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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: X
Titolo Fanfic: THIS TEMPORARY LIFE
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, Yaoi
Autore: hikasama galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 30/03/2009 17:41:14

E lo so che mi sto solo comportando da sciocco ancora una volta, poiché, tanto per cominciare, tu non sei mai stato mio. [SeiSub]
 
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THIS TEMPORARY LIFE
- Capitolo 1° -

Fisso il buio e respiro—ogni inspirazione lenta e impossibilmente profonda. Mi sta facendo battere la testa.

Riesco a percepirlo così chiaramente – qualcosa dentro il mio cranio, avvolta al sicuro nelle volute viscide del mio cervello, una parte di me che è sempre stata lì ma che sto iniziando a riconoscere soltanto adesso. Riesco a percepirla: sta pulsando, muovendosi come una coppia di mandibole crudeli—chiudendosi ed aprendosi, facendo scorrere il sangue nelle mie vene quasi con disperazione.

Il mio viso è bollente; la testa pesante.

Ma il cuore è congelato e le mie mani, rese viscose dal sangue scarlatto, sembrano stranamente vuote, come se, all’improvviso, avessero dovuto lasciar andare qualcosa che hanno trattenuto saldamente per quasi tutta la decade trascorsa.

E lo so che mi sto solo comportando da sciocco ancora una volta, poiché, tanto per cominciare, tu non sei mai stato mio.


---


Appena prima dell’alba, un piccolo regno sorge in tutta la sua gloria: esso vive, per un tempo brevissimo, addirittura più segreto ed sfuggente degli stessi sogni. Esso esiste, vuoto e rassicurante, solido quanto un castello di sabbia lasciato alla mercé del mare. Esso esiste, bianco e vuotamente pacifico, per una manciata di brevi minuti tra il sonno e la veglia ed è tuttavia abbastanza per impedire a Subaru di impazzire quando un nuovo giorno comincia, e fuggire la vita e i ricordi diventa impossibile.

È un paesaggio slavato senza laghi o montagne o case o persone. In realtà, ricorda uno spazio completamente bianco più che ogni altra cosa, ma per quanto angosciante dovrebbe essere, Subaru lo apprezza comunque perché può perdere se stesso in quella totale mancanza di tutto.

Corpo, pensieri, doveri e desideri—tutte queste cose svaniscono, e l’unica cosa che non può dimenticare è che, dopotutto, lui è ancora – che lui esiste, da qualche parte e in qualche modo: ed è un pensiero distante, che non ha nulla a che fare con il doloroso concetto di vivere.

Semplicemente, Subaru cammina – con lentezza, un piede che segue con attenzione l’altro, in un tentativo calmo e tuttavia disperato di non cadere… anche se ciò accadrà ugualmente. Ugualmente. A tempo debito. Sempre. Ma, mattina dopo mattina, Subaru ci prova ancora e così cammina sul sottile confine che separa la notte dal giorno.

Nel frattempo, le uniche cose di cui è cosciente sono il punto in cui la sua guancia termina contro la morbidezza del cuscino, or la sensazione piuttosto ruvida delle sue vecchie lenzuola di cotone sotto le distese nude del suo petto. O l’amato, dolce calore disteso lungo la sua vita e la parte inferiore della sua schiena—Questi sono gli istanti miracolosi in cui Subaru può dimenticare nomi e forme, lasciandosi assaporare la pace assoluta che è il nulla.

Ma il sole sorge – veloce, e alto nel cielo, e l’alba irrompe nella stanza—i raggi di sole gli accarezzano il viso e costringono gentilmente le sue palpebre a sollevarsi—ciglia tremano e labbra si schiudono per poi riunirsi subito dopo—

Subaru è sveglio e il mondo tutto bianco adesso è macchiato—pieno di trappole e desideri e di ‘e se’. La realtà è grigio sporco e così piena di cose e persone che uno potrebbe facilmente smarrirvi se stesso.

Un occhio verde vaga per l’ambiente sfuocato, e il calore che prima era dolce adesso acquisisce un gusto tanto amaro che Subaru quasi piange, desiderando infantilmente che Seishirou non avesse deciso di restare.

