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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: TRE GIORNI
Genere: Sentimentale, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Autore: darkpain galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 04/01/2009 13:08:02 (ultimo inserimento: 11/01/09)

Elisa, passa il Natale a Napoli. Qui incontra i suoi cugini. Da sempre Elisa, in questo periodo tiene un diario. Ancora non sa che quest'anno..
 
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PRIMO GIORNO
- Capitolo 1° -

salve a tutti e tanti auguri x il 2009!!
volevo soltanto darvi un piccolo avviso: questa ff potrebbe essere considerata una storia di incesto (2 cugini di secondo grado) poi non so fate voi..
cmq spero vi piaccia lo stesso e spero che commentiate in tanti (anche negativamente).
i capitoli in tutto dovrebbero essere quattro.
buona lettura!






PROLOGO

27/12/2007

Soffro. Sento un dolore lancinante al petto. E soffro. Moltissimo.
Voglio aprire gli occhi, ma mi sento troppo stanca per riuscire a farlo. Sento appena la voce concitata e preoccupata di mia madre, come un brusio confuso, al quale non riesco a dare un senso.
So solo che voglio scomparire, voglio semplicemente cessare di esistere. Mi sembrerebbe meno doloroso.
Mia madre continua a chiamarmi e a chiedermi come sto. Non voglio sentire neanche più quel brusio assordante, voglio solo continuare a crogiolarmi nel mio dolore, perciò le rispondo con un incomprensibile mugugno, che sto abbastanza bene e che non deve preoccuparsi per me.
Decido allora di abbandonarmi nuovamente ai pochi ricordi che ho. Quelli più vividi, quelli che tornano continuamente, non invitati, a bussare nella mia mente intorpidita e stanca.



PRIMO GIORNO

24/12/2007


Come ogni anno, mia madre, Rosa e sua cugina Luisa, decisero di incontrarsi, con le rispettive famiglie, a Napoli, per passare il Natale insieme.
Sin da piccole, Rosa e Luisa avevano ottimi rapporti, che con il passare del tempo, andarono rafforzandosi. Entrambe abitavano a Napoli, ma per ironia della sorte, durante l’università, Rosa sposò un siciliano con il quale andò ad abitare a Catania, mentre Luisa andò ad abitare a Roma con il marito.
Così ovviamente non vi era occasione di incontrarsi, e le due cugine, decisero che durante il periodo natalizio sarebbero tornate entrambe dai loro parenti a Napoli, e avrebbero passato le vacanze li. Un anno nella casa di una e un altro nella casa dell’altra.
E così avremmo fatto anche noi, i loro figli: Leo di ventiquattro e io, Elisa di quindici, i figli di Rosa. Cristina di ventitre, Matteo di venti e Andrea di diciassette, quelli di Luisa.
Noi cinque siamo come dei cugini di primo grado. Ogni volta che ci incontriamo stiamo insieme.
Comunque sia, ho dei bei ricordi di noi da piccoli. E scommetto che anche loro ne hanno.
Infatti da piccoli condividevamo gli stessi giocattoli, dai dieci anni iniziammo a condividere la stessa play station.
Ma con il passare degli anni, iniziammo ad allontanarci, la prima fu Cristina, che, non volendo sottostare ai suoi genitori, cominciò a rimanere a Roma per le vacanze di Natale per tre anni di fila, fino a quando, anche oggi, è arrivata ad una sorta di tregua con i suoi.
Poi fu la volta di Leo che si fidanzò con una Catanese, e decise di non andare più dai parenti durante le vacanze per restare con lei. Evidentemente i nostri rapporti non erano così stretti come credevo..
Gli unici che continuavamo ad andare a Napoli eravamo io, Andrea, con il quale ho un rapporto piuttosto profondo e Matteo, continuamente arrabbiato col mondo e con i suoi.
