torna al menù Fanfic
torna indietro

MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: DIVERSI MA UGUALI
Genere: Autobiografico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, What if? (E se...)
Autore: -the-best galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 02/01/2009 22:19:10

Storia di amicizia tra due ragazzi...per un concorso a scuola.
 
Condividi su FacebookCondividi per Email
Salva nei Preferiti
   

- Capitolo 1° -

DIVERSI MA UGUALI

Le prime luci dell’alba passavano attraverso le tende colorate della sua stanza, tende alle quali teneva particolarmente perché gli erano state regalate dalla nonna poco prima che lei morisse di cancro alle ossa. Un raggio di sole atterrò direttamente sul suo viso, illuminandolo. Ma lui era sveglio. Non aveva chiuso occhio quella notte, Marco. Nella sua testa c’era un caos tremendo. Non riusciva a non pensare a quello che gli era successo di recente. Nel giro di tre mesi aveva perso ogni speranza in una vita migliore il padre aveva avuto un incidente sul lavoro e ora si trovava in coma all’ospedale; la sua migliore amica, nonché la sua confidente, si era trasferita dall’altra parte del paese e, come se non bastasse, erano due settimane che aveva il polso rotto.
Quella mattina Marco era particolarmente avvilito; non aveva voglia di andare a scuola, sapeva che avrebbe visto facce che non desiderava vedere. Scese svogliatamente le scale, arrivò in cucina e si sedette per fare colazione. Accese la tv, ma non c’era niente di particolarmente coinvolgente. Alla radio passavano uno dei suoi pezzi preferiti VIOLENCE degli ormai defunti Blink 182. Alzò al massimo il volume, e cantò a squarciagola finché la vicina di casa, la signora Marta, non gli disse di abbassare altrimenti avrebbe rischiato la denuncia. Prese al volo una maglia dall’armadio, un paio di jeans strappati, immancabili All Star ai piedi e via. Un’altra pesante e monotona giornata lo attendeva. Arrivò a scuola con un certo anticipo, e lì incontrò i suoi compagni di classe che facevano colazione al bar. Non si fermò a parlare con loro, non era dell’umore giusto. Entrando nell’istituto urtò il professor Mentauri, il suo insegnante di filosofia. Che strano individuo! Portava sempre la stessa camicia rossa con le scarpe rosa. Era curioso, ma anche severo. Era un intellettuale che mortificava gli altri solo perché non avevano la più pallida idea di chi fosse Nietzsche, quando poi lui era il primo che entrava nel panico quando doveva fare uno stupidissimo caffè. Si sedette al suo banco, l’ultimo vicino alla finestra. Era pieno di scritte. Pezzi di canzoni, frasi di film, commenti, discorsi con Valeria, la sua compagna di banco. Poco dopo entrarono tutti gli altri, compreso Mentauri, che subito aprì il registro e iniziò a chiamare i poveracci che dovevano essere interrogati. Tra questi c’era anche Marco. “Ecco, ci mancava pure questa”, pensò. Si alzò, e non appena arrivò alla cattedra il bidello Mario aprì la porta e fece entrare un ragazzo. Era alto, magro, aveva i capelli scuri e gli occhi verdi. Disse di chiamarsi Alessandro e di essere un nuovo studente di quella classe. Marco sbarrò gli occhi; divenne pallido, le mani iniziarono a sudargli e iniziò a tremare tutto. Capì che era quel ragazzo a procurargli quell’effetto. All’interrogazione prese 3 e mezzo; tornò al banco e quando si sedette, il nuovo ragazzo gli disse la risposta alla domanda cui non aveva saputo rispondere. “Grazie tante!” rispose seccato. La giornata però passò tranquillamente, e così anche le settimane. Marco e Alessandro iniziarono a trascorrere tantissimo tempo insieme, uscendo addirittura con lo stesso gruppo di amici.
Un giorno si trovavano in motorino a passare lungo la costa. “Scendiamo in spiaggia”, disse Alessandro. Era ottobre, c’era un vento pungente. Ma scesero ugualmente. “Da bambino venivo spesso qui. Il mare d’inverno mi piaceva davvero. Me ne stavo seduto senza pensare allo schifo di mondo che c’era fuori. È da tanto che però non ci vengo.” “E perché non ci sei più venuto” chiese Marco. “Semplice. Perché il mare mi fa tornare in mente cose a dir poco spiacevoli. Un anno e mezzo fa il mio ragazzo è morto annegato, proprio in questo posto. I fiori che vedi su quella colonna…sono per lui.” “Ragazzo...quindi significa che sei…” “Sì, esattamente. Sono un omosessuale. Non sei il primo che si stupisce. La mia diversità ti rende nervoso” disse Alessandro. “No, no figurati. E scusami, non volevo essere invadente. Mi dispiace per il tuo ragazzo.” disse con un filo di voce Marco. “No, non ti preoccupare. L’ho superato.” “E come” “Sono stato per quasi un anno da uno specialista. Mi ha aiutato ad analizzare la mia vita. E ora so che lui sta in un posto decisamente migliore di questo. Da una parte sono felice per lui, ma dall’altra lo vorrei tanto qui con me.” “Come fai ad essere sicuro che ora si trovi in un posto migliore” “Bè, me l’ha detto lui. In sogno. Ricordo ancora che quella volta mi svegliai in lacrime, andai dal mio analista e vi restai per tre ore. Poveretto l’ho fatto uscire pazzo!” disse Alessandro con un tono rammaricato. “Ma perché tutte queste domande” “È che questo è un periodo piuttosto complicato per me” rispose Marco amareggiato. “Mio padre è in coma da tre mesi e sinceramente dubito che possa risvegliarsi. Quindi vorrei sapere come comportarmi nel caso…bè, sì, nel caso in cui non dovesse più svegliarsi.” “Questo dipende solo da te” disse Alessandro. “Le reazioni sono soggettive, così come le emozioni. Non posso dirti come devi comportarti. Questo lo saprai quando ti ritroverai a vivere quel momento. L’unica cosa che posso fare io è starti vicino, perché ti voglio bene e perché è il mio compito. E sarò felice di farlo.” “Grazie” disse Marco. “Andiamo Ho una certa fame!” “Anche io…andiamo!” rispose sorridendo Alessandro.
Quando lo riaccompagnò a casa, Alessandro si avvicinò a Marco e gli diede un bacio sulla guancia, ma vedendo la reazione che ebbe quest’ultimo, si rinfilò il casco e salì sul motorino. Prima di andare via gli lanciò un’altra occhiata e gli disse “Scusami. Tu non sei gay, e non vedo perché dovresti diventarlo per me. In fondo se provo qualcosa per te e non è corrisposto non posso farci nulla.” “Provi qualcosa per me” chiese stupito Marco. L’altro annuì semplicemente. Mise in moto il motorino e via, di corsa, nella notte ancora giovane, prima che la situazione potesse cambiare di male in peggio. Marco era senza parole. Come aveva fatto a non accorgersene fino ad allora Possibile che le persone potessero nascondere così bene i propri sentimenti Perché allora lui non ci riusciva Era una caratteristica non presente nel suo DNA Le risposte a queste domande non sapeva dove cercarle. Così pensò di dormirci su, magari, come si dice, la notte avrebbe portato davvero consiglio. E invece quella notte non portò un bel cavolo. La mattina seguente si svegliò più confuso che mai; scese giù a fare colazione e andò via prima del solito. Decise di fare un giretto in città prima di andare a scuola. Le strade di mattina erano deserte…tutti ancora dormivano. Incontrò solo un paio di persone, qualche poveretto che faceva un sacco di sacrifici per arrivare a fine mese. E via, con l’aria che gli tagliava il viso, sfrecciava tra le case senza sapere dove andare. Passò davanti al suo negozio di musica preferito, davanti al kebabbaro, davanti alla sua vecchia scuola. Solo poco dopo si accorse di essere arrivato al mare, dove il pomeriggio prima aveva avuto quella conversazione con Alessandro. La prima conversazione seria, tra l’altro. Decise di scendere, ma prima si fermò