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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Naruto Shippuden
Titolo Fanfic: MASCHERE SUL VOLTO E SUL CUORE
Genere: Sentimentale, Drammatico, Autobiografico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: krystal83 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 15/01/2009 13:51:39

Una breve introspezione, senza pretese, sul personaggio di Kankurou, sul suo possibile passato e i suoi sentimenti ...
 
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MASCHERE SUL VOLTO E SUL CUORE
- Capitolo 1° -

Grazie di essere qui, innanzitutto. Vorrei dare una breve introduzione di questa mia breve storia.
Amo il personaggio di Kankurou. Mi dispiace che alla fine sia sempre poco considerato. Credo nasconda un'introspezione alquanto profonda. Non ha avuto una vita facile ... affatto.
E' un personaggio particolare, a mio avviso. Inizialmente non lo amavo particolarmente, o meglio, non mi aveva colpito in modo speciale. Credo che sia una di quelle figure, uno di quei personaggi che solo col tempo è possibile apprezzare pienamente. Quando si inizia a comprenderne i pensieri o determinate azioni. Quando lo si osserva da un punto di vista più "interno". Quando si va "al di là" ...
E poi, personalmente, lo trovo, assolutamente, un gran bel ragazzo ... ^_^
Questa breve introspezione, in realtà, parte da un tema piuttosto scontato e trattato più volte: la tentata comprensione del significato di quella maschera che Kankurou porta sul volto. La volontà di vederci una sorta di metafora della sua visione della vita, dei suoi sentimenti, del suo passato.
Questo è un mio punto di vista, ovvio, molte cose e avvenimenti trattati sono scaturiti dalla mia mente, poiché, purtroppo, nel manga è dato poco spazio al passato del marionettista.
Spero, comunque, di esserne riuscita a dare un'interpretazione coerente del personaggio e di essermi avvicinata al suo essere più vero. Anche se non è un lavoro che mi convince pienamente ... su di Kankurou credo ci sia troppo da dire ...
 
Se vorrete lasciarmi una vostra opinione, con critiche, consigli e quant'altro, ve ne sarei davvero grata e mi farebbe immensamente piacere. Grazie a chiunque leggerà. Grazie davvero di cuore. ^_^
 
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MASCHERE SUL VOLTO E SUL CUORE

 
 
Non c'è niente di meglio che portare una maschera sul viso per vedere il proprio volto.
OSCAR WILDE
 

 
Kankurou odiava il suo volto e i suoi capelli. Odiava i suoi occhi e la forma del suo viso.
 
Tutte le mattine, come un rituale, davanti allo specchio impugnava quella matita viola e iniziava a tracciare sul suo viso linee ben precise. Le conosceva a memoria. Avrebbe saputo tracciarle anche al buio. Cosa che più di una volta aveva fatto tra l'altro.
Quasi sempre iniziava dal centro del volto. Tracciava lentamente prima la striscia viola che da una guancia arrivava all'altra, ripassandola anche più di una volta. Tre di solito. Poi dalla stessa, all'altezza circa del naso, tracciava due linee parallele che tornavano a congiungersi sotto al mento, dove una rapida pennellata faceva alzare la riga fino al centro del labbro inferiore. Era tutto estremamente calcolato e ben calibrato nella precisione e nella consistenza.
Poi, in successione, passava all'occhio destro e a quello sinistro. Due linee viola che contornavano gli occhi verde scuro dando loro una forma leggermente allungata. Ah, certo. Spesso prima di truccarsi gli occhi doveva asciugarli con un panno di lino bianco, perché sovente erano pieni di lacrime. Dovute ovviamente al clima di di quel Villaggio che con il suo vento trascinava spesso la sabbia dentro i bulbi oculari. Ovviamente. Lo diceva sempre a chi entrava all'improvviso, mentre il marionettista era assorto in quell'opera: "Maledetta sabbia, è possibile che proprio in questo momento deve entrarmi negli occhi?"
 
Perché avesse scelto il viola è presto detto: è il colore spesso associato al veleno. E lui di veleni se ne intendeva parecchio, sì. Era una delle sue maestrie l'utilizzo dei veleni. Poi, a chi volesse indagarne più a fondo il significato, avrebbe trovato che il viola vuole esprimere anche il desiderio di essere diversi, ma questo è un altro discorso ... non c'entra nulla ... forse ...
 
