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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: SULL'AUTOBUS, UN MERCOLEDÌ MATTINA
Genere: Sentimentale, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Shoujo Ai
Autore: kyrie-de88 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 20/03/2009 00:40:30 (ultimo inserimento: 05/04/09)

Ti ho incontrata. Tagliata fuori dalla vita, come me. Starti vicina mi fa paura. Amami.
 
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ESCO, CAMMINO, FUORI È L'ALBA,
- Capitolo 1° -

Non sono mai stata una che si fida delle cose stabili. Quelle prima o poi ti fregano, si sa. Prendi gli uomini di mia madre, ad esempio. Quelli la fregavano sempre. A lei piaceva farsi adulare, era una bella donna e lo sapeva. Io non mi sforzavo di piacere. Non mi importava cosa indossavo, ai lobi portavo ancora due stelline rosse che mi avevano sparato nella carne tenera prima che compissi un anno.
Comunque, dicevo, preferisco tenermi un po’ libera. Niente obblighi, niente date, niente scadenze, niente appuntamenti, niente mesiversari. Cercare di farlo capire alle altre persone era difficile, ed infatti non legavo molto, io, con le altre persone. Avevo persino deciso di non avere una casa, perché le bollette da pagare, la spesa da fare, i piatti da lavare, sarebbero diventati appuntamenti irrinunciabili e puntuali che mi avrebbero perseguitata, gettandomi nel panico. La routine non esisteva, era un’illusione, e comunque non portava niente di buono. Per questo cambiavo sempre lavoro, e dormivo in posti diversi, e avevo rapporti con uomini diversi e, quando chiamavo mia madre in Germania una volta al mese, cambiavo sempre cabina telefonica.
Per sei, sette mesi ho lavorato come cassiera in un sexy shop aperto ventiquattr’ore su ventiquattro. Sostituivo una donna in maternità. Mi avevano dato una specie di divisa, solo una gonna di jeans, una camicetta sgargiante, tinta di un colore a metà fra il fuxia e l’arancio, degli stivali. Le altre ragazze mi truccavano. Il capo ci faceva legare i capelli in code e trecce, per dare un tocco di ingenuità all’insieme, di casta giovinezza. A dire il vero, il più delle volte mi sentivo molto più vecchia del cinquantenne medio che si presentava nel negozio. Non che fossimo delle prostitute, o delle spogliarelliste, ma la nostra immagine doveva accordarsi con quella del negozio, come se fossimo una tappezzeria carina che faceva pendant con le riviste porno e i vibratori. C’erano un paio di colleghe che lo trovavano umiliante. Cioè, il fatto di lavorare in un posto circondato di falli, di subire battutine squallide da parte di uomini (o donne) squallidi, e indossare quella specie di uniforme quando, per quel che ne sapevamo, questa del travestimento non era una tradizione in voga in tutti i negozi di simile fama. Ad alcune piaceva, si sentivano trasgressive a maneggiare fruste e preservativi al lampone, e di giorno, nei loro golfini azzurri, con le gonne al polpaccio e il sorriso prefabbricato sulle labbra, ripensavano languidamente a quel camionista che aveva fatto loro l’occhiolino, al bancario che le aveva chiamate “maiale”, alla donna elegante sulla quarantina che le aveva definite bellissime, al ragazzino che era entrato intimorito, e le aveva trattate come fossero state padrone del mondo, e della sua dignità. Io non trovavo quel lavoro né umiliante né appagante, lo facevo e basta. Quando lavoravo uscivo da me stessa, non pensavo. Raramente mi soffermavo a pensare sulle cose. Mi sembrava una forzatura. Le persone che pensano troppo sono depresse e paranoiche. Io agivo d’istinto, senza rifletterci sopra. E lavorare nel sexy shop non era né meglio né peggio che spillare birre nel pub, friggere patatine nel fast food, promuovere shampoo e caffè nei grandi magazzini, distribuire volantini fuori dalle scuole, telefonare a estranei scocciati per cercare di vendergli del vino, portare piatti di pasta roventi a persone rumorose e volgari, portare le colazioni a coppie lussuriose e sonnolente, o dormire in un’auletta seminterrata mentre professori attenti studiavano il mio sonno. In nessuno di quei momenti mi ero sentita, o mi sentivo, veramente presente. Il mio corpo agiva e immagini di quel che succedeva mi scorrevano davanti , ma era come se la vita fosse incisa su una pellicola di qualità scadente, i colori erano macchie in movimento che non riuscivo a cogliere, non avevo tempo per farlo. Mi sentivo lentissima in un mondo super veloce. Non che fossi infelice. In un certo qual modo avevo scoperto l’essenza della vita, e l’accettavo così com’era. Presumo che non pensare al futuro mi desse la forza di sorridere a tutto, ma mi sentivo ventimila chilometri lontana dagli altri esseri umani, come se fossero state creature di un’altra specie.
