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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Persone famose e TV
Dalla Serie: Tokio Hotel
Titolo Fanfic: IL TUO SANGUE NELLE MIE VENE
Genere: Drammatico, Introspettivo
Rating: Vietato Minori 18 anni
Avviso: Lemon, Shounen Ai
Autore: sarettalovesmu galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 24/06/2009 12:58:45 (ultimo inserimento: 15/11/09)

7+1 One-Shots collegate sui 7 peccati capitali. I peccatori? Bill e Tom, ovviamente. Benvenuti all'inferno.
 
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SUPERBIA
- Capitolo 1° -

Premessa: A chi non ama vedere i propri eroi sotto una luce completamente diversa, -ma non per questo a priori errata-, consiglio di astenersi dal leggere questi racconti.
Questo è un biglietto di sola andata per l'inferno.
Non sarà carino. Per niente.
Baci a tutti.
Sarettalovesmu^^





Peccato: Superbia (sfoggio della propria superiorità rispetto agli altri).


->Il diavolo fu condannato per superbia e chi monta in superbia si fa simile al diavolo, cadendo di conseguenza nella sua stessa condanna.
(Francesco Bamonte)



<<D’accordo. Se non scende fra dieci secondi, giuro che lo lasciamo qui!>> sibilò David irritato, camminando come una tigre in gabbia da una parte all’altra del grande salone.
Tom sbuffò annoiato, si prese un rasta fra le mani e iniziò ad attorcigliarselo attorno all’indice. Gustav e Georg erano alcuni metri più lontani, in piedi, a discutere di quello che avrebbero fatto quella sera, appena finiti tutti gli impegni.
New York era, tutto sommato, peggio di come se l’era aspettata Tom. Non c’era niente di speciale o di diverso da città come Berlino o Parigi, c’erano soltanto un bel po’ di grattacieli in più e un enorme parco in mezzo. Erano arrivati lo sera prima, sul tardi, al John F. Kennedy International Airport, e aveva piovuto. Sembravano vere e proprie secchiate dal cielo e l’umore di tutti era calato inevitabilmente verso il basso. Soprattutto quello di Bill. Si era categoricamente rifiutato di presentarsi all’appuntamento con un importante produttore americano, che li aveva invitati a cena quella sera stessa.
<<No, mi dispiace, non se ne parla. Ma mi hai visto i capelli?!>> aveva detto in tono caparbio a David, che aveva cercato di trascinarlo a forza verso la limousine inviata apposta per loro.
Prima di arrendersi, il manager aveva lanciato a Tom uno sguardo supplichevole, che però era stato volutamente ignorato dal rasta, primo perché lui stesso aveva voglia di andare a dormire e secondo perché convertire Bill in certe situazioni era un’operazione difficile, che richiedeva certe tecniche di persuasione che Tom poteva sfoggiare soltanto con lui in privato. Chi vuole capire, capisca.
E così, alla fine, l’appuntamento era stato spostato al giorno dopo. E adesso erano tutti lì, nell’enorme hall del lussuoso albergo, ad aspettare un certo cantante che, come di consueto, impiegava più tempo di una diva a prepararsi e che faceva, come al solito, perdere la ragione al manager.
<<Tom, vai a chiamarlo. Perché se no giuro su tutto quello che ho di più caro, che vado a prenderlo per i suoi cazzo di capelli!>> sbraitò infatti David improvvisamente, facendo sussultare alcune persone che si trovavano nei paraggi.
L’interpellato sbuffò di nuovo, senza accennare ad un movimento.
<<Tom! Il signor Barney non è un uomo paziente e ne va della vostra carriera!>>
<<Sei ossessivo.>> fu il commento seccato del rasta, prima di alzarsi e dirigersi verso l’ascensore.

Senza bussare o chiedere il permesso, fece il suo ingresso nella camera del fratello e lo trovò di spalle, chinato a frugare in mezzo a una miriade di magliette, felpe e jeans. La posizione di Bill offriva a Tom un più che piacevole panorama del suo didietro.
<<Ehi, se stai così mi vien voglia di toccare.>> esclamò quindi il rasta, assestando al fratello una pacca sul sedere.
Quello sussultò e si voltò di riflesso.
<<Tanto lo fai comunque.>> disse dopo aver riconosciuto l’intruso, e si girò per dedicarsi nuovamente alla sua ricerca.
Tom incrociò le braccia sul petto e rimase a osservare i movimenti del gemello.
Dopo circa un minuto, durante il quale ci fu un silenzio tombale, Bill iniziò a sentirsi evidentemente troppo osservato, perché voltandosi verso il fratello alzò il suo sopracciglio destro.
<<Cosa cavolo vuoi?>>
<<Sei richiesto.>> rispose Tom semplicemente.
<<Non riesco a trovare quella maglietta rossa e senza quella non esco di qui.>>
Bill sorpassò il fratello per iniziare a mettere a soqquadro un grande armadio, buttando fuori ogni sorta di vestiti, i quali finivano tutti sparsi per tutta la stanza.
<<David è indiavolato, forza, vieni.>> disse Tom e si avvicinò, afferrandolo per la vita e accompagnandolo in direzione porta.
<<Ma la mia…>> iniziò a protestare il moro, però fu fermato dalle labbra di Tom che si stamparono bruscamente sulle sue.
<<Sei divino con qualsiasi cosa addosso.>> disse il rasta dopo essersi staccato.
Bill fece un sorriso fra il divertito e il compiaciuto, mentre veniva trasportato fuori dalla camera e verso l’ascensore.
<<Comodo farsi i complimenti da solo, vero?>> chiese una volta dentro.
Tom assunse un’espressione soddisfatta, mentre, voltato verso l’enorme specchio che si trovava nella cabina, si aggiustava meglio la bandana bianca e il capellino.
<<Paghi uno, soddisfi due.>> commentò.

Una volta che furono tutti seduti nella grande limousine, Tom e Bill erano già pronti a infilarsi le cuffiette dei rispettivi iPod nelle orecchie e ad alienarsi completamente da tutti, ma furono bloccati nel loro intento da un più che schizofrenico David.
<<Allora, ci sono molte cose che vi devo spiegare prima di arrivare. Se tutto va bene col signor Barney, il gioco qui è fatto.>> iniziò e, voltandosi, adocchiò i gemelli.
<<Fuori quelle cuffie, adesso mi ascoltate!>>
Tom, emettendo uno sbuffo molto infastidito, si tolse gli auricolari e fece lo stesso con Bill, ottenendo da quello uno sguardo rabbuiato.
Il manager, avendo finalmente ricevuto lo loro l’attenzione, iniziò a predicare il suo –solito- monologo sulle normale comportamentali in presenza di personaggi importanti o ricchi, i quali potevano essere di potenziale utilità ai Tokio Hotel. In questo caso il personaggio era sia importante che ricco e quindi le raccomandazioni valevano il doppio. Di fatto, si trattava di cose che sapevano già, ma David gliele ripeteva senza sosta. Bisognava: Sorridere sempre, mostrarsi accondiscendenti, adattarsi alle pretese dei soggetti e non contraddirli mai, segnalarsi d’accordo con ogni cosa detta o fatta da David in presenza di tali personaggi e non prendere iniziative individuali di parola o azione, se non quelle più banali come dire il proprio nome o chiedere di andare in toilette.
Tom, mentre faceva finta di ascoltare tutte quelle raccomandazioni, si morse il labbro inferiore. Bill, Gustav, Georg e lui erano sotto contratto con la Universal da circa quattro anni ed era dall’inizio che si sentivano ripetere quelle cose.
<<In questo mondo, il vostro mondo d’ora in avanti, vigono queste semplici regole. Vi ci abituerete.>> aveva detto loro una volta David, molto tempo prima, quando ancora si impegnava a mostrarsi loro come una figura paterna e di riferimento e non aveva svelato il suo lato più duro -ma anche più vero-, cioè quello di freddo manager calcolatore.
Già, ormai si erano abituati. Si erano abituati a essere soltanto la semplice facciata pubblica di quel progetto enorme che prendeva il nome di Tokio Hotel. Le piccole ragazzine strillanti che scoppiavano in lacrime ad ogni loro concerto vedevano solo quattro ragazzi giovani su di un palco e pensavano: “Eccoli. I Tokio Hotel”. Ma non avevano idea di cosa si celava dietro a tutto questo. Un numero ingente di tecnici sonori, truccatori, stilisti, manager e PR lavoravano giorno e notte per rendere questi quattro semplici ragazzi delle rock star. Di vero cosa c’era? Forse la voce di Bill, quando non era ritoccata da riverberi digitali. Forse il suono della chitarra classica di Tom, quando non erano amplificate digitalmente note e suoni.
Ma tutto questo andava bene così. Oh, sì. Andava bene così. Tom rivolse il suo sguardo fuori dal finestrino della macchina lussuosa, vedendo sfrecciargli davanti il paesaggio metropolitano, quella giungla d’asfalto che era New York. Andava bene così, perché nonostante tutto, loro erano rock star. Loro avevano soldi, tanti, troppi. Erano amati, desiderati da milioni di ragazze. Andavano in giro limousine per andare a pranzare con i personaggi più importanti del mondo. E quindi andava bene così. Andava tutto bene.

Il signor Ted Barney si rivelò essere esattamente come Tom se l’era immaginato. Vestito in smoking, basso e tarchiato, aveva dei baffi ben curati sotto al naso e dei piccoli occhi scuri e vispi. La sua villa, alcuni chilometri fuori New York, era munita di piscina, parco privato, schiavi e cani. -Per schiavi Tom intendeva inservienti.-
Il pranzo stava andando bene. Erano tutti seduti intorno ad una lunga tavolata imbandita e delle cameriere ronzavano loro intorno portando cibo e champagne.
David annuiva amabilmente ad ogni osservazione del signor Barney e somigliava fortemente a un ebete. Né Tom, né Bill, né gli altri due avevano proferito parola. Stavano seduti e basta, buoni e in silenzio.
Insomma, tutto stava filando liscio. Purtroppo tutto ciò non si era protratto per molto.
<<Io penso che i gemelli abbiano bisogno di qualcosa di nuovo.>> aveva esclamato di colpo il signor Barney.
Tom aveva alzato gli occhi gli occhi dal suo piatto di caviale, che stava torturando da mezz’ora con la forchetta, e aveva preso a fissare l’uomo con un brutto presentimento. Bill, vicino a lui, aveva fatto lo stesso.
<<Sì be’, è vero. Sempre gli stessi ambienti, non è una buona cosa. Ma New York, per loro, è qualcosa di completamente nuovo, credimi Ted.”
David aveva fatto un risolino titubante. Si vedeva che era in difficoltà e temeva ciò che Barney stava per dire.
<<No, David. Non intendo in quel senso. Io dico, qualcosa di nuovo per il loro look. Per i capelli, principalmente.>>
La forchetta di Tom era scivolata dalle sue mani e caduta rumorosamente nel patto.
Doveva essere un brutto scherzo. Quel tipo non aveva tutte le rotelle apposto.
<<Per esempio,>> aveva continuato il signor Barney convinto, <<mi piacerebbe che Bill provasse a farsi una specie di rasta e mi piacerebbe anche che Tom invece si togliesse i suoi e si facesse delle treccine nere.>>
C’era stato un silenzio glaciale, di certo non voluto. Ma tutti erano rimasti senza parole.
Ma quel tipo infierì ulteriormente.
<<Sì, penso che potrei investire nei ragazzi, a patto che i gemelli si tengano alle mie condizioni.>>
A quel punto Tom avrebbe volentieri ripreso in mano la sua forchetta e piantata in un occhio a quel ricco maiale. Nessuno si era mai permesso, nemmeno per scherzo, di chiedere a lui o a Bill di cambiare il loro look.
Per principio era una cosa inaccettabile. Il loro stile era, prima di tutto, una cosa intima e personale. Era, forse, l’unica cosa vera ancora rimasta nella loro vita di tutti i giorni. Inoltre, milioni di ragazze li adoravano come dei perché erano così, amavano i capelli lunghi e sparati in aria di Bill e amavano i suoi rasta. E adesso era arrivato questo ricco stronzo e aveva preteso che cambiassero pettinatura.
Tom avrebbe voluto insultare quell’uomo in un miliardo di modi, invece si era schiarito la voce e morso il labbro inferiore.
<<Scusate, non mi sento molto bene. Ho bisogno di un po’ d’aria fresca. Con permesso.>>
Si era alzato e una schiava gli aveva mostrato la strada per il giardino.
