Le loro cartelle sfrecciarono dalle loro postazioni lontane con agganciati anche i soprabiti e abilmente il mago le afferrò entrambi.

Forse quell’ammissione nella squadra di Quidditch come Cercatore non è stata del tutto comprata ma anche un po’ meritata.

Pensò guardandolo di sottecchi. Dunque lui incatenò i freddi occhi con i suoi d’oro, nel lago ghiacciato delle sue iridi erano caduti petali di confusione ma entrambi distolsero lo sguardo in fretta e assieme abbassarono con decisione la maniglia.

La porta si aprì di colpo e loro sfrecciarono fuori, timorosi di potervi restare ancora rinchiusi. Il corridoio era straordinariamente vuoto, possibile che fossero già tutti nelle proprie aule? Cominciarono a correre, di nuovo, per raggiungere l’aula di Difesa e quando furono davanti alla porta Hermione fece cadere gli occhi sulla camicia del compagno. Ancora macchiata di sangue.

«A-aspetta! Gratta e netta. Penseranno che ti ho assassinato, altrimenti.» accennò a un sorrisetto nervoso, senza guardarlo e dopo qualche secondo lo sentì aprire la porta. Lei lo seguì a ruota, rimpicciolendo un po’ davanti a tutti quegli sguardi puntati su di loro; si ricordò che aveva pianto e come minimo doveva aver ancora gli occhi arrossati e i capelli in disordine.

«Scusi professor… Professor Piton?!»

All’esclamazione di Malfoy anche la Grifondoro si sporse da dietro la sua schiena per guardare e aprì la bocca. Il professor Piton se ne stava vicino alla cattedra, nello spazio che c’era tra questa e un grosso armadio decorato, con un sorrisetto mellifluo e le mani intrecciate davanti a sé.

«Buona sera Signor Malfoy. Chiuda la bocca Signorina Granger. Vi scuso per il ritardo, so già la motivazione.»

La sapeva già la motivazione, eh?

«E cosa doveva fare Draco assieme alla Mezzosangue?» chiese una voce sprezzante dalla parte di classe verde e argento.

«Signorina Parkinson la prego di imparare a non impicciarsi degli affari degli altri. E…» si bloccò Piton, osservando sospettoso tutta la classe, esclusi i due. «Ma, vedendo che a tutta la classe interessi impicciarsi in affari che non riguardano loro, mi vedo costretto a tacere le vostre supposizioni poco… Attinenti, immagino.»

Furono molti quelli che divennero rossi.

«Il Signor Malfoy e la Signorina Granger sono stati da me impiegati per un compito le cui vostre attitudini in Pozioni non… Riuscirebbero nemmeno ad arrivarvi tra anni. La difficoltà della pozione che ho dato loro va bel oltre la difficoltà dei M.A.G.O., perciò sono stati trattenuti per tali motivi.» Pausa e li squadrò tutti con aria truce da sopra il naso aquilino. «Ora, come stavo dicendo, il professor Collecorto Leon di Difesa contro le Arti Oscure è in Infermeria a causa di uno scherzo di Pix e oggi lo sostituirò io.»

L’intera classe non osò emettere fiato anche se l’opinione negativa tra tutti i Grifondoro era la stessa.

«Dato che ho potuto osservare come molti di voi ancora non siano in grado… Di sconfiggere un semplice Molliccio… Cosa che vi verrà richiesta negli esami, faremo ancora pratica. Prego, mettetevi in fila.»

Tutta l’ora passò tra fantasmi, ragni, professori e forbici volanti; casualmente Hermione e Draco Malfoy rimasero per ultimi, proprio alla fine della lezione. La Grifone era ancora confusa dell’accaduto nella Stanza della Necessità alla quale aveva pensato per tutti il tempo; non aveva nemmeno visto i tentativi di Ron ed Harry di attirare la sua attenzione e nemmeno le occhiatacce bieche che Pansy le lanciava.

Solo la voce di Piton la riscosse.

«Signorina Granger gradirei che non dormisse in piedi. Grazie. Tocca a lei, venga pure.»

Con un sospiro tremante si posizionò davanti all’armadio. Era ora di affrontare le proprie paure. La paura era qualcosa di particolare, incontrollata, che lei non sapeva gestire e in quello stato confusionale non sapeva cosa sarebbe potuto apparire.

La porta dell’armadio si aprì con un stridio lento e teatrale, non si vedeva nulla nel buio del suo interno e la luce delle moltitudini di candele sparse qua e là non riuscivano a rischiarare nulla. Poi qualcosa, o meglio qualcuno uscì. Abito nero, giacca e camicia, il passò elegante, la pelle d’alabastro, capelli di un biondo quasi bianco e un ghigno stampato in volto.

Hermione sgranò gli occhi stupefatta di se stessa, mentre intorno risuonavano risatine e battutine un po’ sconce. La riccia non osò guardarsi intorno per incontrare magari lo sguardo derisorio e beffardo della versione reale di quel Molliccio.