Poi, il telefono inizia a squillare e la voce solenne di Hien chiede cerimoniosamente se il capofamiglia dei Sumeragi sarà cortese e raggiungerà la principessa Hinoto. Il prima possibile.


---


Pare che il corpo umano sia infatti una macchina biologica molto complessa.

Una volta ho letto su una rivista, che possiede diversi ‘orologi interiori’ che l’aiutano a sopravvivere, a sfuggire ed evitare situazioni pericolose che potrebbero risultare in una morte precoce.

Tic. Tac. Tic. Tac.

In che modo abbiamo mai potuto associare questo suono vuoto e seccante col tempo; lasciare che stabilisse il ritmo delle nostre vite? Se la vita è davvero così carica di valore e preziosa, come può ognuno accettare che un oggetto insignificante come un orologio ritmi il loro tempo?

Lo scorrere dei minuti, delle ore, dei giorni—non si avverte in maniera diversa di occasione in occasione? Non sarebbe più facile vivere semplicemente ogni secondo per ciò che è—divertirci fintanto che possiamo, fintanto che la cosa non richieda alcuno sforzo o affanno da parte nostra?

Chissà: forse, nel profondo, ognuno sa bene che le nostre esistenze sono invece alquanto inutili – senza senso – di per sé, e persino i nostri corpi possono avvertirlo – mentre tengono silenziosamente il conto del tempo che ci è stato concesso, aspettando la fine. Dopotutto, perché l’equilibrio sia mantenuto, l’unica cosa che davvero conta è che questo ciclo di morte e rinascita non si fermi mai.

Quanto a me, sono un essere umano anch’io, ma non sento alcun tipo di attaccamento verso questa vita. Mi capita semplicemente di pormi certe domande ogni tanto. La noia è molto più difficile da fuggire per quelli come me; il tempo non è misericordioso con noi nel suo scorrere, poiché passa da momenti che svaniscono e si trasformano in ricordi prima che si possa batter ciglio, a giorni che sembrano allungarsi oltre ogni decenza, cercando di inghiottirci nella loro banalità, anche se—

—Anche se né i miei predecessori né io possiamo davvero preoccuparci o risentircene. Soltanto la futilità di questo mondo può toccare i nostri cuori vuoti—e la monotonia è, per noi, di gran lunga peggiore delle afflizioni e della morte stessa, poiché nessuna di queste due può sfiorare un Sakurazukamori in alcun modo.

Ma, Subaru-kun, tutto sommato, credo che tu questo lo sapessi già piuttosto bene.


---


Subaru Sumeragi ha appena compiuto vent’anni a mezzanotte.

Ha perso il conto del tempo non appena le sottili lancette di plastica hanno indicato assieme i numeri neri posti nella parte più alta dell’orologio—Scarabocchi, Subaru si dice, davvero non si tratta di null’altro che questo. Solo una coppia di simboli astratti che non rappresentano nulla, non sanno nulla di anni e mesi e secondi trascorsi—di tutte le cose che il tempo ruba, squarcia, riduce in pezzi e lascia perire. Uno e due. Curve nere e linee dritte che si stagliano assieme, ma comunque tanto sole e insignificanti. Meri scarabocchi, Subaru ripete di nuovo nella sua testa, e si stringe su se stesso un altro po’, fino al punto che potrebbe abbracciare le proprie ginocchia e toccare la parete, bianca e fredda, con la fronte. Sotto di lui il letto è duro e scomodo, come se fosse fatto di rocce.

Adesso Subaru ha vent’anni, ma sa di essere ancora la stessa persona che era prima della mezzanotte – ed anche prima del giorno precedente—sembra quasi che lui sia sempre stato questo giovane uomo distrutto, mentre invece è evidente che qualcosa è cambiato, che la trasformazione è avvenuta, in un qualche momento. E Subaru lo sa molto bene, perché la sua stessa esistenza ruota intorno a quel cambiamento.

E alla persona che l’ha causato.

Arti e dita intorpiditi, Subaru si costringe a sedersi e a non sussultare quando i suoi piedi toccano il parquet freddo. Poi, improvvisamente, si alza, così pallido che quasi brilla sotto la luce della luna, e tanto, tanto solo. Persino le ombre nella stanza sembrano evitarlo, ma Subaru non se ne cura.

Cammina, silenzioso e inconsciamente elegante, afferra il cappotto da dove l’aveva lasciato cadere in un ammasso informe di stoffa, e cerca nelle tasche le sigarette che ha comprato sulla via di casa.


---


In tanti anni che si conoscono, non hanno mai nemmeno condiviso un vero abbraccio. C’è voluta la fine del mondo per cambiare le cose e, tra un bacio e l’altro, il tempo sembra correre ancora più rapidamente; ed esso ruba momento dopo momento alle loro vite e ai loro doveri; il tempo corre, altera ogni cosa e il mondo diventa un’immagine sfuocata; il suo scorrere sta divorando le loro esistenze con più voracità del solito – il tempo corre, senza pietà, portando via frammenti di una mattinata che sbiadisce sciogliendosi in un primo pomeriggio d’oro e grigio e calore appiccicoso; sudore—Subaru apre gli occhi e si chiede quando tempo sia effettivamente passato da quando hanno cominciato questo strano gioco e quanto gliene rimanga ancora, perché sa che tutto questo va contro ogni logica ed idea di normalità. Che loro sono ancora due e che ciò che li separa è una distanza che è impossibile superare, a causa di come e chi sono, i loro ruoli e personalità ma, soprattutto, perché non lasceranno mai che accada.

Nel profondo Subaru lo sa, e non riesce a trovare un senso, un significato a qualsiasi cosa sia quella che stanno facendo. Ogni volta che la bocca di Seishirou abbandona il suo viso o il suo corpo, Subaru si sente perduto, chiedendo a se stesso: e ora, e ora – la domanda risuona e riecheggia nella sua mente, minacciando di lasciarlo cadere in un abisso nero che è riuscito ad evitare fino ad adesso. E ora. Ma Seishirou lo sta baciando di nuovo; le sue mani lo toccano e le sue dita possono riscaldargli la carne anche attraverso gli strati di vestiti—Subaru chiude gli occhi e si arrende, anche se davvero non vorrebbe: i tocchi e i respiri affannati e il silenzio, tutti sembrano troppo sbagliati, fuori luogo e. Fragili.


---


C’è stato un sussulto, nel tuo respiro – un’inalazione più veloce, più breve e più aspra. Probabilmente ha bruciato nella tua gola affaticata; ha affondato nel mio petto, efficace come una lama.

Un sussulto nel tuo respiro. Ed è sembrato quasi che fossi stupito. Seishirou-san. Tu che eri sempre così distaccato e controllato—Vorrei averti potuto sentire sussultare prima, in un altro momento e in un’altra vita, diversa, più felice; e sarebbe dovuto avvenire per gioia o sorpresa – qualsiasi cosa fintanto che non avesse significato apatia oppure che stavi scomparendo dalla mia vita.

…E quel sorriso, e quelle parole, loro—


---


Mi sono anche ricordato che oggi compi vent’anni: vedi, Subaru-kun, sembra che dentro di me ci sia uno di quegli ‘orologi interiori’ che funziona solo per te. Non sei felice?


---


Quando Seishirou si scosta da lui, Subaru rabbrividisce: tutt’a un tratto, l’aria intorno a lui è fredda.

Indietreggia fino a che la schiena non collide con la parete, che è ghiacciata e così bianca e spoglia che sembra senza fine; Subaru spera scioccamente che lo inghiottirà, e si preme contro di esse con tanta forza che sta incominciando a diventare doloroso. Non è che abbia paura di Seishirou, oppure che voglia scappare, anche se si vergogna—piuttosto, non pensa che potrebbe venire faccia a faccia per la seconda volta nella sua vita, col fatto che a Seishirou non importa affatto. Non pensa che potrebbe farcela—E non è nemmeno una verità che già conosce che vuole evitare: è l’idea, la possibilità di crollare davanti a quest’uomo che ama così incondizionatamente, quest’uomo che non capirebbe mai, che Subaru non può accettare.