Cambiò più volte le forme geometriche dipinte nel corso degli anni. Concentrandosi sul centro del viso talvolta. Altre volte, invece, dando forma a indefiniti disegni ai lati del volto. Probabilmente non avrebbe mai trovato una forma veramente perfetta. E' impossibile rendere qualcosa perfetto se quel qualcosa parte da una base totalmente sbagliata. Il suo volto. Che non sarebbe mai stato cancellato. Avrebbe dovuto indossarlo per tutta la sua vita. Quel volto che era anche il suo volto. Di quell'uomo ... no ... "uomo" non è una parola adatta al concetto che voleva esprimere ... di quel mostro. Ecco. Mostro è un sostantivo che rende molto più l'idea. Un mostro che accusa altri di essere mostri. Un patetico. Codardo. Vigliacco. Schifoso. Assassino. Lurido. Padre.
Ed era quello che lui vedeva guardando la sua immagine nello specchio. Ed era quello che vedevano anche i suoi fratelli quando lo guardavano in viso. Anche se non glielo dicevano, forse per un eccesso di compassione ...
 
A volte Kankurou invidiava sua sorella che aveva ereditato dalla madre i capelli color del grano. Addirittura, più di una volta, si era trovato ad invidiare il fratello minore i cui colori non si rapportavano, direttamente, a nessun appartenente di quella ... bolgia infernale ... di quella "famiglia" ...
Lui invece ... lui aveva gli stessi occhi del mostro che chiamava gli altri "mostro". Quella sfumatura verde mirto era quella paterna. Non era la sua. La stessa forma rotondeggiante dell'intero volto era identica a quella di suo padre. Se la ricordava perché da piccolo aveva tentato di accarezzarlo, in un inutile tentativo di accaparrarsi quell'affetto paterno. Che nelle famiglie normali dovrebbe essere innato. Ma quella non era una famiglia normale. Non era una famiglia, semplicemente. Stupido lui ad averci creduto per qualche breve istante. Tre creature sbattute al mondo perché fossero armi capaci di risollevare quel paese che lui aveva affondato. Non figli, non persone, non esseri viventi. Armi. Trattate come tali. Beh ... almeno su quello si era mostrato coerente il Kazekage...
Anche se, e quasi rideva di rabbia ogni qualvolta gli tornava alla mente, il paparino inizialmente copriva di regali quel bambino che lui aveva condannato, che aveva ucciso dentro ancor prima di farlo venire al mondo. Non si vergognava nemmeno. Su quel demonio riversava, inizialmente, tutti quei regali e quella specie di affetto che erano sempre mancati sia a lui che alla sorella. Che poi dopo abbia tentato di ucciderlo più volte non importava. Perché in quel momento Kankurou odiava il piccolo Gaara. Perché gli aveva tolto la madre. E poi anche il padre. E lo zio. Lo zio che preferiva mille volte il demonio della sabbia che quel bambino troppo bruttino, troppo paffuto, troppo insignificante ...
... Ora si vergognava, Kankurou, a ripensare a questi suoi sentimenti ... alla fine quel demonio dai capelli rossi era pur sempre una vittima ... come lui ... quanto lui ... forse ... più di lui ...
 
Nemmeno quelle marionette di cui ora è un esperto, un maestro, all'inizio gli interessavano più di tanto. Gli bastava non seguire le orme di suo padre. Andavano bene anche quei vecchi burattini che un giorno avevano buttato lì, nella sua stanza, dicendogli che sarebbero state la sua arma segreta. Le aveva prese ed osservate. E una volta compreso che non avevano nulla a che fare con la manipolazione del vento, aveva annuito un tacito consenso.
Non era già abbastanza crudele il fatto di dover portare sul volto l'immagine della persona che si è odiata di più? Utilizzare le sue stesse tecniche non lo avrebbe sopportato.
Comunque poi le aveva imparate ad amare. Molto anche. Erano gli amici che non aveva mai avuto ... le sue marionette ...
 
Terminata l'ultima pennellata, solitamente lasciata alla labbra, che già sottili diventavano una piccola fessura attorniata dal colore violaceo, si passava una mano tra i capelli, notando sempre, con disgusto, come fossero anch'essi uguali ai suoi, nel colore, addirittura nella consistenza fragile e secca. Già perché una volta, sempre quando era piccolo e ingenuo, si era buttato a capofitto in quella testa castana-rossiccia del padre, afferrando una ciocca di capelli e dicendogli ridendo "Papà mi hai rubato i capelli!". Ma ne aveva ricevuto, come al solito, un rimprovero e uno schiaffo "perché non ci si poteva comportare in quel modo verso il Kazekage".
... anche se per Kankurou era solo il suo papà ...
 