Impugnò la bacchetta quando accadde qualcosa.

Sul volto del Molliccio apparve una smorfia e cadde in ginocchio, portandosi una mano al petto laddove si stava formando una macchia più scura del nero del tessuto; quando allontanò la mano sul palmo bianco vi era dipinto un fiore di sangue denso e scuro.

Sotto i suoi occhi mielati sempre più aperti numerosi tagli e ferite ricoprirono la bella pelle del Molliccio che si accasciava a terra mentre la guardava tra l’implorante e il disgustato, la bocca dischiusa in gemiti silenziosi di dolore.

La campanella suonò.

Hermione prese al volo la borsa e scappò via piangendo senza alzare gli occhi. Raggiunse i bagni al secondo piano, per nulla contrastata dalla forza dell’incantesimo perché quella era un’ora dove poteva separarsi dal suo compagno, e si barricò dentro il bagno delle ragazze, nascondendosi in uno dei cubicoli stretti e rannicchiandosi a terra. Perché lui? Perché il suo cuore le faceva questo? Perché le stava parlando in una lingua che la ragione non comprendeva? Le lacrime sgorgavano copiose sulle sue guance e zittiva i singhiozzi stringendo la manica della camicia tra i denti. Forse era solo suggestionata da quello che le era successo nella Stanza delle Necessità, ma questo era quello che le suggeriva la ragione. Il cuore le diceva altro.

Buffo, mi sembra di essere tornata al primo anno di Hogwarts, mi sono rinchiusa proprio qui a piangere perché Ron parlava male di me. Poi quella stessa sera qui si è legata la nostra amicizia. B-bei… Ricordi…

Poggiò la fronte sulle ginocchia, continuando a singhiozzare perché, se ripensava al Molliccio, era vero che quella scena le aveva fatto paura ma non seppe spiegarsi perché avrebbe dovuto temere per il suo peggior nemico.

Suggestione, suggestione, tutta suggestione.

Dal corridoio sentì un rumore di passi, più forte di quello di tutti gli altri studenti e le voci le avrebbe riconosciute tra mille, anche se al sentirne una il suo cuore sobbalzò e lei si sentì ardere di vergogna. Ora tutta la scuola l’avrebbe presa in giro.

«Si può sapere che cavolo vuoi Malfoy?» sbottò la voce di Ron.

«Scusami tanto, Re delle Parate, ma sono costretto

Lei percepì come se qualcuno le stesse scuotendo un pezzo di anima e si guardò il polso, la catenella che andava sparendo sotto la porta che si muoveva appena. Mentiva! Non era vero che era costretto a venire perché non avevano lezioni in comune! Perché era venuto? Magari voleva solo sfotterla un po’…

«Se tu non l’avessi infastidita questa mattina non saresti costretto.» inveì tagliente Harry.

«Senti Sfregiato, non ho intenzione di starmi a sorbire una ramanzina da te. Ergo chiudi il becco.» impossibile non riconoscere quella voce tanto seccata. «Ehi, non avrete intenzione di entrare!»

Silenzio.

«Ma è il bagno… Delle ragazze!» soffiò disgustato il Serpeverde.

«C’è la nostra amica là dentro e noi entreremo.» ringhiò Ron.

«Bah, io ho un certo orgoglio maschile da rispettare. Aspetterò qui.»

La porta cigolò e i passi si fecero vicini, sino a ché qualcuno non bussò alla sua porta.

«Herm?»

Dimmi Harry?


«’Mione dicci qualcosa ti prego!»

No Ron.

Rispose tirando semplicemente su col naso.

«Andiamo, perché non ci aprì?» la porta chiusa a chiave fu scossa con violenza, inutile.

No Harry, lasciatemi in pace.

«Dai ‘Mione, siamo i tuoi amici di sempre, se hai paura che ti prendiamo in giro sai bene che non lo faremmo mai!» disse Harry, implorante.

«Anche perché se litighiamo con te chi ci aiuterà con i compiti?» si lagnò Ron.

Tra le lacrime Hermione riuscì a sorridere.

«Dovreste saperli fare da soli ormai, scansafatiche.» mormorò loro con la voce roca e impastata di lacrime salate e capelli che le erano finiti in bocca. Che schifo.

«Finalmente! Dai, apri.» sospirò, ancora Ron.

«Lui dov’è?» domandò, la prima parola le tremò in gola.

«Tranquilla, è qua fuori.» rispose Harry.

Indecisa sul da farsi, si alzò, ma rimase ferma davanti alla porta di legno. Poi con una mano tremante tolse il chiavistello con uno scatto secco di metallo e uno dei due le aprì la porta, e le apparvero i loro volti sorridenti e rassicuranti. Il moro le fece cenno verso la porta socchiusa, tuttavia lei non seguì la sua mano bensì la cordicella sottile e lo vide, pallido come non mai, le labbra strette in un’unica linea dura, poggiato come al solito al muro con le braccia conserte.

