torna al menù Fanfic
torna indietro

MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: InuYasha
Titolo Fanfic: **SPINSTER**
Genere: Comico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, OOC, AU
Autore: niobe88 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 20/06/2009 18:40:22

"E’ al contrario!". "...Come?". Sesshomaru prese il foglio dalle sue mani, lo girò, e glielo porse. "La stava leggendo al contrario!"
 
Condividi su FacebookCondividi per Email
Salva nei Preferiti
   
UNICO
- Capitolo 1° -

**Spinster**



2° Classificata al *Four Seasons - Inuyasha Contest* indetto sul forum di EFP










Nella poesia “Zittella Sylvia Plath (1932/1963) parla all’inizio una passeggiatta romantica, e una ragazza con il suo fidanzato, durante una giornata di aprile. Il tuto avviene in una giornata di primaverile, e la giovane viene sconvolta perché la primavera è troppo disordinata e disorrganizzata. La primavera è come l’amore che è disorrganizzato, quindi lei in realtà rifiutta l’amore e non proprio la primavera.
Preferisce invece l’inverno perché non c’è disordine, quindi è come dire che preferisce che non c’è l’amore.
Per questo alla fine si chiude in casa, e non ci vuole farci entrare nessuno, e per questo rimane zit
tella.
La poetessa scrive questa poesia perché non le piace l’amore e vuole rimanere zit
tella


Yota Honda 2-D











Timoroso, alzò lo sguardo verso la cattedra al suo fianco, allontanando appena il colletto della divisa con l’indice nel sentire l’aria farsi risucchiare via dai polmoni.
La risatina mal trattenuta di qualche suo compagno di classe non fece che aumentare la sua paura, ma cercò di non farci caso.

Il suo professore, seduto compostamente su una comoda sedia girevole, allontanò da se il foglio a righe che aveva appena letto ad alta voce, piegandolo a metà in un gesto lento e, in qualche modo, elegante della mano.

"E’ questa la tua relazione, Yota?"



Yota, che stava studiando la forma quadrata delle mattonelle del pavimento –quasi sperando che si aprisse un varco sotto di lui e lo facesse scomparire nelle viscere della terra-, ingoiò un pugno di saliva, e fu come se un sasso gli si fosse incastrato nella gola.
Annuì, rosso in volto, senza osare alzare lo sguardo verso il professore.

Le occhiate curiose degli altri ragazzi gli sembrarono pugnalate contro il petto, e rabbrividì.



"Mi sembra un po’ corta per essere una relazione! Tu non credi, Yota?"
"N-non sapevo che altro aggiungere, professore!"




Altri risolini, rumore di unghie che scivolano sulla carta –e Yota continuò a non guardare più in alto delle sue scarpe-, silenzio.



Uno.
Due.
Tre.
Quattro.
Cinque.
Sei.
Set…



"…lascia che ti dica dove hai sbagliato! Innanzitutto, Yota, non credo che tu abbia inteso il vero significato di questa poesia, o sbaglio?"
"…i-io…!"


"Hai detto bene che la primavera, in questo caso, è intesa come l’amore! La ragazza, come hai detto tu, sta facendo una passeggiata con un suo spasimante e rimane spiacevolmente colpita dalla natura caotica di questa stagione! Nella primavera, come nell’amore, c’è solo disordine, nulla è al posto in cui dovrebbe stare! E hai detto bene anche quando hai affermato che questa giovane preferisce l’inverno…!"



Inverno


Il ragazzino, come richiamato dal suono di quella parola, alzò subito il viso verso il suo insegnante, incrociando uno sguardo severo e pungente che lo fece arrossire come un semaforo.

Senza accorgersene, cominciò da studiare il colore chiaro dei suoi capelli –una soffice, lunghissima cascata di neve-, il tono neutro della sua voce –spifferi affilati di vento gelato-, quelle schegge di ghiaccio giallo che lo scrutavano con assoluta sufficienza, congelandolo fino alla punta dei capelli.
Tutto, in Sesshomaru no Taisho, era rigidamente, indiscutibilmente perfetto.