Ed è nudo, tranne che per un calzino che si è testardamente rifiutato di venire via coi pantaloni, ed ora circonda la sua caviglia in volute grigio perla.

(E questo gli dà un aspetto vagamente infantile, e Seishirou pensa a lui quando aveva sedici anni, scoprendo ancora una volta che, in fondo, questo Subaru inasprito non è per nulla diverso da quel ragazzino ingenuo dai grandi occhi verdi e fiduciosi.)


---


—sono state dolci al punto da essere crudeli, venendo da te, e quasi non hanno senso per le mie orecchie, nonostante quelle parole fossero l’unica e sola verità rimastami quando pensavo a te.

Eri sincero? Non lo saprò mai.

Mi odio per non averti mai detto quali fossero i miei reali sentimenti.


---


Le lenzuola sono insolitamente calde sotto la sua schiena: probabilmente, si tratta solo di lui che sta sudando troppo per qualche strana ragione. Ansia, forse. Pensare al passato lo fa sentire spesso debole, nervoso in qualche modo. Arrabbiato, e pieno d’odio.

La stanza puzza di fumo, ma è già passato un paio d’ore da quando Subaru ha acceso la prima sigaretta della nottata, e non potrebbe più farci caso. Certe volte, sogna sua sorella maggiore che lo sgrida: “Subaru! Bleah! Di questo passo ti diventeranno neri i polmoni!” – ma lei è solo un sogno, e quindi lui non vi dà peso. Dopotutto, non avrebbe mai incominciato a fumare, se lei fosse stata ancora viva.

I vestiti gli si attaccano scomodamente alla pelle, e Subaru chiude gli occhi, come concentrandosi sulla sigaretta che tiene tra le labbra e le dita. Ma il caldo è davvero troppo, e lui sospira sconfitto, appoggiando la sigaretta ancora accesa nella ceneriera per liberarsi della maglia inzuppata di sudore. Quando Subaru si stende di nuovo, le lenzuola sono però ancora più calde, e sembra che si stiano sciogliendo contro la sua carne nuda, come nel tentativo di abbracciarlo.

Palmi aperti e dita ossute distese sulla pelle color crema, le mani di Subaru si poggiano sul suo addome; le palpebre cadono come un sipario sui suoi occhi mentre lui trema.

Non lo fa spesso, ma non riconoscere questa sensazione è impossibile.


---


Non esisti più, e questa cognizione è molto più difficile da sopportare che sapere di non essere nulla per te.

A questo punto, persino la mia morte ha perso significato.

I tuoi marchi stanno svanendo e baciarli non è per nulla come baciare te. Essi sono la causa di tutto, il punto da cui ogni cosa è cominciata e tuttavia—

—Non voglio che scompaiano.

Non voglio che tu mi liberi da te.

Queste stelle che hai inciso nella mia carne—Esse sono tutto ciò che mi resta di te. Quelle e il sangue che io—io—

Il tuo sangue, Seishirou-san. La tua essenza—Forse, fintanto che resta su di me, non ti perderò completamente—forse—

Seishirou-san, se sollevo le mani contro il viso, posso perdermi nel profumo del tuo sangue; chiudo gli occhi ed inspiro.

Inspiro e brucia. E ne sono grato. È un po’ come averti dentro di me.


---


Oggi ti ho visto per la prima volta dopo quasi nove anni. Ti ho notato che correvi lungo la strada affollata, urtando di tanto in tanto qualcuno. Avevi gli occhi incollati al cielo, come quella volta che ci incontrammo alla stazione, ma non ho potuto ignorare il fatto che, questa mattina, non ti fermavi per scusarti quando finivi contro una donna o un impiegato; che le tue mani erano nude e le tue spalle più larghe.

Venticinque anni di vita ti hanno trasformato in un uomo, ma non saprò mai in quale momento preciso sia avvenuto il cambiamento.

C’è qualcosa di severo nella tua bellezza, adesso – una sorta di rabbia gelida e silenziosa, come se, per qualche motivo, non potessi perdonare il mondo. O te stesso. Questa cosa rende il tuo pallore simile a quello della neve, e laddove mi facevi pensare alla luna, ora, quando ti guardo, riesco solo a pensare al ghiaccio e ai fiocchi di neve.