Aveva l’aria pensierosa e cupa, forse era arrabbiato con lei?

«Mi prederanno in giro tutti, vero?» sussurrò, mentre le lacrime tornavano a scorrere sulle gote arrossate.

«Macché! Finché stai assieme a lui hai una mega assicurazione che nessuno oserà aprire bocca. Figurati se diranno qualcosa in presenza di sua Maestà il Principe delle Serpi.» esclamò Ron, con gli occhi castani che indugiavano su tutto il suo volto.

«E’ vero ‘Mione! E quando invece sarai da sola ti sosterremo noi, okay?» confermò Harry, con un sorriso.

Lei li studiò in silenzio, rassicurata ma sempre terrorizzata all’idea di stare di nuovo con il biondo. Poi, piano, lasciò sciogliere le labbra in un sorrisetto e uscì dall’abitacolo, subito abbracciata dai due ragazzi.

Forse, ce l’avrebbe fatta.



*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*




Era dunque giunto il giorno di Natale.

Dalla volta del Molliccio fino a quel giorno Hermione e Draco Malfoy si erano scambiati poche parole, qualche battutina, ma nessuno dei due sembrava molto incline a conversare d’altro se non il necessario per alcuni compiti.

Comunque aveva scoperto che Ron ed Harry avevano ragione dopo esser uscita dal bagno quel giorno ed essere stata assieme a Malferret nessuno aveva osato fiatare, anche perché le occhiate gelide che il biondo lanciava a destra e a manca come coriandoli avevano congelato mezza scuola. Giusto durante le lezioni in cui erano separati o la sera nel dormitorio qualche volta le veniva da piangere per i vari commentini pungenti e qualche risolino quando entrava lei. Ma tutto sommato, stava bene.

Ron ed Harry erano andati a passare le vacanze alla Tana e ogni sera Edvige le veniva a bussare sulla finestra consegnandole una lettera scritta da entrambi. Le raccontavano cosa facevano alla Tana, di come sentissero la mancanza delle sue strigliate per i compiti e di tutti i suoi libri; lei rispondeva che anche loro le mancavano e faceva un breve resoconto delle sue giornate che ora che era in vacanza erano praticamente sempre e solo insieme alla Serpe.

Le avevano anche fatto dei regali e così lei a loro: quella mattina aveva trovato sul suo letto un nuovo libro di Antiche Rune e uno di Incantesimi, tutti e due di livelli molto elevati, non adatti ai normali studenti. Aveva sprecato una pergamena intera per ringraziarli. Poi c’era una mantellina di lana fatta dalla Signora Weasley, come sempre, e una piuma nuova rosso fuoco da parte di Ginny. I gemelli facevano gli auguri ma molto saggiamente avevano deciso di non farle nessun regalo al momento, solo uno sconto se fosse venuta al negozio.

Conoscevano abbastanza bene Hermione da conoscere la sua reazione a qualche loro scherzetto.

Hermione invece si era divertita a fare spese, trascinando Malfoy ad Hogsmedae. Aveva preso un libro con la storia dei Cercatori più famosi del mondo di Quidditch per Harry, un kit per la manutenzione della scopa per Ron e un grazioso diario Nascondisegreti per Ginny.

Il Serpeverde invece non aveva comperato nulla, solo una collana con veri zaffiri. Forse per la madre.

In quel momento era ora di pranzo, i lunghi tavoli della Sala Grande erano quasi deserti, se non per quei pochi studenti rimasti per le vacanze, e quell’anno erano rimasti veramente in pochi. Terminato di mangiare, un pasto quasi regale, la Sala cominciò a svuotarsi, i professori si alzarono, Silente augurò come sempre un buon pomeriggio con la sua voce calma e sicura e rimasero solo loro due.

Un picchiettio monotono sul legno costrinse la Grifondoro a girarsi, incrociando le iridi grigie del biondo che picchiava con le nocche sul tavolo di fianco a lui.

Si erano messi d’accordo che nei giorni in cui potevano rimanere nella Sala Grande da soli avrebbero fatto a turno per i tavoli; quel giorno toccava a lei andare nel tavolo delle Serpi. Raccolse la borsa e la Gazzetta che il gufo postino le aveva portato e fece il giro dei tavoli fino a raggiungerlo e poggiò la tracolla.

«Non metterti a sedere Mezzosangue.» le ordinò, sventolando sornione una sigaretta comparsa dal nulla.

Lei sbuffò annoiata e lo seguì fuori della Sala Grande. Solo che ovviamente vi fu un imprevisto.

Pix, che si annoiava anche lui, passò ridendo su di loro e svuotò sulle loro teste due intere boccette di inchiostro.

