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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: EVERYTIME, EVERYWHERE, EVERYHOW
Genere: Sentimentale, Comico, Drammatico, Soprannaturale, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Autore: kokakola galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 19/06/2009 17:36:16

Beth poggiò la fronte contro il finestrino freddo e osservò l'asfalto nero reso brillante dai raggi del sole scorrere a lato della loro vettura.
 
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BROKEN.
- Capitolo 1° -

What is broken is broken, and I'd rather remember it as it was at its bestthanmend it and seebrokenplaces as long as I lived.


Era il tredici luglio del 2009 e quella che stavano trascorrendo, probabilmente, l'estate più torrida degli ultimi vent'anni. Doveva essere colpa del surriscaldamento globale o roba del genere, pensò Beth, accasciata sul morbido sedile in pelle della macchina del padre, in viaggio per Parigi. Era solo la prima ora di macchina e ne aveva già fin sopra i capelli. L'aria condizionato le arrivava dritta sul collo sudato, facendola rabbrividire e costringendola a spostarsi per cambiare posizione ogni venti secondi circa.
A quattordici anni aveva già visto un sacco di cose, Elizabeth Holsen, la maggior parte delle quali molto noiose: suo padre, Steven Holsen, era un medio imprenditore col brutto, bruttissimo vizio di portarsi la famiglia al lavoro. Così, di tanto in tanto, tornato a casa da uno dei suoi continui viaggi d'affari –tanto continui da sembrarne uno solo-, annunciava con un enorme sorriso felice che l'indomani sarebbero partiti per chissàdove, tutti insieme. Sua madre lo guardava adorante, come da prassi, poi si rivolgeva a lei, cercando con lo sguardo di renderla partecipe del proprio entusiasmo e le domandava 'Che ne dici, Betty?'. Ma Elizabeth, che aveva solo quattordici anni ma non era affatto stupida, sapeva che quel 'Che ne dici, Betty?' era una domanda retorica. Non esisteva che lei potesse rispondere 'Dico che non ho voglia di smazzarmi uno stramaledettissimo viaggio di quattro ore di macchina con voi due per andare in una città dove la più grande attrazione è un museo d'arte antica. Grazie comunque.'
Quindi si trovava per l'ennesima volta chiusa in macchina con i suoi genitori in un bollente giorno d'estate. Cercò di camuffare un enorme sbuffo con un colpetto di tosse ma sua madre, che stava parlottando fittamente con suo padre riguardo quelle sdraio tremendamente carine che aveva visto il giorno prima al supermercato e che sarebbero state così bene sulla loro veranda, concentrò la propria attenzione su di lei, voltandosi sul sedile del passeggero per guardarla.
-Hai caldo, Betty? Vuoi che alzi l'aria condizionata?- fece, allungando una mano per sistemarle una ciocca rossa ribelle dietro l'orecchio.
-No, sto bene così. Grazie.-
-Ho dell'acqua nella borsa. Hai sete?- continuò.
-No, non ho sete. Penso che schiaccerò un pisolino.-
Sua madre parve soddisfatta dalla risposta, perchè si girò e continuò il suo interessantissimo discorso sulle sdraio. Beth poggiò la fronte contro il finestrino freddo e osservò l'asfalto nero reso brillante dai raggi del sole scorrere a lato della loro vettura. Pensare che avrebbe potuto essere in piscina con Isabella in quel momento, a dondolare i piedi nell'acqua ghiacciata e fare progetti sul suo matrimonio con Michael Patterson. Michael Patterson. Con quel visino d'angelo e un corpo assurdamente perfetto. A scuola dicevano tutti che era uno stronzo assurdo con le ragazze, ma Beth era sicura al centoventi percento che erano tutte balle messe in giro da quelle che ci provavano con lui e venivano bellamente ignorate.
'Andiamo Beth, non c'hai nemmeno mai parlato con quel tipo. Come fai ad essere così sicura che non sia un completo coglione?' le faceva sempre notare Isabella. Beh, lei ci aveva parlato eccome con Mike. Ricordava ancora quel lontano giorno di sei mesi prima quando, per chissà quale fortunata casualità -e pensare che, stando al suo oroscopo, quel mese avrebbe dovuto essere completamente uno schifo-, l'aveva incrociato in palestra. Mike era al terzo anno e la sua classe all'ultimo piano della Ricards Lodge High School‎, quindi erano rare se non inesistenti le occasioni in cui si incrociavano per i corridoi. Quel giorno aveva dimenticato in palestra l'orologio e se ne era ricordata solo durante l'ora di biologia; ovviamente avrebbe potuto aspettare l'intervallo per andare a recuperarlo, ma sul momento le era sembrato un ottimo pretesto per non dover ascoltare qualunquecosafossequelladicuisistavaparlando. Così era uscita dalla classe, dopo aver chiesto il permesso al professor Meyer che era comunque troppo immerso nella spiegazione per prestarle realmente attenzione, e si era diretta in palestra, molto lentamente. Più tempo perdeva, meglio era per i suoi poveri neuroni sovraccarichi.
