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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: SECONDA STELLA A DESTRA, QUESTO È IL CAMMINO...
Genere: Sentimentale, Romantico, Drammatico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Shounen Ai
Autore: frika galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 21/06/2009 17:35:51 (ultimo inserimento: 25/06/09)

Un francese ed un italiano. Vogliono stare insieme ma il mondo sembra girare al contrario per evitarlo...La felicità è così enigmatica ed astratta...
 
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PICCOLA FUGA...
- Capitolo 1° -

*Piccola nota: ogni riferimento è puramente casuale.(Il racconto è inventato anche se l'ambientanzione è reale. Per esempio i cognomi dei personaggi ed i nomi delle città sono reali, ma prese a caso. Mentre il titolo è chiaramente una parte del testo della canzone L'isola che non c'è, che mi ha ispirato.*


La stanza era gradevolmente illuminata, all'apparenza accogliente.
-E’ confortante trovarsi accanto a qualcuno sapendo che ci puoi sempre contare e che, qualsiasi cosa succeda, resterà al nostro fianco per il semplice piacere di esserci. Penso che sia il modo più diretto per spiegare cosa sia lui per me.-
Kaoru aveva già diciannove anni e le parole gli venivano fuori senza che prima le pensasse. Non venivano dalla mente ma da un posto molto più speciale. Si era stufato di sentire le domande che gli venivano poste, sempre più allusive ed invadenti.
Chi era quella donna che voleva scoprire tutto su di lui? La vedeva così alta, rinchiusa in se stessa e sicura che la propria idea valesse più della sua.
-Perché non mi racconti qualcosa di questo sentimento, Kaoru.-
Quella donna. Tornava ad invadere i suoi sentimenti riferendosi a loro come un “qualcosa”.
-C’è molto più di “qualcosa”! Dipende da ciò che vuole sapere.-
-Parla di ciò che preferisci, raccontami un momento che ti ha particolarmente colpito.-
-Colpito? Mi colpisce il fatto che sopporti ogni giorno il mio carattere!-
Ormai si trovava li, doveva risponderle ma quella domanda gli sorse così banale…tuttavia la risposta non lo era. Dovette calibrare ogni singolo particolare, ogni episodio, per poterla valutare al meglio. In ogni caso non venne fuori con la grandezza che voleva dargli.
-Perché, cos’ha il tuo carattere?-
-Il mio carattere…Ho molti difetti, il peggiore penso sia quello che mi induce a comportarmi spesso d’istinto e quindi duramente. Infatti, mi trovo spesso a bistrattarlo-.
-Tutti hanno dei difetti, Xavier non ne ha?-
Kaoru rise secco e nervoso.
-Certo che ne ha! Come ha detto lei nessuno è perfetto. Ma sono i pregi che valgono, non i difetti.-
-Quali pregi puoi indicarmi di lui?-
Il modo con il quale glie lo chiese…Sembrava quasi che per lei LUI non potesse avere pregi.
-Riesce sempre a capire i miei stati d’animo, sapendomi rallegrare se sono triste…Più di questo. Ogni momento condiviso con lui ha più sapore che vissuto da solo.-
Era agitato. Si confortava giocherellando con le dita con la catenella che aveva al collo.
-Ma se tu lo condividessi con qualcun altro, un altro amico o un’amica, non sarebbe la stessa cosa?-
-Il rapporto tra di noi è troppo ben instaurato e consolidato con il tempo, non mi convincerà a rinunciarvi.-
-Io non voglio che rinunci a qualcosa.-
-Lei forse no ma se non sbaglio “qualcuno” ha deciso che io venga qua apposta per questo.-
-I tuoi genitori sono solo preoccupati per te, come tutti i genitori, vogliono solo il meglio per proprio figlio.-
In quel momento Kaoru stava riversando il risentimento e la sorpresa, provati grazie ai suoi genitori, su di lei. Sbuffò ripensando a quando lo portarono da quella donna. Una visita psichiatrica. Non gli avevano detto niente, l’avevano solamente portato li. Si sentiva tradito perché pensava di poter porre tutta la fiducia che aveva nei suoi genitori. Era sempre stato un figlio invidiabile, corretto e gentile. Bravo a scuola, bravo a casa, bravo nello sport, affettuoso ed obbediente. Era stato educato con severità perciò non era l’educazione a mancargli e in quel momento si sentiva fin troppo buono per aver dato troppa fiducia. Chiuse gli occhi e ponderò le parole che avrebbe buttato fuori aspre come un sibilo e velenose come un aspide.
-Perché i genitori non capiscono che la loro comprensione è il meglio rispetto ad ogni altra cosa, per i propri figli. Se i miei genitori mi avessero compreso, o anche solo provato a farlo, io non sarei qui a far porre dei dubbi sui miei sentimenti da un’estranea che pensa di saperla lunga.-
Non ebbe altre reazioni, spostò solo lo sguardo dritto negli occhi della donna.
Kaoru sapeva bene come la pensava sull’argomento e come invece la pensassero lei e i suoi genitori. Sapeva anche che ne sarebbe venuto fuori un lungo discorso intricato e ramificato in più punti e morì dentro sapendo che avrebbe dovuto affrontarlo.
Alcuni minuti dopo la psicologa accompagnò fuori Kaoru e s’intrattenne in privato con i genitori. A lui tutto questo sembrava ingiusto ed offensivo. Era un ragazzo di larghe vedute, molto elastico e comprensivo: se i suoi genitori ne avessero parlato direttamente con lui avrebbe affrontato il discorso con molta più serenità evitando brutti sentimenti, come quello che provava in quel momento fuori dalla porta.
Tornarono a casa in auto, era sera ed era buio. Il Signor Marra, il padre, guidava silenzioso. I suoi genitori gli avevano lanciato occhiate acide senza parlare. Forse pensavano che il silenzio fosse più signorile, o che l’argomento fosse troppo imbarazzante. Come da risposta nemmeno lui proferì parola ma i suoi occhi, seppur tenere fessure, parlavano molto. Li aveva osservati uscire scontenti dallo studio con occhi languidi e stanchi, quasi imploranti ma conservando sempre quella fiamma piena di tenacia che lo caratterizzava.
Tornati a casa il ragazzo sentiva, dal pian inferiore, sua madre discutere con suo padre. Si stese sul letto e chiuse gli occhi cercando di non ascoltare pensando ad altro ed inevitabilmente il pensiero finì su l’unica persona che lo faceva sentire al sicuro. Tornò con la mente addietro nel passato, rivivendo i momenti che la psicologa aveva cercato di “sondare”.

Era notte ed il cielo era nero e nuvoloso.
Accese il computer e si collegò ad internet, facendo il login su Skype ed osservò la lista dei contatti sorridendo. Era online. Dopo pochi secondi ricevette la sua chiamata, una chiamata dall’Italia.
-Ciao! Come stai?-
-Stanco ma bene, tu?-
-Anche. Allora, sai quando torni?-
-Il 13 settembre. La prossima settimana!-
Esclamò Kaoru entusiasta.
-Poi per la scuola cosa farai?-
-Devo sentire mio padre, ha sbrigato tutte le faccende lui.-
-Io frequento sempre il liceo artistico, magari ci troviamo assieme, se non sbaglio avevi detto di voler continuare a fare una cosa simile.-
-Si ma non so bene ancora. Potrei restare lì a Sansepolcro con te, come finire ad Arezzo.-
-No, laggiù no! Ci vuole un’ora per arrivarci.-
-Bé, saremmo sicuramente più vicini di adesso…-
Disse sorridendo Kaoru, fu un peccato che Xavier non potesse vederlo perché era un sorriso davvero carino.
-Mi hai fatto odiare il Giappone, lo sai?-
-Recupereremo il tempo perso… Ora vado a dormire Xavi, qua è tardissimo!-
-Qua è mattina!- Rise -Ok allora ci sentiremo domani.-
-Va bene, allora notte.-
-Notte.-
La chiamata si chiuse e nella stanza di Kaoru regnò nuovamente il silenzio. Sorrideva, gli aveva fatto piacere sentirlo. Parlava con lui quasi ogni giorno grazie a Skype, un programma utile in questi casi: si trovavano lontano a 11 ore d’aereo di distanza, ma lui già assaporava il momento in cui sarebbe tornato a casa, in Italia.
Tre anni fa andò ad abitare con gli zii, che a Tokio avevano un ristorante italiano. Suo padre, Federico Marra, era un uomo d’affari ed era fuori città per lavoro mentre la madre, Rossella, assisteva suo padre che aveva da poco subito un intervento. La situazione era un po’ traballante ed i genitori raggiunsero la decisione di far fare al figlio una specie di vacanza. Sarebbe dovuto tornare entro alcuni mesi, ma la cosiddetta vacanza si allungò, posticipando il ritorno di altri mesi e di altri ancora. Anche Kaoru odiò il Giappone in quei tre anni. Xavier era diventata un’amicizia molto speciale e la mancanza delle giornate passate assieme avevano creato in lui molta agitazione.
Quando finalmente l’aereo atterrò a Fiumicino l’agitazione si attenuò, per poi scomparire del tutto.
Lo stesso giorno si rincontrarono, nella città di Sansepolcro dove Xavier frequentava il liceo artistico.
-KAORU!-
-Xavi, eccoti!-
-Finalmente ti rivedo di persona!-
Xavier era travolgente e accolse il ragazzo con un abbraccio caloroso.
-Ahia, mi soffochi!-
-Scusa, scusa.- Sorrise facendo brillare i denti alla luce.
-Ti sei tinto i capelli!- Esordì Xavier indicandolo.
-E tu te li sei tagliati!- Sbottò, sempre sorridendo, l’altro.
-Dai andiamo a prenderci un caffè.-
-Ok, dove?-
L’accoglienza non era numerosa ma di gran qualità o almeno era questo che pensava fra se e se Kaoru mente parlava del più e del meno, attraversando il corso principale della città.
Era una bella sensazione per lui, quella di sentirsi a casa ed al sicuro.


Quella sensazione gli parve oro in quel momento che si sentiva così solo. I suoi genitori, nonostante la maggiore età, continuavano ad ostacolare quella che per lui era una vita perfetta. La sua famiglia era molto unita e le facoltà finanziare di suo padre permettevano loro una vita discreta. Sarebbe stato tutto perfetto se avessero chiuso un occhio su quell’affetto particolare. Sentiva che stavano rovinando tutto.
Sentì un rumore alla finestra ed aprì gli occhi. Guardò la sveglia, era già l’una di notte. Aveva passato molto tempo a riflettere e si chiese se era stata la sua immaginazione, richiudendo gli occhi, quando un altro colpo secco e più forte giunse dalla finestra.
Si mise a sedere e si rese conto che i rumori erano i classici sassi tirati alla finestra. Scostò la tenda, fuori era buio. Aprì il vetro ed un sasso gli passò accanto entrando nella sua stanza sbattendo sul muro.
-Ma cosa fai!- Cercò di farsi sentire Kaoru, mantenendo comunque la voce bassa.
-Racca?- Kaoru non vedevo chi parlava, era ancora troppo buio per i suoi occhi e la zona non era illuminata, ma capì immediatamente chi potesse essere.
-Jè?-
-Oh, vieni giù!-
Racca, pensò fra se e se Kaoru a come non avesse mai smesso di soprannominarlo così ma non si stupì, Jessica amava dare i soprannomi e abbreviazioni, e Kaoru era Racca per lei ed il loro gruppo di amici.
-Ma che dici? Anzi cosa cavolo ci fai qui?!-
-Dai Racca, vieni giù andiamo a divertirci poi ti riporto a casa!-
-Sei pazza? Se mi scoprono i miei mi disintegrano!-
-Ma che t’importa, dai su! Hai 19 anni!!-
Gli occhi si erano abituati al buio e ora vedeva, lievemente illuminata dalla luce della stanza, la piccola figura di Jessica e i suoi classici boccoli neri.
Dietro di lei una macchina parcheggiata.
-Ma dove?-
Chiese Kaoru, considerando l’idea di divertirsi quella notte.
-Al giro!-
Era sempre stata buffa quella ragazza per lui, avevano la stessa età ed il dialetto toscano tipico di Sansepolcro era una delle sue maggiori caratteristiche.
-Aspetta! Ora scendo.-
Sentenziò deciso Kaoru ripetendosi nella mente che dopo 19 anni di obbedienza e diligenza si poteva passare sopra ad una scappatella.
Era davvero la prima volta che trasgrediva le regole, soprattutto quelle dei suoi genitori, e non amava farlo. Ma c’era un motivo particolare per il quale in quel momento “il Racca” stava scendendo dalla finestra con un po’ di insicurezza.
Jessica diede una pacca sulla spalla del ragazzo e si mise alla guida mentre lui restò ad osservarla ed osservare gli altri ragazzi che l’aspettavano in macchina mentre bevevano quella che gli sembrava birra.

 
Continua nel capitolo:


 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
tanichan - Voto: 21/06/09 23:40
molto bella complimenti aggiorna presto sono curiosa ^^
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