Mpf.

…Mi chiedo, Subaru-kun, è forse a causa mia che sei così diverso, ora?


---


È inutile e squallido, Subaru pensa.

È a miglia e miglia dalla realtà; i suoi pensieri sono annebbiati, e pieni di voci che può a stento riconoscere—ma presto anche queste diventano completamente indistinguibili, assieme ai secondi che si stanno liquefacendo, scorrendo come sangue dal nulla e l’uno dentro l’altro. Dentro la stanza, annegando ogni cosa tranne che quel senso di disprezzo verso se stesso che sembra solo crescere giorno dopo giorno, anno dopo anno assieme a Subaru.

Le sue dita si muovono veloci: è forse un’altra prova della sua stoltezza, ma non si sarebbe mai aspettato di conoscere il proprio corpo a questo modo. Perfettamente. Dev’essere a causa della disperazione, qualche parte di lui grida, del desiderio, del rimpianto—in un certo senso, questa è una punizione, un modo di ricordarsi la sua solitudine, piuttosto che un atto inteso a provocare piacere.

Dita danzano, veloci, come comete che cadono sulla pelle bianca. C’è urgenza in ogni gesto e Subaru prova vergogna—Come se sentirsi soli fosse davvero un peccato.

Viene con uno slancio di luce e biancore, ed è vuoto, spaventosamente senza scopo negli istanti che seguono.


---


La stanza è quasi priva di ogni mobilia, tranne che per il letto e il telefono vero che è appoggiato sul pavimento, poco più in là. Non è che fosse stata più piena quando Hokuto era ancora viva, ma, per quale motivo, allora sembrava più viva, decisamente più colorata.

Oggi appare immensa nella sua vuotezza, e Subaru si sente come se sia Seishirou che lui fossero stati ingoiati dal vuoto bianco che è la sua stanza. È come un buco nero che irradia luce miracolosamente, e loro sono dentro a questo mondo bizzarro – intrappolati, forse, o solo presi da allucinazioni o sogni—In fin dei conti, tutto questo non è qualcosa che normalmente accadrebbe—e—E Seishirou strattona i suoi polsi per tirarlo più vicino—all’improvviso, inaspettatamente, e Subaru cade sul suo grembo, le gambe aperte.

E riesce a sentirlo: il cuore di Seishirou, che batte, fa eco attraverso la pelle e i vestiti e raggiunge anche la sua carne, il suo stesso cuore. Tic. Tac. Tic. Tac. È quasi come un orologio, il battere non sincronizzato dei loro cuori, che senza pietà tiene il conto del loro tempo, secondo dopo secondo, nel tentativo di tramutarlo in insignificanti scarabocchi neri, e, infine, Subaru lo sa: sa che questo è invece reale, perché il tempo continua a correre e quindi ogni cosa dovrà finire.

Tic. Tac. Tic. Tac.

Il tessuto dei pantaloni di Seishirou fa pizzicare le sue cosce nude.


---


“Sakurazuka-san,”

“Salve! Che coincidenza incontrarti qui, Kamui-kun.”

“Infatti. Se non hai da fare, potremmo andare in quella gelateria di cui—”

“Oh, mi spiace, ma oggi sono piuttosto occupato. Temo che dovremmo aspettare fino al nostro prossimo incontro…”

“Che peccato. Allora presumo che si tratti di lavoro?”

“In realtà sì.” Un sospiro. “Nulla di difficile, credo, nei dintorni del Rainbow Bridge. Anche se preferirei andare lì e semplicemente ammirare il mare: sono un po’ stanco oggi.” Risata. “Spero solo di non star diventando vecchio!”

“Beh, sai, ogni cosa accade per un motivo. Forse oggi è proprio il tuo giorno fortunato.”

“Uh—?”

“Okay! Penso di averti disturbato abbastanza per oggi. Adesso farei meglio ad andare. Ricordati solo di fare una bella passeggiata sul Rainbow Bridge, dopo che hai finito: è bene rilassarsi dopo il lavoro. Ci vediamo in giro!”