E adesso era lì, appoggiato ad un cazzo di antico muro di una cazzo di antica scalinata che portava ad un cazzo di piano più altro del parco. Se era antico anche quello Tom non lo sapeva e non gli interessava minimamente.
Aveva il sangue che gli pulsava nelle orecchie e rimpianse amaramente di aver lasciato le sue sigarette in albergo.
<<Tom.>>
La voce di Bill lo raggiunse improvvisamente, facendolo sussultare.
Era arrivato dal lato del muro e gli si avvicinò.
<<Tom,>> ripeté, <<non è così grave. Possiamo…>>
<<Non possiamo un bel niente! Se lo scorda!>> lo interruppe il rasta acido.
<<Ma se poi…>>
<<Bill, no!>>
Tom si scostò dal fratello e voleva andarsene, ma il moro lo afferrò per un polso, costringendolo a voltarsi nuovamente verso di lui.
<<Ascoltami cinque secondi, Tom. Non è così grave come sembra. Cosa te ne frega se invece dei rasta avrai delle treccine nere? Lo facciamo per la band, lo facciamo per il successo. Non cambierà nulla.>>
Bill evidentemente non capiva e questo, più di ogni altra cosa, dava fastidio a Tom. Un fastidio quasi doloroso. Con un gesto repentino, assestò al gemello una spinta che lo fece indietreggiare di alcuni passi.
<<Non sapevo ti lasciassi vendere così facilmente per il successo.>>gli sibilò e l’ultimo termine venne pronunciato con una smorfia.
<<Vendere?!>> ripeté Bill, e avvicinandosi di nuovo ricambiò il favore con uno spintone più forte, che fece sbattere Tom contro al muro dietro di lui. Bill lo seguì e si aggrappò con le mani alla sua maglietta, scuotendolo.
<<Cambiare la pettinatura tu lo chiami ‘vendersi’? Io faccio ciò che è proficuo per i Tokio Hotel, Tom, e tu dovresti fare lo stesso. Cosa credi, che senza sacrifici potrai girovagare ancora a lungo per hotel lussuosi? Credi che senza i Tokio Hotel potrai andare avanti a fare questa vita? Scoparti tutte le tue cazzo di puttane e drogarti fino a non capire più niente?! Credi che tutto questo sia gratuito? Sì, lo è, se stai al gioco. Ma devi starci, Tom.>>
Bill abbandonò la stretta e si allontanò di un passo, per osservare meglio il viso del rasta. Quest’ultimo abbassò lo sguardo.
<<Ho questi rasta da quando ho 8 anni.>> sussurrò. C’era dolore nel suo tono di voce. Dolore e una punta di nostalgia. Bill aveva adorato i suoi capelli, sempre.
<<Sono bellissimi, Tommy! Non toglierteli mai più!>> gli aveva detto.
E adesso era lì, davanti a lui e gli stava chiedendo di toglierseli. Perché faceva così male?
Tom si sentì cingere la vita e sentì il calore di suo fratello che faceva aderire il proprio corpo con il suo. Un abbraccio caldo, famigliare.
<<Ricordati che ti adoreranno anche con le treccine scure. Siamo tutto il loro mondo e ci leccherebbero i piedi anche se fossimo pelati. Ci amano, Tom.>> sussurrò Bill nel suo orecchio.
Il rasta annuì.
Sì, alla fine l’avrebbe fatto. Per i Tokio Hotel, per il successo negli USA, per quella vita. E per Bill, se lo desiderava.
Un solo pensiero sbucò un attimo nella sua mente, come un bimbo dispettoso che gioca a nascondino e da dietro l’angolo ti fa una pernacchia.
“Riuscirò ad amarmi anche io, dopo?”

Il cielo sa come diavolo avevano fatto a passare oltre la Security e tutti i bodyguard, fatto sta che erano lì. Due ragazzine brufolose, a cui Tom ad occhio e croce concesse 16 anni a testa, stavano in piedi sulla soglia della camera di Bill.
Quest’ultimo, alzando gli occhi al cielo, afferrò due pezzetti di carta e, mentre camminava, ci scarabocchiò la propria firma, porgendoli poi alle due ragazze.
Queste afferrarono i bigliettini senza dire una parola, col volto porpora, fissavano Bill come fosse Babbo Natale.
<<Che piacere avervi incontrate.>> esclamò il rasta e stava per richiudere la porta, ma le ragazzine fecero un passo avanti.
<<Bill…se-sei bellissimo con i capelli così.>> balbettò una delle due, indicando i lunghi rasta che neri che ricadevano sulle spalle del moro.
Tom, che osservava la scena dal letto, non riuscì a trattenersi dallo sbuffare. Quelle due piccole zecche erano piombate nella loro stanza mentre lui e Bill stavano assaporando la loro serata libera, e adesso non se ne volevano più andare.
<<Oh, grazie mille, se tutte le nostre fan fossero così carine...>> sorrise il moro.
Tom sapeva che suo fratello la pensava come lui, ma fra i due, era quello che riusciva a celare meglio i suoi pensieri. Inoltre Bill aveva un’innata capacità a fare discorsi zuccherosi e smielati, che spedivano le persone di sesso femminile in estasi. Suo fratello riusciva, con i suoi discorsi, a mandare le ragazze in paradiso, mentre Tom riusciva, con i suoi di discorsi, a mandarle a letto con lui.
Dopo altri tentativi da parte di Bill, andanti tutti in fallimento, di far andare via le due sanguisughe, Tom si degnò ad alzarsi dal letto e venirgli in aiuto.
Strappò di mano al gemello il pennarello nero e, abbassando di un po’ il top già di per sé abbastanza corto della prima ragazzina, le autografò il decolté.
La ragazza in questione arrossì ancora di più e iniziò a tremare impercettibilmente, ma Tom non la degnò di un ulteriore sguardo. Si dedicò invece alla sua amichetta, a cui riservò lo stesso trattamento.
<<Tom, sei divino con le treccine.>> gli disse quest’ultima mentre veniva autografata.
<<Grazie, ora scusate.>> fu la risposta secca del treccino.
<<Siete due angeli!>> fu l’unica cosa che riuscirono a dire le due prima di ritrovarsi la porta sbattuta in faccia.
Bill scoppiò a ridere tornando a sdraiarsi sul letto.
<<Come hanno fatto ad arrivare fino a qui non lo so.>> esclamò fra le risate.
Tom gli si sdraiò affianco.
<<Non lo so e non mi interessa. Erano orribili e senza tette.>>
Il moro ridacchiò nuovamente, poi tornò improvvisamente serio e stampò al treccino un bacio sulle labbra.
<<Non possono essere tutti belli come noi. Non l’hai sentito? Siamo due angeli.>> esclamò.
Tom gli passò una mano fra i rasta scuri, sorridendo.
<<Punto per te.>>
<<Per noi.>> lo corresse Bill, e ricambiò le carezze passando una mano fra le trecce nere del gemello.



La superbia convertì gli angeli in demoni.


 
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VOTO: (4 voti, 5 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 5 commenti
Rif.Capitolo: 2
no-one-here - Voto:
12/03/12 19:16
non era la cocaina a rendere euforici?
La cocaina mi sembrava facesse altro...
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

jen90p - Voto: 04/07/10 17:04
Oh dio mio!! Ma è FANTASTICA!! Ti prego, continua!! **
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

Rif.Capitolo: 4
eragorn
16/11/09 20:57
Stupendaaaaa, continuaaaaaa!!!
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

Rif.Capitolo: 1
emoemi - Voto:
25/06/09 15:39
wow bellissimaaa!!!
Già il titolo prometteva bene....ti prego continua
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

Rif.Capitolo: 1
pikkolagio - Voto:
24/06/09 22:49
Bellissimaaa.. continua prestooo.. Troppo stupenda! Brava XD
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

 
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