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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: One Piece
Titolo Fanfic: BREATHLESS
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: bitter-sweet galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 30/05/2009 17:12:49

Ci sono cose che non vogliamo sapere perchè l'importante è sapere di essere vivi e lì, assieme agli altri
 
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-SENZA FIATO-
- Capitolo 1° -

I personaggi di questa storia non sono miei ma del genio di Oda, io ne usufruisco per i miei vaneggiamenti.

Questa può essere intesa come seguito dell’altra mia storia ‘Per non dimenticare’ ma anche no :)





Breathless
-Senza fiato-





“Bentornata a casa.” Sanji saluta la sua ombra sorridendo.

Sono tutti lì. Ancora una volta si sono ritrovati uniti sul ponte della loro nave -nonostante la signora dalla falce oscura vegli su di loro-.

Un nuovo sorriso spunta sul viso dei pirati di Cappello di Paglia. Un sorriso che sa del sapore dolce della vittoria ma con un leggero retrogusto amaro.

Hanno rischiato -una costante nelle loro vite-, ancora una volta il pericolo che anche solo uno di loro potesse non farcela, che qualcuno di loro non potesse fare ritorno li aveva sfiorati. Qualcuno poteva non tornare, dividendosi per sempre da quella strana ed alquanto bizzarra famiglia -una nakama unica-.

Rufy sorride, gli occhi scuri adombrati dalla tesa del suo inseparabile cappello di paglia -la sua forza, la sua promessa-. “Sanji, ho fame.” Sbraita come un bambino nonostante tra le braccia vi sia già del cibo.

“Sgranocchiati del formaggio…” Sanji lo bada appena.

Lui quel retrogusto amaro lo può sentire chiaramente, gli invade la bocca avvelenandolo, chiudendo lo stomaco in una morsa d’acciaio, dolorosa ed indissolubile -il respiro si spezza-.

Sposta lo sguardo sul ponte, incrocia le figure rilassate ed un po’ ammaccate dei suoi compagni. Persone forti, caparbie, a volte semplicemente troppo testarde. Sono lì, tutti impegnati in varie cose, tutti con quel sorriso luminoso a dipingergli il volto, tutti meno due di loro. Brook, quello strano scheletro che li ha aiutati è anche lui sul ponte erboso della loro nave. Mancano solo loro, il piccolo Chopper, il piccolo medico di bordo non ha voluto seguirli troppo impegnato -preoccupato- per quel testone, Zoro.

Sospira rilasciando una cospicua boccata di fumo mista ad un pizzico di irritazione.

Non era stato abbastanza forte.

No, non lo era per niente.

“Io andrei, pensate che basti?” Franky urla, sulle spalle un enorme sacco, urla per farsi sentire tra gli schiamazzi di Usop e Rufy impegnati, sembra, in una delle loro solite trovate.

Sanji lo osserva incamminarsi verso l’interno di quella strana isola ed un nuovo morso gli attanaglia lo stomaco.






* * *






“È la prima volta che vedo Zoro con delle ferite così…” Una breve pausa, il tono leggermente sommesso. “Vi assicuro che era davvero ad un passo dalla morte…”

Nami, seduta a fianco del giaciglio improvvisato per lo spadaccino, sposta lo sguardo da Chopper, intento a mangiare qualcosa, a Zoro, ancora addormentato. Le parole pronunciate dal piccolo medico di bordo solo qualche ora prima le rimbombano nelle orecchie arrivando fino allo stomaco, comprimendolo, dandole un senso di nausea.

Eppure, a guardarlo bene sembra quasi che stia solo dormendo -cosa che gli riesce facile-. Nemmeno il frastuono gioioso che si diffonde nell’aria ha il potere di svegliarlo, nemmeno le urla, nemmeno le sue urla contro il capitano hanno sortito alcun effetto.

Un sospiro le sfugge. Appoggia il mento sul palmo della mano sinistra e torna a spostare lo sguardo nocciola sul piccolo medico ora immerso in uno dei balletti assieme a Franky, entrambi immersi in quella festa improvvisata. Sorride continuando a far vagare lo sguardo lungo la sala colma di persone entusiaste, ubriache di felicità. Un ricordo lontano -veloce e lieve come le ali di una farfalla- le si insinua nella testa facendolo nascere un sorriso più rilassato e facendolo chiudere gli occhi.

La stessa aria di festa, persone ubriache di una gioia desiderata a lungo, di una libertà negata per troppo tempo.

Riapre gli occhi ed incrocia il viso serio e tirato di Sanji. Il sorriso scompare -spazzato via da un soffio di vento-.

