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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Kaine
Titolo Fanfic: TWENTY YEARS
Genere: Drammatico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, What if? (E se...), Shounen Ai
Autore: hikasama galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 30/03/2009 17:48:28

Un giorno, sarà una bella giornata. [DiexKaine]
 
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TWENTY YEARS
- Capitolo 1° -

È già passato qualche mese da quando Kaine è volato tra le braccia del suo pubblico come un fiore scarlatto, con la forza di gravità che lo trascinava giù giù giù senza alcuna misericordia, e una scia di sangue che lo aveva seguito danzando nell’aria, brillando sotto il sole come una fila disordinata di gemme rosse.

Il sole era stato alto e caldo allora, e fa ancora bruciare gli occhi di Die ogni volta che lui ricorda; e in questi momenti si ritrova ancora a tremare un po’, anche se non malamente come all’inizio.

È già passato qualche mese, dopotutto.

E adesso la storia va avanti così:

I capelli di Kaine sono ancora rossi, anche se ora il colore è smorto e sono visibili le radici più scure; ha chiesto a Die di tagliarli per lui circa un mese dopo che era stato dimesso dall’ospedale (e, il chitarrista ne è certo, se Kaine l’avesse fatto da sé il risultato sarebbe stato decisamente più guardabile di quest’ammasso di capelli maltagliati e assolutamente privo di senso), ma non ha mai detto nulla a proposito di tingerli di nuovo. E Die si chiede (non può davvero farne a meno) se questo non sia ancora un altro modo per dimenticare, e il pensiero lo spaventa: ci sono notti in cui non riesce a dormire, o pomeriggi in cui si sente troppo pigro per fare qualsiasi cosa, e, in questi frangenti, il sorriso malizioso di Kaine lo perseguita, prendendolo in giro con quell’espressione assolutamente distaccata e poi svanendo, ingoiato dal miraggio di fiori affamati. Svanito per sempre dalla vita di Die.

Ed ogni volta che questo accade, Die ripesca il suo mazzo di chiavi e raggiunge in macchina il nuovo appartamento di Kaine, e apre la porta senza nemmeno bussare e—e Kaine è semplicemente lì, che lo guarda attonito o ha soltanto lo sguardo fisso nel vuoto, apparentemente inconsapevole della sua presenza; e non ci sono né sangue né pillole né alcol, e Die si sente egoisticamente deluso, perché tutte quelle cose sono sparite senza che lui potesse veramente sistemarle, e questo vuol dire (forse?) che una parte di Kaine è veramente svanita.

Il nuovo appartamento di Kaine è piuttosto piccolo rispetto al precedente; la mobilia è meno costosa e composta di legno per la maggior parte, ma nonostante questo dovrebbe rendere il posto meno impersonale e più caloroso, le pareti e lo sguardo di Kaine sono così bianchi e vuoti e vasti che, ogni volta, a Die sembra di venire risucchiato da un vuoto gelido.

Il posto preferito da Kaine sembra essere il divano (che è vellutato sotto il tocco delle dita e dello stesso colore del cioccolato scuro e amaro) perché è lì che passa la maggior parte del suo tempo quando Die è con lui, e Die, in questi ultimi mesi, il suo appartamento l’ha visto solo per dormire e mangiare qualcosa al mattino. Quel che resta del suo tempo è diviso tra i frammenti del suo sogno infranto e Kaine: in realtà, trascorre la maggior parte del suo tempo a cercare di trattenere a sé il suo amico, a cercare di impedire che scompaia del tutto. E non è che Die non abbia pensato che questa possa essere la soluzione che il cuore perduto di Kain desidera e ha sempre desiderato, ma non sa convincersi a lasciarlo andare; non smetterà di essere quella catena massiccia che lega Kaine alla terra e gli impedisce di volare.

Così trascorrono pomeriggi sonnolenti e serate vuote assieme; talvolta nel più totale silenzio, con Die che di tanto in tanto si accende una sigaretta o Kaine che appoggia la guancia contro la sua spalla; talvolta chiacchierano delle cose più frivole o – anche se è piuttosto raro – di cose successe quando erano ancora studenti delle superiori, e Die si sente come se stesse camminando su gusci d’uovo. Alcune volte, quando si sente insolitamente coraggioso o un po’ di birra in più l’ha reso sufficientemente incauto, Die prova a suonare una vecchia canzone con la sua chitarra—sa che gli Endorphines sono finiti, ma il pensiero di Kaine è onnipresente nella sua testa, impedendogli di comporre pure un solo brano nuovo; ma, comunque, e forse per fortuna, lo stesso Kaine, in queste serate particolari, non ha mai deciso di accompagnare la chitarra di Die colla sua voce.

Altre volte invece bevono e ridono, o decidono di sperimentare e di cucinare qualcosa assieme, anche se nessuno dei due è particolarmente dotato ai fornelli: sanno soltanto fare abbastanza per non morire di fame; e questi sono i giorni migliori per loro, quelli in cui il morale è inspiegabilmente alto e loro scelgono di non porsi domande a riguardo, lasciandosi semplicemente andare coll’impulso del momento.

