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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: ORCHIDEA
Genere: Azione, Fantasy, Dark, Soprannaturale
Rating: Per Tutte le età
Autore: chiakisama galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 14/08/2009 17:48:38


 
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- Capitolo 1° -

«Ran te l’ho mai detto che sono, anzi ero, un principe?» chiese il ragazzo interrompendo il silenzio che si era instaurato tra loro.
«Cosa? Tu un principe?» chiese scoppiando a ridere la ragazza chiamata Ran «Non ci credo! Stai scherzando!» continuò poi, dopo essersi calmata.
«Guarda che non sto scherzando! È tutto vero! Mio padre era un imperatore! Per la precisione l’imperatore Noriyuki» riprese lui convinto.
Ran rimase attonita a guardarlo. Sapeva che il suo amico scherzava facilmente, ma non aveva mai avuto un tono del genere.
«Stai dicendo sul serio?» chiese tornando seria.
«Per la prima volta in vita mia sono serio, neanche un morto lo sarebbe più di me» rispose mettendosi a ridere.
«Vedi? Lo dicevo io che stavi scherzando!» lo ribeccò lei impaziente.
«Guarda che è tutto vero! Chiedi anche a Kei se non ci credi! L’ultimo imperatore fu mio fratello» disse lui incominciando ad arrabbiarsi a sua volta.
«La fai facile, anch’io potrei dirti che sono la figlia di un signore feudale. Come faresti a contraddirmi?».
«Semplicemente dicendo che sei più giovane di me e che prima di incontrarci credevi che fossimo i protagonisti dei racconti horror»
«Uhm … mi sono tirata la zappa sui piedi da sola. Comunque se è vero perché non sei salito al trono?»
«Non me la sentivo di governare un popolo. Non sono nato per essere un leader, infatti è Kei al comando. Prima che mio padre morì, scappai di casa divenendo introvabile; in quel periodo incontrai Kei. Quando il vecchio ci lasciò le penne furono costretti a mettere su mio fratello. Volevo presenziare all’incoronazione, ma non mi fu permesso di entrare».
Si portò la mano al volto: le dita sfiorarono la lunga cicatrice che gli deturpava la parte destra del viso. Non era tanto profonda, sembrava un piccolo serpentello bianco che, dalla fronte, arrivava fin sotto lo zigomo passando tra occhio e naso.
«Per colpa di quella?» gli chiese indicandola.
«Sì. Me la sono procurata in Cina circa tre secoli fa in un combattimento con una guardia imperiale armata di spada. Rischiai di rimanere cieco, chiesi così a Kei di trasformarmi, ma ora vorrei poter tornare indietro» rispose amareggiato.
«Beh se non glie l'avessi chiesto adesso sarei sola soletta alla completa mercé di un noto dongiovanni. Non dirmi che volevi questo?».
«No, però non è neanche detto che vi sareste incontrati».
«Non è neanche detto il contrario».
«Però ora neanche tu saresti così»
«Non ricominciare, ok? È stata una mia scelta e tu devi metterti il cuore in pace perché ormai non posso tornare indietro!»
«Te ne pentirai. Una volta trasformai la donna che amavo in uno di noi, credevo che le avesse fatto piacere e invece … non me lo ha ancora perdonato, sempre se è ancora in vita» disse tristemente.
«Oh scusami, non volevo ricordarti cose così spiacevoli»
«Non lo potevi sapere, non è colpa tua, anzi è mia perché sono sempre chiuso in me stesso e non parlo mai del mio passato e poi dai ammettiamolo rimembrar le passate cose è dolce anche se triste» rispose il ragazzo ridacchiando.
«Ola là come siamo poetici quest’oggi. Dai, a me puoi dirlo: è una tua invenzione o l’hai letto da qualche parte?»
«Devo essere sincero? L’ho sentita da un poeta di qualche secolo fa, bella però ne?»
«Sì te l’ho già detto e questo conferma i miei sospetti: potrà anche sembrarti strano, ma per me tu sei un ladro».