«PIX! BRUTTO IDIOTA DI UN POLTERGEIST TE LA FARO’ PAGARE!» ruggì, come d’ovvio, il Serpeverde cercando di sfoderare la bacchetta, peccato che il fantasmino con una pernacchia era già sparito nel soffitto.

Hermione toccandosi i capelli, imbrattando le mani di inchiostro nero mugolò.

«Propongo di andare nei dormitori a darci una sistemata. Tra un quarto d’ora qui?»

«Sì.» grugnì lui e si diedero le spalle dirigendosi verso diverse direzioni, combattendo contro l’istinto dell’incantesimo di voltarsi e seguire il compagno. Quando Hermione intravide il ritratto della Signora Grassa sentì l’impulso di girarsi per correre a cercare l’altro affievolirsi e la catenella rimase visibile solo dove circondava il suo polso.

«Ilex Aquifolium

«Prego giovane Grifone.» la accolse la Signora Grassa, lasciandola passare con un gesto della mano. Si fiondò nel bagno, fece una doccia a tutta velocità e lavò i capelli; davanti allo specchio appannato di vapore, mentre grondava acqua decise di provare quell’incantesimo per asciugare le cose. Non lo aveva mai provato su una persona, né tantomeno su se stessa. Puntandosi contro la bacchetta, strizzò gli occhi e pronunciò la formula.

«Sicco

Le sembrò di essere investita da un getto d’aria piacevole e calda e quando si guardò allo specchio i suoi capelli non si erano gonfiati troppo e erano lucenti, morbidi e profumati. Soddisfatta andò all’armadio e, dato che anche la divisa era inevitabilmente macchiata, scelse una maglietta a collo alto nero, un maglioncino rosso stretto che le risaltava i fianchi e il ventre piatto, un paio di jeans ordinari e delle Converse nere.

Soddisfatta scese nella Sala Comune e quando passò davanti al camino il braccialetto scintillò. Lo guardò e vide che era di una leggera sfumatura rosa carne; perplessa, scosse la testa, doveva essere solo il riverbero delle fiamme sull’argento bianco.

Veloce, giunse davanti alla porta della Sala Grande e si mise ad aspettare. Come al solito lui avrebbe tardato; infatti parecchi minuti dopo eccolo là, vestito con la giacca nera, la camicia di raso nero, i pantaloni neri, tutto nero che faceva spiccare la sua pelle bianca. Le si strinse il cuore quando ripensò al Molliccio con quegli stessi abiti.

«Sai Granger, visto che nevica ho deciso che non andrò a fumare di fuori…» le scoccò un’occhiata maliziosa, aveva in mente qualche guaio, «Ma qui.»

E per sottolineare le parole aprì in maniera teatrale con entrambe le braccia l’enorme portone della Sala, camminando nel corridoio formato tra i tavoli come un vero principe. Lei lo guardò, seccata e lo seguì richiudendo le porte con molta più delicatezza.

Si era stravaccato su una panca del tavolo dei Tassorosso, la schiena contro il legno mentre già teneva tra le dita la sigaretta accesa, aspirandone la prima boccata. La Grifondoro andò a prendere la borsa al tavolo delle Serpi dove l’aveva abbandonata e gli si affiancò, sedendosi composta e poggiando sulla superficie legnosa il libro nuovo di Antiche Rune.

Passarono parecchi minuti di silenzio quando la mano bianca di Furetto spense la cicca proprio sul legno davanti al suo libro. Senza guardarlo sfoderò la proprio bacchetta e con un tocco leggero fece Evanescere il mozzicone puzzolente, mentre il forellino bruciato si rigenerava da solo.

«Sanguesporco, girati.»

Solo quando la voce le arrivò alle spalle si accorse della mancanza del ragazzo al suo fianco e torcendo il collo lo squadrò da sopra la spalla. Era in piedi dietro di lei.

«No, tutta.»

«Perché?»

«Fallo.»

«Perché?» insisté lei, voltandosi ora con tutto il busto.

«Ti ho detto di farlo e basta.»

«Voglio sapere il motivo.»

«Per… Per favore.» ringhiò tra i denti. Hermione aggrottò le sopracciglia, stupita, e si disse che se Draco Lucius Malfoy le chiedeva per favore di girarsi voleva dire che ne valeva la pena. Scavalcando con la gambe la panca si voltò del tutto, le mani chiuse in grembo e lo fisso con educata curiosità perplessa.

«Allora, che c’è?»

«Questo.» stava per chiedere quando lui le si fiondò contro, la sollevò di peso per la vita e, spazzando via il libro, la sbatté sul legno che scricchiolò appena. La sovrastò con il suo corpo possente e la bloccò con le mani poggiate proprio accanto alla sua testa.

«Qu-questo non è affatto divertente Malfoy!» la voce le tremò, mentre spingeva con i palmi sul petto del biondo. Sarebbe stato più semplice spingere una statua di granito.