Ma qualsiasi cosa facciano, Die continua a mentire: naturalmente con la sua bocca, ma anche coi suoi silenzi, i suoi sorrisi gentili e i suoi occhi. Molto probabilmente, qualche parte di Kaine lo sa, ma decide di reggere il gioco; Kaine stesso, oggigiorno, non è nulla di più che un cumulo di menzogne e frammenti che non riescono più a ricomporre un unico. E Die lo sa e si pone domande. Si chiede se c’è ancora qualcosa, non importa quanto piccola o effimera, fintanto che sia reale, che li leghi assieme.

Tutto intorno a loro è troppo fragile per durare—Lui stesso lo è, Die ammette, realizzando che entrambi stanno vivendo in una bolla: aria e sapone che sono destinate a dissolversi, incuranti di tutto il resto – in primo luogo, della loro stabilità emotiva e mentale.

Oggi, però, Die si sveglia tutt’a un tratto con un brutto mal di testa, scoprendo che anche i suoi muscoli sono irrigiditi e indolenziti, e Kaine sta ancora dormendo sull’altra parte del divano; una mano pallida appoggiata sulla pancia mentre le dita dell’altra sfiorano appena l’avambraccio di Die con ogni respiro che Kaine esala.

Die sbatte le palpebre, una volta, due volte, fino a che non mette a fuoco le lattine vuote sul tavolino da caffè e la moquette che ricopre il pavimento. L’alluminio colorato brilla della stessa luce smorta di quando Kaine e lui erano solo adolescenti che si ubriacavano nei weekend per darsi un tono da adulti, e questa realizzazione lo immobilizza per alcuni lunghi secondi, col respiro tenue di Kaine che gli riecheggia nelle orecchie, facendogli bollire il sangue con dolcezza: è una sensazione strana, nuova e familiare allo stesso tempo, e Die decide di assaporarla: con gli occhi chiusi e la testa gettata all’indietro. Poi, come un vecchio film che viene proiettato sul retro rossastro delle sue palpebre, finalmente Die lo vede—il futuro.

Vede questa luce aranciata lavare via il vuoto bianco che ricopre le pareti; danza tutto intorno e riempie ogni cosa—discende su ogni cosa, avvolgendo e proteggendo e riscaldando mentre lui si sveglia al suono della risata di Kaine, intimamente intesa a prenderlo in giro.

Questa luce potente sfuma contorni e colori, tuttavia ogni immagine è chiara nel modo in cui solo qualcosa che è destinata ad accadere può essere. Die vede se stesso disteso scompostamente sul divano marrone scuro, può quasi avvertire il dolore infernale al collo che prenderà di certo per aver dormito così, e il sorriso di Kaine è lo stesso di tanti anni fa, scintillante e carico di fascino, per nulla gentile eppure amabile. È ovvio che Kaine deve essersi svegliato solo poco prima, e Die immagina le lenzuola in disordine sul suo letto e, per qualche motivo, non riesce a tirare fuori un: “Bastardo,” ma piuttosto opta per un ghigno.

Kaine chiude gli occhi, e questi si trasformano in mezze lune scure di ciglia arcuate e make-up sbavato; poi, abbassandosi leggermente su Die, Kaine dice: “Alzati! Il cielo è senza nuvole: oggi sarà una bella giornata,” e proprio quando Kaine sta per immaginare se stesso ribattere che nemmeno Kaine è mai stato un tipo mattiniero, avverte le dita dell’altro avvolgersi attorno al suo gomito, in un tentativo di risvegliarlo dalla sua piccola fantasia.

Aprendo gli occhi, Die è accolto dalla visione del volto di Kaine, ma questa volta, naturalmente, è reale, e anche se il suo sguardo non è brillante come nel sogno, e anche se non sta sorridendo, Die sa che tutte quelle cose diverranno realtà. O forse è soltanto lo stess che finalmente si fa sentire, e lui è impazzito, ma questa sensazione – questa speranza – è ugualmente troppo grande, troppo forte per svanire, e Die ride, facendo sobbalzare l’altro, pensando che, forse, il sogno si realizzerà quando tutti i capelli di Kaine saranno tornati ad essere neri come l’inchiostro, o che probabilmente dovrà ancora mentire riguardo a certe cose, ma – ne è certo – andrà tutto bene.

Quel miraggio evanescente diventerà realtà un giorno, e quando accadrà, Die sarà finalmente in grado di scrivere nuova musica, ispirato dal sorriso di Kaine. E sicuro, non ci sarà felicità eterna, perché nessuno, in questa vita, in questo mondo, può ottenerla, ma un po’ di serenità non sembra troppo utopistico (anche se con Kaine non si può mai essere certi di nulla).

Dopotutto, è già passato qualche mese da quando Kaine è volato tra le braccia del suo pubblico come un fiore scarlatto; e quell’evento diventa sempre più lontano: giorno dopo giorno, minuto dopo minuto.

Un giorno, sarà una bella giornata.



[2008.08.13]
 
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