I due fratelli, erano entrambi piuttosto chiusi e pigri, ma Matteo, superava Andrea di gran lunga.
era capace di dormire per una giornata intera, per poi svegliarsi verso le sei e andare a bere con i suoi amici. Ecco, Matteo è quel tipo di persona che apparentemente appare privo di veri e propri valori, ma che quando lo conosci bene, come credo di conoscerlo in parte io, scopri che non ha quasi nulla a che vedere con il ragazzo presuntuoso e scontroso che vuole sembrare.
Non sembra avere scopi nella vita, al liceo era uscito con sessantasette, che tanto tempo fa poteva sembrare un buon voto… e per giunta non aveva voglia di andare all’università. Per un anno aveva provato con giurisprudenza, come voleva il padre; inutile dire che era stata una totale perdita di tempo. non studiava, e non si presentava agli esami.
Andrea, al contrario, se la cavava egregiamente a scuola, era al quarto anno, e non aveva mai dato delusioni ai suoi genitori, prendeva ottimi voti, e al contrario di Matteo, dormiva al massimo tutta la mattinata, non beveva, non si accannava come il fratello maggiore, aveva trovato una ragazza durante una crociera con i suoi, ma cosa più importante, non si lamentava più di tanto quando doveva andare a Napoli, tanto ormai sa che ci sono io, almeno ha un po’ di compagnia.
Io, dal canto mio, sono una tranquilla adolescente, con i miei alti e bassi, i voti, quelli pure salgono e scendono, ma non è mai stato un problema per i miei al contrario di Luisa e del marito. Il mio problema più grande invece, sono i rapporti sentimentali, ho un fidanzato giù a Catania, Giuseppe di diciassette anni, e va di corsa. Il primo ‘ti amo’ me lo ha detto al primo appuntamento, e io, essendo alle prime armi, gli aveva risposto, credendo di interpretare il mio cuore. Ma la verità è che noi adolescenti, raramente interpretiamo il nostro cuore. Quello che sentiamo a volte, non è altro che un riflesso di quello che realmente proviamo. E così su due piedi non ce ne rendiamo conto. Così, sono certa che prima o poi ci lasceremo, quanto purtroppo il mio ragazzo è convinto che rimarremmo insieme per sempre. Perché io sono la donna della sua vita, e non sa come fare senza di me, ecc…
‘tutte cazzate’ penso quando mi dice quel genere di cose. E non perché dubito del fatto che le provi davvero, come teme lui, ma più che altro, perché lui cerca l’amore dei film, ed è convinto che soltanto con frasi del genere si può arrivare a un legame così forte. Io no, non la penso affatto così, io cerco l’amore, quello fatto di sguardi e gesti, non quello fatto di parole che si gonfiano nell’aria, per dimostrare che l’amore provato è grande. Giuseppe non sente il bisogno di avere un legame psicologico, come me, a lui basta avermi accanto.
Così quando quest’anno sono arrivata con mio fratello Leo, che non si sa per quale miracolo, quest’anno ha deciso di andare dai nonni e lasciare la ragazza a Catania, io mi sono portata dietro il peso di Giuseppe che continua a sperare sul fatto che io possa amarlo alla stessa maniera.
Appena arrivata, trovai subito i miei nonni che mi abbracciarono calorosamente, poi i nonni dei due fratelli, e infine Andrea e i genitori, Luisa e Roberto.
-ciao Elisa!- esclama Luisa –quanto sei cresciuta!- come al solito penso. Ogni anno la stessa solfa.. che palle…-ciao Luisa! Matteo?- chiedo poi curiosa. Ma so già la risposta.
-e secondo te dov’è? Sta dormendo di là-
Allora mi avvicino ad Andrea, sta chiacchierando animatamente con Leo. Parlano di un videogioco di guerra da poco uscito. L’argomento non mi interessa. Decido di andare nella stanza dove dorme Matteo. Tanto ormai è da due anni a questa parte che lo vado a svegliare io. Infatti Luisa me lo dice sempre ‘vai tu che sei un toccasana. Con te si alza sempre!’. Ed è vero.
Lo vedo disteso su un fianco, sta dormendo della grossa, nonostante siano le tre del pomeriggio. Anzi, non credo che stia dormendo, lo fa apposta, si abbandona, gli piace stare da solo lontano dal mondo. Con gli occhi chiusi riesci ad immaginarlo come vuoi.
Mi avvicino a lui, sbircio sopra la sua spalla per vedere se dà qualche segno di vita. Niente. Almeno respira. Lo tocco con un dito sulla spalla. Non si muove. Ormai lo so è una specie di tattica che vuole dire ‘lasciatemi in pace’. Ma penso che lui non voglia essere lasciato in pace. L’ho sempre pensato, così riprovo, questa volta ci aggiungo anche una frase –ehi Matt! Siamo arrivati, tra un po’ si mangia-
Lui si muove leggermente come per farmi capire che è sveglio e che sa che sono io, lì, con lui. O chi lo sa, magari è a me che piace pensarla così.
Riprovo di nuovo –dai! Non puoi dormire tutto il giorno!- allora lo vedo, apre gli occhi, ha lo sguardo assassino, quello che mi lanciava da piccolo quando eravamo seduti di fronte a tavola. Io gli sorrido –ciao!- gli dico
Lui non risponde. Ma lo sapevo già che non lo avrebbe fatto. Sento che dall’altra stanza Luisa ci sta chiamando per il pranzo.
Allora arrivano anche Leo e Andrea sulla porta. Leo si avvicina –ehi!- saluta avvicinandosi, l’altro fa un grugnito e si rimette a fare finta di dormire. Andrea dalla porta lancia uno dei suoi sorrisi che ormai lo so, vogliono dire ‘oddio, che ti aspettavi? È Matteo’.
Ma Leo non se la prende, perché sa, come noi, che Matteo non cambierà mai. Resterà sempre il presuntuoso e solitario Matteo. Quello che dorme fino a tardi, quello che non ama i convenevoli, quello che si sente sempre un gradino sopra gli altri. Ma non è così, siamo in pochi a sapere che invece è proprio la sua incertezza interiore che lo costringe ad usare quella maschera con noi. Perché sin da piccolo aveva sempre vissuto nell’ombra di Andrea, lui era quello bravo, e quando Matteo da bambino gli faceva male, per attirare la attenzioni su di se, i suoi genitori leccavano sempre le ferite di Andrea, e punivano Matteo. Il loro errore più grande secondo me è stato quello di non chiedersi perché lo facesse, così non si sono mai accorti che Matteo era molto geloso del suo fratellino, e questo lo portava ad avercela con lui e di conseguenza alimentava quella sua scontrosità con gli altri.
-dai vieni- mi dice Leo e mi fa capire con lo sguardo che è meglio lasciarlo perdere a Matteo quando fa così. Tanto si alzerà da solo.
Io vorrei restare li con lui e invece come una stupida mi accingo a seguire mio fratello e Andrea fuori dalla stanza.
Ma mi sento tirare per un braccio, mi giro e vedo che è lui. Matteo ha riaperto gli occhi e mi sta stritolando il polso con la sua mano affusolata e forte. Evidentemente mi vuole ancora li con lui. Io non so cosa pensare e arrossisco, ma sempre come una stupida gli lancio il nostro sguardo assassino, lui me lo restituisce.
-è pronto- gli ricordo
Allora lui molla la presa e si rimette sdraiato
-e dai Matt! Siamo appena arrivati.. non vuoi stare un po’ con noi?- nel frattempo mi maledico mentalmente. Cosa diavolo gliene importa a lui? E soprattutto non mi avrebbe mai dato la soddisfazione di alzarsi per me.
Così, nuovamente come una stupida, me ne vado e raggiungo la tavola dove sono seduti mio fratello e Andrea, mentre dalla cucina comunicante arrivano le risate dei nostri parenti, seduti all’altro tavolo.
-allora Andrea. Come va con Vanessa?- chiedo alludendo alla sua ragazza svizzera
Lui abbassa gli occhi e cerca di avere un tono indifferente, cosa che fa sempre quando si parla di qualcosa a cui tiene –mah.. tutto come al solito-
Come al solito, sarebbe che lui la chiama ogni giorno e si sentono in continuazione via sms. O almeno era quello che mi diceva sempre lui.
Sento la presenza di qualcuno alle spalle e mi giro. È Matteo che con la faccia da zombie si avvicina al tavolo, saluta meglio Leo e si siede di fronte a me.
Leo come al solito spara qualche battuta sulla pigrizia di Matteo, e lui sorride con gli occhi un po’ bassi. Il mio cuore fa un salto mortale. Non mi ero mai resa conto di quanto mi mancasse quel sorriso così infantile e puro, nonostante la sua ostinazione a bestemmiare e imprecare in continuazione.
Il pranzo scorre tranquillo, ridiamo e scherziamo insieme, Andrea ha un modo di fare troppo divertente, con la sua ironia e le espressioni, ci sbellichiamo come sempre, anche Matteo e Leo fanno tagliare dalle risate, e d’un tratto mi accorgo che sono l’unica a non avere nulla da dire, e non riesco a capire perché, ma vorrei che Matteo mi degnasse almeno di uno sguardo. Ogni tanto i nostri occhi si incontrano, ma ha sempre quell’aria incazzata, e vorrei dire qualcosa, ma non so cosa, e così resto zitta a ridere con loro. Finiamo i primi e mia madre mi chiama per portarle i piatti sporchi e prendere quelli con i secondi, io mi alzo e prendo il mio e quello di Andrea, poi anche Matteo si alza.
-macchè, non sai portare neanche i piatti?- mi dice con il suo solito tono antipatico e scostante. Ed è la prima volta da quando siamo arrivati che mi parla direttamente. Ma non rimango male a quello che dice. Tanto ormai ci sono abituata, sin da piccola mi prende sempre in giro, prima ci restavo male, ma ormai mi fa un baffo,lo guardo con aria di sfida. –perfetto allora fallo tu- dico tranquillamente, almeno mi risparmia la fatica di alzarmi. Lui annuisce fissandomi con il suo sguardo assassino e si alza prendendo i piatti con un eleganza degna di un cameriere, li prende tutti e quattro e li porta di la tornando con i secondi. Il pranzo scorre tranquillo. Continuiamo a parlare del più e del meno, e, ora che ho rotto il ghiaccio anche con Matteo, almeno ho qualcosa in più da dire.

Dopo pranzo Leo e Matteo si mettono a dormire mentre io e Andrea saliamo al piccolissimo piano di sopra, come quando eravamo bambini, il piano di sopra non era esattamente un piano. Era semplicemente una piccolissima stanza con il soffitto basso basso, che i miei nonni utilizzavano come dispensa e sgabuzzino.
Salimmo le strette scale, e ci ritrovammo in quella stanzetta polverosa, dove tutto sapeva di abbandonato e antico, e ovunque c’era almeno un dito di polvere.
-oddio, ma questo posto è dimenticato da Dio!- esclama lui delicato come al solito
Io mi abbasso e prendo una scatola. Dentro ci sono i diari di scuola di mia madre, li sfogliamo un po’. Dopodichè lui apre un armadio piccolino, e dentro ritroviamo i nostri vecchissimi giocattoli. C’è la mia casetta dei pupazzetti, una vecchissima bambola di Cristina, il percorso delle macchinine di Matteo, e una pallina di gomma che chissà quale lontana amica di famiglia ci aveva regalato anni prima. Ci lasciamo travolgere dai ricordi.
-ti ricordi quando io e te abbiamo ballato il giorno del tuo compleanno di cinque anni?- mi dice lui ridendo
-si, che poi sono andata a sbattere contro il tavolo e il giorno dopo avevo un bernoccolo grande quanto una noce!-
-oppure quando ci siamo messi a discutere sui treni!-
Si questa me la ricordavo benissimo grazie al video che ci aveva girato mio padre. C’eravamo io e lui che avevamo si e no quattro anni, e discutevamo animatamente sul fatto che i treni merci portano o no la gente. Essendo piccoli ovviamente i nostri discorsi non filavano minimamente, ed era questa la cosa divertente.
Ridiamo per un altro po’ e alla fine decidiamo di scendere, ormai sono le sei e mezza del pomeriggio. Raggiungiamo mio fratello nella stanza da letto e decidiamo di uscire a farci un giro. Lo chiediamo anche a Matteo, che con uno sforzo enorme ci fa ‘il favore’ di venire con noi.
Usciamo con le solite raccomandazioni di mia nonna sul fatto che Napoli è pericolosa, e che dobbiamo fare attenzione a non farci fregare i soldi e il cellulare.
Finalmente usciamo, passiamo via Costantinopoli e raggiungiamo via San Sebastiano, e la percorriamo fermandoci ogni cinque secondi, perché mio fratello deve vedere assolutamente le vetrine con le chitarre appese. Eh già, lui ama suonare la chitarra, specialmente quella elettrica, ed esce totalmente pazzo quando ne vede una.
Lui e Andrea entrano in un negozio, visto che in quel periodo anche a mio cugino è venuta la fissa della chitarra, anche se non l’ha mai suonata. Io e Matteo aspettiamo un po’ fuori.
-ma tu che fai?- gli chiedo, giusto per parlare un po’
-niente, ho lasciato giurisprudenza… mo sto un po’ in giro- mi risponde lui
-e non studi per niente?-
-no, a che serve? È una perdita di tempo- mi dice –tanto qui è tutto di merda-
Io lo guardo un po’ male, da un lato sono d’accordo con lui, a scuola non ho mai dato tutta me stessa, perché non ho proprio voglia di passare la vita su i libri.. però…
-ma non puoi sempre stare senza fare nulla- esclamo –non c’è proprio niente che ti piace fare nella vita?-
Lui mi sorride –no- già, a lui piace bere, giocare e fare chissà cos’altro. Più volte ho avuto il sospetto che si drogasse. Ma non ho mai avuto il coraggio di chiedere conferma a qualcuno. Quello che è sicuro è che si fa le canne. Questo è un dato di fatto. Andrea e Cristina ne avevano parlato qualche anno fa, d’altronde, per loro certe cose sono più che normali.
-e tu?- mi dice –ora fai il terzo liceo, no? A che pensi ti serva studiare?-
-beh… almeno saprò fare qualcosa quando prenderò la maturità- gli dico e il discorso sembra morire lì. Andrea e Leo sono usciti e riprendiamo a camminare, questo tratto di strada lo facciamo insieme, fianco a fianco, senza parlare, nessuno dei due ha qualcosa da aggiungere. A me non importa nulla, si vuole rovinare la vita? Peggio per lui, non mi preoccuperò più di tanto.
Allora cominciamo a parlare con gli altri due, ci facciamo via Roma criticando la sporcizia che ha preso Napoli, la parlata esagerata di alcuni passanti, ma soprattutto, il loro modo di guidare.
-cioè, cazzo- si agitava Leo –sono nati con la mano schiacciata sul clacson?! Non ti guardano neanche se attraversi, devono passare per forza loro!-
-e poi guarda le schiere di motorini che passano tutte insieme!.- criticava Matteo.
Io non dico, nulla, perché tutto sommato Napoli mi piace, è una bella città, certo sorvolando sulla spazzatura e il modo di guidare…
Ad un tratto, mentre stavamo attraversando, arriva un motorino a tutta corsa che non mi travolge per un pelo, grazie a Matteo che pronto mi afferra il braccio e mi tira a se.
-ma vaffanculo!!- gli urla dietro il mio salvatore –sta città di merda!-
Ok, tutti i miei buoni propositi su questa città vanno decisamente a farsi benedire.
Dopo un bel po’ arriviamo a piazza del Plebiscito. È immensa, e mi rendo conto che in tutti quegli anni, avevo girato ben poco per Napoli, considerato che mi ricordavo soltanto le zone vicino casa di mia nonna, Eldo e Fnac.
In questo periodo c’è in piazza, non so per quale manifestazione, una specie di raffigurazione del mondo, fatta interamente di metallo. Ci avviciniamo e mi accorgo di avere l’Africa a qualche centimetro di distanza e guardo meglio la piattaforma che mi arriva su per giù all’altezza del fianco. Alla fine ci saliamo, facciamo un giro per l’Africa, poi saltiamo in Sicilia, e percorriamo l’Italia, e arrivati a Napoli Matteo pesta i piedi più forte che può. La odia proprio questa città, e io non posso fare a meno di pensare che un tale odio sia nato dal fatto che ogni anno i suoi genitori, lo avevano costretto ad andarci.
Decidiamo poi di fare un salto in Grecia, ma non ci piace e andiamo in Francia, nello stretto della Manica Matteo passa dall’altra parte, e io allungo la mano facendo finta di non riuscire a passare dall’altra parte, lui sta al gioco e allunga la sua fingendo di faticare a raggiungere la mia. Alla fine me la afferra e io riesco a passare dall’immenso burrone che è lo stretto della Manica. Dopo ridiamo come due scemi. Sono felice, non so perché, ma lo sono, forse perché mi piace sapere che nonostante la lontananza la nostra intesa non è mai cambiata. Mi sento leggera e so che mi piace molto il rapporto che si sta creando tra noi due.
È tardi, dobbiamo tornare a casa per la cena, è la vigilia. Non che questo importi, tanto i due fratelli e il mio non sono cattolici, e a forza di passarlo con loro, il Natale, piano piano anche per me sta perdendo il suo significato.
Al ritorno facciamo la strada che dovrebbe sbucare su piazza Dante.
Matteo mi sta a fianco, mi prende a braccetto
-c’ho fame- mi dice.
-potremo andare a prenderci una pizza- interviene mio fratello. Ma la sua è una proposta che rimane in aria, a nessuno andava di restare fuori a cena.
-potremo rubarla una pizza- dico io a Matteo che continua a tenermi a braccetto
-lo faresti?- mi sfida lui
-beh…- no, non lo farei
-vedi, perché devi proporre cose che non faresti?- mi prende in giro, lo so, ma la cosa strana con lui è che quando mi prende in giro, fa dei discorsi così sensati e seri, che ci casco quasi sempre.
-beh, ci andate voi- dico io con un lampo di genio, non mi rimangio la parola, non con lui –io resto fuori e vi aspetto, e voi intanto fate il lavoro sporco-
Lui ride, lo diverte un’idea simile –ah, brava! E così faresti fare a noi il lavoro sporco!?- dice continuando a ridere
-certo- rispondo io irremovibile senza nascondere un sorriso.-e tu, lo faresti?- gli chiedo giocando la sua stessa carta. Ma non sono brava quanto lui a incastrare la gente, o forse è lui che è più bravo di me a non farsi incastrare.
-eh, no. Io non ci casco.- mi dice furbo -non devo dare certo conto a te!-
Io storco la bocca. È proprio antipatico quando fa così, sin da quando ero piccola non lo sopportavo. Ho un brivido
-che c’è?-
-ho freddo- gli dico
-ma come fai? Si sta così bene!-
-e intanto ho freddo.- e guardo le sue mani, ha dei guantoni di pelle, con l’interno in pile –ci credo che stai bene! Con quelli!- e glieli tolgo, lui se li lascia sfilare e non dice niente guardandomi con un mezzo sorriso mentre lo faccio. Me li metto. Scoppiamo a ridere, le mie mani sono ridicole con quei cosi addosso. Sono enormi.
-oddio che mani piccole!- mi dice, e intanto mi prende una mano e la esplora cercando di trovare la punta delle mie dita che si perdono nella stoffa. –eccole- mormora quando le trova. E riprende a ridere. Io intanto muovo le mani e mi sento un pupazzetto dei cartoni animati, con il bomber che mi gonfia come un palloncino e quei guanti in cui le mie mani nuotano. E ricominciamo a ridere e mi sento ancora leggera e felice di quella complicità che forse non sento solo io.
Camminando siamo arrivati a piazza Dante. Al centro c’è un tizio minuto in mutande che sembra ballare a un ritmo tutto suo.
-è ubriaco- fa Leo
Andrea ride sommessamente –oddio ma che è? Si toglie le mutande?-
Allora anche io rido, è vero, se l’è tolte. Mio fratello mi afferra per spostarmi tra se e Matteo, protettivo come al solito.
Ma Matt, che non ha mai paura di niente e di nessuno –a matto! A repigliate!!!- gli urla
Io rido e Leo anche, ma gli lancia un occhiataccia, non ha mai voluto rogne, figuriamoci adesso.
Alla fine arriviamo a casa, entrando mi scongelo, nonostante i guanti sono totalmente congelata.
Ce ne andiamo nella camera dove dormono Matteo e Andrea, e lui e Leo si mettono a parlare di bluetooth, visto che entrambi avevano comprato il cellulare da poco, io e Matteo non abbiamo perso quella complicità, mi pizzica i fianchi con le dita e io lo picchio con i suoi guanti, e insieme scherziamo.
Dopo cena Matteo si mette a leggere, e noi restiamo sbalorditi, non lo avevamo mai visto leggere, ma io ci resto anche un po’ male, non vuole essere disturbato, è evidente. Sento una fitta al petto… allora ha già scordato la nostra complicità? No, forse sono solo io che ci ho ricamato di sopra. Mi sento strana, è la prima volta che guardo Matteo e il cuore fa i capricci, di solito non gli davo troppo conto, soltanto ultimamente avevamo iniziato a conoscerci un po’, ma non avevo mai sentito dei sentimenti così intensi, scaccio le stupide idee che iniziano a ballarmi in testa. Sono troppo stupide per essere ascoltate.
Allora mi sdraio sul letto con Andrea a sentire la musica. Ci piace più o meno lo stesso genere. E cantiamo insieme commentando i pezzi che ci piacciono di più. Nel frattempo Leo suona la chitarra con mio padre, ma noi lo sentiamo appena. Ci facciamo anche delle foto con il suo nuovo cellulare. Foto assurde, con tutte le facce più strane e stupide.
Si fa tardi e vado a dormire lasciando Andrea ad ascoltare musica e Matteo ancora immerso nella lettura.
Quando vado a dormire non riesco a togliermelo dalla testa…




grazie a chi ha letto!

 
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VOTO: (5 voti, 8 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 8 commenti
Rif.Capitolo: 4
cami92 - Voto:
14/01/09 14:31
bellissima!!!!!!!
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Rif.Capitolo: 1
darkpain
11/01/09 13:08
grazieee ^^ sono felice che ti sia piaciuta! e grazie anche x aver commentato =D
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Rif.Capitolo: 4
mallow - Voto:
11/01/09 12:45
Bellissimaaaaa!!! ç_ç
perchè è finitaaaa???
Complimenti cmq!!!! ^_^
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Rif.Capitolo: 1
darkpain
11/01/09 11:32
ho appena postato l'ultimo capitolo.
fatemi sapere cosa ne pensate =*
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Rif.Capitolo: 3
cami92 - Voto:
10/01/09 15:00
*.*
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Rif.Capitolo: 2
mallow - Voto:
06/01/09 19:16
Bella!!! ^_^
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Rif.Capitolo: 1
darkpain
04/01/09 19:07
sono contenta che ti piaccia!^^
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Rif.Capitolo: 1
cami92 - Voto:
04/01/09 15:38
molto bella!!!!!!!
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