«Io invece mi sto divertendo parecchio.» ghignò la Serpe, ma divenne di colpo serio, «Perché hai fatto assumere quella forma al Molliccio?»

Non seppe rispondere e rimase a perdersi nelle spire di ghiaccio dei suoi occhi che parevano ardere di un fuoco tanto freddo da scottare. Senza preavviso si ritrovò le labbra tappate da quelle calde del Serpeverde; la prima che a cui fece caso è che non sentiva odore di fumo, c’era lo zampino di un incantesimo, la seconda cosa a cui fece caso, e anche la più importante, era che Draco Malfoy la stava baciando! Una scossa le attraversò tutto il corpo e a quanto pare attraverso anche quello del ragazzo perché lo vide fremere.

Lui si allontanò subito e la guardò, era sicura di essere diventata rossa come il suo maglione.

«Allora?»

«Non lo so,» si costrinse a rispondere, «Quello che si prova nell’inconscio è qualcosa di imprevedibile. Forse ero confusa da quello accaduto nella…» deglutì, ma quello non era un argomento Tabù? «Nella Stanza delle Necessità.»

«Aaah, capisco…» sembrò pensarci su, mentre lei si sentiva sempre più imbarazzata e a disagio. Lui si tolse la giacca con una scrollata di spalle, liberandola per un solo istante anche se le gambe erano completamente bloccate da quella della Serpe, e comunque non riuscì a muoversi. Non smise mai di guardarla.

Poi accostò di nuovo le labbra a quelle della Grifone, cercando di fargliele schiudere mentre con una mano le sfiorava i boccoli dietro la nuca. Ma dato che Hermione imbarazzata e spaventata da quella reazione del giovane, anche se doveva ammettere che fosse piacevole come gioco, non aveva intenzione alcuna di aprire la sua bocca lui scese sul suo collo.

Leccò, morse e graffiò con i denti la sua pelle rosea, inumidì con baci sensuali tutta quella porzione di carne e la Grifondoro dovette mordersi le labbra per non mugolare.

«Per-ché…» dovette interrompersi a causa del morso leggero sulla giugulare. «Perché mi stai facendo questo?»

«Usa il tuo cervello Granger, visto che sei tanto intelligente. Questo è il mio modo di parlare.» soffiò tra i baci che continuavano a tempestarle il collo.

Cosa voleva dirle con quei gesti, che era il suo giocattolo? Che era la sua puttanella di turno? Che si sfogava con lei perché non poteva farlo con le altre sue tante spasimanti? Che cosa diavolo significava? Si rifiutava di prendere in considerazione una ipotesi che le sovvenne e che si ritrovò a desiderare.

Ora comprese la lingua del suo cuore ma la ragione sapeva che era solo un sogno.

Un Malfoy non avrebbe mai potuto amare una Mezzosangue.

Il Serpeverde tornò alle sue labbra quando meno se lo aspettava e fu troppo lenta a impedire il passaggio; la lingua di lui le si infilò tra la barriera di denti ed esplorò ogni angolo della sua bocca, rubandole il respiro. Le si chiusero gli occhi e si abbandonò sul legno, incapace di fare o dire qualcosa, addirittura di pensare, soccombendo a quel contatto così piacevole.

Avrebbe dovuto ribellarsi, avrebbe dovuto scalciare, avrebbe dovuto allontanarlo e stampargli uno schiaffo su una guancia ma ogni pensiero si annullava come polvere nelle sublimi sensazioni che la stavano attraversando. Si inarcò sotto di lui, rispondendo con foga inaspettata al bacio e venne privata di quel paradiso di labbra; lo guardò da sotto la foresta di ciglia, entrambi ansanti, e le guance di Malfoy erano appena colorate di un rosa più scuro.

«Accidenti Mezzosangue…» ghignò, riprendendo fiato tra una parola e l’altra, continuando a tenerle una mano dietro il collo, «Continua su questa strada e mi costringerai a violentarti.»

E riprese a baciarla. Questa volta Hermione, ormai persa nel fuoco di una passione sconosciuta e ardente, rispose immediatamente e riuscì a portare una mano tra i capelli morbidi e biondi della Serpe attirandolo a sé. Lui con l’altra mano le prese una coscia coperta dai jeans e se la portò al fianco, mentre un gemito roco gli sfuggì tra le labbra, facendola rabbrividire.

«Anche se già ho una certa tentazione a farlo.» ansimò il Serpeverde.

Slittarono sulla superficie liscia del tavolo e lui le salì totalmente sopra, intrappolandola col proprio corpo muscoloso. Forse ‘intrappolarla’ non era il verbo adatto perché Hermione non sarebbe fuggita nemmeno sotto minaccia di morte, abbandonata com’era sotto le carezze di fuoco del biondo.

Fece correre le sue mani a slacciare la camicia di lui, scoprendo i pettorali che sembravano scolpiti nel marmo bianco, le braccia che parevano irreali tanto erano perfetti i muscoli; Malfoy intanto non perse tempo perché percepì con chiarezza la pressione delle dita sulla chiusura dei suoi jeans, mentre cercava di slacciarglieli.

«Ehm-ehm.» un colpo di tosse riempì il silenzio rotto dai loro respiri affannati. Il sangue bollente nelle vene dei due si gelò nello stesso istante.

Malfoy nella foga di alzarsi cadde dal tavolo e si rialzò in fretta, allacciandosi la camicia tutta aperta, mentre la Grifone si mise a sedere rossa fino alla punta dei capelli scendendo anch’ella del tavolo e tirando su la cerniera dei jeans e rimettendo il bottone al suo posto nell’asola.

Minerva McGranitt e Severus Piton erano immobili sulla soglia, mentre reprimevano a forza un sorriso.
«Io e la professoressa McGranitt volevamo parlarvi della vostra punizione, ma vedo che… Siamo capitati un momento poco adatto.» disse lentamente Piton, con una certa malizia negli occhi neri come la pece.

Nessuno dei due osò fiatare, Hermione non aveva ancora ripreso fiato e immaginava che così fosse anche per il biondo.

La McGranitt si avvicinò e puntò la bacchetta tra i pochi centimetri che li separavano; comparve la catenella ma non era più argentata come notò la ragazza: era rosso fuoco.

«Beh Severus, io mi sarei accontentata anche di un rosa antico, o magari un fucsia, ma questo rosso va oltre ogni nostra aspettativa direi.» sorrise la professoressa.

«Bene ragazzi, la vostra punizione è annullata.» proferì Piton che un semplice gesto fece sparire la catena, ma non l’unione che ormai aveva legato i due.

La Grifondoro aveva creduto che con lo sparire di quel piccolo legame si sarebbe dissolta anche la sensazione che la sua anima fosse collegata a quella del Serpeverde attraverso un filo sottile e delicato, ma non fu così. Anzi, si sentì ancora più unita a lui che difatti quando alzò gli occhi per guardarlo lui fece la stessa cosa nello stesso istante.

Erano uniti per sempre e nulla li avrebbe più separati.

Quello era il suo speciale regalo di Natale.



*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*




Hermione era agitatissima, non riusciva a stare un solo istante ferma.

Quel giorno Ron ed Harry sarebbero dovuti tornare con l’Espresso di Hogwarts dalle vacanze natalizie, finalmente li avrebbe rivisiti perché dopotutto le erano mancati in quanto suoi migliori amici. Anche se non poteva dire di aver passato le vacanze da sola.

E quello era proprio un altro dei motivi per il quale continuava a saltellare da una gamba all’altra, oltre al freddo che soffiava leggero fin sotto la sua gonna della divisa.

Aveva sempre raccontato nelle sue lettere ai due ragazzi quello che faceva nelle sue giornate al Castello, peccato che dal giorno di Natale aveva cominciato ad omettere piccoli particolari. Non aveva mai scritto delle menzogne, solo celato una parte di verità.

Purtroppo se fossero arrivati, si sarebbe vista costretta a rivelare tutte quelle omissioni. Ed era nervosa come non mai.

Si sfilò l’anello d’argento che portava all’anulare e cominciò a rigirarselo tra le dita. Quando rischiò di farlo cadere lo rimise al suo posto, in bella vista. Mentre lo osservava incantata come sempre, una mano bianca le premette sulla spalla e con gradualità si calmò, sentendo il calore del suo corpo dietro di lei; il mantello da Serpeverde le calò sulla schiena, avvolgendola di un profumo dolce.

Il profumo del suo uomo.

Si perse nel freddo ghiaccio di quelle iridi che la stavano guardando con un amore indescrivibile, ma visibile solo a lei che ne aveva compreso la nota leggera in quel grigio, quando un vociare confuso si fece strada verso di loro.

La Grifondoro si girò di scatto e trovò subito la zazzera rossa e quella mora arruffata che cercava.

«Ron! Harry!» gridò, sbracciandosi per farsi notare. Peccato che a notarla furono tutti, e non videro solo lei e la sua giacca ma anche colui che le stava a pochi centimetri e che lanciava fulmini a chiunque fissasse troppo.

«Hermione!» risposero i suoi due amici, correndole incontro. Si abbracciarono tutti e tre, solo dopo qualche secondo Ron parve notare qualcosa.

«Oh, Herm, sei ancora in punizione con quel Malferret?» mugolò, arricciando il naso e storcendo la bocca, «Come mi dispiace…»

«A me, non dispiace affatto.» una voce gelida fece rabbrividire tutti gli studenti che si erano fermati ad osservare quell’incontro e perfino il vento parve affievolirsi timoroso.