Non capisce, non sa.

Qualcosa, nell’espressione seria e corrucciata del biondo cuoco, le stringe lo stomaco in una morsa ferrea e gelida, una morsa talmente forte da farle mancare il fiato. Alla mente le torna lo strano siparietto improvvisato, Sanji che di peso trascina all’esterno i due che sostenevano di
sapere
e poi Robin, la sua esclamazione, “Ora è tutto chiaro…”

Non capisce, non sa, eppure ha l’impressione che qualcosa sia accaduto mentre tutti loro erano svenuti, qualcosa era successo e doveva riguardare Zoro.

“Namizo!” Laura la chiama sopra il frastuono.

Rivolge lo sguardo ancora una volta allo spadaccino addormentato mentre si alza, pronta a dirigersi tra la folla festante.

Non è sicura di voler sapere cosa sia accaduto -troppo il timore-.






* * *






Barcolla appena Zoro, d’istinto si appoggia allo stipite della porta afferrando con presa salda la maniglia. Rimasugli di una battaglia non sua lo scuotono, rilascia un sospiro pesante nel silenzio della notte.

Nonostante tutto si è rinchiuso nel suo mondo -un mondo fatto di sudore e fatica-, nonostante le mille proteste da parte del piccolo Chopper ha iniziato massacranti allenamenti. Ma lo sa, non è in forma e per questo non può di certo stare tranquillo seduto a riposare. Se solo fosse stato più forte ora non avrebbe strascichi, né un piccolo badante a rincorrerlo lungo tutta la nave.

Lentamente apre la porta che porta sul ponte all’aperto, una leggera brezza entra sottocoperta rinfrescando appena l’aria. Esce a passo leggermente tremante, respira grosse boccate d’aria, riempie i polmoni di aria di mare, di salsedine.

Silenzioso, il passo lento, si dirige fino alla cucina. Sente il bisogno -impellente- di bere qualcosa di fresco.

Richiude la porta alle spalle attento a non produrre nessun cigolio. Brook, l’ultimo di loro ad essere entrato a far parte della ciurma, è appostato di vedetta. Non vuole attirare la sua attenzione ma è sicuro che si sia accorto del suo passaggio. Raggiunge il tavolo, su di esso vi è un piccolo lume e lui ha bisogno di un po’ di luce in questa notte scura.

Non l’accende, un lieve movimento alla sua destra lo fa bloccare e si dimentica della luce. Poggia delicatamente le tre lame ed infine, a tentoni, si dirige alla ricerca di un po’ d’acqua. Non conosce ancora bene quella cucina, è diversa da quella piccola e semplice della Merry ma la fortuna è dalla sua. Proprio sul ripiano levigato, in bella mostra di se nonostante la diffusa oscurità, vi è la tanto agoniata acqua. L’agguanta dal collo e bevendo si dirige verso il piccolo divano accostato alla parete di fronte. Il luogo dove ha avuto origine quel lieve rumore che lo ha bloccato all’inizio.

Siede a terra, la schiena poggiata sul bordo dello scomodo divano, la testa voltata di lato a fissare quella piccola figurina appoggiata -in una posizione sicuramente scomoda- su di un fianco, distesa, quasi rannicchiata, sul divano. La copre con quella che al tatto può sembrare una coperta leggera.

Veglia in silenzio, sorseggia l’acqua e si maledice per non poter bere del buon rhum -uno dei piaceri della vita, oltre al dormire-. Non è forse stata lei a vegliarlo solo pochi giorni prima? Ricorda d’avere sentito un forte odore di agrumi vicino al suo giaciglio.

Fissa il vuoto dinanzi a se -una voragine oscura-, non sa quantificare il tempo. Un fruscio alle sue spalle.

“Zoro?” La voce impastata, il corpo indolenzito per la lunga e scomoda immobilità. Passa il dorso di una mano varie volte su di un occhio per svegliarsi del tutto mentre si alza a sedere. La coperta scivola sulle sue gambe nude.

Nessuna risposta, il silenzio li circonda –insondabile, interrotto solo dal loro respiro-, l’oscurità li avvolge ma riconosce la figura che risulta sfuocata nel sonno. Lo riconosce ancora prima di captare il lieve tintinnio dei suoi tre orecchini, il suo odore lo conosce a memoria.

