UN INCONTRO ASSURDO... - Capitolo 1° -
Quella che sto per raccontarvi è una storia che esula da ogni immaginazione. Una storia che neanche lo stesso destino sarebbe in grado di controllare e spiegare. Quella del nostro incontro è una trama che solo la vita sarebbe in grado di sviluppare e portare avanti, ovviamente finché la morte non decida di metterci il suo zampino.
Ricordo ancora nitido e chiaro lo sguardo agghiacciato e pieno di terrore di quella bambina dagli occhi glaciali che quella lontana notte di dieci anni fa decise di cambiarmi l’esistenza, riscrivendo il libro della mia vita che fino a quel momento aveva già permesso all’inchiostro di marchiare numerosi capitoli con le avventure dei Tokio Hotel. Si, perché allora avevo solo 19 anni e come tutti i ragazzini della mia età avevo un sogno che, per uno scherzo del destino, ero riuscito a realizzare e che portavo avanti con l’aiuto e la vicinanza dei miei amici e del mio gemello Bill, colui che da sempre ha scatenato urla e pianti adoranti e di pura ammirazione. Anche adesso, a distanza di 10 anni suonati, il mio caro fratellino è uno dei personaggi più conosciuti del mondo e neanche a farlo apposta, è stato il cantante tedesco più bizzarro e dolce della storia della musica, oltre che il rompipalle più grande sulla faccia della terra, per il sottoscritto. Non facevamo niente l’uno senza l’altro, eravamo i gemelli più famosi del mondo, perché i più uniti e affiatati, almeno agli occhi delle fan che avevano finito pure per mettere un marchio intorno alla nostra immagine, che, tuttora, fa bella mostra nei forum dei Tokio Hotel: “Twincest”. Ora che ci penso il fato mi aveva già messo in guardia sul nostro incontro, peccato che io quel giorno, come sempre, non fossi dell’umore giusto, perché troppo preso a lanciare sorrisini maliziosi alle ragazze davanti l’hotel con in mano cartelloni che erano per me un biglietto di sola andata per l’harem a luci rosse.
“Accidenti certo che al giorno d’oggi ne capitano di cose assurde!Una bambina di 9 anni che tenta di uccidere la sorella e poi fugge di casa è una cosa assurda. Chissà se l’hanno già trovata!” Sbuffò il mio manager, incrociando le braccia al petto pensieroso e in parte stupito, cercando di assimilare quella notizia particolare che avevano trasmesso pochi minuti prima al telegiornale americano. Come sempre non prestai particolarmente attenzione a quella frase, troppo impegnato a fissare, attraverso il finestrino del tourbus, quelle magnifiche scritte in nero che mi eccitavano al solo pensiero che fossero rivolte a me. Ora come ora mi prenderei a schiaffi per la mia stupidaggine, anche perché di quella cosa si parlò per almeno un buon quarto d’ora che io persi a fantasticare sulle conquiste che avrei collezionato dopo il concerto di quella sera.
“Tom oggi cadi davvero dalle nuvole!” Mi fece notare Georg, il bassista della mia band e anche il più gran prezzemolo esistente al mondo. Era sempre in mezzo ad ogni fatto ed evento e ti importunava con le sue domande anche quando stavi soprappensiero o perso nei cavoli tuoi. Era nella sua natura fare da psicologo alla gente e dare consigli; neanche a farlo apposta era il più calmo e riflessivo dei miei amici. Scocciato e sicuro che dalla mia risposta sarebbe nata una discussione eterna, per di più idiota, evitai di dirgli cosa mi passasse per la testa, rifilandogli la solita scusa del “sono solo stanco!” Sapevo che se avessi messo in mezzo le fan, se ne sarebbe uscito con battutine e scherzi che avrebbero coinvolto l’intera band e per quanto amassi giocare e scherzare su quell’argomento, quella sera volevo tenermi le mie fantasie per me e starmene in silenzio.
Non ci volle molto a raggiungere il luogo del concerto e a superare le onde di fan che si chiudevano intorno a noi per ricevere un saluto o un autografo che avrei concesso volentieri, specialmente quel giorno. Come da copione provammo per ben due orette, ripetendo fino allo sfinimento tutti i testi da esibire e ripassandoci le mosse da fare sul palco. Si, anche quelle facevano parte dello spettacolo. Terminate le prove, ci dirigemmo con sbuffi e sospiri tesi nei camerini, per cambiarci e dare inizio alla nostra riunione scaramantica e scaccia sfiga, per poi uscire con la nostra miglior apparizione davanti alle fan che urlavano il nostro nome come assatanate. Non impiegai molto a squadrare le più interessanti tra le prime file che, come sempre, per me erano quelle pronte a spogliarsi per un nonnulla. Non ero mica un adolescente fesso io!
Il concerto durò molto; e fu davvero elettrizzante suonare di fronte ad un pubblico tanto numeroso e caloroso. Soprattutto perché trattandosi di gente inglese che solitamente snobba quelli degli altri paesi per dare retta alle stelle della patria, fu un vero traguardo. Vidi la stessa soddisfazione anche sul viso di mio fratello e dei miei amici e questo non fece altro che rendermi più entusiasta e fiero. I Tokio Hotel stavano diventando delle vere star. Al termine del live mi diressi a grandi falcate in uno dei bagni dietro il palco, scortato da due guardie del corpo per non finire preda di fan impazzite. Dovevo sceglierle io le prede, non diventarlo a mia volta. Feci in fretta le mie cose e raggiunsi gli altri al tourbus, firmando nella corsa alla vita più autografi possibile. Non potevo certo deludere le mie belle. Una volta salito sulla vettura mi recai nel piccolo sgabuzzino del tourbus, dove solitamente mettevamo i nostri strumenti di ricambio, per prenderne uno a caso ed iniziare a strimpellare. Quella era proprio una giornata si per me. Sfortuna che presto quel si avrebbe preso le sembianze di un “no”.
L’autista sostò direttamente davanti all’albergo, permettendoci di non navigare a lungo tra il mare di fan adoranti e consentendoci di raggiungere le nostre agognate camere da letto, per riposarci. Ero stranamente felice ,si, ma non al punto da non essere stanco e desiderare una bella dormita. Mi diressi nella suite come un robot programmato, senza prestare attenzione né a Bill né agli altri e chiudendomi la porta alle spalle con una certa urgenza. Volevo stare in pace e prepararmi alla nottata di sesso. Un sex gott non se ne sarebbe mai andato da un concerto senza un numero tra le mani ed è quello che avevo in tasca in quel momento; in realtà ne erano una dozzina, ma quello era sottinteso.
“Sigh!” Non ebbi il tempo di lanciarmi di peso sul letto o di prendere tra le mani il telefono dell’hotel per chiamare una delle prescelte, che un singhiozzo sommesso richiamò la mia attenzione. All’inizio rimasi perplesso e in parte inorridito. Speravo ardentemente non si trattasse di una fan che tentava, come al solito, di infilarsi in camera mia; anche perché il pianto veniva dalla finestra. Con riluttanza mi avvicinai al vetro per sbirciare e ciò che vidi mi lasciò senza fiato ed incapace di formulare pensieri coerenti… Una bambina con gli abiti luridi e strappati e la pelle segnata da piccoli graffietti ancora sanguinanti se ne stava rannicchiata su sé stessa con la schiena poggiata al muro freddo, sulla piattaforma a cui portavano le scale d’emergenza e che si trovava proprio sotto la mia finestra. Sgranai gli occhi con un groppo in gola, incapace di intendere e di volere. Quella visione assurda e inaspettata mi aveva lasciato senza fiato.
All’ennesimo singulto soffocato mi riscossi e presi una decisione d’emergenza: aprii lentamente i vetri per evitare di spaventarla e per accoglierla in camera. Dato lo stato in cui era, chissà a che violenza era stata sottoposta. All’inizio pensai si trattasse di una delle mie neofan che era scappata di casa per vedermi e che, data l’età, doveva essersi cacciata in casini più grandi di lei. Scacciai l’ipotesi che fosse una zingara, dati gli abiti firmati che indossava, seppur lo stato in cui erano era da vittima di violenze carnali. Come temuto, al sentire il cigolio della finestra si voltò di scatto e mi fissò come se fossi stato un assassino, alzandosi con furia e cercando di fuggire. Tuttavia non le diedi il tempo di azzardare nessuna mossa, afferrandola per un braccio e trascinandola di peso nella stanza; era leggera come una piuma. Nonostante però fosse esile e piccola, calmarla fu una vera impresa. Scalciava senza sosta, ribellandosi alla mia stretta e cercando di darsela a gambe; era peggio di una belva feroce. La cosa che mi lasciò sconvolto furono i suoi occhi colmi di lacrime e rispecchianti una durezza che non avrei mai creduto possibile scorgere in iridi infantili. Quella bambina doveva conoscere un mondo che io non avevo mai sfiorato né toccato...
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PS: senti anch'io ho scritto una ff sui T.H. vorrei che la leggessi e farmi sapere com'è, o cosa devo aggiustare ecc.. la ff si chiama Tokio hotel- un sogno che si avvera, cmq, bella ff!!!