---


Ricadendo sul materasso, Subaru lascia che le sue vecchie certezze crollino dopo quattro anni che si è incendiato i polmoni con l’odio e le sigarette. Insegnamenti, doveri, principi, tutti si riducono in polvere dinnanzi a questo—questa realizzazione, questa confessione a se stesso—il suo vero desiderio. Neesan, prega silenziosamente, neesan, per favore, perdonami, perché non posso costringere me stesso a mandarlo nel luogo dove ti trovi tu.

E Subaru ha appena compiuto vent’anni, anche se ha già visto troppo, sofferto troppo; e oggi ha fatto la sua scelta, e questo, comprende, lo rende un uomo in qualche modo—Lui è un uomo e Hokuto avrà sempre sedici anni.

Hokuto, Hokuto.

Il nome è estraneo alle sue labbra, dopo così tanti anni, e—

—Subaru vorrebbe solo che lei potesse abbracciarlo ancora – anche se solo per stanotte, anche se è da egoista – per dirgli che, sì, tutto andrà bene. Che il suo desiderio verrà esaudito, ed anche lui presto smetterà di crescere.


---


Il sorriso che piega le labbra di Seishirou è insolitamente tenero—non proprio gentile, e nemmeno carico di una qualche altra emozione—è semplicemente lì, che esiste: una curva delicate di carne setosa; e in qualche modo fa sembrare Seishirou stranamente serio e infantile allo stesso tempo, la luce indecifrabile nei suoi tratti dice che, in silenzio, sta prendendo in giro qualcuno o qualcosa: Subaru, il mondo, o, forse, persino se stesso. Sorride, ed è un sorriso quasi brillante, e disegna strade invisibili su pelle bianca con le sue dita; talvolta con la bocca. E l’altro rabbrividisce.

Subaru lo segue con occhi semichiusi e parole taciute sulla punta della lingua, aspettando in vano che i loro sguardi si incontrino. Persino adesso, pensa, Seishirou non sembra riconoscere la sua presenza, la sua stessa esistenza, e ciò non fa altro che farlo infuriare ancora di più con se stesso, sapere questo e tuttavia restare fermo e non far nulla, nulla tranne che accettare la corsa impazzita del tempo e il calore di Seishirou contro il suo. Accettandoli; aggrappandosi ad essi – come se non ci fosse un domani, nessun ideale o motivo per cui vivere, al di fuori di questa stanza fredda e l’abbraccio di Seishirou. Seishirou, Seishirou, Seishirou—

Ogni cosa è piena di lui: l’aria, che è pesantemente impregnate del suo odore, e Subaru può quasi sentire il sapore di lui sulla lingua soltanto respirando; le pareti bianche the diventano nere e grigie sotto il tocco della sua ombra, e naturalmente la mente e il cuore di Subaru.

Le mani di Seishirou sono forti e possono essere senza misericordia, ma sono anche aggraziate e lunghe; scorrono lungo i polsi di Subaru, lungo le sue braccia, e viaggiano fino alla clavicola. Subaru vuole ridere mentre corrono letteralmente per il suo collo, su e giù un paio di volte prima di raggiungere le sue guance, ma non lo fa.

Un dito traccia delicatamente la garza che nasconde metà del suo viso, e Subaru ricorda che il calzino grigio non è l’unica cosa rimastagli addosso. Si domanda se il gesto voglia essere una presa in giro o soltanto crudele, e pensa che la gentilezza di Seishirou è forse da temere: non si accorgerà mai di me, Subaru pensa, se mi dimostro debole ora.

E quando le mani di Seishirou si muovo rassicuranti per disfare le bende, Subaru sussulta e gli afferra i polsi e scopre di essere ancora troppo minuto, perché riesce a stento a chiudere le dita intorno a ciascun polso. È frustrante, sì, e Subaru realizza all’improvviso il suo imbarazzo.

Seishirou non ha mai smesso di vederlo come un ragazzo, un bambino imbranato—

“No,” Mormora, voce bassa e insolitamente ferma.