Si guarda attorno nel buio della stanza. Non sa che ore siano, non sa quanto sia passato ma è ancora in cucina. A giudicare dalla coperta che si ritrova addosso e che non ricorda di aver avuto quando si era stesa, lo spadaccino doveva essere lì da un po’ di tempo. Lo osserva ancora, nota il posto, la posizione in cui si trova e la bottiglia d’acqua poggiata al suo fianco.

Non le ci vuole molto per capire. Gli abiti sono diversi, segno che doveva essersi cambiato dopo uno dei suoi soliti estenuanti e contorti allenamenti. Si chiede perché sia lì invece di trovarsi nella sua stanza a riposarsi.

Pazzo e pure incosciente.

Sorride mentre lesta afferra la bottiglia, la sottrae dalle mani di Zoro il quale la osserva, un sopracciglio inarcato, l’espressione contrariata. Beve un piccolo sorso.

“Ladra.”

Un sussurro.

“Sei tu che ti fai fregare troppo facilmente.” Nami lo fissa, un sorriso biricchino sul volto. Una lite?

Sbuffa sonoramente Zoro, chiude gli occhi e getta la testa all’indietro. La posa sulle gambe di Nami, fisicamente stanco, emotivamente…non sa nemmeno lui cosa.

“Dovresti andare a riposare.” Bonariamente lo riprende. Posa la bottiglia a terra, lo sguardo fisso sul suo profilo.

Si stringe nelle spalle Zoro. “Dovresti riposare anche tu.” Apre un occhio e la osserva. “Magari su di un letto comodo, non su questo divano spaccaossa.”

Sorridono entrambi, la lite rimane sospesa nel nulla -in un limbo-, vacilla tra di loro.

Sposta di scatto le gambe Nami, Zoro mugugna appena. Ridacchia divertita vedendo il suo viso imbronciarsi appena, le braccia incrociate sul petto. Non ancora sazia lo copre con la coperta rendendolo cieco.

“Si può sapere che ti prende?” Zoro borbotta, si libera dall’impiccio. La fissa e riceve in risposta una linguaccia -complicità-. “Tu sei pazza. L’ho sempre detto io.” Sottolinea quell’io con enfasi, ghigna appena.

“Sei tu che non sai stare agli scherzi.” Lo spinge piano, scherzosamente.

“Io non so stare agli scherzi?” Inarca un sopracciglio, un dito puntato sul petto ad autoindicarsi.

“Sì, tu sottospecie di bifolco.”

“Ma se sei tu quella che se l’è presa.”

“Ma sei scemo?”

Sorride Zoro.

Qualunque cosa avesse detto o fatto sarebbe sempre stata lei ad uscirne vincitrice, sempre a lei l’ultima parola -ma a lui in fondo andava bene così-. “Ok…hai vinto contenta?”

“Molto.” Lo canzona appena facendolo sbuffare. “Senti…” Si blocca alla ricerca di parole che non trova. “Davvero Zoro, dovresti riposare.”

“È ciò che sto facendo.” Le fa notare l’assenza delle sue spade, riposte in ordine sul tavolo.

Scuote il capo Nami, una ciocca rossa come il fuoco le ricade sul viso. “Intendo che dovresti dormire.” Borbotta, scosta con un gesto veloce quella ciocca biricchina. Punta il suo sguardo nocciola in quello scuro di lui. “Non dici sempre che ti basta una buona dormita per riprenderti?”

Vero.

Basta una dormita per riprendersi completamente, eppure quella volta sembra non bastare. Aveva passato più di una giornata sprofondato nel sonno, inutilmente, ancora non è tornato al suo massimo, ancora sente gli strascichi di una battaglia troppo dura.

Sbuffa. Allunga un braccio, agguanta la bottiglia e la porta alle labbra dissetandosi, rinfresca la gola secca. Non ha voglia di andare in camera, sa cosa lo aspetta. Di certo non è quello di cui ora ha bisogno. Ha pur sempre il sonno leggero lui.

“Rufy russa troppo.”

Istintivamente Nami ridacchia divertita.

“Cosa ridi strega. Non sei di certo tu quella che deve sorbirsi il suo russare, oppure i vaneggiamenti del cuoco o le storie strampalate di Usop.” Elenca i vari rumori che è costretto a sorbirsi ogni sacrosanta notte. Un nuovo attacco di risa scuote Nami -una risata che scalda il cuore-.

“Ti credo, ti credo…” Lentamente si riprende, si quieta asciugando una piccola lacrima di ilarità. Ma il problema, almeno per lei, persiste. “Ma non puoi di certo dormire sul pavimento.” Pensa ad una soluzione senza mettere troppo in pericolo i timpani della ciurma il mattino dopo, nel caso in cui Sanji -benedetto ragazzo- si fosse accorto di qualcosa. A priori scarta la sua prima idea. “Allora ti lascio il divano. Certo, non è comodo come un letto ma è pur sempre meglio del pavimento.”