a guardare la corona di fiori che c’era sulla colonna per ricordare l’ex ragazzo del suo amico. Luca. Questo era il suo nome. Tra i vari fiori c’era una sua foto. Notò subito la somiglianza con il suo attore preferito, Tom Cruise. E scorrendo tra i messaggi, ne trovò uno di Alessandro, scritto poco dopo la sua morte, che diceva “Aiutami a continuare a vivere perché da solo, senza di te, non ce la farò.” Il cuore iniziò a battergli sempre più velocemente; la sua vista si annebbiò e sul pezzo di carta dove c’erano impresse quella parole cadde una goccia d’acqua; iniziò a piangere, a dirotto; si sedette sulla sabbia ancora umida e dopo essersi calmato un po’ pensò al dolore che aveva provato il suo amico alla perdita della persona che amava. Ma non riusciva a comprenderlo bene, non gli era mai successo di perdere una persona cara. A parte la nonna, che però lui non aveva mai conosciuto. Con ancora mille pensieri nella testa, si rimise in sella al suo motorino e andò a scuola. Quel giorno però Alessandro non era presente alle lezioni; pensò che non fosse venuto a causa sua e della situazione alquanto imbarazzante nella quale si erano involontariamente venuti a trovare la sera prima; decise così di fare un salto da lui nel pomeriggio. Alle 4 era sotto il portone di casa di Alessandro. Gli tremavano le mani, non ebbe il coraggio di suonare finché non lo fece per sbaglio. Pensò molte volte di scappare, ma non poté perché poco dopo gli risposero al citofono; così fu costretto a salire; bussò alla porta e fu accolto calorosamente da Simona, la madre di Alessandro; poco dopo lui scese giù. Era appena uscito dalla doccia, aveva ancora i capelli bagnati. Salirono in camera. “Come mai oggi non sei venuto a scuola” chiese Marco. “Perché ho preso un brutto raffreddore. Ieri sera dopo averti riaccompagnato a casa sono andato al mare…e ho fatto il bagno. E ora mi sono beccato questo raffreddoraccio!” rispose il giovane. “A proposito di mare,” lo interruppe Marco, “questa mattina ci sono passato anche io. Ho visto la corona di Luca…e ho letto il tuo biglietto.” “Ah.” Replicò Alessandro abbassando lo sguardo. Improvvisamente gli si gonfiarono gli occhi, e divenne piccolo piccolo. Non lo aveva mai visto così. E Marco si stupì. Perché Alessandro ha sempre cercato di farsi vedere dagli altri come una persona forte, che incassa i colpi senza dolore. E invece non era così. Alessandro era un ragazzo di 17 anni, con le ansie, le angosce, i problemi e le emozioni di tutti i ragazzi della sua età. “Leggendo quelle tue parole, ho capito quanto fosse importante per te. Anche se è passato molto tempo, dirti che mi dispiace ormai mi sembra davvero scontato. Quindi non te lo dirò. Ti dico solo che non mi piace la gente che piange, e giuro che ce la metterò tutta per aiutarti a superare queste tue difficoltà.” disse Marco. “Grazie, davvero. Dovrei essere abituato a queste cose, visto che oramai perdere una persona cara è divenuta una costante nella mia vita. Solo che non ce la faccio” –e scendevano le lacrime-“Mi manca terribilmente. In certi momenti, non averlo accanto è come sentire la terra che si sbriciola sotto i piedi. Per me lui era tutto. Un amico, un fratello, un fidanzato. Sapeva sostituire perfettamente tutte quelle figure che nella mia vita, per un motivo o per un altro, non c’erano mai state. E mi secca alquanto ora dover chiedere aiuto a persone che in passato per me non ci sono state. Tipo mia madre. Era sempre al lavoro e non si occupava quasi mai di me.” “E tuo padre”chiese Marco. “Mio padre Se n’è andato da casa 4 anni fa. Ora vive con una polacca conosciuta in un locale e i suoi 3 figli. Di me non gliene è mai importato nulla. Ma la cosa è reciproca, perché mi sono fatto le ossa anche senza di lui. La mia vita è andata avanti…fino a quel giorno.” Rispose