Draco Lucius Malfoy, pallido come sempre, si era avvicinato sino a posizionarsi proprio dietro le spalle di Hermione; incuteva un certo rispetto, gli occhi infuocati di un sentimento che nessuno seppe riconoscere.

«Ehi, stalle lontano brutto…» scattò Harry, cominciando a cercare la bacchetta tra le pieghe della divisa, mentre Ron alzava i pugni.

«No, no! Vi prego ragazzi, state buoni!» li ammonì la riccia, con l’indice alzato nella sua personale maniera molto minacciosa.

«Hermione… Ma quel… Quel… Quell’anello, cos’è?» balbettò il rosso, l’attenzione spostata dal suo nemico alla cosa che si muoveva davanti ai suoi occhi; le afferrò la mano sollevata e ne esaminò l’anulare. Spiccava sulla sua pelle rosea un anello d’argento con uno stemma formato da un serpente a fauci spalancate che si avvolgevano attorno ad una ‘M’ acuminata. La ragazza divenne rossa mentre spostava gli occhi di miele da uno all’altro, sperando che capissero.

Harry fu il primo ad arrivarci.

«’Mione… Non sarà mica questa la novità di cui ci hai parlato nell’ultima lettera, vero?»

Nessuna risposta. Non uno fiatava. Ron fu il secondo comprendere.

«’Mione dicci che non è questa!»

La risposta arrivò nello sguardo che si concesse con il biondo, oro e argento incatenati per qualche secondo, affinché ognuno capisse che lei non aveva il coraggio di dire. E per sottolineare la cosa il Serpeverde le mise di nuovo una mano sulla spalla, su quell’indumento che venne notato solo in quel momento per lo stemma di Salazar cucito sul cuore.

Silenzio totale.

«Ehm, non siamo più in punizione…» mormorò Hermione anche se in quel silenzio di tomba tutti poterono sentirla, ma molti non capirono quelle parole ma nessuno diede loro importanza, troppo concentrati a fissare a bocca aperte i due. Tutte le Serpi erano ammutolite al pari dei Grifoni.

«Ma… Ma che cazzo combini Hermione?? Ma sei diventata tutta matta? Ti sei messa col nemico, lo capisci?» le urlò Ron, con le orecchie che sembravano mimetizzarsi con i capelli tanto erano rosse; Harry era sbiancato e era rimasto ancora nella posizione di estrarre la bacchetta, immobile.

«Bada a come ti rivolgi, Straccione.» ringhiò Malfoy, parandosi davanti a lei.

Qualcuno nella folla urlò ‘Rissa, rissa!’ ma venne zittito in fretta.

Hermione sbucò da sotto il braccio poderoso del mago e gli mise entrambe le mani sul petto fasciato dal maglione grigio della divisa, guardandolo implorante con lo sguardo che sapeva farlo sciogliere.

«Ti prego Draco, ti ho chiesto mille volte di non insultarlo.»

«Scusa Hermione, ma ti ha urlato contro. E non nessuno deve permettersi di usare un certo tono con la mia donna.»

La riccia cercò di non fare caso ai vari bisbigli che salirono dagli studenti, nel quale riuscì a comprendere frasi del tipo: ‘l’ha chiamato Draco!’, ‘Hai sentito? Le ha detto Hermione, non Mezzosangue!’ oppure ‘La sua donna??’, ‘Le ha chiesto scusa! Malfoy che chiede scusa!’ e via discorrendo.

Lei si voltò e Ron la stava squadrando disgustato, con le iridi cioccolato sbarrate; Harry la guardava solo, ancora immobile e sempre più pallido.

«Io… Io non ho bisogno delle tue difese!» ruggì il rosso di scatto, puntandole un dito contro. «Sei solo una…»

La mano di Harry scattò fulminea e lo bloccò per un braccio, facendo zittire il Grifondoro rosso appena in tempo; Malfoy era già pronto a scattare se solo avesse pronunciato l’insulto che stava per lanciarle.

«Hermione…» disse con voce spezzata il moro, fissandola con i suoi occhi verde smeraldo. «Tu… Sei felice… Con lui?»

Per un momento rimase sorpresa della domanda e non fece in tempo ad aprir bocca che fu Draco a sbuffare infastidito.

«Certo che è felice.»

«Non l’ho chiesto a te.» ribatté gelido Harry. E la guardò ancora, «Allora Herm?»

Ron seguiva a bocca aperta, annaspando senza trovare le parole.

«Sì.» la riccia gonfiò il petto, orgogliosa, e sorrise appena; il biondo le cinse i fianchi con entrambe la braccia, fulminando chiunque da dietro i suoi boccoli profumati.

«Molto bene. Ora… Credo che sia meglio andare…» e il moro sparì, trascinandosi dietro il rosso, rimasto ancora inebetito da quel breve discorso.