Afferrava allora il suo buffo berretto dalle orecchie feline e se lo infilava sul capo, facendo attenzione che nemmeno una ciocca di quei capelli ne uscisse. Nemmeno un capello doveva sottrarsi a quella maschera. Quel rituale gli occupava circa dieci minuti di tempo. Perché era necessario controllare da ogni angolatura che tutti i capelli fossero al suo interno. E non importava che gli altri ridessero di quest'abitudine e di quel ridicolo indumento. Anzi ... forse, inconsciamente, Kankurou aveva scelto un copricapo così buffo perché gli sguardi degli altri non ricadessero sempre, inesorabilmente, su quel viso ...
"Ricordi tanto il tuo defunto padre" ... quante volte dovette sentirlo dire. Quante volte pianse in silenzio in camera ...
Da piccolo aveva sentito dei bambini ridacchiare alla vista di quel berretto con orecchie strane nella vetrina di un negozietto di Suna.
"Ti immagini andare in giro con quella buffa cosa in testa?!" diceva uno.
"Ah ah che schifo! E' una delle cose più brutte e ridicole che abbia mai visto!" rispondeva l'altro.
"Con una cosa del genere in testa è impossibile che qualcuno si fermi a guardare anche la tua faccia!!!" diceva il terzo con le risatine degli altri due come sottofondo.
Il giorno dopo Kankurou aveva espressamente chiesto a Baki quel berretto. E non valsero a nulla i tentativi del maestro di dissuaderlo da quella idea. Lui lo voleva. E lo ebbe. Lui stesso vi cucì sopra lo stemma degli Shinobi di Suna. Senza molto orgoglio, a dire la verità. Poi lo indossò, nascondendo i capelli castani all'interno e calandolo più possibile sul viso. Non corse immediatamente a farsi vedere dai compagni di accademia, men che mai dai sui fratelli o da suo padre. Che quando lo vide, quattro giorni dopo perché "il Kazekage ha impegni più urgenti che andare a visitare i propri figli la sera", lo guardò con biasimo e sufficienza. E Kankurou vi lesse tutto il disprezzo e la vergogna di avere un figlio del genere, in quegli occhi. Occhi tremendamente uguali ai suoi. Quella stessa sera, per la prima volta, prese una matita viola, rubata ai trucchi della sorella maggiore, e si chiuse nella sua stanza tutta la notte, passandola sul viso più e più volte e constatando, ogni volta, ogni maledettissima volta, che il suo volto non sarebbe mai cambiato. Che schifo ...
 
E ogni volta che finiva quel tremendo rituale, rideva davanti all'immagine che rimandava lo specchio. Almeno avesse ereditato anche il fascino del padre! Perché quel maledetto bastardo, nella sua cattiveria, aveva pure un suo fascino. Glielo riconosceva. Anche lui lo guardava ammirato quando era un bambino. Ed era anche felice di assomigliargli. Non nel fascino, va bene, ma almeno nei capelli, negli occhi, nella forma del viso. Certo, quando ancora non lo sapeva uno schifoso, lurido assassino. Ovvio. Poi gli fece schifo e basta. Si faceva schifo anche lui. Dopo.
 
Controllò ancora una volta la correttezza del suo trucco, ripassando la linea sull'occhio sinistro che aveva notato avere marcato di meno. Abbasso un poco il copricapo, carezzando le buffe orecchie per evitare che si ripiegassero su se stesse. Perché dovevano essere visibili a tutti. Quelle. Non il suo volto.
Poggiò il palmo della mano sinistra sullo specchio, creando un alone grigiastro sul vetro freddo, e fissò la sua figura per un breve istante. Era ben conscio che non avrebbe mai avuto gli splendidi occhi gemmei del fratello minore che facevano tanto impazzire le ragazzine di Suna. E nemmeno quei capelli colore del grano come la sorella maggiore che avevano colpito anche quel pigrone di Konoha.
Lui aveva solo la sua maschera.
La sua ridicola maschera.
E il suo ancor più ridicolo berretto.
"Che schifo ... "
 
- Kankurou! Allora hai finito di prepararti? E' possibile che per fare quei ridicoli scarabocchi sulla faccia ci impieghi sempre così tanto tempo?! -
- Arrivo Temari ... Che noiosa che sei ... -
 
"Ridicoli scarabocchi" ...
Kankurou sorrise amaramente. Poi si guardò un'ultima volta allo specchio. Anche quel giorno la sua farsa aveva inizio ...
Andava bene così ...
Ancora una volta ...
Tutti i giorni ...
 
Maschere sul volto ... e sul cuore ...

... il suo questa volta ...
.... almeno questa ...
 
 
*OWARI*


 
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