Alessandro. “Bè, allora facciamo qualcosa per far andare avanti la tua vita!”esclamò entusiasta Marco. “Tipo” “Tipo…vieni con me e lo vedrai. Hai delle bombolette spray Faremo dei murales.” Preso tutto il necessario, Marco e Alessandro si recarono allo skate-park che si trovava alla periferia di Arezzo, e iniziarono a fare strani disegni sul muro. “Prima di passare a qualcosa di più serio…ti ricordi per caso cosa ti diceva il tuo analista, quando eri in cura da lui, su come superare la situazione” chiese Marco. “Sì. Mi ripeteva in continuazione di fare qualcosa che mi aiutasse a sfogarmi, che mi facesse liberare tutto il dolore che avevo dentro.” “Ok. Allora chiudi gli occhi e pensa a qualcosa che ti fa arrabbiare molto. Anzi non arrabbiare. Che ti fa sclerare di brutto. Qualcosa che ti fa perdere il controllo, che ti fa infuriare.” In pochi secondi Alessandro fece una serie di segni su quel muro, e alla fine scrisse una frase e iniziò a piangere. “Ehi…tutto ok” chiese preoccupato Marco. “Si, si. Andiamo via adesso.” Rispose l’altro. Tornarono ognuno a casa sua; la giornata era stata stancante, e ora Marco aveva voglia di andare a letto. Non cenò, si fece al volo una doccia e si infilò sotto le lenzuola. Prese un libro che aveva iniziato a leggere mesi fa, ma a tutto pensava tranne che alla storia. Poco prima di addormentarsi, gli squillò il telefono; era un messaggio di Alessandro che lo ringraziava per averlo aiutato e che ora si sentiva decisamente meglio. Marco sorrise, e con quel sorriso si addormentò.
Il mattino seguente si svegliò decisamente di buonumore; accese lo stereo e iniziò a cantare, fregandosene della signora Marta che nel frattempo lo malediceva; scese in soggiorno e uscì di casa canticchiando la sua canzone preferita. Arrivato a scuola, incontrò i suoi compagni e anche Alessandro, col quale decise di saltare la scuola.
Passarono i mesi, e i due ragazzi impararono a conoscersi sempre di più, diventando inseparabili. Non uscivano mai l'uno senza l’altro; si vedevano minimo 4 volte al giorno e se non potevano vedersi si sentivano via sms o in Chat. Un pomeriggio, mentre erano a fare spese per i regali di Natale, Alessandro chiese a Marco “Ehi, ti andrebbe di venire con me in America Parto subito dopo le feste e torno per la Befana. Ho dei parenti che mi ospitano e ho già parlato con loro devi solo dire di sì!” “Ma…non lo so, devo chiedere ai miei…poi in America…non so se mi ci manderanno…” disse Marco. “Ah, non ti ho detto una cosa” disse Alessandro tirando fuori dalla tasca dello zaino due pezzi di carta, “Ho acquistato questi. Biglietti per il concerto speciale dei…Blink 182 a New York!” “Oddio…no…dimmi che non è vero…andremo ad un concerto dei Blink! Oddio non ci posso credere!” “E invece credici caro mio…io e te andremo in America una settimana al concerto della nostra band preferita!” esclamò Alessandro.
Pochi giorni dopo, eccoli entrambi salire sull’aereo diretto verso la Grande Mela; non stavano più nella pelle…avrebbero assistito al concerto della loro band preferita! Alcune ore dopo atterrarono all’aeroporto di New York, dove gli zii di Alessandro li stavano aspettando; dopo una breve presentazione, i due amici andarono a fare un giro per la città tutto era come si vedeva nei film. Le strade larghe, i palazzi altissimi, i negozi visti in qualche episodio di Sex And The City. Tutto era perfetto. Ma la cosa straordinaria era che, due giorni dopo, sarebbero andati al famoso concerto. Quella sera entrarono nell’arena canticchiando il ritornello delle canzoni della band, e scelsero i posti migliori; poco dopo le luci si spensero, la folla intrepida urlava il loro nome, si sentì il suono delle chitarre e il rumore dei piatti della batteria sulle note di FEELING THESE.
