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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: MIO SIGNORE, INVERNO
Genere: Soprannaturale
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: axelle galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 28/06/2009 01:30:59

« Oh, cocchiere… c’è qualcuno seduto sulla riva, guarda! » « Lo vedo, principessa. » « E cosa aspetti a fermarti? »
 
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- Capitolo 1° -

La figura livida come pietra siede curva in avanti, poggia il peso sulle caviglie. La sua immagine non si specchia sulla superficie del fiume, l’acqua è troppo torbida, o la corrente troppo impetuosa.
« Chi sei? »
Non è un vecchio e non è un bambino.
È immobile sulle rocce grigie a piedi nudi, immerso nel gelo invernale. E tace, senza voltarsi verso chi ha formulato la domanda.
La ragazza è in piedi alle sue spalle, a pochi passi di distanza, e non può fare a meno di notare le macchie opache di muffa che ricoprono la sua giacca logora.
In realtà quella creatura la turba. Quale essere al mondo può rimanere nel freddo intenso di quel luogo, vestito di soli stracci?
Ha voglia di voltarsi e tornare alla carrozza che aspetta sul sentiero come una bestia impaziente.
Invece, rimane immobile e aspetta. E non parla, sebbene voglia formulare ancora una volta la domanda.
Non sa bene cosa fare, in realtà... Potrebbe semplicemente lasciar stare e dimenticarsi della strana creatura che ha davanti, fingendo di non averla mai vista, oppure ordinare di farla portare con sé… Vederla di sfuggita dalla finestrella della carrozza l’aveva tremendamente incuriosita, e l’interesse la pungeva ancora e più di prima.

« Oh, cocchiere… c’è qualcuno seduto sulla riva, guarda! »
« Lo vedo, principessa. »
« E cosa aspetti a fermarti? »
« Farà tardi alla festa, principessa. Le danze saranno certamente sul punto di cominciare, e il suo accompagnatore l’attende. »
Ma la ragazza è giovane e ostinata, e l’idea di un leggero ritardo non la turba. Sa che probabilmente sarà sgridata dalla regina sua madre, ma vuole sapere chi è la misteriosa figura che con gli occhi chiusi tuffa la mano destra nel fiume invernale, inginocchiata sulla riva come in penitenza.


E finalmente ripete la domanda.
« Chi sei… ? »
L’altro sembra udirla questa volta, e apre gli occhi in quelli di lei, dopo essersi voltato lentamente. La ragazza si morde il labbro e sente il proprio cuore mancare un battito.
Ad accoglierla ci sono due orbite vuote, cave e nere come inchiostro. Lo sguardo inesistente di quelle voragini la paralizza, congelando i suoi muscoli e il suo respiro, impedendole di gridare e fuggire via, sebbene ormai sia terrorizzata.
Quello che le sta davanti richiude gli occhi, e dalle labbra di lei sfugge un sospiro di sollievo. Quell’orrore è finito, e di fronte alla ragazza ormai è rimasta solo la figura, non un vecchio e non un bambino.
Ma lo spettro della paura ancora aleggia, e la ragazza fa qualche passo indietro. Sa che il vuoto è in agguato, in quelle orbite.
« Ti ho spaventata. Ti chiedo perdono. »
Il cieco sussurra chinando il capo, e sollevando la mano per raggiungerla, senza riuscirvi. La mano è ancora bagnata, sgocciola l’acqua torbida del fiume sulle rocce, disegnando crateri scuri.
« Io… io… sono in ritardo… »
La ragazza si volta e comincia a correre, arriva alla carrozza e vi si tuffa dentro, nascondendosi fra i cuscini di velluto impregnati dell’odore molle di sua madre. Il cocchiere non fa domande, e lei non si volta indietro.

Il giorno dopo cavalca da sola, e il bosco è più ospitale nella calda luce del tramonto.
Il principe suo accompagnatore del ballo della sera prima si è offerto di ospitare nel suo castello fra i boschi lei e sua madre per alcuni giorni, e la regina ha acconsentito di buon grado.
Le rondini si tuffano nella luce morente del sole, mentre la ragazza s’immerge nel sentiero che porta al fiume, seguendo le tracce della carrozza ancora fresche sul terriccio.
Raggiunge la riva, e lui e lì; siede composto fra le rocce, coperto dalla giacca lacera, mescolando polveri colorate con acqua in tazze di legno.
La ragazza ferma il cavallo e smonta, legando le redini a un ramo. Stavolta un mantello di velluto le copre le spalle e l’aria fredda non la infastidisce.
Si avvicina, poi si ferma. Poi ricomincia ad avanzare, scacciando le spire del timore che ancora tentano di avvilupparle l’animo, combattendole con il pizzicore della curiosità.
Quando giunge presso di lui, resta immobile. Aspetta che egli si volti, pregando in cuor suo di non dover assistere al buio di quelle orbite vuote ancora una volta.
« Sei tornata. »
Non si è voltato. E non ha smesso di mescolare i colori nelle tazze, con meticolosi gesti delle mani.
« Intendo chiedere scusa per la mia scortesia. Ieri sono fuggita in preda ad un timore puerile, non era mia intenzione offenderti. »
Lei pronuncia queste parole a mezza voce, come per non disturbare un dormiente. Per alcuni lunghi istanti le risponde solo il tramestio della corrente.
« Non sei tornata per questo. »
Ha ragione. Ma lei decide fermamente di ignorare quell’affermazione.
« Alla mia domanda di ieri non hai ancora risposto. Voglio sapere chi sei. »
Allora l’altro appoggia le tazze sulla nuda pietra e si alza, voltandosi, gli occhi ben chiusi.
« Sono un viandante cieco. Vivo e dipingo il bosco. Conosco il mondo tramite il ricordo, e attraverso ciò che mi comunicano le mani. »
Solleva il braccio per toccarla, come ha fatto il giorno prima, e stavolta la ragazza combatte e vince contro l’impulso di scostarsi. I polpastrelli le percorrono avidamente il mento e le guance, le labbra e la fronte, e le sfiorano i capelli.
Al viandante sfugge un sorriso triste.
« Ah. Sei bella come la primavera, fanciulla. »
Si volta e, immerso un bastoncino in una delle tazze, comincia a tracciare linee e tratti sulla pietra liscia che prima gli fungeva da giaciglio. In pochi attimi ritrae il volto della principessa in una morbida tonalità violetta, con le labbra increspate e gli occhi chiusi, come se la giovane fosse immersa nel sonno.
Lei è molto sorpresa. Il viso dipinto sulla roccia le assomiglia, sebbene sia avvolto da una spesso alone di amarezza.
« Sei… davvero bravo. Credo che potresti vivere come pittore di corte al mio palazzo. »
Le labbra del viandante si piegano ancora nel sorriso mesto che gli armonizza il viso.
« Sono solo un viandante. » Risponde dopo qualche momento di silenzio.
Torna a sedersi, e a mescolare i colori. Sta scendendo il buio e la ragazza è costretta a recuperare il cavallo e tornare presso il palazzo, dove il principe e sua madre si staranno chiedendo il perché della sua assenza.

Il giorno seguente non le è permesso di uscire.
Non è imposto alcun divieto di lasciare il palazzo, non le verrebbe mai imposto nulla, ma la tengono talmente impegnata che quando si rende conto che vorrebbe tornare sulla sponda del fiume il sole è già calato.
Fa fatica a ricordare il volto del viandante. Fa fatica a ricordarne il tono di voce, o i movimenti. Come se avesse vissuto i due brevi incontri in un sogno, tanto è sfuggevole la loro memoria.
Durante la notte gelida, prende una pergamena e un carboncino e prova a disegnarlo, ma non le riesce. Il viso appare ora troppo avanti negli anni, ora sembra quello di un infante appena svezzato.
La principessa si chiede chi realmente sia quella persona, senza reale desiderio di conoscere la risposta.
Si scopre a preoccuparsi per lui… il vento freddo ulula contro le finestre, agitando in lontananza le cime degli alberi. Chiunque non sia capace di accendere un fuoco e trovare un riparo è certamente destinato a morte per congelamento.

Non appena i raggi del sole cominciano a occhieggiare sulle cime degli alberi, la ragazza è già nelle scuderie a montare il suo cavallo.
Le tracce della carrozza sono scomparse dal sentiero, ma ormai lei conosce la strada.
Arriva presso il fiume, e ansiosamente scopre che non c’è anima viva. È sicura di non essere giunta nel luogo sbagliato: il dipinto che la ritrae è ancora impresso sulla roccia, proprio davanti a lei.
Rimane in piedi sulla sponda torbida, incerta sul da farsi, e improvvisamente lo nota, immerso fra gli alberi poco lontano da lei.
Gli va incontro, lentamente, e lui l’accoglie con un sorriso, e con le stesse parole di due giorni prima.
« Sei tornata. »
Lei annuisce, sebbene sappia che lui non può vederla. Di nuovo solleva una mano e le esplora il viso, stavolta soffermando le dita negli incavi degli occhi.
Rimangono entrambi in silenzio, avviluppati nello stormire delle fronde. Infine è lui che lo spezza, con un sospiro.
« Come ti chiami? »
« Morgan »
« Sei una principessa, vero Morgan? »
« Sì. E tu sei un principe. »
Il silenzio abbraccia nuovamente le due figure, immobili una di fronte all’altra. Lui scuote lentamente il capo.
« Io sono un viandante cieco. »
Si siedono fra gli arbusti, a gambe incrociate sul terreno. L’inverno ha risparmiato il sottobosco di felci, che riparano dal vento.
La ragazza ha tante domande da fare, ma non parla. Ha come timore di infrangere qualcosa di molto fragile, e si limita a guardare il viso del viandante senza età, che la osserva senza vederla, guardandola tristemente con gli occhi chiusi.
Di nuovo lui rompe il silenzio.
« Voglio mostrarti ciò che le mie mani ricordano »
Si alza e le fa cenno di non muoversi. Il bosco lo inghiotte, e lui torna qualche minuto dopo con le braccia cariche di pergamene.
Sono impreziosite di dipinti e ritratti che posano su sfondi lussureggianti di particolari, ognuno rappresentante una creatura diversa in una posizione diversa, una non meno splendida dell’altra, tutte che stringono un fiore fra le mani, e tutte con gli occhi dolcemente chiusi.
La ragazza passa il tempo a guardarli, poggiando delicatamente sulle felci quelli che si è stancata di ammirare. Lui aspetta in silenzio, le mani intrecciate in grembo.
« Ho una richiesta. »
« Tutto ciò che desidera una principessa, io lo farò. »
« Voglio che tu mi faccia un ritratto, uno come questi. Ma voglio che la mia immagine sia rappresentata con gli occhi aperti, a differenza di tutti gli altri. »
Il silenzio che tanto si addice all’interlocutore scende nuovamente fra i due. Infine, lui sorride, e poi annuisce.
« Se è ciò che desidera una principessa. Ma le mie mani hanno bisogno di conoscerti, se vuoi che possano ricordarti. »
Non aspetta che la ragazza risponda, e solleva entrambe le mani dopo essersi accostato a lei.
Lei le sente scorrere nei suoi capelli e sulla nuca, e poi scivolarle sul corpo. Poi sul suo ventre e sulle sue gambe, e quando arrivano alle ginocchia, si alza in piedi per lasciare loro più spazio.
Queste indugiano sulle sue caviglie e poi risalgono, fino a tornare alle spalle. Lì scendono sulle braccia e sui gomiti, fino ad incontrare le mani giovani e aggraziate di lei.
Le loro dita scivolano una sull’altra, e la ragazza sente il loro tocco un ultima volta prima che definitivamente si separino da lei.
« Torna al tramonto di domani, principessa. Avrò il dipinto per te. »

Lungo la strada di ritorno, la ragazza sente ancora quelle mani che le scorrono sul corpo. Una volta sola nella sua camera, si riscopre a provarne in qualche modo nostalgia.
Sua madre non fa domande, non osa, e lei gliene è grata. Il principe invece non la lascia un attimo sola, vuole sapere dove è stata di mattina così presto, e perché appare così triste. Si offre di accompagnarla per una gita nel bosco. Lei rifiuta educatamente, come le è stato insegnato.
La ragazza aspetta fino al tramonto, durante la piovosa notte e fino all’alba del giorno seguente.
Sua madre si accorge che non ha dormito durante la notte e le domanda se qualcosa non va, con la dolcezza che solo una madre sa mostrare verso la propria unica figlia, ma lei evade la domanda come può.
Arrivato il tramonto, non chiede il permesso e monta sul cavallo, dirigendosi speditamente verso il fiume.
Giunge lì in breve tempo e smonta, senza curarsi di legare l’animale e del terreno fangoso che schizza ai suoi passi veloci. Corre verso la riva e la trova deserta. Guarda verso il bosco, che appare vuoto e silente, fatta eccezione per il vento che fa stormire le fronde.
Cammina ora lentamente sulla riva, costeggiando le rocce piatte e grigie.
Il dipinto in viola su di esse è quasi completamente sbiadito, cancellato dalla pioggia.

 
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VOTO: (2 voti, 5 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 5 commenti
axelle 19/09/09 01:22
grazie infinite per il commento :). che il finale risulti incompleto beh, lo so ^^" XD ma credo che se lo avessi fatto diversamente non avrei fatto quello che volevo. purtroppo manco di abilità per comunicare quello che davvero desidero con due pagine di Microsoft Word =P (mah, avendo 17 anni non è detto che io non debba migliorare, si spera ^^")
Grazie ancora per il commento, sono graditissimi =)
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necropoiana - Voto: 18/09/09 17:39
è strana... in qualche modo, è imperfetta... puoi scrivere ancora meglio...
il finale è inaspettato...
è strano...
(forse è meglio se preciso: strano in senso buono :))
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axelle 02/07/09 23:09
grazie :)
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sonsierey - Voto: 30/06/09 16:39
e' davvero splendida e commovente. Molto brava
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axelle 29/06/09 02:41
grazie infinite :) non mi aspettavo proprio di ricevere un commento :D !
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