E scoppiarono entrambi a ridere.
La ragazza era seduta su un divano di bambù, lo spicchio della luna crescente la illuminava debolmente e i suoi capelli si muovevano nella brezza notturna. La sigaretta che teneva in mano, di una marca americana, era già per metà cenere, ma lei sembrava non farci caso.
L’uomo era dirimpetto a una balaustra in pietra che li divideva dal giardino. Anche se il suo volto era in ombra Ran, poteva distinguerne i lineamenti senza alcuno sforzo, specchiarsi nei suoi occhi verdi. Da anni era in quella situazione e non le dispiaceva per niente.
Il giardino dietro di loro era magnifico: dalla loro posizione, spostandosi leggermente verso destra, era possibile ammirare un’imponente vasca al cui centro un’enorme fontana sprizzava acqua da tutte le parti in getti altissimi, al suo interno, pigre nuotavano delle carpe giapponesi e, aguzzando la vista, sulle ninfee bianche e viola era possibile adocchiare qualche raganella.
Il vialetto che gli girava intorno era di ghiaia e ombreggiato da imponenti alberi inframezzati da panchine e piccoli lampioncini.
Un rumore improvviso li zittì ed entrambi si misero all'erta, ma riconosciuti i passi che si avvicinavano si rilassarono.
Il nuovo arrivato si sedette vicino alla ragazza, posò i piedi sul tavolino, bofonchiando, si accese una sigaretta e le cinse le spalle con il braccio destro.
«Dov’eri finito?», gli chiese Sho.
«Un amico ha chiesto una mano, così gliel'ho data», rispose il ragazzo.
«Ancora Hang? Ma non riesce a capirla?» intervenne Ran.
«A quanto pare gli è difficile, ma come al solito ho risolto tutto in quattro e quatr'otto» continuò l’uomo.
«Quanto ti ha pagato?»
«Il solito. Voi invece che avete fatto di bello?» chiese l’uomo. I suoi capelli lisci solleticavano la guancia della ragazza che aveva appoggiato la testa sulla spalla dell’amico.
Sho, osservando la scena in silenzio, mise l'indice e il medio di una mano in una posizione tale da formare una “V”. L’altro, intuendo il messaggio, afferrò il pacchetto di sigarette, appoggiato sul tavolino costringendo anche la ragazza a spostarsi, e con un preciso gesto del polso fece volare una sigaretta tra le dita dell’amico.
Ran applaudì divertita e disse: «Bello spettacolo ragazzi! Ma Sho...ti costava troppo prendertele da te?»
«Sai com'è questa balaustra è così comoda che era un peccato abbandonarla» rispose l’interpellato leggermente seccato.
«Io, invece, credo che, sotto sotto, ci fosse un altro motivo, ma dato che non sono fatti miei me ne starò zitto»
«Meglio per te, Kei» lo minacciò Sho, accendendosi la sigaretta.
«Dai, stavo solo scherzando!» si interruppe perché il suo stomaco brontolò improvvisamente.
«Non hai mangiato prima?»
«Veramente no. Volevo tornare qui il prima possibile, ma se devo essere sincero ora ho un certo languorino» si alzò, ma lo fece così velocemente che Ran, che era tornata ad appoggiarsi su di lui, per poco non cascò a terra.
Alzandosi scoccò un'occhiata malevola a Kei sul cui viso era stampato un sorriso che fece risplendere i candidi canini. Voleva dire solo una cosa: caccia.
Il terzetto camminava in silenzio, solo, distinti, risuonavano i tacchi degli stivali di Ran e la catena che Sho aveva l’abitudine di portare legata ai pantaloni.
A ogni passo il soprabito aperto di pelle nera di Kei frusciava contro il pavimento e, a intervalli, permetteva di vedere tre paia di pistole allacciate sulle gambe.

La giovane donna correva a perdifiato per la strada buia.
Quel giorno era il suo compleanno e lo stava festeggiando insieme al suo fidanzato che le aveva appena chiesto la mano. In realtà non lo amava, era basso, grasso e pelato, lo sposava semplicemente per i suoi soldi.