"…una stagione in cui tutto è dove deve stare! Non c’è l’ombra di imperfezione nell’inverno! Però, Yota, cosa ti fa pensare che Plath e questa ragazza siano la stessa persona?"
"…Bhe… non so’… l’ho letto da qualche parte…!"

"Se hai letto la biografia di Sylvia Plath, allora forse saprai che si era sposata per ben due volte, e che era tutto tranne che zitella!"



L’insegnante assottigliò lo sguardo.
"E se avessi preso appunti invece di usare il tuo quaderno per disegnare shojo…!"


Yota spalancò gli occhi, impietrito, aprendo la bocca per ribattere ma senza riuscire a emettere un solo suono.
Le risate mal trattenute di un gruppo di ragazze si levarono dal fondo dell’aula.


"…avresti saputo che la casa dell’ultima strofa è intesa come il cuore di questa ragazza: lei non si chiude in casa, Yota, lei chiude il suo cuore per impedirsi di cadere nel tranello turbinoso dell’amore! Ora hai capito?"



Senza attendere risposta, l’uomo gli porse il foglietto -che aveva appena finito di piegare in quattro parti esatte-, e gli fece cenno di andare a sedersi.

"Lo rifarai daccapo per domani! E non in giapponese, Yota: questa è una lezione di inglese, non di letteratura!" concluse, alzandosi in piedi e guardando l’ alunno dileguarsi al suo posto e nascondere la faccia tra le mani.


Invitando la classe al silenzio con un’occhiata severa, aprì un libro e si spostò davanti alla cattedra, ordinando a una ragazza del primo banco di leggere il testo della pagina 74.

Midori si alzò, facendo dondolare in modo buffo le sue grosse trecce legate da sgraziati elastici di Hallo Kitty, e si schiarì la voce con un colpo di tosse prima di iniziare la lettura:




The boast of heraldry, the pomp of power,
And all that beauty, all that wealth e'er gave,
Awaits alike the inevitable hour.
The paths of glory lead but to the grave.

Nor you, ye proud, impute to these the fault,
If Memory o'er their tomb no trophies raise,
Where through the long-drawn aisle and fretted vault
The pealing anthem swells the note of praise.(*)
[…]






Midori continuò a leggere fino a quando il trillo della campana non annunciò la fine dell’ora, per poi riporre il libro nella sua cartella mentre il professor No Taisho assegnava per compiti a casa una relazione sul brano che avevano appena letto in classe -“Si, Yota, tu ne farai due!”-.


Tutti si alzarono in piedi ed eseguirono un inchino di saluto, per poi affrettarsi a raggiungere l’uscita trascinandosi dietro le sacche con l’occorrente per la lezione di educazione fisica.


Sesshomaru, che aveva cominciato a sgombrare la cattedra dalle sue cose, non appena si accorse che l’aula si era già svuotata, si concesse un sospiro di stanchezza, maledicendo il cane dei vicini che gli aveva impedito di chiudere occhio per tutta la notte.


La mano scivolò sul libro di poesie che aveva tenuto aperto per tutta la lezione, sfiorando la carta ruvida dei fogli con la punta delle dita.
Attratto dalle forme bizzarre dell’inchiostro stampato sulla pagina, la lesse, senza pensare:




[…]
Da questo tumulto afflitta,
osservò i gesti di lui squilibrare l’aria
e il suo passo zigzagare
tra un selvaggio rigoglio di felci e fiori.
Giudicò i petali arruffati
e tutta la stagione sciatta.





Guardò fuori dalla finestra aperta, dove il rosa dei ciliegi in piena fioritura si mischiava con l’azzurro di un cielo senza nuvole. L’odore dolciastro degli alberi arrivava fastidiosamente alle sue narici, dandogli un senso di nausea che non ricordava di aver mai provato quando ancora viveva a Londra e di fare l’insegnante non gli passava neanche per la testa.