«Beh? Che avete da guardare? Levatevi di torno.» sentì il petto massiccio contro il quale era premuta vibrare a quelle parole, le persone cominciarono a dileguarsi mentre lei continuava a guardare le spalle dei suoi due amici… O forse doveva dire dei suoi due ex-amici. Una lacrima le scese lungo la guancia e si sentì stringere il cuore dentro una morsa.

«Dai loro il tempo per recepire, Hermione…» quel sussurro roco soffiato vicino al suo orecchio le fece come da tranquillante. In altre circostanze le sarebbe sembrato assurdo che fosse proprio Draco Lucius Malfoy a dirle una cosa del genere, ma le era sembrato assurdo anche che un Malfoy potesse amare una Mezzosangue.

E invece, eccoli lì, abbracciati mentre lui la cullava dolcemente, trascinandola via dagli occhi e dalle orecchie avide di pettegolezzi degli altri studenti.

Lei aveva dopo tanto trovato il suo sostegno, il suo compagno per l’eternità, e se Harry e Ron non lo avessero accettato lei, seppur a malincuore, avrebbe rinunciato a loro. Avrebbe preferito strapparsi il cuore al solo pensare di potersi separare da colui che aveva odiato e infine amato con tutta se stessa.

Gli opposti si attraggono, e l’attrazione che ne può scaturire supera ogni qualsiasi legame umano possibile. Loro due, bianco e nero, luce e buio, nemici da sempre; lei il Grifone e lui la Serpe. Perfetti, nella loro diversità avevano la stessa passione di fuoco.

Lei aveva trovato il suo angelo caduto dal cielo.

Lei aveva trovato quello che aveva da sempre invidiato ad ogni ragazza, perfino a Ginny.

Lei aveva trovato la sua fortuna più grande in quel giorno che credeva fosse la strega più sfortunata del mondo Magico e non.

Lei, Hermione Jean Granger, aveva trovato l’amore.









Spero che questa ‘piccola’ One-Shot sia di vostro gradimento. So che ho anche la Long-fic ‘I want you, I desire you’, ma mi era venuta in mente questa idea e la tentazione era troppo forte! Poi se non scrivo le cose quando le penso con tanto ardore rischio di impazzire ._. Spero di farmi perdonare per il ritardo di ‘I want you, I desire you’ :D
Come d’ovvio è rigorosamente Draco/Herm. L’ho ambientata nel settimo anno, ma ‘facciamo finta’ che è un anno normale come tutti gli altri, che Draco non è diventato Mangiamorte e che la grande battaglia di Hogwarts è rimandata.

Piccola nota: ma lo sapevate che l’Ilex Aquifolium è l’agrifoglio? Beh, non so voi ma io non lo sapevo fino a quando ho deciso di andare a cercarmi un parole d’ordine per la Sala Comune dei Grifoni XD
Beh, allora grazie a tutti quelli che leggeranno e che avranno la fantasia di commentare.
Mei-pin.

 
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COMMENTI:
Trovati 8 commenti
meisin 15/07/11 17:48
Come sei carina ^_^ Grazie!
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pierrechocola94 - Voto: 09/05/10 14:55
*__________*
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meisin 28/01/10 15:48
Grazie mille Fuores e Annijjola ^__^ Sono molto contenta che vi sia piaciuta! Thank you!
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fuores - Voto: 14/12/09 00:09
Wowwww è fantastica !!!!! Spero che farai altre fic su hermione e draco, sei veramente brava complimenti!
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annijjola - Voto: 30/11/09 22:58
è proprio carina !!!!complimenti XD
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kuda76 03/11/09 12:42
Di niente, è bello trovare scritti di qualità, anche perchè alcuni non valgono proprio niente! Spero presto di poter leggere qualcos'altro di tuo, e magari, se avrai tempo e voglia, un giorno mi ricambierai il favore!!

Bacioni, Kuda
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meisin 02/11/09 15:01
Ti ringrazio Kuda76 ^__^ Mi fa molto piacere che ti sia piaciuta, certo è un po' lunghetta ma ci voleva!
Volentieri ne scriverò altre, anche perché è troppo divertente osservare il rapporto tra Draco ed Hermione XD
Ancora grazie per i complimenti!!
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kuda76 - Voto: 02/11/09 13:47
Ciao!! La tua fanfiction è davvero stupenda, dico sul serio! Me la sono bevuta tutta, dall'inizio alla fine, è veramente scritta bene, e hai reso benissimo il rapporto fra Hermione e Draco, dolce alla fine, duro abbastanza all'inizio! La McGranitt e Piton, poi, sono stati stupendi, specie nella scena della Sala Grande!! XDD Ahaha, davvero tanti complimentoni a tutto il cast e alla regia, ovviamente!! Spero che ne scriverai altre, anch'io ho scritto diverse fanfiction su Harry Potter, specie sull'epoca dei Malandrini, e mi farebbe piacere sapere che ne pensi! Ancora congratulazioni, bravissima!!
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