Era una bella donna: capelli biondi e mossi che le cadevano elegantemente sulle spalle nude, occhi azzurro cielo scossi da un terrore infinito. Correva con molta difficoltà per via del vestito molto stretto che indossava e i sandali alti.
Erano appena usciti dal ristorante, dove avevano festeggiato, quando due figure si erano avvicinate: entrambe portavano almeno due paia di pistole.
Uno dei due avanzò e quando passò sotto il fascio di luce di un lampione videro che era una giovane donna con i capelli rosso sangue e gli occhi magnetici.
Avanzava con un sorriso sardonico sul volto e quando l’uomo con voce tremante parlò, si fermò e incominciò a fissarlo con una scintilla strana negli occhi.
«Che...che...che cosa volete da noi?».
«Abbiamo fame» rispose quella tranquillamente leccandosi le labbra. Dei denti bianchissimi risplendettero tristi alla luce artificiale.
«Se volete dei soldi ecco qui tutti quelli che volete, ma, vi prego, lasciatemi andare. Vi prego» piagnucolò l’uomo.
Anche se giovane aveva già un’incipiente calvizie e, dietro gli occhiali spessi come due fondi di bottiglia, i suoi occhi sprizzavano terrore per ogni dove.
«Che vigliacco. Pur di salvarti la pelle abbandoneresti perfino tua madre; comunque devo declinare la sua offerta: noi non mangiamo le schifezze di voi umani» disse l'altra figura accentuando molto le parole “noi” e “voi”. «Che cosa preferisci?» chiese all’amica.
«Lo sai che preferisco il sangue maschile, ma quello di questo qui proprio mi sta facendo venire il voltastomaco…vabbé vorrà dire che per una volta mi accontenterò» fu la risposta.
Immediatamente Ran si lanciò sulla coppia terrorizzata, in direzione dell'uomo. Questo permise alla ragazza di scappare, prese a correre a perdifiato e non si voltò indietro neanche una volta per vedere come stesse il compagno.
Chissene importa di lui! Che si tenga pure i suoi soldi! Pensò mentre fuggiva.
Lui incominciò a chiamarla con voce strozzata, ma lei continuò a correre senza ascoltarlo, ma se si fosse voltata le si sarebbe presentato davanti agli occhi uno spettacolo orribile: la ragazza dai capelli rossi aveva affondato i denti nel morbido collo dell’impiegato, che con gli occhi aperti sentiva il sangue fluire velocemente dal suo corpo, mentre cercava, inutilmente e con voce sempre più fioca, di chiamare la sua donna.
Prima che Ran avesse finito, emise un ultimo respiro rantolante e chiuse gli occhi per sempre.
Mentre lei cenava Sho si era allontanato all’inseguimento della donna.
Aveva sempre provato un piacere enorme nel gustarsi le prede spaventate, adorava sentire l'adrenalina altrui scorrergli in bocca eccitandogli le papille gustative. Quello che gli dava fastidio era dividere il pasto. Lui, uno dei migliori cacciatori esistenti al mondo costretto a dividere ciò che aveva predato. Ecco perché preferiva di gran lunga le cacce solitarie, aveva tutto quanto per sé, ma anche quelle in gruppo avevano il loro lato buono: la fatica veniva divisa tra tutti i membri.
La bionda, disperata, si era tolta le scarpe e le stringeva nella mano destra, si era anche strappata un pezzo di abito per correre ancora meglio.
A un certo punto incominciò a rallentare: da una viuzza era appena uscito un uomo e si dirigeva verso di lei.
Era alto, vestiva di nero e aveva un’acconciatura insolita, i capelli erano tinti in modo sgargiante e quando passò sotto un fascio di luce, notò che erano viola; portava anche lenti colorate del medesimo colore dei capelli.
Forse è uno yakuza della zona posso trovare protezione sotto di lui, di solito non vogliono grane nel loro territorio si ritrovò a pensare cercando uno spiraglio di salvezza.
Gli si avvicinò: «La prego mi aiuti! Due persone hanno assalito me e il mio fidanzato!»
Kei sorridendo le rispose: «Non si preoccupi. Ora ci sono io e non le potrà capitare più niente. Non sopporto quando degli sconosciuti si mettono a far casino nel mio territorio. Venga dietro di me» le passò davanti «Cosa vuoi da lei?» chiese a Sho, sopraggiunto in quel momento.
«Non metterti in mezzo! Togliti idiota!»
«Che hai detto?» disse Kei estraendo una pistola.
«Idiota! Sai cosa vuol dire vero?» rispose l'altro mettendo mano al calcio dell'arma a sua volta.
«Vattene da qui, non voglio grane nel mio territorio» si stavano avvicinando: la pistola dell'uno al petto dell'altro.
«Il tuo territorio?» chiese Sho ironico «Questo è quello della Triade! Questo è il nostr...ehi! Sta fuggendo!» un colpo partì e la ragazza stramazzò a terra senza un gemito. Le scarpe erano ancora strette in mano.
«Ma sei il solito stronzo!» gli abbaiò dietro Sho.
«Bau! Bau!» gli fece eco Kei.
«Che vuoi che sia...» continuò il secondo «è ancora calda, l'adrenalina è ancora in circolo» rinfoderò la pistola.
«Chi va per primo?» chiese allora uno speranzoso Sho.
«Vai pure, l'importante è che mi lasci qualcosa...piuttosto, dov'è Ran?»
«Dietro di te» rispose la voce femminile. Stava trasportando un pacco abbastanza pesante che sbatacchiava a destra e a sinistra. «Era avanzato qualcosa e dato che lei non sarebbe bastata me lo sono portata dietro» disse scaraventando a terra il cadavere dell'uomo «A proposito, che scenetta avete usato oggi? Ancora lo yakuza?»
«Sì» rispose Sho sommessamente mentre si puliva la bocca «Sta incominciando a diventare noioso però».
Finalmente anche Kei finì e i due uomini si caricarono sulle spalle i cadaveri e li buttarono nella discarica dove biancheggiavano altre ossa, spolpate da chissà quali animali selvatici.
Era ancora piena notte, ma si avviarono comunque a casa. Appena entrati Sho si diresse al poligono di tiro per allenarsi, mentre Ran andò in cucina a prepararsi qualcosa di caldo.
Aveva già versato la miscela solubile nella tazza e stava versando l'acqua bollente quando qualcuno la afferrò da dietro: la tazza le scivolò di mano, ma prima che toccasse terra riuscì ad afferrarla, anche se ormai il contenuto era uscito tutto.
«Kei! Lo sai che non voglio che si rompa!» lo rimproverò.
La tazza era molto grande e capiente, non eccezionalmente bella, aveva delle semplici righe orizzontali di vari colori per la sua circonferenza e cerchi di dimensioni variabili, sparsi qua e là, ma lei ne era molto affezionata: gliel’avevano regalata i ragazzi il compleanno precedente e da allora lei usava solo quella; le sarebbe dispiaciuto veramente se si fosse rotta.
«Cosa vuoi che sia? Te ne posso prendere quante ne vuoi di quelle» disse sfiorandole il collo con le labbra mentre lei appoggiava il recipiente sul bancone.
«Cosa vuoi che sia un corno! Lo sai che ci tengo!»
«Lo so quanto ci tieni. Per questo mi diverto a stuzzicarti» disse lui afferrandole la vita e obbligandola a sedersi accanto all'oggetto del discorso e incominciò a morderla giocosamente sul collo.

cosa vi pare? è già la seconda volta che la pubblico ed è la seconda volta che la riscrivo!! allééé!!! comunque commentate! sia che siano negative o positive le critiche fanno sempre bene per migliorare...quindi forza e coraggio che non mi offendo!!
 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
umisan - Voto: 15/08/09 10:09
Però! Non male davvero!
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