Alzò il libro, e lesse ancora, arrivando alla quarta strofa della poesia:





[…]
Un tradimento da non tollerare. Che gli sciocchi
barcollassero storditi nella folle primavera.




'Parole sante!', si disse, prima di chiudere la sua borsa e affacciarsi nel corridoio, cercando di ricordarsi in quale classe avesse la prossima lezione.


L’afa stomachevole di quella giornata tanto soleggiata gli arrivò come un pugno sul naso, facendogli serrare le labbra in una piccola smorfia di disgusto.
Dirigendosi verso le scale, ringraziò che, almeno, nel corridoio non ci fosse anima viva, assaporando uno di quei momenti di silenzio e tranquillità di cui raramente poteva godere dentro la scuola…





"…Signore! Aspetti, signore! Ehi!"



Sesshomaru socchiuse le palpebre, assordato da una voce squillante che non ricordava di aver mai sentito prima.

Quando si fermò, voltandosi per vedere chi mai lo stesse chiamando, vide una piccola donna correre goffamente verso di lui, rischiando più di una volta di scivolare nelle sue stesse scarpe.
Alzò un sopraciglio quando se la ritrovò davanti, le mani piegate sulle ginocchia e la testa china nel tentativo di riprendere fiato.
Quando incrociò il suo sguardo, per un attimo gli sembrò di avere di fronte una semplice studentessa, ma scartò l’ipotesi quando si accorse che al posto della divisa scolastica indossava un tailleur che la rendeva simile a una bambina troppo cresciuta.

La vide rimettersi dritta con la schiena e stringere le mani davanti al grembo.



"Buongiorno! Mi scusi se la sto disturbando!"
Inchino.
"Ma sa, sono già tre persone che non sono riuscite ad aiutarmi! Prima stavo parlando con un signore che poi è scappato via, non riesco a capirne il motivo! Stavo solo cercando un’informazione, non sono mai stata qui e purtroppo non ho un grande senso dell’orientamento! Sa, a volte anche per tornare a casa rischio di perdermi, mi sono appena trasferita a Tokyo e ancora non conosco bene i quartieri di questa città! E’ enorme! In confronto Osaka è…!"


Si interruppe, e solo allora Sesshomaru sembrò rendersi conto di aver assunto la stessa espressione di chi sta guardando un pazzo scappato dall’ospedale.
Ma si ricompose subito.

"Oh! Mi scusi, sto qui a chiacchierare quando lei si starà chiedendo perché l’ho fermata!"
Inchino.
"Mi scusi! Davvero!"
Inchino.
"Volevo solo chiederle se sa dove si trova l’ufficio del preside!"


"L’ufficio del preside…!" ripeté Sesshomaru, con l’inspiegabile impulso di allontanarsi da quella donna-bambina il più in fretta possibile.
Pericolo, urlava il suo affidabilissimo intuito, ma stavolta si impose di ignorarlo, non vedendo cosa mai potesse avere di pericoloso una ragazza dal viso infantile e un po’ chiacchierona.


Lei, ignara dei suoi pensieri, gli regalò un sorriso luminoso.
"Si! Sono Rin Watase! Molto piacere!"
Inchino. Inchino.
"Sono una professoressa di filosofia! In realtà avrei dovuto cominciare all’inizio dell’anno scolastico, ma sono stata ricoverata all’ospedale perché sono caduta dalle scale e mi si è rotta la gamba…! Sarei dovuta essere nell’ufficio del preside per le nove, ma mi sono persa e non ho idea di dove sia!"


La ragazza alzò un foglietto di quaderno che aveva stretto nel pugno, mostrandoglielo. "Mi sono fatta disegnare una piantina, ma non riesco comunque a trovare l’ufficio! Lei mi può aiutare? Non so’ più dove…!"

