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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: InuYasha
Titolo Fanfic: ..:*THE WHITE MASK*:..
Genere: Romantico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, OOC, AU
Autore: niobe88 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 02/07/2009 23:00:13

"Per stanotte, io sarò ancora La Maschera Bianca!" [Personaggi: Inuyasha/Kagome]
 
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UNICO
- Capitolo 1° -

..:*The White Mask*:..











"...E ricordati di dire ai domestici di chiudere tutte le finestre!"

Kagome infilzò la forchetta nella polpa bianca e rosa dell’aragosta, assaporando il gusto del pesce e del limone scivolarle lentamente sopra la lingua.
"...Ma stasera fa caldo." si lamentò con uno sbuffo.

Ignorò l’occhiataccia del giovane uomo seduto dall’altra parte del tavolo, poggiando le posate ai bordi del piatto e portandosi alle labbra il suo bicchiere di vino bianco, rabbrividendo al contatto con la superficie fredda del cristallo.
Il dover sempre parlare a voce alta per farsi sentire da suo marito, vista la distanza che li separavano quei sette metri di pregiato legno di ciliegio italiano, le faceva seccare fastidiosamente la gola.


"Sopporterai!"
Lei sospirò, per poi guardare con disinteresse il marito mentre riapriva il giornale che aveva appena finito di piegare e di poggiare sulle ginocchia.
"A me non importa se dici che nessuno può entrare a casa nostra. Io non mi fido! Hai sentito dove ha colpito ieri notte? Villa Johnson! Di quegli inglesi a due isolati da qui. E sai quanti allarmi o cani da guardia ha quella gente, Kagome?"


La ragazza mangiò un altro boccone della sua cena, ben attenta a non sporcare la gonna del suo vestito fresco d‘acquisto con una sola goccia di sugo. "Non ne ho la più pallida idea. E non capisco perché te la prendi tanto per questa storia.".

Prima che lo youkai potesse ribattere, le alzò lo sguardo per incrociare i suoi occhi freddi come il cielo d’inverno, ricominciando a parlare: "Hai già fatto depositare tutto in banca. Non ho più l’ombra di un gioiello da indossare perché devono prendere polvere in cassaforte! Mi stai facendo usare questo servizietto da due soldi...!" la ragazza alzò il coltello, lasciando che la luce dei lampadari scivolasse su quell’argento purissimo facendolo splendere come fosse un brillate. "…per mangiare. Koga, io sono stufa! Vuoi farmi vivere come una poveraccia qualunque?! Persino Holden se la cava meglio di me!"

Il vecchio maggiordomo, sentendosi chiamare, tentò di alzare lo sguardo verso la padrona di casa, rischiando di far cadere a terra l’enorme vassoio che stava cercando di portare alla tavola.



Koga, poggiando il gomito sulla tovaglia e nascondendo il volto nel palmo della mano, sbuffò, massaggiandosi le tempie con le dita.
"Tesoro…" sembrò pronunciare a fatica quella parola. "...E’ per impedirlo che sto facendo questo. Che faresti se stasera questo ladro entrasse a casa nostra? Io non ci sono nemmeno."


"La Maschera Bianca, dici?"
Kagome storse il naso in un’espressione quasi disgustata. !Ma lo senti il nome ridicolo? Che vuoi che faccia? E’ solamente uno svitato che se ne va in giro vestito da damerino occidentale del settecento o giù di lì."

"Uno svitato che solo quest’anno ha ripulito per bene ventidue ville -sei delle quali degli uomini più importanti del Giappone, tra l’altro- senza lasciare l’ombra di un indizio!" ribatté il demone, scuotendo il giornale che aveva in mano e sbattendolo malamente sul tavolo.

Nella prima pagina, il volto mascherato di una figura nascosta nell’ombra gli sorrideva beffeggiatore, in una foto sfocata di una telecamera di sorveglianza riuscita miracolosamente a ritrarlo diverse settimane prima.

In mezzo al buio di un giardino si vedeva un ghigno, una mano alzata in segno di saluto, un mantello che volteggiava dietro la sua schiena come un paio di ali d’inchiostro.
Davanti agli occhi, uguale a quella descritta dagli innumerevoli testimoni intervistati nei mesi passati, una maschera bianca splendeva come la faccia beffarda di uno spettro.


Koga fissò ancora il viso disegnato nella carta stropicciata del giornale, rabbrividendo davanti a quel sorriso sghembo e sentendo già tutti i suoi soldi, tutto ciò per cui aveva lavorato come un cane per una vita intera scivolargli via dalle mani come miseri granelli di polvere.

Deglutì, percorrendo con lo sguardo le righe di lettere nere stampate sotto il titolo dell’articolo.
"Almeno stavolta hanno qualcosa" borbottò, appoggiandosi stancamente contro lo schienale della sedia.
"Pare si sia ferito la mano con un nonsocosa di tagliente e che la polizia abbia trovato tracce di sangue sul pavimento."


"Ecco, vedi? E tu che ti preoccupi."


Kagome fece un flebile segno con la mano, e un uomo al suo fianco, in piedi e con una bottiglia fredda imprigionata tra le mani, le riempì un‘altra volta il bicchiere di vino.
"E che dicono?"


Koga alzò le spalle. "Che è un demone o mezzodemone. Che poi era già logico, quelle acrobazie non può certo farle un umano. Ma la polizia non vuole ancora rivelare quello che hanno scoperto. Che roba! Questa è l’informazione d’oggi, ci lasciano in balia di un pazzo senza darci uno straccio di informazione utile!"

"Bhe, se viene qui, stai tranquillo che non ci metto molto a sbatterlo fuori a calci se lo scopro a toccare i miei orecchini nuovi!"



Il demone tornò a guardare la moglie, alzando un sopraciglio e nascondendolo sotto la frangia scura.
"Credi davvero di riuscirci, tesoro?"
"Credo che i tuoi soci di Hong Kong cominceranno la riunione senza di te se non ti sbrighi."

Kagome indicò l’orologio a pendolo appeso alla parete, tornando poi a finire la sua cena mentre ascoltava il marito percorrere velocemente la stanza borbottando qualcosa sull’ora che si era fatta.



Rimase sola nella stanza insieme al cameriere che, ancora in piedi al suo fianco, continuava a reggere una bottiglia già mezza vuota, ma continuò a mangiare con disinvoltura come se con lei non ci fosse nessuno.
Si fece portare una fetta di dolce e si concentrò sul sapore della vaniglia che lentamente le si scioglieva sotto il palato, facendo scivolare il cucchiaio sulle labbra con una smorfia di piacere prima di affondarlo nuovamente in quella torta d‘alta pasticceria francese.

Mangiò piano, ascoltando il silenzio rimbombare nelle pareti di quell’enorme salotto, pulendosi la bocca con un tovagliolo ricamato e gettandolo distrattamente sul tavolo prima di alzarsi in piedi e raggiungere a passo svelto le scale dell’atrio.



Si fermò davanti all’ingresso, dando le spalle alla grossa porta spalancata e godendosi il tocco leggero dell’aria della sera lungo le spalle.
Guardò la pila di valigie color ciclamino che i domestici non avevano ancora portato nella limousine, e le venne quasi l’impulso di prenderle a calci fino a distruggerle.

Forse, per una volta, avrebbe potuto farlo sul serio: avrebbe potuto urlare, cadere in ginocchio a dare pugni al pavimento e graffiarsi le guance con le unghie e con le lacrime -e già poteva vedere la faccia incredula e impaurita del maggiordomo che le stava passando davanti- , se la voce di suo marito non l’avesse fermata in tempo, catturando la sua attenzione;
lo vide scendere le scale di corsa, sistemandosi la cravatta viola sotto il colletto della camicia mentre cercava al contempo di non scivolare sui liscissimi gradini di marmo.
"Per dopodomani dovrei essere tornato"


Il demone lupo trottò verso di lei lisciandosi la stoffa della giacca con i palmi delle mani, senza smettere di guardarla negli occhi. "Ma forse Hiroyuki vorrà allungare la riunione per qualche giorno in più."


"Non preoccuparti, terrò serrate tutte le finestre finché non sarai tornato. E morirò di caldo, se ti farà stare tranquillo."

Kagome gli mostrò un sorriso scherzoso e si lasciò abbracciare dal marito, nascondendo il volto contro il suo petto.
Poggiò le mani sulle sue spalle e chiuse gli occhi, accarezzandogli un orecchio a punta col suo respiro. "Cerca di tornare presto. Va bene?"

"Non so se posso, amore. Te l’ho detto. Queste cose vanno per le lunghe, davvero..."
"...Ho capito. Non c’è problema."
"Ti porto un regalo, sei contenta? Qualcosa di bello. E quando torno andiamo a cena fuori, con un bel vestito nuovo tutto per te."


Lei si morse il labbro, percepì il sapore di carne e vaniglia passarle tra i denti fino alla punta della lingua.
'Fantastico!', avrebbe voluto rispondergli, ma prima di poterlo fare Koga soffocò le sue parole con un bacio.

Allora lei chiuse gli occhi, mugolò dentro la sua bocca, e dovette aspettare molto poco tempo prima che il marito la lasciasse andare.
"Domattina ti chiamo, o di pomeriggio, vedo domani. Va bene amore?"


Koga non attese la risposta della moglie per uscire da casa e infilarsi nel sedile posteriore della sua auto.
Kagome lo salutò dall’entrata con un veloce cenno della mano, senza sapere se lui l’avesse vista o meno, e aspettò che la macchina uscisse dal cancello e che qualcuno chiudesse la grossa porta d’ingresso per voltarsi e correre in camera sua.



Sorvolò la lunga gradinata facendo scivolare le dita lungo il corrimano, e attraversò il corridoio del piano superiore a passo di marcia.
Non incontrò nessuno, se non i volti di olio e tempera dei quadri appesi alle pareti, fino a quando non arrivò alla porta della sua stanza, dove una cameriera bruna e magrissima poggiata contro la parete sembrava la stesse aspettando.


"Che stai facendo?"
La osservò inchinarsi e alzare lo sguardo verso il suo, mostrandole un viso da ragazzina colmo di lentiggini.


"Signora. Volevo solo avvisarla che ho preparato la vasca come mi ha chiesto…"
"Bene."
"…E che ho chiuso le sue finestre come ha ordinato il signore."

Kagome, lanciandole un’occhiata truce, la superò ed entrò nella camera senza aggiungere altro.
"Buonanotte Signora!" si affrettò a dire la domestica, ma lei non la degnò di una risposta, limitandosi a chiuderle la porta in faccia e a girare frettolosamente la chiave dentro la serratura.


Attraversò la stanza di corsa, togliendosi le scarpe coi tacchi quando per poco non inciampò contro un mobile, e subito si fiondò verso la finestra, tentando, inutilmente, di aprirla.
"...Bastardo!" ringhiò a bassa voce, sbattendo un pugno contro il vetro e guardando il loro giardino inghiottito nel buio di quella notte appena nata.

Kagome odiava sentirsi in gabbia, odiava che qualcuno volesse forzatamente rinchiuderla dentro una teca di vetro, odiava il soffocante senso di protezione che Koga aveva nei suoi confronti.


Un’ondata d’ira la investì e la travolse, facendole afferrare la lampada dal comodino e lanciare con forza contro il muro, prima di infilarsi nel bagno sbattendo la porta come volesse ridurla in briciole.
Si spogliò velocemente, avvolta dal morbido vapore bianco dell’acqua, e si immerse nella vasca fino alla testa, riemergendo solo dopo qualche secondo e boccheggiando affannosamente in cerca d’aria.



Il silenzio, profumo di fresia, il calore che le scioglieva le membra ebbero il potere di calmarla, ma la rabbia era ancora lì, a ribollire insieme all’acqua calda e a farle conficcare le unghie nella pelle delle braccia per impedirsi di piangere.

C’erano sere in cui non faceva altro, stesa sul letto ad abbracciare un cuscino e con quella sensazione di solitudine che le gelava il sangue e le pesava sulle spalle come un terribile macigno.


Ma si odiava a morte quando piangeva.
Non era da lei, semplicemente: aveva sempre avuto tutto quello che desiderava servito su un piatto d’argento, non le era mai stato negato nulla dai genitori o dalla servitù -Le era sempre bastato schioccare le dita, o insistere alzando un po’ la voce, o sbattere i piedi a terra se era necessario- , non le avevano fatto mancare l’affetto di nessuno, e non ricordava di aver mai avuto motivo di piangere per qualcosa.


Per questo Kagome ricacciò indietro le lacrime e si passò una mano bagnata tra i capelli, pettinandoli distrattamente tra le dita in tutta la loro lunghezza.

Si girò nell’acqua, galleggiando tra le bolle di sapone mentre rivolgeva lo sguardo alle spirali di vapore volavano verso il soffitto. Si dette una spinta con i piedi, allontanandosi dal bordo di quella vasca dorata e grande quanto una piscina per nuotare fino al centro, cercando di rilassarsi.
La sensazione di tepore e i suoni senza fondo che le giungevano alle orecchie immerse nell’acqua profumata le fecero venir voglia di dormire, e chiuse gli occhi, fissando le luci calde del lampadario da sotto il buio delle palpebre abbassate.


Ripensò a com’era bello quando aveva ancora quindici anni, alle uscite con le amiche del liceo nei negozi di cosmetici o nei locali dei Vip, ai ragazzi che la corteggiavano -il suo primo rifiuto, il suo primo appuntamento, il suo primo bacio, la sua prima volta…-, ai suoi compleanni con torte e champagne e gente famosa che le stringeva la mano per farle gli auguri.
Era stupenda la sua vita quando aveva quindici anni, quando tutto era un gioco, quando lei non era mai sola.


Sola.
Sempre, miseramente sola!



La ragazza riaprì le palpebre e trattenne il respiro, immergendosi nell’acqua già tiepida fino a quando non raggiunse il bordo della vasca, asciugandosi gli occhi dalla schiuma con il dorso della mano.
Sospirò stancamente, guardando la pelle raggrinzita dei polpastrelli e chiudendo ancora gli occhi per la stanchezza.

Pensò a Koga, il primo tra i suoi corteggiatori che avesse chiesto la sua mano.
Appena l’aveva visto, le era sembrato il principe azzurro uscito appositamente dai suoi sogni più segreti: così bello, galante… un cavaliere che pareva pronto anche a gettarsi nel fuoco se solo lei glielo avesse chiesto.
E non le importava se non aveva neanche compiuto sedici anni, o se il loro era un fidanzamento combinato dai genitori per affari: lei voleva sposarsi, voleva dei figli, voleva una vita negli agi, voleva un uomo che la viziasse e coccolasse più di quanto potessero fare i suoi genitori.


...Stupida! Stupida ragazzina!


Stupida, sì.
Proprio come ora, che aveva passato anni in balia di un matrimonio al quale lei, nonostante tutto, non riusciva a rinunciare.
Non voleva vedere la soddisfazione nascosta nello sguardo falsamente dispiaciuto delle sue amiche, o la delusione nel volto della mamma che tanto aveva pianto di felicità quando l’aveva vista con quel bellissimo vestito bianco il giorno delle sue nozze.
Non voleva tornare a casa con la coda tra le gambe, non voleva ammettere d’aver sbagliato qualcosa, non voleva guardarsi allo specchio e dirsi che, sì cara mia, hai fallito, sposare quel principe azzurro si è solo rivelato la brutta copia di un libro di favole, hai sbagliatoesbagliatoesbagliato!



Non odiava Koga, ma non trovava più un perché soddisfacente al suo continuo cercare attenzioni dal marito, e non riusciva più a sentire un qualche brivido che non fosse disgusto quando lui tornava a casa e l’abbracciava sopra il letto e facevano l’amore per tutta la notte.
Non capiva più perché doveva sopportare un uomo col quale non condivideva niente, che la lasciava per mesi a casa senza neanche accorgersi di quanto fosse vuota la sua vita.
Di quanto lei fosse sola.
Sola da morire.


Morire…
Una volta ci aveva provato.

Quando tutti dormivano e lei aveva svuotato due bottiglie di vodka senza neanche usare un bicchiere; e poi aveva cominciato a girovagare per la stanza e a parlare con qualcuno che non c’era, e poi -come fosse arrivata lì non lo ricordava proprio- aveva camminato sul davanzale della finestra, un piede dopo l’altro come fosse un’equilibrista su un filo sottile, e poi aveva pianto lasciando che il vento le schiaffeggiasse le guance bagnate, e poi aveva chiuso gli occhi e si era lasciata cadere nelle fauci spalancate del vuoto.

Due settimane di pronto soccorso, una gamba ingessata e pettegolezzi sul suo conto che le grattavano le orecchie ogni volta che lei dava le spalle a qualcuno.

Al diavolo!





Kagome, con un ultimo sospiro, uscì dalla vasca e si avvolse in un accappatoio bianco, legandosi i capelli fradici con una pinza in un disordinato chignon.
Poi percorse il bagno a passo veloce, decisa a chiamare qualcuno per aprire quella maledetta finestra, a costo di licenziare tutta la servitù nel giro di mezz’ora se qualcuno avesse osato mettere in discussione i suoi ordini.

Spalancò la porta, avvolta dal buio della sua stanza spezzato dalla luce tremula di qualche candela profumata di fragola e vaniglia.
Per quanto le adorasse, era un vizio che si poteva concedere solo quando Koga non era in casa –le odiava, il bastardo.

Camminò nella penombra senza neanche preoccuparsi di accendere la luce, dando un calcio a una delle sue scarpe e lanciandola contro la poltrona, rabbrividendo quando il vento le accarezzò le spalle sbuffando scherzoso sui suoi capelli bagnati.


Vento…


Prima ancora che potesse sfiorare la maniglia della porta, Kagome si fermò.
Cos-?


Si girò verso la finestra, e il respiro le si bloccò nella gola come una soffocante spina di pesce quando scorse le leggere tende di seta aprirsi e gonfiarsi sotto le carezze dell’aria notturna.
Il cuore si fermò nel petto, come morto.
Ma chi diavolo l’ha…?


Kagome, con gli occhi sbarrati dallo stupore, sentì il corpo tremare da dentro il suo morbido accappatoio.


Attraversò la stanza con una velocità che non ricordava le appartenesse, affondò il viso nel paesaggio fuori dalla finestra, lasciandosi schiaffeggiare le guance da quel tiepido vento di luglio.
Guardò il giardino splendere di riflessi bluastri, le luci scintillanti delle ville vicine che splendevano come stelle malate, il cielo nero e profondo come un inquietante mare d’inchiostro nel quale ebbe quasi paura di affogare.


Il cuore, ora, batteva così forte da farle male alle orecchie.
Kagome, con lo sguardo fisso nelle ombre della notte, portò le mani sul davanzale, e sussultò di sorpresa quando sfiorò qualcosa di umido con la punta delle dita.


Una rosa.
Una rosa bianca, dai petali imperlati d’acqua.



Kagome, con la meraviglia dipinta sul volto, la prese per il gambo, ne sfiorò la corolla con naso e si cullò nel suo dolcissimo profumo, la lasciò cadere malamente a terra quando una mano le tappò la bocca e la trascinò dentro la stanza.


Lei spalancò gli occhi nella penombra, soffocò un grido contro la stoffa ruvida di un guanto, si agitò inutilmente quando un braccio l’avvolse in una stretta che le fece sbattere la schiena contro il petto di un uomo.

Improvvisamente, il sangue ribollì impazzito sotto la pelle, e l’aria si fece troppo calda, troppo densa, per respirarla.



"Non urlate."


Kagome chiuse gli occhi nel sentire una voce di seta accarezzarle l’orecchio, sospirò a bassa voce quando due labbra bollenti le sfiorarono i capelli sul collo.
Cercò di girarsi, e il suo sguardo catturò la punta di un naso, liscio, brillante come uno spicchio di luna sotto la dolce luce delle candele.
Un naso da maschera.

Una maschera bianca.




Kagome cercò di liberarsi dalla sua stretta, agitandosi senza successo come un pesciolino impigliato nella rete.
Un mugolo di protesta le sfuggì dalla bocca, e la risata leggera del ladro contro la pelle della guancia la fece tremare dalla sorpresa.

Quando lei tentò ancora, con più forza, sentì la mano scivolarle via dalle labbra e la presa del braccio farsi più leggera, senza lasciarla.
Kagome respirò a fondo, sì voltò su sè stessa, lanciò un pugno contro il torace dell’uomo davanti a lei.


"…perché?"


Sentì gli occhi bruciarle di rabbia, ma si impose di non piangere mentre stritolava la sua camicia con le dita e con le unghie.
Avvertì la sua bocca tra i capelli della frangia distendersi in un sorriso.
"Perché cosa?"


Kagome si lasciò abbracciare, respirò il profumo del suo collo, gli lanciò un secondo pugno e alzò lo sguardo verso il suo volto.
Si sentì quasi derisa dall’espressione sbeffeggiante scolpita in quella maschera bianca, e la rabbia affilò gli artigli dentro il suo petto.
"L’altra notte! Il mese scorso! Perché non sei venuto?"



Lo fissò, tirandolo a se per il colletto chiaro della camicia, non badando nemmeno al sorriso triste che lui le stava mostrando.
Quando si accorse della fronte poggiata alla sua, e del respiro bollente che le stava bruciando la pelle del viso, e che l’iride dei suoi occhi scuri aveva meravigliose striature violacee, la rabbia, improvvisamente, volò via come un palloncino.
Senza nemmeno dargli il tempo di risponderle, affondò le dita tra i suoi capelli scuri e lo baciò.

Che importanza aveva…?
Che importanza aveva il resto quando era tra le braccia di quell’uomo?



"C’era vostro marito." le sussurrò roco dentro la bocca, prima di assaggiarla, morderla, baciarla, stringendo il suo corpo sottile come volesse fonderlo col proprio.


Le immagini di Koga, Koga nudo nel loro letto mentre lei guardava il cielo senza luna tra le tende della finestra, fecero fremere Kagome di ribrezzo.
Quando il fiato mancò a entrambi, si allontanò appena per cercare di guardarlo negli occhi.

"…non m’importa."
Gli morse il labbro inferiore, lo leccò, si ubriacò del suo sapore mentre ascoltava il suono dei loro respiri intrecciati. "Potevi venire quando dormiva, o la notte dopo. Dovevi venire da me!".



Portò la testa all’indietro quando avvertì la sua bocca sulla gola.
"Perché?" provò a domandargli, boccheggiando in cerca d’aria e accarezzandogli la curva dolce delle orecchie.
"Per… perché devi venire… venire solo con la luna nuova…?"



Il ladro le baciò la spalla, scostando l’accappatoio fin quasi al gomito.
Strusciò le labbra sul suo petto, assaggiò la sua pelle bagnata baciando ogni più piccola goccia d’acqua che incontrava, sfregò il naso della maschera nell’incavo dei suoi seni facendola sospirare ad alta voce.

Ma a quel punto tornò sul suo viso, mordicchiò le sue guance arrossate come fossero mele.
"Perché io sono un’ombra, mia signora. E sparisco alla luce del sole e della luna."


"…invece sei solo un ladruncolo da due soldi"
Kagome lo baciò, gli premette le mani sul petto e lo spinse all’indietro, verso il suo letto. "Uno di quelli che prima di derubare la casa di un uomo ricco approfitta della moglie sola che fa la guardia."

"Perdonatemi se vi contraddico, mia signora. Ma mi sembra che in questo caso sia la moglie ad approfittare del povero ladruncolo indifeso."


Lei rise, giocando coi bottoni della camicia, e non si chiese nemmeno quando l’avesse fatto stendere sul materasso.


"Sai cosa dicono sui giornali?" sussurrò nel suo orecchio, con tutta la sensualità di cui era capace.
Un sorriso trionfante le si disegnò sulle labbra quando avvertì il suo respiro eccitato contro la spalla.


"Che per domani prevedono pioggia?"
"…che ti sei ferito la mano."


Lo sentì ridacchiare leggermente.
"Hanno il tuo sangue, no? Ti potrebbero scoprire…"
"Mia signora, se non amassi il rischio non farei questo mestiere."


Le tolse la pinza dai capelli umidi e li pettinò con le dita, baciando alcune ciocche e assaporando la fragranza dello shampoo. "E hanno detto qualcos’altro?"


"Che tu non sei un umano." gli sussurrò, mordicchiandogli il lobo dell'orecchio.
"E che per tutte le acrobazie che fai puoi essere solo un demone."

"Mmm…. e fossi un demone vi piacerei di più?"
"E perché? Koga è un demone lupo, ma io…"


"…e se fossi un mezzodemone vi disgusterei, mia signora?"



Kagome si fermò, confusa da quel tono di voce inspiegabilmente duro e dalla strana piega che stava prendendo il discorso.
Si sollevò con le mani e avvicinò il volto a quello del ladro.
"Che stai dicendo?" domandò, accarezzando la sua maschera e le labbra strette in una smorfia indecifrabile.
Cielo, quant’era bella quella bocca…

Lo baciò leggermente, con dolcezza, ripercorrendo con le dita la forma del mento e la linea della mascella.
Aveva la pelle ruvida, morbida, odorava di uomo e cannella.
Sfiorarla, toccarla, accarezzarla e morderla e baciarla, la faceva impazzire.


Kagome decise di sedersi sulle sue ginocchia, ma non appena provò a farlo sentì la schiena rimbalzare contro il materasso, i polsi imprigionati sopra la testa da una sola mano.
Un sussulto di sorpresa fu soffocato da un bacio, e quando sentì la lingua dell’uomo accarezzarle il palato di cosa fosse successo non le importò più nulla.

"…vi amo" soffiò sulle sue labbra, facendole perdere un battito e baciandole il mento con delicatezza.


"Vi amo, vi amo da morire! Non c’è nulla di più prezioso in questa casa che possa voler rubare."
"Fallo... Rubami, portami con te!"

Kagome chiuse gli occhi quando sentì una mano accarezzarle il seno da sopra l’accappatoio.


"Siete un donna così viziata…" ridacchiò il ladro sulla sua gola, sentendola vibrare sotto le labbra quando lei cercava di recuperare una manciata d'aria.
Si fermò, e il sorriso contro la sua pelle si fece più amaro.
"Che posso offrirvi di più di quanto non possa fare vostro marito?"


"E che ne è della tua refurtiva? L’hai data in beneficenza?"
Lei si liberò dalla sua presa, portò le mani dietro al suo collo e lo baciò senza dargli il tempo di rispondere.



Abbracciarlo, baciarlo, appartenere anima e corpo a quell’uomo mascherato era diventato l’unico scoglio della sua vita lasciata alla deriva, il centro in cui ruotava tutta la sua esistenza.
Viveva a fatica ventinove giorni solamente per aspettare quelle notti senza luna.

Solo per lui, solamente per un uomo senza volto di cui non conosceva neanche il nome.



"No, mia signora. Io non sono un ladro così buono"

Intrecciò le dita tra i suoi capelli, la guardò negli occhi mentre lei gli sbottonava la camicia. "Se lo fossi, non verrei a tentarvi così. Vi direi che non esisto, che sono un incubo venuto dalle tenebre per rubare i vostri sogni."

"Tu sei in tutti i miei sogni, tutte le notti, tutte le volte che chiudo gli occhi."
Gli accarezzò la maschera gelida con la punta delle dita. "Certe volte ti vedo anche a volto scoperto."


Lui le prese la mano e ne baciò il dorso.
"…non ancora, amore mio. Un giorno, sì, ma non stanotte"

Si avvicinò al suo orecchio, liberandole le braccia dall’accappatoio.



"Per stanotte, io sarò ancora La Maschera Bianca."












***






"Buongiorno signora."
"…’Giorno, Yumi."



Kagome, superata la cameriera, si accomodò pesantemente su una sedia e cerò a tastoni la sua tazza di caffè, sforzandosi di rimanere sveglia.
Ma le palpebre sembravano rifiutarsi di restare aperte per più di qualche secondo, e gli occhi le bruciavano dal sonno come se ci avessero soffiato dentro del fumo.

Avrebbe voluto tornare a letto, e scoprire che non era vuoto come le era sembrato appena si era svegliata.


"Buongiorno, signora."
La ragazza alzò lo sguardo verso il giardiniere che stava sistemando i fiori al centro della tavola, soffocando il suo saluto con un altro sbadiglio.


"Buongiorno sign…"
"Sì Holden, buongiorno a tutti! Ora lasciatemi mangiare."



Si bruciò la lingua col caffè troppo caldo e cercò di rimediare addentando una fetta di pane tostato con la marmellata.
Il gusto fresco e dolce delle albicocche la fece sospirare di piacere.
Anche quella mattina si preannunciava afosa come le precedenti, nonostante dalla finestra si potessero scorgere dei grossi nuvoloni che si affacciavano dall'orizzonte.

Provò ad allontanarsi il colletto della camicetta con l'indice, sperando di sentire un soffio d'aria del condizionatore rinfrescarle la pelle.



"…Holden."

Il vecchio maggiordomo le si avvicinò.

"Sì, signora?"
"Ha chiamato mio marito?"
"No, signora."



Kagome annuì, fissando con freddezza il suo bicchiere di succo d’arancia.
"Senti, Holden..."
"Cosa, signora?"


…già, che voleva da lui?
Parli un po’ con me, Holden?
Ti siedi, mangi, parli, facciamo finta che io non sia poi tanto sola…?



"Per favore, fai uscire tutti!"



Il maggiordomo gettò un’occhiata eloquente alla servitù, invitandoli ad obbedire.

"La lasciamo subito sola, signora."
"Bene."




Kagome prese il giornale dal tavolo e cominciò a sfogliarlo, mentre con la coda nell’occhio guardava i camerieri, il giardiniere, la domestica e Holden avviarsi verso l’uscita a passo svelto.
Provò a concentrarsi su un articolo di cronaca rosa –la nuova fiamma di Nicole Kidman… bel tipo!- , cercando di non rileggere il titolo della prima pagina.

Ancora mistero sul noto ladro il cui volto è coperto da una… .
...decisamente, meglio evitare.



Alzò lo sguardo per vedere se se n’erano andati tutti –"Ma sono ancora lì?"- , lo riabbassò, lo rialzò ancora mettendosi in piedi e lasciando cadere il quotidiano a terra.

Il cuore fece una capriola dallo stomaco fino alle tonsille.


"…asha...!"



Kagome fissò la porta ancora socchiusa.
"...Inuyasha! INUYASHA!!"




Prima che potesse ripetere quel nome una terza volta, un ragazzo ricomparve sulla soglia.
"Signora!?"




Kagome, senza badare affatto ai fogli di giornale sparsi sul pavimento, girò attorno al tavolo e fissò il vaso di cristallo poggiato sulla tovaglia.
Il grande mazzo di rose bianche che profumava il salone le ricordava troppo i petali che aveva trovato sulle lenzuola quando si era svegliata.

"Per-Perché oggi…"



Guardò il giardiniere, cercando in tutti i modi di contenere l’emozione che stava provando e di dimostrarsi indifferente.

Un uomo molto giovane, forse della sua età, con i capelli di neve e gli occhi di sole.
Le deliziose orecchiette da cane sulla testa tradivano la sua natura di mezzodemone.

Un ragazzo carino, indubbiamente molto carino… . Peccato sembrasse avere lo stesso quoziente intellettivo di un troglodita.



"Perché hai messo… questi fiori… oggi?"
Kagome si morse il labbro, dandosi della stupida nel non riuscire a smettere di balbettare.


Lui si grattò il capo, mentre le orecchie si abbassavano, confondendosi col colore argentato dei suoi capelli.
"Ah! Sì, ecco, oggi mi sono svegliato e c’era un biglietto sul mio comodino, e me lo sono fatto leggere da Hikaru. E lui ha detto che il signore…"

"Mio marito?"
Il batticuore cessò.



"Sì, credo di sì. Il signore ha scritto nel biglietto che dovevo mettere le rose bianche perché ieri notte voi avete perso la vostra. Hikaru ha detto che la firma diceva Koga. …Ah! e poi ha detto che c’era scritto anche di metterci questo. Me ne sono dimenticato."
Inuyasha cercò qualcosa nella tasca dei pantaloni, tirando fuori una piccola busta di carta che subito porse alla padrona di casa.


Kagome, smettendo quasi di respirare, si avvicinò al mezzodemone e gli prese la busta dalla mano.
"…Ti sei tagliato?"

"Sì signora. Ieri mi sono… come si dice? Distrattato, e mi sono tagliato con le cesoie. Ora posso andare in giardino, o vuole qualcos’altro?"



"No, no! vai pure, Inuyasha."
"Ok, signora. Buongiorno, signora."





Kagome aspettò che il giardiniere chiudesse la porta dietro di se, mentre le mani le tremavano tanto che la piccola busta rischiò di scivolarle dalle dita.
Non appena fu rimasta sola, l'aprì con foga, trovando un biglietto di carta ruvida e nera, profumata di miele e di fiori.
C'era una scritta bianca al centro, fatta con quella che le sembrò la più perfetta delle calligrafie.



Baciò quel foglietto ancora e ancora, prima di rileggere quel che c'era scritto.









La prossima notte
di luna nascosta,
veglierò sui tuoi sogni,
bocciolo di rosa.

*The White Mask

































°°°°
Allora, alloraalloraalloooooora...



E' un'idiozia, lo so >___>".


I personaggi sono tremendamente OOC ^^, e non so neppure se alla fine sono riuscita a far capire cosa sta succedendo nella storia @__@...!
avevo in mente questa storia, e nonostate i miei continui ripensamenti (perchè non riuscivo mai a scriverla come volevo e perchè ultimamente le cose romantiche non mi stanno piacendo molto da leggere XD), e poi perchè mi è venuta molto più lunga di quanto credessi... mammamia >////>"

Ringrazio chi avrà la pazienza di leggere questa cosa qui ç___ç! spero non vi sia dispiaciuta troppo e ^O^... *un pomodoro le arriva in faccia*

..ehm, e ora dovrei andare °-°"
Un bacio a tutti, dalla pazza polpetta di riso ^O^


Niobe88!
*una pioggia di verdura marcia accompagna la sua fuga*




 
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VOTO: (2 voti, 2 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 2 commenti
kagomina - Voto: 06/11/10 15:17
Bellissima.... Davvero senza parole! Certo che ho capito la storia, mi sarebbe piaciuta una fine differente, se solo lo incontrasse com'è davvero.........

D'accordissima con 11kagome23 ci sarebbe stato anche un bel continuo....
Magri scoperta dal marito, che ne so.... Però mi piacerebbe davvero un finale diverso, naturalmente anche questo va benissimissimissimissimissimissimissimissimissimissimissimo!!!!
Sei bravissima a scrivere e le tue storie sono fantastiche!!
Continua ad aggiornare (Spero presto) Le altre ff e ancora bellissima questa ff!!!! Grandeeeeeeeeeeee
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11kagome23 - Voto: 19/07/10 19:01
Nn so ke dire... nn ho più parole... le tue storie sn bellissime!! Qst mi è piaciuta molto, è così intrigante e misteriosa, poi alla fine... ti lascia senza parole!! Dovresti continuarla!! Sarebbe fantastico... Complimenti sei bravissima! Kiss^^
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