“E tu?”

“Andrò a finire le cartine. In camera mia c’è troppo disordine per potersi stendere.” Alla mente le torna l’immagine del disastroso campo di battaglia che è la sua camera. Tutti i tesori raccolti Thriller Bark sono stati raccolti al suo interno non essendoci un altro posto sicuro dove metterli. Franky, oberato di lavoro, ancora deve finire di costruire la cassaforte che li ospiterà.

Si alza in piedi pronta a lasciare il suo posto al burbero spadaccino. Una mano -grande e calda- le afferra il polso arrestandola. Sposta lo sguardo verso il basso, incrocia lo sguardo con Zoro. “Che c’è?”

“Dovresti riposare anche tu.” Allude alle occhiaie appena visibili. È attento ad ogni dettaglio -niente gli sfugge- sempre pronto a sostenerli.

“E allora che si fa?” Si siede a terra a fianco di Zoro. Una carezza le sfiora il braccio mentre il suo polso viene liberato dalla stretta.

“Ti cedo il posto.” Scuote il capo Zoro, per lui è così ovvio. “Andrò a riposare su, nella palestra.” Non lo attira l’idea di doversi arrampicare lungo la scaletta di corde, in quei momenti invidia l’abilità del capitano ed il suo corpo gommoso. Non lo attira nemmeno l’idea di dover abbandonare quella stanza -un piccolo rifugio sicuro ed accogliente-.

“Che si possa starci in due?” una domanda posta a tutti e a nessuno in particolare. Guarda il divano alle loro spalle, a mente calcola la sua larghezza.

“Eh?” Per l’ennesima volta Zoro inarca un sopracciglio, non capisce di cosa stia parlando. Si è perso -come si perde ad ogni incrocio-, cerca di capire a cosa allude.

Nami si alza per risedersi subito sul divano. L’unica soluzione è provare. “Potremmo dormire entrambi sul divano. Credo che in qualche maniera dovremmo starci in due.”

Un ghigno beffardo delinea i lineamenti di Zoro. “Credo che esistano poche posizioni. Al cuoco domani prenderà un colpo.”

“Scemo.” Ringrazia il fato per essere quasi completamente immersi nell’oscurità. Il viso in fiamme. Un pugno si abbatte poco gentilmente sulla spalla dello spadaccino. Tira uno degli orecchini dorati, un mugugno si libera nell’aria. “Allora ti muovi?” Spazientita lo esorta a muoversi.

Zoro si massaggia l’orecchio dolorante, la guarda ad occhi spalancati. “Ma allora eri seria.”

“Ti sembra che stia scherzando?” Lo spintona malamente -un malcelato segno d’imbarazzo-.

Lo ha capito, non scherza, non su cose come quelle almeno. Sospira una volta alzandosi in piedi, la coperta finisce addosso a Nami. Prende posto sul divano, gli stivali neri abbandonati lì accanto. Si muove, si gira, mugugna infastidito. Non sa proprio quale posizione debba adottare.

“Ti ci vuole ancora molto?” Lo fissa divertita, la coperta stretta al petto. Si appresta ad imitarlo non appena lo vede pronto, sistemato su di un fianco, la schiena premuta contro lo schienale. Abbandona i sandali sul pavimento, vicini alle calzature del compagno. Premurosa copre entrambi, si sistema lentamente -vagamente imbarazzata-.

“Comoda?” Zoro soffia irritato -un irritazione dovuta a ben altro-. La osserva muoversi nel vano tentativo di trovare una posizione consona. “No, aspetta.” La volta delicatamente. I loro occhi per qualche secondo s’incrociano. “È meglio se ti giri. La spalla sai…”

Spalanca gli occhi Nami per quella premura. “Grazie…” Sa che dovrebbe essere lui quello bisognoso di una posizione comoda, eppure ancora una volta dimostra di essere vigile. Con lei almeno.

Istintivamente le loro gambe s’incrociano. Nessuno di loro due ha mai avuto l’occasione di condividere un divano con qualcun altro. Non hanno mai avuto nemmeno l’occasione di dormire con qualcuno, non almeno in maniera così vicina, un contatto ravvicinato -brividi che scuotono il cuore-, prolungato e così intimo.

Appoggia il capo sul suo petto, i capelli gli solleticano il naso. Un braccio -forte e solido come la roccia- le cinge la vita avvicinandoli ancora di più -un contatto cercato-.

“Vi assicuro che era davvero a un passo dalla morte…”
Le parole di Chopper le tornano alla mente -un lampo improvviso-.

Posa le mani sul petto solido di Zoro. Cerca, trova il punto in cui il suo cuore pulsa pompando sangue. Preme leggermente per sentire meglio sotto il suo palmo quel suono cadenzato.

Si è accorta, nei giorni scorsi, come i movimenti, le azioni, addirittura gli allenamenti folli ed instancabili dello spadaccino siano cambiati, come se ci fosse qualcosa, un impedimento alle sue regolari azioni. Sembra stancarsi facilmente, molto più velocemente di prima. È sicura che tutto sia collegato con quanto accaduto a Thriller Bark, con la guarigione improvvisa e alquanto miracolosa di Rufy. Tutti tasselli dello stesso puzzle, puzzle a cui non riesce a dare una forma concreta. Ma forte è il sentore che Sanji, Robin, anche Brook, siano a conoscenza di ciò.

Sanji.

Spesso si è ritrovata ad osservarlo in quei giorni, osservare il suo comportamento.

Lo ha visto mordersi la lingua più volte per non inveire, a parole o fisicamente, contro lo spadaccino. Lo ha visto pensieroso, distratto, l’aria tormentata ogni qual volta che Roronoa entrava nel suo campo visivo.

Stringe tra le mani la maglia di Zoro -una stretta tremante-.

Una carezza leggera sulla schiena.

“Sono vivo. Sono qui.” Zoro mormora poche parole a quella stretta. Poggia il mento sul capo fulvo di Nami. Può sentire il corpo di lei tremare nella sua stretta. “Non ti libererai di me molto facilmente.”

Rafforza la stretta tra le mani, spasmodicamente. “Promesso?”

“Promesso.” La presa si allenta, il corpo minuto -in confronto al suo- che stringe si rilassa. Approfitta di quell’attimo per cambiare posizione. Scivola supino sul divano, porta quasi completamente su di se il corpo di Nami. Le gambe sciolgono la stretta e le sue braccia circondano quella vita sottile. “Ecco, così va meglio.”

Attento sistema la coperta su di entrambi, Nami posa la fronte sul suo collo. Le gambe nude di lei scivolano sui suoi pantaloni scuri. Le cinge la vita, il suo respiro fresco ad accarezzargli la pelle.

“Sanji domani mi ucciderà.”

“Probabile.” Nami ridacchia. Il capo scivola nel comodo incavo del collo dello spadaccino, il naso sfiora la sua pelle, respira a fondo il suo profumo intenso, forte -un misto di salsedine e sole-. “Notte Zoro.”

Rimane in assoluto silenzio Zoro. Si culla dei suoi respiri freschi contro il collo, osserva l’alzarsi e l’abbassarsi ritmico delle spalle di Nami a ritmo coi suoi respiri. Posa un bacio velato tra quei capelli rossi, respira a pieni polmoni il suo profumo. “Notte Nami.” Mormora a mezza bocca, gli occhi già chiusi, si lascia cullare dalla sua presenza.

Una mano, qualche minuto dopo, si posa sul petto di Zoro. Il palmo aperto rivolto verso il suo cuore, la voglia di sentire i battiti del suo cuore -una ninna nanna-.

È diversa, quella situazione è diversa, completamente, rispetto a quella avvenuta solo un mese prima. Nessun bacio, nessun sfioramento di labbra, anche se il dormire assieme può essere un fattore scatenante. Va bene così. Non ha poi così importanza, non ora per lo meno. L’unica cosa che conta è poterlo avere vicino, sapere e sentire che è vivo e che niente, nessuno, avrebbe potuto portarlo via -nemmeno la morte in persona-. Le basta sentire il suo calore, il suo odore, la sua pelle contro la sua, le basta sentire sotto al palmo della sua mano quel muscolo pompare. E poi, glielo ha appena promesso, sarebbe rimasto lì -assieme a lei- e sa che ogni promessa, per lui, è debito.

Il resto è superfluo.

 
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VOTO: (2 voti, 3 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 3 commenti
bitter-sweet 31/05/09 15:37
Uh quanti complimenti ^^
Grazie mille
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kyo250 - Voto: 31/05/09 13:24
Bella, molto, Complimenti ^^
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g93m - Voto: 30/05/09 23:19
Sebbene odii le ZoroxNami questa mi è piaciuta.
Brava
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