Certo non si aspettava di trovarsi davanti proprio Michael Patterson in tenuta da basket e completamente sudato che si esercitava nei tiri liberi. Si bloccò di scatto sulla porta della palestra e rimase una manciata di secondi a fissarlo a bocca aperta mentre mandava a canestro tutte le palle; e intendiamoci, non era per la bravura che aveva gli occhi fuori dalle orbite e il cuore a mille. Quando si riprese dallo shock, sgattaiolò nello spogliatoio femminile, felice che Mike non l'avesse vista imbambolata sulla porta con la mascella incollata al pavimento come l'ultima delle rincoglionite. Recuperò il suo orologio e restò per un po' nascosta dietro la porta a fissare Patterson allenarsi e più lo guardava più le sembrava perfetto: quando saltava e tirava la palla, quando ricadeva piegando leggermente le ginocchia e si sistemava i capelli castani in un movimento fluido che aveva del celestiale, Beth non poteva fare a meno di pensare alle statue degli dei greci che sua madre adorava tanto. Semplicemente perfetto. Si decise ad uscire solo qualche tempo dopo e fu mentre raggiungeva la porta della palestra che dava sul cortile interno della scuola che accadde.
Non le sembrava vero eppure... Deglutì. Michael Patterson l'aveva chiamata. In realtà aveva detto 'Ehi!' ma doveva avercela per forza con lei perchè non c'era nessun altro nella palestra all'infuori di loro due. Si girò molto lentamente, con la paura di distruggere quell'incanto per colpa della sua dannata impazienza, e lo fissò ad occhi sgranati. Lui le sorrise -sì, ce l'aveva proprio con lei. Con lei! Quel sorriso era per lei!- e la guardò con quei suoi meravigliosi occhi azzurri.
-Sai che ore sono?- la sua voce uscì come musica. Una musica così dolce che fece sciogliere Beth in una pozza e ne lasciò solo un ammasso di capelli rossi e cuoricini svolazzanti. Non riuscì a fare nulla se non scuotere leggermente la testa.
Lui rise -oddio. Che bella risata.- e fissò le sue mani. Solo allora il suo cervello ricominciò a funzionare e si accorse subito di aver fatto una figura tremenda. Aveva in mano un orologio e non sapeva che ore erano.
Si affrettò a leggere l'ora ad alta voce ricevendo da Mike un 'Grazie' prima che si rimettesse ad allenarsi. Il tragitto dalla palestra alla sua classe non lo ricordava affatto, sapeva solo che aveva passato il resto dell'ora di biologia a sospirare e scarabocchiare sul diario mentre Isabella la fissava storto dal suo banco, lanciandole di tanto in tanto qualche pallina di carta.
Era stato assolutamente il giorno più bello della sua vita.
Venne strappata dal fiume dei suoi pensieri dallo sguardo inquisitorio dei suoi genitori incollato su di lei attraverso lo specchietto retrovisore.
-Che c’è?-
-Tesoro, non hai affatto un bel colorito. Non è vero, caro? Deve essere per colpa del mal d’auto.-
Prima che potesse rispondere a sua madre che non aveva mai sofferto il mal d’auto in vita sua, quella stava già frugando freneticamente nella borsa.
Ecco. Sua madre, Caroline, era quella che si poteva definire una persona apprensiva. O forse sarebbe stato meglio dire opprimente come un macigno di Stonehenge piazzato dritto sopra la gabbia toracica. Lei e suo padre si erano conosciuti alla tenera età di rispettivamente quindici e sedici anni e non si erano più mollati; intorno ai vent’anni avevano celebrato il loro stupendo matrimonio e dopo qualche anno era nata lei, la loro principessa. Storse il naso. La famiglia perfetta penserebbero in molti, ma la verità, secondo Beth, era che la vita dei suoi genitori era stata ed era tuttora un’immensa rottura di palle. Suo padre passava più tempo a lavorare che a respirare e la cosa più eccitante per sua madre erano le partite di tennis con le sue amiche casalinghe, il che era piuttosto triste, a pensarci bene. Non era mai riuscita a convincere i suoi indaffarati genitori a concederle un fratello, qualcuno che potesse sopportare con lei tutte le attenzioni di cui la sommergevano, così si ritrovava figlia unica. Le sole persone con cui andava veramente d’accordo erano Patricia, la sua governante, e Isabella.
Isabella che avrebbe riso a crepapelle, fino a farsi scendere le lacrime e venire i crampi alla pancia, se avesse visto la sua faccia mentre Caroline le allungava la fialetta dei fermenti lattici.
-Avanti, tesoro. Bevi.-

E poi successe tutto così veloce e così lento insieme che le sembrò di avere pigiato il tasto del rallentatore sul dvd di ultima generazione che gli zii le avevano regalato il Natale precedente.
Sentì un tonfo e vide sbriciolarsi il parabrezza come fosse stato fatto di vetro soffiato mentre gli occhi di sua madre diventavano enormi e l’aria si riempiva del suo urlo di orrore. Poi ci fu l’impatto e una frenata degna dell’ultimo Fast and Furious e la sensazione di bagnato bruciante tutt’attorno fino a che non vide ne sentì più niente.





Sei morti ed un ferito grave sono il bilancio di un incidente stradale avvenuto oggi nella tarda mattinata sulla statale A215. Cause dello scontro ancora da stabilirsi. Alcune della vittime sono state identificate: Margaret Watson (66), Edward McKray (69), Kristen McKray (12), Caroline Tompson (35), Steven Holsen (36).




 
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VOTO: (2 voti, 3 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 3 commenti
kokakola 21/06/09 11:13
Grazie. ^^
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gogeta55 - Voto: 19/06/09 21:15
bello^^
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asy-kimera-neve - Voto: 19/06/09 19:02
bello!!!!!!!!!!!ma oddio cosa succede???????????O.o O.o
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