"E’ al contrario!"
"…Come?"


Sesshomaru prese il foglio dalle sue mani, lo girò, e glielo porse.
"La stava leggendo al contrario!"



Lei spalancò gli occhi in un’espressione sorpresa, sussurrando un “Oh!” mentre si sfiorava le labbra con una mano.
"Ah! Ma certo! Ora capisco!"
Sorrise, raggiante. "Grazie mille signore! Ora troverò di certo l’ufficio del preside!"
Altro inchino.


"E’ stato gentilissimo! Grazie!"

"Di nulla! Buona giornata!"





Sesshomaru, trattenendo un sospiro di sollievo, le dette le spalle e ricominciò a camminare, accelerando il passo quando si accorse che doveva essersi fatto tardi.

Strinse il manico della sua borsa e cercò di ricordarsi dove era rimasto col programma della Terza classe della sezione F.
Shakespeare. Amleto. Compito in classe. E doveva spostare Eto di posto per evitare che copiasse dal vicino. E controllare i banchi per assicurarsi che non ci fosse scritto niente come l’ultima volta…



Sesshomaru raggiunse le scale, toccò il primo gradino col piede, poi si fermò.
Guardandosi le spalle, entrambe le sopraciglia sparirono sotto la frangia d’argento.


"Ha bisogno di qualcos’altro?"



Rin alzò lo sguardo verso il suo, e arrossì.
"Oh, no! Assolutamente! Lei è stato fin troppo gentile con me! Stavo solo andando dal preside, sa, sono davvero in ritardo!"
Sorrise, senza capire il motivo per cui lui la stesse guardando in quel modo.

"Q-qualcosa non va? La disturbo se faccio la strada con lei?"
"Signorina…!"


Sesshomaru si voltò completamente, scrutandola negli occhi neri come il carbone, incredulo di ciò che le sue orecchie avevano appena sentito.
"L’ufficio del preside è dall’altra parte!"



Di nuovo, Rin spalancò la bocca, guardandolo come se non avesse capito il senso delle sue parole.

"M-ma… ma…!" alzò il foglio che aveva in mano e lo portò davanti agli occhi, studiando il disegno della piantina con attenzione, per poi girarlo tra le dita.
"…non è possibile, sono sicura di aver seguito le indicazioni…!"

Lo rigirò ancora e ancora, cercando di leggere una soluzione al suo problema tra tutte quelle righe e frecce disegnate con una penna azzurra.
Poi si bloccò, fissando l’inchiostro sulla carta con uno sguardo vuoto, e gli occhi le si riempirono di lacrime.



Sesshomaru, seppur impercettibilmente, impallidì.

Fissò con una punta di terrore quella ragazza che stava per scoppiare a piangere, e si guardò attorno in quel corridoio completamente vuoto, cercando l’aiuto di qualcuno per la prima volta in vita sua.
Il desiderio di fuggire da quell’assurda situazione si fece più forte dentro di lui, seppur l’espressione rigida del suo viso non lo desse minimamente a vedere.


"…l’accompagno!" tentò, pronunciando a fatica quell’unica parola.



La ragazza, allora, alzò lo sguardo verso di lui, gli occhi completamente asciutti e un sorriso di puro sollievo sulle labbra color pesca.
"Davvero? Lo farebbe? Grazie, mi sarebbe di enorme aiuto! La ringrazio!"
Inchino. Inchino. Inchino.




Sesshomaru non disse nulla, limitandosi a superarla e a percorrere il corridoio con l’indifferenza dipinta sul volto.
Non aiutava mai le persone quando erano in difficoltà, ritenendo chi non riuscisse a cavarsela da solo una scocciatura e una stupida perdita di tempo.
Ma aveva la sensazione che, se non si fosse liberato presto di quella strana -pazza!- ragazza, non sarebbe più riuscito a scrollarsela di dosso.


"Aspetti!"

Rin accelerò il passo per portarsi affianco a lui, guardandolo dal basso della sua statura e rivolgendogli un altro sorriso.

"Davvero, la ringrazio! Lei è l’unico che è stato tanto gentile da accompagnarmi! Gliel’ho detto, uno è addirittura scappato, ma forse perché oggi ho i capelli un po’ arruffati e devo avergli fatto paura!" ridacchiò dolcemente, osservando il suo profilo.
"Piuttosto, posso sapere il suo nome? Non conosco ancora nessuno qui, solo un ragazzino di nome Hikaru che deve avermi dato un’indicazione sbagliata…!"



Lui non la degnò di uno sguardo, ignorando un feroce mal di testa che già aveva cominciato a picchiettare dolorosamente sulle sue tempie a causa di quella vocetta fastidiosa.
"Sono Sesshomaru N…!"

"Piacere, Sesshomaru-san!" lo interruppe Rin con entusiasmo.



L’emicrania aumentò pericolosamente, facendolo irrigidire come un manico di scopa: odiava farsi chiamare per nome dai colleghi o dagli sconosciuti.
Pensò di lanciarle uno sguardo, uno di quelli raggelanti che mettevano in riga chiunque facesse una cosa che non gli andava a genio, ma poi cambiò idea, decidendo invece di godersi quell’attimo di silenzio che si era creato tra loro.



Uno.
D…




"Lei non è giapponese, vero? Ha dei capelli bellissimi, si capisce che non sono tinti! Anche gli occhi, sono di un bel colore, sembrano d’oro! Però i suoi lineamenti sono nipponici! E’ un meticcio, vero? Ho indovinato? Ha genitori europei? O americani? Anche l’accento è strano, significa che non ha vissuto sempre in Giappone, è così? E’ fortunato, io non sono mai stata all’estero, non sono neanche mai salita su un aereo! Di dov’è? Posso saperlo? Non la disturba se glielo chiedo, vero? …Ma si sente male?"




Sesshomaru trattenne il respiro, rafforzando la presa della mano attorno al manico della sua borsa per impedirsi di stringere il collo di lei.


"Non sta bene? Vuole sedersi? E’ per il caldo, vero?"
"Sì! E’ solo il caldo!" ringhiò, senza darsi pena di trattenersi.



Non aveva mai nascosto la sua antipatia verso qualcuno, e non vedeva il perché avrebbe dovuto cominciare in quel momento, con una ragazzina che stava inconsapevolmente riducendo in briciole tutta la pazienza di cui disponeva.
Si voltò, gli occhi ridotti in due terrificanti fessure, pronto a farle capire una volta per tutte che se non avesse chiuso la bocca in quel preciso istante non avrebbe più avuto occasione di pronunciare un’altra singola parola.
Ma ciò a cui rivolse il suo sguardo assassino fu solo il termosifone e il vetro mal lavato della finestra.



Si fermò, incerto, e si girò su se stesso quando si rese conto che Rin aveva rallentato il passo cercando qualcosa nella sua borsetta.
Quando, con sguardo trionfante, tirò fuori una bottiglietta di the verde, lo raggiunse con quattro saltelli.
"Beva questo! Non ho altro, andrei a prenderle qualcosa di più fresco ma non so dove avete la macchinetta delle bibite qui…!"


Sesshomaru sentì quasi la mascella sprofondare sul pavimento, ma mantenne l’espressione ghiacciata e impenetrabile di sempre. "Non ce né bisogno! La ringrazio!"

"Ma ne è sicuro? E’ pallido, sa? Non avrà la febbre? Succede nel cambio di stagione, siamo già a primavera! Oh, io l’adoro, è la mia stagione preferita! Piace anche a lei?"



Primavera.



Senza sapere il perché, gli tornò alla mente la poesia di Sylvia Plath, e lo sguardo gli cadde su quella ragazza che in pochi minuti lo aveva tanto sconvolto come nessun altro era riuscito a fare in vita sua.

Aveva i capelli scuri, lunghi e spettinati -che sapevano di fiori, e di rugiada-, la voce era allegra e terribilmente squillante -sembrava quasi il canto di un uccellino-, gli occhi che splendevano come due soli neri, quasi bruciavano tanto calore emanava quello sguardo.




"…Sto bene!" sibilò, gelido, prima di voltarsi.
Ricominciò a camminare come se nulla fosse stato, e sentì la sua nuova collega affiancarsi a lui e ricominciare a parlare, chiedendogli se davvero non volesse sedersi da qualche parte o togliersi la giacca.
Stavolta, senza capirne il motivo, non si arrabbiò, limitandosi a ignorare quella fastidiosa e continua parlantina.





Quando si accorse che erano arrivati a destinazione, qualcosa dentro di lui sussultò di sollievo, ma non lo dette a vedere.

"Siamo arrivati!" le fece notare, con voce pacata e sguardo fermo.
Le indicò una porta diversa dalle altre, di colore verde, e la sentì sospirare dalla contentezza.



"Sul serio? Meno male! La ringrazio davvero, Sesshomaru-san!"
Inchino.
"Se non fosse stato per lei non so’ cosa avrei fatto! Mi ha accompagnata anche se si sentiva poco bene!"
Inchino.
"E’ stato gentilissimo! La prossima volta spero mi permetterà di ricambiarla in qualche modo! Le auguro una buona giornata!"
Inchino. Inchino. Inchino.


Sesshomaru aspettò che finisse di ringraziarlo e che gli desse le spalle, poi si voltò a sua volta, lieto -finalmente- di non sentir più volare una mosca, e godendo di quel lussureggiante silenzio come un nomade che trova l’acqua nel deserto.

Decise, visto il ritardo, di prendere direttamente l’ascensore per arrivare in classe -Ritardo di mezzora. Rimandare il compito a domani. Interrogare qualcuno su Jane Austen…- , ma non aveva fatto in tempo a compiere più di qualche passo che un rumore spacca timpani l’aveva fermato.


Quando, istintivamente, si voltò, da lontano vide Rin a terra, la borsa aperta con fogli e monetine sparse da tutte le parti, la biglia trasparente sulla quale doveva aver scivolato che rotolava sul pavimento.




Non si rese conto d’aver corso fino a quando non si ritrovò inginocchiato davanti a lei e con il respiro spezzato dentro la gola.

"Sta bene?" domandò, stupendosi di quella sua stessa domanda che non era riuscito a trattenere.



Quando cominciò a chiedersi cosa mai gliene importasse della salute di quella femmina pazza e assurda, lei, borbottando qualcosa, alzò il viso verso il suo, mostrandogli un sorriso misto ad una smorfia di dolore.
"Sì, certo!" lo rassicurò, ridacchiando, rossa per l’imbarazzo.
"Non si preoccupi, non faccio che cadere! Gliel’ho detto che mi si era rotta la gamba perc…! Perché mi guarda così?"


"…Perde sangue!"
"Sangue?!"


La ragazza, guardandolo con stupore, si portò una mano all’altezza del naso, sentendo qualcosa di caldo scivolarle lentamente sulla pelle del viso, fino al mento. Guardò le sue dita, rosse, e uno sbuffo le sfuggì dalle labbra.
"Accidenti!" farfugliò, senza sembrare troppo preoccupata per la cosa, come se per lei sanguinare dal naso non fosse affatto una novità.

"Non si deve preoccupare, non è niente! Solo…!"
Rin, portandosi in ginocchio, afferrò dal pavimento un quaderno con delle fragole sulla copertina, e una sottile penna blu caduta poco lontano.
Li porse a Sesshomaru, sorridendogli calorosamente, senza badare alle goccioline rosse che stavano macchiando il pavimento immacolato.

"…sarebbe così gentile da farmi una piantina per raggiungere l’infermeria?"










Come desiderò l’inverno allora-
Sempre austero nel suo ordine
di bianco e nero
[…]
Qui invece – un turgore
così scomposto da gettare i suoi cinque regali sensi
in volgare accozzaglia-








'…Parole sante!'


















°°°
(*)"Elegy Written in a Country Churchyard" (vv 33-40), Thomas Gray






Un'altra idiozia appena sfornata XD! sembra ci stia prendendo gusto. più che altro, pare che studiare Sylvia Plath dia strani tipi di ispirazione u_u" (a proposito, lascio più sotto la poesia per chi volesse leggerla per intero ^_^).
FF nata per il Four Seasons - Inuyasha contest, indetto da Roro ed Emiko sul Forum di EFP, le quali hanno dato il permesso di pubblicare le ff partecipanti non appena consegnate alle giudici.. e così, eccomi qui =P.


Ero certa, certissima che non avrei visto neanche l'ultimo posto.. Sesshomaru-insegnante l'ho già usato in un'altra ff per un contest indetto sempre da Rò-chan ed Emi-chan (che furba sono eh? -o-"), quindi già per l'originalità mi toglieranno tutti i punti XD!
Pensandoci, questa è la mia prima vera SesshomaruXRin, anche se credo dipenda dai punti di vista u___u"""".
E invece sono arrivata seconda... oh my °O°!!


*colpo di tosse*
Comunque, sciocchezza o meno, mi sono divertita a scriverla =)! Spero Non disgusti troppo voi coraggiosi lettori che siete arrivati a leggere fin qui XD!

Un bacione a tutti, e buone vacanze ^o^
*scappa prima che i pomodori la raggiungano*







Ora, questa ragazza
durante una cerimoniale passeggiata in aprile
col suo spasimante del momento
si trovò d’un tratto colpita insopportabilmente
dalla babele irregolare degli uccelli
e dal disordine delle foglie sparse.

Da quel tumulto afflitta,
osservò i gesti di lui squilibrare l’aria
e il suo passo zigzagare
tra un servaggio rigoglio di felci e fiori.
Giudicò i petali arruffati
E tutta la stagione sciatta.

Come desiderò l’inverno allora!-
Meticolosamente austero nel suo ordine
Di bianco e nero,
ghiaccio e roccia, ogni sentimento ben circoscritto,
la gelida disciplina del cuore esatta
come un fiocco di neve.

Qui invece – un turgore
così scomposto da gettare i suoi cinque regali sensi
in volgare accozzaglia –
Un tradimento da non tollerare. Che gli sciocchi
barcollassero storditi nella folle primavera.
Lei si ritirò composta.

E intorno alla sua casa pose
tale una barricata di punte e impedimenti
contro quella stagione sediziosa
da non lasciare ad alcun sovvertitore speranza di spezzarla
con bestemmia, pugno o minaccia,
o anche con l’amore.



“Spinster”, Sylvia Plath





 
  » Segnala questa fanfic se non rispetta il regolamento del sito
 


VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
inoue-san - Voto: 21/07/09 13:59
Carina la FF...e ammetto che se avessi avuto Sesshomaru come professore di inglese, mi sarei impegnata molto di più! *O*

comunque, tornando alla fanfiction, devo dire che è 'insolitamente' originale, non in senso negativo, sia chiaro (è.é e se solo l'hai pensato mi arrabbio!), ma la trovo diversa da quelle che scrivi solitamente e se ci fosse, sarei tentata di leggerne il seguito...U.U

NB non dire mai più che una tua FF disgusta i lettori se no ti prendo a calci! xDDD
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

 
SCRIVI IL TUO COMMENTO:

Utente:
Password:
Registrati -Password dimenticata?
Solo su questo capitolo Generale sulla Fanfic
Commento:
Il tuo voto: