CAPIRE
- Capitolo 1° -
Salotto. Crepuscolo. Sprofondai nella poltrona di fianco alla finestra e guadai il cielo rossastro che cedeva pian piano il posto al buio della notte. Sospirai.
La casa era pervasa da un silenzio assoluto, rotto soltanto dalle lancette dell’orologio sulla parete.
Osservai il mio volto riflesso sul vetro della finestra: capelli castani sparsi sulle spalle, occhi marroni e bocca sottile; piegai il volto ovale di lato, e il mio riflesso mi imitò.
Successivamente alzai le mani all’altezza del volto e le scrutai attentamente: non era cambiato nulla; ripetei la stessa operazione con le gambe..stesso risultato.
Eppure non ero la stessa, la stessa che quella mattina aveva preso la metro per andare al giornale, la stessa che aveva litigato con il direttore..lo ero e non lo ero.
Mi alzai e andai in camera da letto, spensi la luce e mi sdraiai sul materasso. Chiusi gli occhi.
Ripensai a quello che mi era accaduto, per quanto potesse essere difficile da credere.. infatti non lo avrebbe fatto nessuno. Mi sentivo sola, abbandonata. Come avrebbero potuto gli altri aiutarmi o anche solo capirmi? Cosa gli avrebbe impedito di chiudermi in manicomio consideradomi una pazza che delira?
Risi di una risata amara. Forse ero davvero pazza..probabilmente mi ero sognata tutto..
Mi voltai sul fianco e aprii gli occhi. Sul comodino c’era il mio portafoglio. Lo presi.
Dentro c’era un foglietto malamente ripiegato in quattro. Lo aprii. Cacciai un urlo disperato. Eccola, eccola lì la prova: non era un sogno, non ero pazza e non deliravo. Gettai il foglietto a terra e bagnai il cuscino di lacrime a lungo, prima di addormentarmi disperata.
La notte prese definitivamente il posto del giorno, e un ultimo raggio illuminò il pezzettino di carta che giaceva sul tappeto : Via Merenghi 7.
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