Lo show durò due ore, al termine delle quali Marco e Alessandro andarono a rilassarsi in un bar all’angolo. Commentarono il concerto, cantarono ancora qualche canzone, parlarono di moltissime cose e risero fino a tarda sera. Di lì a poco dovettero tornare a casa, e dopo alcune stressanti ore di volo atterrarono all’aeroporto. Marco chiamò subito la madre per sapere dove fosse, e lei disse che si trovava in ospedale ad assistere il marito, perché la sua situazione era peggiorata. “Che significa è peggiorata” chiese spaventato il ragazzo. “Marco, tuo padre è morto.” Rispose in lacrime la mamma dall’altro capo del telefono. Piombò un terribile silenzio. E Marco restò a bocca aperta per una decina di secondi. Alessandro gli portò un bicchiere d’acqua, cercò di calmarlo benché sapesse che non c’era niente che potesse farlo. Poco dopo, eccola. Una, poi due, tre quattro lacrime iniziarono a scendere sul volto di Marco. Alessandro guardò l’amico, poi lo accolse tra le sue braccia. “Guardami. Marco, guardami.” L’altro alzò gli occhi ancora rossi e gonfi di lacrime. “Ora fai un bel respiro. Alzati, e vieni con me. Non andremo a casa, né all’ospedale. Ora aspettiamo i miei e poi gli diremo di lasciarci in un posto.” Un’ora dopo eccoli davanti allo skate-park. Lo stesso skate-park dove pochi mesi prima avevano fatto quei murales. Alessandro consegnò all’amico una bomboletta. “Ora tocca a te. È il tuo turno. Vai. Questi muri stanno aspettando solo di essere riempiti dai tuoi disegni.” “No, non riesco a farlo. Non riesco a fare niente in questo momento. Neanche a pensare. Non realizzo ancora che lui non ci sia più.” Disse Marco. “Invece no. Penso che questo sia il momento migliore per liberarti di tutte le tue ansie, le tue paure, insicurezze, tutte le angosce che ti porti dietro da parecchio tempo. Coraggio. È arrivato il tuo momento.” “Perché lo fai” chiese Marco con un filo di voce. “Semplice. Perché ti voglio bene, amico mio. E non voglio vederti piangere. Ricordi quel discorso che mi facesti un po’ di tempo fa, in camera mia Bè, ora lo dico rivolgendomi a te.” Replicò Alessandro. “Grazie. Davvero. Lo apprezzo. E molto. Come fare senza di te” “È vero, se non ci fossi io dovrebbero inventarmi!” e risero. E così Marco fece quel murales, ma non riuscì a rigettare su quella parete tutto quello che provava. Era ancora molto confuso e disorientato. Scrisse una sola, semplice ma al contempo importantissima parola GRAZIE. Ed era un grazie riferito al papà, deceduto da qualche ora, per tutto quello che aveva fatto per lui fino ad allora; un grazie riferito alla mamma, alla famiglia, che lo avevano sempre sostenuto in tutto e per tutto. Ed era un grazie riferito ad Alessandro. Una persona speciale. Un fratello. Un ascoltatore come nessun’altro. Un consigliere, come nessun’altro. Un compagno di mille avventure. Molto diverso, ma molto simile a lui. Un amico. Il migliore che Marco aveva incontrato in tutta la sua breve vita.


FINE
Cirenza Stefano
 
  » Segnala questa fanfic se non rispetta il regolamento del sito
 


VOTO: (1 voto, 3 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 3 commenti
-the-best 13/01/09 14:34
è vero XD ci sono pochi punti interrogatvi XD graZie x iL commento =)
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

mallow - Voto: 03/01/09 16:48
è bellissima!! E anche commovente...ç_ç Complimenti!
P.s. ma non esistono i punti di domanda?? XD
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

-the-best 02/01/09 22:22
è un racconto per un concorso a scuola..dovevamo scrivere un pezzo di qualsiasi genere usando delle parole che ci hanno dato...ditemi che ne pensate^^
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

 
SCRIVI IL TUO COMMENTO:

Utente:
Password:
Registrati -Password dimenticata?
Solo su questo capitolo Generale sulla Fanfic
Commento:
Il tuo voto: