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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: SENZA LIMITI
Genere: Azione
Rating: Per Tutte le età
Autore: keyka galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 16/06/2003 21:30:20 (ultimo inserimento: 14/09/03)

un ragazzo drogato, arrestato e poi portato in un centro di recupero per minorenni...
 
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L`INGANNO
- Capitolo 1° -

Per questa Fan fiction ho preso spunto dal cartone animato “Slam Dunk” e da quello di “Neon Genesis Evangelion”.
Hisashi Mitzui è il protagonista: vive solo xké il padre lo trascura, sua madre è morta da 5 anni e lui ha iniziato a consumare droghe…
Lo sport c’entra poco, mi dispiace per gli appassionati di Slam Dunk, e non ci saranno nemmeno combattimenti e robot ciclopici…
Per il carattere dei personaggi ho mescolato molte psicologie insieme e i risultati sono caratteri contrastanti e complessi…. Non sono matta è tutto voluto!
Forse, più avanti, compariranno personaggi di altri cartoni, solo il nome e il fisico saranno uguali… la psicologia, il carattere, le ideologie saranno adattate alla storia.


L'INGANNO

Televisione.
Musica Rock e Hardcore.
Pugni.
Portafogli altrui.
Spinelli e birra.
Nient’altro.
Solo l’indispensabile per sopravvivere.
Giusto quel che serve a un ragazzo per non impazzire.
Quello che serviva a lui per continuare a vivere.
Rubare quando necessario e fumarsi una sigaretta appena possibile.
Saltare la scuola e minacciare chiunque pensasse di fare la spia.
Minacce e botte.
Soldi ottenuti col ricatto.
Solitudine.
Nessun amico.
Solo qualche conoscente e tanti nemici.
Vita schifosa, ma pur sempre vita.

Anche ora stava solo, immerso nel buio della sua stanza.
Nelle orecchie piccoli auricolari emettevano un assordante rumore. Ma a lui andava bene così.
La mancanza di vita.
L’alienazione dal mondo.
Era come essere morti.
Era come raggiungere sua madre…

Da quando sua madre era morta, ormai cinque anni fa, la sua vita era andata sempre peggiorando.
Hisashi era il risultato di un secondo matrimonio.
Suo padre era sempre stato un donnaiolo.
Anche dopo la scomparsa della seconda moglie aveva continuato a comportarsi in maniera frivola.
Aveva una carriera da imprenditore e guadagnava abbastanza soldi da permettere al figlio una scuola privata e una casa più grande.
Ma a lui non interessava.
Il padre di Hisashi spendeva tutto il suo denaro, alloggiando in lussuosi alberghi e collezionando una donna dopo l’altra.
Le rimorchiava, le riempiva di gioielli e, quando si era divertito abbastanza, le abbandonava in mezzo alla strada.
Così Hisashi viveva in buco di appartamento, nella periferia della città, solo e abbandonato a se stesso.

-Si?- disse Mitzui alzando la cornetta e scostando le cuffie dalle orecchie.
-Vieni subito… i gemelli hanno la “roba”- rispose la voce dall’altra parte.
Sakuragi, uno dei fornitori di Mitzui, chiamava da una cabina telefonica isolata e non lontana dalla casa del “cliente”.
-Arrivo…- borbottò Hisashi riappoggiando la cornetta.
Sì mi se le scarpe ed indossò il giubbotto di pelle.
Agguantò il portafoglio e uscì.

Li vide da lontano.
L’inconfondibile ciuffo rosso di Sakuragi scintillava alla tenue luce del tramonto invernale.
I due gemelli troneggiavano l’uno accanto all’altro, un ghigno dipinto in volto e gli occhi nocciola, come spiritati, che lo fissavano.

Loro lo videro.
Camminava fiero e sicuro.
Sakuragi fece un impercettibile segno col capo ai due uomini che si nascondevano all’angolo della strada.

Si salutarono con un grugnito.
–Quanto hai?- chiese Kagj, uno dei due fratelli.
–10.000… no, 12.000- rispose calmo Mitzui scrutando l’interno del suo portafoglio.
–Bene… dammi un sacchetto Togi- disse al fratello gemello che reggeva la borsa.
Mitzui indignato gridò –Ma sei fuso… con 12.000 Yen ho diritto a due sacchetti!-
-Ehi amico… il prezzo della Marijuana è in aumento… adesso se ti beccano vai dentro!- disse Sakuragi trattenendo il ragazzo per una spalla.
Lo fissò per un lungo secondo con quegli occhi piccoli e neri.
-Siete dei deficienti!- borbottò Hisashi afferrando il sacchetto e porgendo le due banconote.
Kagj ghignò intascando i soldi e Togi urlò, come impazzito –Venite presto!-
Fissava il cielo con gli occhi sgranati, come se attendesse l’arrivo degli alieni.
I capelli castano chiaro, tagliati a spazzola si volgevano verso l’asfalto alle sue spalle.
Il suo gemello portava i capelli lunghi e raccolti in una coda bassa.
Teneva una barbetta incolta sul mento che lo faceva sembrare un adulto.
Nessuno dei tre; Sakuragi, Togi e Kagj; aveva superato i diciassette anni.
E Mitzui non faceva eccezione.
Se avesse frequentato la scuola sarebbe stato all’ultimo anno.
Ma era stato espulso l’anno precedente per aver dato a fuoco un armadietto della palestra e per aver pestato alcuni giocatori della squadra di basket.
Così adesso si dedicava a se stesso.

Ma intanto due uomini vestiti da poliziotti lo stavano raggiungendo.
Mitzui fissò i compagni che ricambiarono il suo sguardo freddamente.
Il ragazzo si dimenò.
Urlò e iniziò a picchiare alla cieca.
Ma alla fine gli misero una manetta ed incatenarlo del tutto divenne facile.
-Perché?- chiese con la voce roca.
Sapeva che tra lui e quei tre ragazzi non c’era nessun legame affettivo.
Ma se lui consumava Marijuana, loro la spacciavano.
Il che era ancora peggio.
Perché portavano lui alla centrale di polizia?
Perché?
-Perché, denunciandoti, noi abbiamo l’immunità giudiziaria… siamo sotto tutela dei nostri genitori. Se smettiamo di spacciare e se facciamo altri nomi non ci torceranno un capello- rispose distaccato Togi.
-Dannazione!- strillò Mitzui.
Fregato da tre teppistelli come lui.
Ma il discorso non si chiudeva così.
Si sarebbe vendicato.
Di certo quei tre non avrebbero smesso di spacciare.
E lui li avrebbe ripagati con la stessa moneta.
Cogliendoli con le mani nel sacco.

Ma si sbagliava.

Arrivato alla centrale iniziarono a fargli un sacco di domande.
Famiglia?
Amici?
Che scuola frequenti?
Da quanto tempo consumi droghe e allucinogeni?
Lui rispondeva di malavoglia.
Non gli importava del suo futuro.
“Basta che tra un paio di mesi io torni in libertà…” si diceva.
-Bene… vieni con noi- dissero due poliziotti.
Non erano gli stessi che lo avevano catturato quella sera.
Questi due erano più mingherlini e sembrava che avessero passato gran parte della loro carriera dietro ad una scrivania.
Uno dei due aveva qualche capello bianco mentre quello che lo aveva chiamato poco prima aveva un sorriso sdentato e giallastro.

Salirono sulla macchina di pattuglia.
Non lo mettevano nelle celle temporanee?
Avevano preso contatto con suo padre?
Cosa gli avevano detto?
Dove lo portavano?
Cosa gli sarebbe successo?

-Ce ne mandano un altro…- disse una donna di bella presenza, rivolgendosi ad una poltrona di pelle.
–Bene… nome?- chiese l’uomo che vi stava seduto sopra.
–Mitzui… Hisashi Mitzui, 17 anni… un teppistello di strada- concluse la donna, sistemandosi il camice da medico e scribacchiando al computer.
L’uomo, accendendosi un sigaro, chiese –Perché lo affidano a noi?-
La donna sospirando rispose –Consumava droghe e allucinogeni, la madre è morta, il padre lo trascura…-
“L’ennesimo caso disperato, che affidavano all’associazione di recupero UNLIMITS”
-Quando arriva?- chiese l’uomo avviandosi verso la porta dell’ufficio e scrutando l’orologio da polso.
Le 21 e 50.
Tra dieci minuti, tutti nel convitto, avrebbero dovuto ritirarsi nelle loro stanze.
-Sarà qui per le 23… fatti trovare al salone principale- borbottò la donna sbadigliando. Lavorava dal mattino presto ed era assonnata. Si alzò dalla scrivania e si accinse a preparare un caffè. –Ne vuoi una tazza?- chiese all’uomo che spegneva il sigaro quasi intero.
-No, grazie Ritsuko… A più tardi- la salutò Fuyutsuki uscendo dalla saletta tenuemente illuminata e richiudendo silenziosamente la porta alle sue spalle.

 
Continua nel capitolo:


 
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