—Ma Subaru non può permettere che i suoi sforzi divengano inutili. Non lascerà che quest’uomo conosca tutte le sue ferite e debolezze, ciascuno dei suoi pensieri—non lascerà che Seishirou lo possegga completamente, se questo è necessario affinché riconosca la sua esistenza.

“No.” Subaru ripete, il suo sguardo duro e tuttavia tremante come una fiamma morente, e Seishirou obbedisce, ricompensandolo con un sorriso che è disgustosamente dolce.


---


Ciononostante, Subaru-kun, per quanto diverso tu possa essere diventato, quando ti sei voltato ho potuto scorgere ancora quell’innocenza che ha fatto sì che ti marchiassi come mio tanti anni fa—è lì, Subaru-kun, nascosta sotto quel sottile strato di ghiaccio; è ancora lì.

E perdonami se non ho potuto fare a meno di ridere quando sei caduto, alla fine: so che è stato terribilmente maleducato da parte mia, ma sei così carino, e non sono riuscito a resistere.

Ammetterò che non mi sono soffermato sul tuo viso per vedere se ti fossi accorto di me o se ti fossi fatto male, ma, francamente, non penso che avresti apprezzato il gesto e, d’altro canto, la cosa non mi riguardava davvero.

Ciò che veramente importa, Subaru-kun, è che oggi sono finalmente certo di aver fatto la scelta giusta quando ti ho lasciato andare.


---


La loro recita riprende: e sciogliersi l’uno nell’altro non dura che per un istante fuggevole. Accade per la prima e l’ultima volta, ed è mille volte meno bello di quanto avrebbe potuto essere.

Il tempo corre di nuovo: a dispetto di ogni cosa, tutto questo non li lascerà con altro che una manciata di polvere e fumo nei loro occhi.


---


Seishirou, mio stupendo Seishirou.

Mi chiedo se tu sappia che riesco ad andare oltre i tuoi sorrisi e le tue parole dolci senza alcuno sforzo. Sembri dimenticare così facilmente che, alla fine, noi due apparteniamo alla stessa razza!

Ma anche così va bene, Seishirou, perché è parte di chi sei; di ciò che sei diventato ed amo tanto intensamente.

Sembra così facile, così naturale, vivere e pensare a te stesso come fossi immortale, vero? Quando una persona non sa—non può tenere a nessuno, la morte non appare come altro che un limite della carne.

Quando non si desidera niente, non si teme nemmeno niente. Quando si può vedere questo mondo con chiarezza, per ciò che è, persino la vita cessa di essere qualcosa a cui aggrapparsi e per cui combattere; e sai che potresti fare qualsiasi cosa a chiunque e andare avanti così per sempre, senza che nulla mai ti tocchi.

Tuttavia, mio Seishirou, ‘per sempre’ è un tempo molto lungo; specialmente quando si è soli. E tante, tante cose possono cambiare in così tanti anni.

Un tempo verrà per te in cui conoscerai l’amore—che tu decida di accettarlo o rifiutarlo, è un destino da cui non puoi sfuggire, poiché anche tu sei umano.

Per quel momento, mio prezioso Seishirou, imparerai anche cosa significhi bramare qualcosa, e vedrai come il tuo desiderio non potrà essere esaudito, perché va contro ogni cosa che conosci e che noi siamo e rappresentiamo, e, finalmente, capirai—

Desidererai la morte; e, in essa, tu conoscerai la felicità.


---


La voce di Hien smette di riecheggiare nella stanza proprio mentre Subaru si ritrova nella morbida stretta delle braccia di Seishirou.

Una mano vaga giocosa per il suo addome, come se Seishirou stesse accarezzando la pancia di un gatto pigro a cui è particolarmente affezionato, e Subaru sente una piccola bolla di felicità sollevarsi dal suo cuore in direzione della bocca, per potervi esplodere in una gloriosa pioggia di risa—è difficile e piuttosto doloroso, ma Subaru riesce a frantumarla prima che possa raggiungere le sue labbra. Il corpo, pondera con rabbia, può essere traditore e facilmente ingannato allo stesso tempo.


---


La morte ha un sapore orribile: è disgustosamente dolce—al punto che diventa salato e poi si scioglie in semplice nulla, puro ed amaro. Proprio come quando mangi troppa cioccolata—oppure hai la bocca piena di sangue.

Questa fine sembra veramente adatta a me sotto più di un punto di vista. Non lo pensi anche tu, Subaru-kun?


---


“Troppo abituato ad avere il letto tutto per te, Subaru-kun?”, il tono di voce di Seishirou è oscenamente intimo come la carezza di un amante, ma le sue parole sono vuote e derisorie.

Subaru si solleva sui gomiti e lo fulmina con lo sguardo. Il sorriso di Seishirou non vacilla, e restano a fissarsi per alcuni lunghissimi secondi; o forse sono minuti.

E, forse, basterebbero poche parole—soltanto una o due frasi, e potrebbero avere un’occasione. Una possibilità.

Ma Subaru distoglie lo sguardo e Seishirou lo guarda in silenzio che si veste.

Entrambi possono sentire il matto ruggito del tempo mentre impazza verso la fine di questo mondo. La loro notte è finita; il loro tempo è scaduto. Prima che questo giorno finisca, Subaru sarà sul Rainbow Bridge, ad aspettare.


---


Non dirò che mi dispiace di averti fatto piangere. Non dirò che ho dei rimorsi per averti negato il tuo desiderio, perché ho potuto realizzare il mio, ed ora ti posseggo completamente, che tu lo voglia o no.

Averti—Sapere che sei mio—Nessun altro ti avrà come io ti ho avuto, come ti ho. Sono il primo a cadere per mano tua, e so che non avresti mai fatto una cosa del genere a nessun altro. So che non dimenticherai mai questi momenti; che la sensazione del mio cuore attorno alle tue dita resterà per sempre sulla tua pelle. Appena percettibile eppure inconfondibilmente presente—come un bacio leggero.

So che, da ora in poi, non ci sarà più spazio per null’altro nel tuo cuore, se non per il ricordo di me.


---


A dispetto di qualsiasi cosa tu abbia potuto credere, non trovo alcuna consolazione nelle tue ultime parole. Non mi rendono felice, o compiaciuto, né mi sento appagato in alcuna maniera.

E non mi sento nemmeno orgoglioso. Avevo deciso molto tempo fa di esaudire il mio desiderio, anche se avesse significato essere egoista, o tradire la memoria di mia sorella e le aspettative della mia famiglia.

Seishirou-san, l’amore non conosce né ‘giusto’ né ‘sbagliato’.

Tu, più di chiunque altro, avresti dovuto saperlo.


---


Quindi, Subaru-kun, vivi.

Vivi, non importa quanto sia doloroso. Vivi con questo dolore che ti do ora, perché è il mio ultimo dono. Non lasciare che nessuno ponga fine alla tua vita, perché essa appartiene a me solo.

Vivi e piangi quanto vuoi, perché questo è l’unico modo in cui posso averti.

Questa è la mia felicità, ed ho scelto di ottenerla, indipendentemente da quanto sarebbe costata.


---


Le tue parole non sono in grado darmi alcun sollievo, poiché non possono cambiare il nostro passato: chi siamo e le scelte che abbiamo compiuto e tutto ciò che è successo tra noi.

Ed ora che te ne sei andato, trascinato via dalle onde sotto quel che resta del Rainbow Bridge, non hanno nemmeno il potere di darci la possibilità per un futuro diverso.

Qual è il senso, ora, il significato dietro tutti questi anni di rabbia e assenza e freddi sorrisi? Non so più nulla.

Le tue parole, Seishirou-san, sono inutili esattamente quanto me.

Seishirou-san…

Io—Io desidero solo che tutto finisca.


---


“Il Kamui dei Draghi della Terra mi ha detto che solo io posso esaudire il tuo desiderio, ma che esso è diverso da ciò che sto pensando.”

“…”

“Non è il tuo desiderio uccidermi?”

“No, ti sbagli.”


---


Subaru-kun—

Io ti—


---


“Se… nessuno dovrebbe mai ferire o uccidere qualcun altro, allora perché le persone diventano cieche davanti alle cose più importanti?”
 
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