Al sexy shop avevo turni da sei ore. A volte cominciavo alle otto di sera e finivo alle due del mattino; altre volte cominciavo a mezzanotte e finivo verso le sei. Un mercoledì, credo almeno che fosse un mercoledì, uscii dal negozio verso le sei e un quarto, dopo essermi cambiata, struccata e sciolta i capelli. Mi strinsi nel mio bomber verde scuro. Faceva freddo. Probabilmente c’era una parte di me che aveva freddo e sonno, magari persino fame. Eppure sentivo tutto questo da una grandissima distanza. Ero tranquilla, come sempre, e serena, come sempre. Camminai a lungo ascoltando il suono dei miei passi. Dopo un tempo interminabile giunsi alla fermata dell’autobus, un palo sottile con un cartello appeso su un lato della strada, senza pensilina, né marciapiede. Attesi un'altra piccola dose di tempo infinito perché l’autobus arrivasse, e come sempre arrivò, sgangherato, vecchio, coi sedili color polvere. Salii e mi sedetti. Era bello lavorare di notte. Anche se eri stanca, ti faceva sentire come se ci fosse stata un’intera giornata ad aspettarti, vedevi la gente con gli occhi pesti che andava al lavoro ,e i bambini che andavano a scuola, ma tu eri libera, potevi vagare, o dormire, o guardare – guardare che cosa, poi? Mi piaceva guardare le cose che emanavano felicità, quelle cose magiche e fatate che c’erano sempre nei telefilm in cui la gente è felice, come ad esempio le villette a schiera, i tavoli in legno con le fruttiere sopra, le credenze coi vecchi piatti della nonna, le zuppiere di coccio, le verande con le piante, i caminetti con le sedie a dondolo. Cose così le vedevo dentro le finestre illuminate delle case, o nelle pubblicità. Mi piaceva vederle ma non avrei voluto possederle. Immaginavo che in mano a me si sarebbero sciupate, e avrebbero perso il loro candore: sarebbero diventate reali, e quindi scialbe.
Quel mattino, sull’autobus, mi sedetti sul sedile e ascoltai il rumore del motore. Mi accorsi che insieme a me erano salite altre due persone. Entrambe avevano rincorso l’autobus, erano salite appena in tempo. Una era una donna sulla quarantina, pallida e preoccupata, probabilmente in procinto di andare al lavoro. L’altra era una donna sulla trentina, il viso duro, teso in una maschera di diffidenza e stanchezza. Era bella. Era piccola e sottile, poteva spezzarsi con un sussurro di vento. O forse no. La sua era l’espressione di una donna che passa i suoi giorni a resistere, anche se non si sa bene a cosa. Mi colpì. Non credevo alla sua durezza, stonava coi lineamenti sottili, con le gambe nervose. La sua immobilità era innaturale. Sembrava separata dal resto del mondo. Come me.
Scesi dall’autobus molte fermate più tardi. La donna esile era appoggiata contro il finestrino, pensando a chissà cosa. Dopo essere scesa, in un bar mangiai un tramezzino e bevvi un bicchiere di latte caldo. Siccome era mercoledì ed era un orario scomodo per disturbare qualcuno e chiedergli un letto, e non avevo nemmeno il “mio” studio a disposizione, mi chiesi se preferivo il parco o la stazione. Alla fine decisi che la stazione sarebbe stata più rumorosa, ma meno fredda e bagnata. Mi accomodai su una delle panchine e dormii qualche ora. Sognai le mie montagne, e mia zia che beveva succo d’arancia al tavolo della cucina. Non è che mi mancassero le montagne, come ad Heidi. Però mia zia sì che mi mancava, ed infatti cercavo di non pensarci.

 
Continua nel capitolo:


 
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VOTO: (4 voti, 5 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 5 commenti
livemylex - Voto: 07/04/09 14:45
bello, hai uno stile davvero coinvolgente e per niente banale^^
aspetto i prossimi capitoli per fare una recensione più accurata XD ma intanto ti segnalo un errore di battitura:
Io ceravo cose
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zorbaelisuccia - Voto: 06/04/09 15:48
Ecco, di nuovo un bellissimo capitolo. La storia comincia a prendere una piega strana ma interessante. Come al solito scrivi davvero molto bene, quindi non mi resta che chiederti e pregarti di scrivere al più presto il prossimo capitolo e dirti un: brava!
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shushu 05/04/09 19:58
Bravissima..kst fic è molto carina ed interessante..e scrivi davvero bene!Complimenti ^^
Continua!
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niglia89 - Voto: 21/03/09 11:28
si sono d'accordo con zarbaelisuccia! anch'io voglio sapere il seguito! è vero, scrivi davvero bene! complimenti!
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zorbaelisuccia - Voto: 20/03/09 17:41
è interessante come inizio. Scrivi veramente bene,cioè mi piace molto il tuo modo di scrivere e di dare vita ai personaggi.. aspetto il continuo!
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