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Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: GUILTY - AMMISSIONE DI COLPA
Genere: Romantico, Drammatico, Erotico
Rating: Per Tutte le età
Autore: tayla galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 12/11/2008 22:12:56 (ultimo inserimento: 07/12/08)

Come si plasmerebbe la tua indole, Rose, come si forgerebbe la tua personalità vivendo sempre con la consapevolezza di essere TU l'Anello Debole?
 
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ALL IN
- Capitolo 1° -

“Questa non è una favola, non è una barzelletta, non è neppure la trama a lieto fine di un romanzetto rosa.
Questa è la mia storia.
E se volete ascoltarla, dovete essere pronti a scrollarvi da dosso ogni pregiudizio.
Non dovete giudicarla, non dovete condannarla, non dovete idolatrarla.
Dovete soltanto viverla.”



- Ti ho scoperta, Rose. Sei spacciata. –
Sostengo con impeccabile maestria lo sguardo accusatore del mio avversario, avvertendo un’improvvisa vampata di calore infiammarmi le guance.
C’è un cappa d’aria irrespirabile, qui dentro. Con tutto il fumo passivo che sto inalando stanotte farei prima ad ordinare un ricambio di polmoni.
O magari iniziare a fumare anche io.
Se mamma lo scoprisse sarei una strega morta…
Non che me ne importi più di tanto, sia chiaro. Più che altro tra qualche settimana c’è il gran ballo di inverno, e non mi va di arrivarci con un occhio nero.
Adesso sto divagando, porca puttana. Mi capita sempre, quando sono nervosa.
Concentrati Rose.
È solo che non sono una che regge bene il palcoscenico. Sento troppi sguardi su di me. Mi scrutano, mi trapassano, mi analizzano. Vorrebbero vedere cosa nascondo.
Mi agito impercettibilmente sulla mia sedia, improvvisamente a disagio mentre, sperando di essere credibile, rivolgo al mio imputante uno sguardo scettico, accompagnato da un smorfietta a metà tra l’annoiato e lo stizzito.
- Parla chiaro Malfoy - sbuffo – Cosa diavolo avresti scoperto con quel cervello da Troll che ti ritrovi? –
Ok lo ammetto, forse sto esagerando.
Ma il poker è un gioco duro, sapete. Bisogna essere spietati. Non fidarsi di nessuno e negare anche l’evidenza.
Tutta l’attenzione dei presenti è ora focalizzata sul mio enigmatico nemico.
Lui, che invece sul palcoscenico ci sguazza, con un gesto spavaldo e plateale si sporge sul tavolo, poggia i gomiti sulla tovaglia verde e il mento sulle mani. Poi mi guarda dritto negli occhi.
- So che stai bluffando – .
La sua voce è vellutata, vertiginosamente carezzevole, ingannevolmente sensuale.
Sa di aver fatto centro.
Cazzo.
Un silenzio sbigottito fa da eco alla sua dichiarazione.
Ora che la sua presa di posizione è evidente, tutti i presenti mi vedono sotto una luce diversa.
Incredulità mista ad attesa.
Aspettano un mio passo falso, una reazione impulsiva, una mossa azzardata.
Qualcosa che confermi la sua affermazione.
Avvertendo i miei nervi tendersi fin quasi allo spasimo, punto le due carte coperte di fronte a me
Le mie carte.
Poi, con un movimento spudoratamente studiato, le porto vicino al bordo del tavolo e ne sollevo l’angolo, in modo che solo io possa vedere cosa nascondono. È una mossa disperata, un diversivo in cui celare tutta la mia ansia. Forse spero di aver visto male le figure allegramente dipinte dietro la rossa copertina plastificata.
Asso e Jack di cuori.
No. Purtroppo sono quelle che ricordavo.
Sul tavolo ci sono già quattro carte scoperte, nessuna delle quali accostata alle mie possa rappresentare qualcosa di vagamente interessante. Non ho neanche una misera coppia, che diamine!
Sento una nuova ondata di sconforto serrarmi lo stomaco, ma cerco di non darlo a vedere.
Rimetto le mie carte al loro posto, poi aggrotto le sopracciglia in un’espressione perplessa.
- E da dove la prendi, tutta questa sicurezza? – gli chiedo in tono volutamente canzonatorio.
Prendere tempo, indurre l’avversario ad esporsi, insinuare sospetti dietro alle sue stesse accuse. Può essere un’ottima tecnica di autodifesa.
Ma lui questo lo sa bene.
Del resto, mi ha insegnato lui a giocare.
- Lo so per certo, Rose – sottolinea in tono provocatorio – perché è da dieci minuti che continui a bere da quella bottiglia – conclude accennando con il mento alla bottiglietta scura accanto alla mia mano destra.
Poi si lascia andare contro lo schienale con le braccia conserte e un sorriso soddisfatto, lasciando al silenzio che segue le sue parole il compito di esplicare la verità.
Fisso insieme agli altri l’oggetto della sua allusione.
Dove diavolo vuole arrivare?
Sento che si sta prendendo sadicamente gioco di me, e questo mi fa ribollire di collera.
Non mi piace essere presa in giro. Soprattutto da lui.
Mi osserva, mi studia, si diverte a mettermi in difficoltà. Cerca il mio punto debole, un lato vulnerabile, un pretesto per cui rendermi attaccabile agli occhi di tutti.
- E allora? – gli chiedo stizzita – Non usare i tuoi stupidi giochi di parole con me. Cosa vorresti dire? –
Mi accorgo troppo tardi del mio errore. Gli ho offerto su un piatto d’argento la domanda che stava aspettando.
Le occhiate di tutti i giocatori palleggiano continuamente da me a lui. Cercano di capire chi dei due sta mentendo.
Lui ghigna, godendo della loro insoddisfatta curiosità. È perfettamente conscio che, adesso, tutti pendono dalle sue labbra.
- La tua bottiglia, Rose, è vuota da un pezzo – mi fa notare trionfante.
Ci metto qualche secondo a recepire quello che ha detto.
Poi, con un gesto incredulo, afferro quella dannata bottiglia di burrobirra e la capovolgo.
Non ne esce fuori neanche una goccia.
Merda.
Sento improvvisamente il nodo della cravatta troppo stretto.
- Il tuo era un gesto meccanico, una specie di riflesso condizionato. Portavi la bottiglia alle labbra senza bere un accidenti. E se non te ne sei accorta prima, è solo perché eri troppo nervosa, troppo impegnata a sviare i sospetti e a nascondere l’evidenza del tuo bluff, per poter notare anche un così evidente dettaglio – conclude sprezzante.
Cerco di ribattere, ma sento le parole morirmi in gola.
Come ho fatto a lasciarmi tradire da un simile errore?
Idiota.
Sto pensando a una qualche disumana bestemmia da rivolgergli, ma imprecare contro tutti i santi e tutti i maghi della storia non servirebbe a nulla contro la sua spietata logica.
Devo assolutamente smettere di bere durante le partite.
Mi sporgo più in avanti che posso, cercando di assumere uno sguardo sufficientemente minaccioso, ma mi rendo conto che più che altro devo avere un’aria terribilmente incazzata.
- E visto che ne sei così stramaledettamente convinto, come mai ti sei preoccupato di farmelo sapere? – gli sputo a denti stretti.
Lui mi guarda e sogghigna, con quella sua aria strafottente che urta, anzi scuote violentemente, il mio sistema nervoso.
Poi imita il mio stesso gesto, piegandosi sul tavolo fino a far quasi scontrare i nostri nasi.
E i nostri occhi.
- Perché è più divertente sbatterti in faccia le mie sicurezze – sibila dolcemente.
E con un gesto deciso, afferra tutte le sue fiches e le trascina al centro del tavolo.
- All in – dichiara. – Io punto tutto. Tu cosa fai Rose…mi segui o no? –
Il mio sguardo cade sulle cinque carte davanti a me. Ne resta solo una da scoprire.
Jeff, il mazziere, mi guarda con aria interrogativa, in attesa di sapere se deve girarla o no.
Che faccio, accetto la sua sfida?
In condizioni normali lo farei, eccome. Non perché io ami particolarmente le gare o gli scontri diretti, anzi li detesto.
Ma adoro litigare con lui.
È un esperienza eccitante e deleteria insieme, non un semplice sfizio o un banale capriccio, ma una pura e primaria esigenza. Necessaria come l’ossigeno.
Ma questa volta è un gioco al massacro. Raccogliere questa sfida sarebbe come posare volontariamente la testa sulla ghigliottina.
Lui sa il mio gioco.
Ed il solo motivo per cui me lo ha detto è per farmi sentire ancora più stupida.
- E va bene Malfoy – mi arrendo rigettandomi contro lo schienale della mia sedia - lascio tutto. Hai vinto tu – aggiungo con uno sforzo immane.
I miei compagni di gioco urlano e battono forte le mani, congratulandosi con il vincitore della serata.
Lui sorride trionfante, gongolando come un pavone in mezzo alle attenzioni.
Ringrazia tutti per i complimenti, stringe numerose mani e ricambia le pacche sulle spalle.
Poi, accertatosi di essere rimasti gli unici ancora seduti al tavolo, mi guarda e mi sussurra:
- Mossa saggia Rose. Ma avresti dovuto osare di più… -
Prendo a fissarlo, stranita.
- Perché? – ribatto incredula mentre una spaventosa intuizione si fa strada tra i miei pensieri.
- Perché stavo bluffando anche io –
Tombola.
Percepisco la rabbia e la frustrazione montarmi dentro come una furia.
Oltre al danno, la beffa.
E la consapevolezza che lui è perfettamente conscio della mia irritazione, non fa che farmi sentire ancora più adirata.
- Coraggio Weasley – mi appella con voce suadente – non te la prendere troppo, sei stata brava, solo un po’ ingenua. Ti andrà meglio la prossima volta – .
Poi, mi sorride.
E davanti a quel sorriso, sento tutta la mia ira sciogliersi come neve.
Mi alzo e gli volto le spalle, cercando di sfuggire ai suoi occhi insistenti.
- D’accordo Malfoy – ribatto tentando di non dargliela troppo vinta – Sarà come dici tu. Ma non chiamarmi Weasley. Sai che non lo sopporto – gli ricordo stizzita.
- Sei tu quella che mi chiama sempre per cognome – mi stuzzica rimettendo a posto le carte.
- Solo perché il tuo nome è impronunciabile, Scorpius Hyperion Malfoy! – esclamo mentre torno a ricambiare il suo sguardo.
È inutile, è più forte di me.
Nonostante a volte lo detesti, per quanto non lo sopporti con quei capelli troppo lunghi, la camicia troppo aperta, la barba troppo lunga, per quanto avrei voglia di spaccargli la faccia per quella sua superficiale strafottenza e quell’innato atteggiamento da playboy, e anche se mi scoccia anche solo ammetterlo, io non posso fare a meno di raccogliere le sue sfide, cercare le sue provocazioni, cedere alle sue istigazioni.
È una sorta di attrazione inevitabile, un rapporto spontaneo, fatto di occhiatacce, furiose discussioni, mancati chiarimenti, inammissibile affetto.
Perché noi siamo fatti così.
Non ci chiediamo aiuto, non ci consoliamo, non ci diciamo ti voglio bene. Non siamo formali, non siamo gentili, non siamo come tutti gli altri.
Ma sappiamo ascoltarci anche senza parlare. Sappiamo consolarci con una battuta, insultarci con uno sguardo, perdonarci con una stretta di spalle.
Viviamo le emozioni al massimo, e non ce le rinfacciamo.
E quando sono con lui, ho l’assoluta certezza che sarà sempre l’unica persona al mondo in grado di conoscermi meglio di quanto io conosca me stessa…
- Ottima partita, Rose – mi consola Jeff mettendomi un braccio muscoloso attorno alle spalle – nessuno aveva capito che bluffavi prima che Scorpius ti sputtanasse con quel brillante discorsetto della bottiglia – sorride dando al biondino in questione una pacca così poderosa da fargli quasi rigettare i polmoni.
Poi lo afferra, o meglio lo stritola in un abbraccio da orco e lo trascina via ridendo a squarciagola, ormai irrecuperabilmente ubriaco di burrobirra.
- Non avrei potuto avere un cugino più di idiota di Scorpius.– commenta con sguardo truce Phoebe, figlia di Clay Cooper e Daphne Greengrass.
Poi mi sorride, e io mi lascio contagiare dal suo sarcasmo:
- E lui non potrebbe avere un amico più cretino di Jeff Zabini – aggiungo mentre scoppiamo a ridere entrambe.
Intanto, a conferma delle nostre parole, i due deficienti presi in esame si sono eroicamente arrampicati sul tavolo della sala comune, e ora sono in piedi, abbracciati l’uno all’altro con in mano un broccale di burrobirra mista a chissà quale altra diavoleria superalcoolica che solo loro sanno come ricavare.
- Propongo un brindisi – urla Jeff ad un volume molto più alto del necessario – alla genialità, o per meglio dire al colossale culo di Scorpius Hyperion Malfoy! – porta il broccale alla bocca e ne scola in un sorso più della metà - Che la fortuna possa continuare a favorirti al gioco…e a far cadere molte altre donzelle spasimanti tra le tue lenzuola! – esclama seguito da un boato di urla e di risate.
- Grazie Jeff – scherza Scorpius lanciandogli dei buffetti amichevoli sulla spalla – io invece lancio una scommessa! – esclama dopo aver ripristinato il silenzio con un solo gesto della mano.
Non posso fare a meno di pensare quanto sia straordinaria la sua capacità di persuasione. Oltre che la sua smodata abilità di restare tranquillo sotto i riflettori.
- Ragazzi – procede, perfettamente a suo agio – scommettiamo su quanto tempo la piccola Jessica Finnigan continuerà a far la corte al nostro Jeff anche dopo…aver scoperto le dimensioni del suo gioiello di famiglia!
Questa volta mi lascio sfuggire anche io una risata. Vedere Jeff Zabini arrossire di vergogna è uno spettacolo che divertirebbe chiunque.
- Ehi amico... – si rivolge a Scorpius con aria fintamente arrabbiata – così mi offendi…Il mio gioiello di famiglia è a posto…vuoi provarlo per verificare?! – esclama provocando un nuovo scoppia di risa.
- Oh andiamo non fate i finti tonti voi due! – interviene Jack Goyle sovrastando le altre voci – lo sappiamo tutti che avete già sperimentato ciascuno il “gioello” dell’altro! Siete sempre insieme, dormite nella stessa camera…da soli…che altro potreste fare la notte?! –
Altra esplosione di ilarità.
Ma questa volta storco il naso, non perché sia rimasta scandalizzata della battuta di Goyle, sia chiaro.
È solo che quel ragazzo mi è sempre stato sulle scatole.
Fa il gran figo, si crede il più simpatico tra tutti e non se lo può minimamente permettere.
E poi è un gran cafone.
E pensare che mi ha anche fatto la corte per un anno…
Al quinto anno, ha anche tentato di baciarmi…con la forza, si intende.
Io me ne tornavo al dormitorio per i fatti miei, appena terminata la cena, beatamente ignara dell’orso borioso che mi aspettava appostato a pochi passi dalla Sala Grande.
Appena svoltato l’angolo, mi sono sentita afferrare da due braccia decisamente poco gentili che senza darmi il tempo di reagire mi hanno sbattuta al muro senza tanti complimenti.
Poi ho sentito due labbra prepotenti premere contro le mie.
Era totalmente sbronzo, aveva l’alito puzzolente d’alcool e di fumo.
Fortuna che Scorpius e Jeff erano poco dietro di me.
Ricordo ancora il micidiale cazzotto sferrato dal biondino dritto sul naso del mio aggressore. Se mi concentro riesco anche a sentire il rumore delle ossa che crocchiano..
Ma lasciamo perdere questi spiacevoli ricordi..non sono così masochista.
Fatto sta che da allora Jack Goyle ha smesso di importunarmi. Sospetto che Scorpius lo abbia segretamente minacciato, nonostante adesso siano tornati tranquillamente in buoni rapporti.
La battuta di Jeff mi distoglie nuovamente dai miei pensieri.
- Mi stupisci Jack – esclama fissando Goyle con un’espressione esageratamente stupita – come puoi pensare che io e Scorpius sprechiamo il nostro tempo a…trastullarci tra noi?! – ribatte tra l’entusiasmo collettivo – Oh io lo farei anche – continua battendosi la mano sul petto – ma Scorpius è ovviamente talmente tanto bello e tanto impegnato con le sue donne da non accorgersi minimamente del mio cuore struggente d’amore per lui! –
Stavolta la situazione rischia di degenerare. Steven Nott ha iniziato a sghignazzare talmente tanto che di poco non si è strozzato con la burrobirra. Ci sono volute due manate ben assestate per farlo tornare in se, peccato solo che nel farlo abbia rovesciato tutto il contenuto del suo stomaco sulla divisa fiammante di un’infuriata Pamela Bell.
- Jeff, amico mio… - gli si rivolge Malfoy in tono paterno – se potessi ti cederei volentieri buona parte della mia fortuna con le ragazze…ma sai come si dice, la Buona Sorte ha gli occhi bendati…e meno male direi, perché sono sicuro che se ti vedesse in faccia saresti perseguitato dalla iella per tutta la vita! –
Ok, ho i timpani talmente assordati dalle risate altrui che rischio di sognarmele anche stanotte.
- Rose, tutto bene? – mi chiede Phoebe vagamente preoccupata.
Devo avere proprio una pessima cera.
- Si, sono a posto. – ribatto – è solo che qui dentro c’è un casino infernale. –
- È da quando è una novità?! – aggiunge lei.
- Già – sorrido – ma oggi sono un po’ più stordita, sarà stato il fumo. Quando giochiamo a poker la tensione è talmente alta che i ragazzi diventano delle ciminiere. E sai che io non reggo bene l’aria pesante. -
- Oh giusto. Ok, allora ti porto via da qui. Che ne dici di andare a cena? Ho così fame che mangerei un elefante! – esclama facendo ondeggiare i lunghi capelli biondi.
- D’accordo – acconsento e sorrido, guardando con tenerezza la dolcezza di quegli occhi verdi. È talmente simile a sua madre…
- Ehi no aspettate! – ci urla Scorpius raggiungendoci trafelato.
Sbircio dietro la sua spalla, e noto che Jeff è completamente sdraiato sul tavolo, con una decina di ragazzi che si divertono come dei cretini a schiaffeggiarlo sulle guance. Ha bevuto troppo, di nuovo.
Roteò gli occhi e scuoto la testa, riportando l’attenzione sul biondino dagli occhi blu che mi fronteggia.
- Ne avete finalmente abbastanza della vostra pagliacciata?! – gli chiedo aggrottando le sopracciglia.
- Niente affatto – scoppia a ridere lui – questo era solo il primo round! Steven Nott ha seriamente intenzione di aprire un toto scommesse su quanto tempo ci metterà Jessica Finnigan prima di piantarla di scodinzolare attorno a Jeff! – esclama soddisfatto.
- Ma come fate a divertirvi con delle cazzate simili? – lo punzecchio sprezzante.
- Oh andiamo Rose non fare l’acidona! E poi, anche se non lo ammetteresti mai, so che in fondo anche tu ti sei divertita…
Prendo a fissare di scatto le pareti della sala comune, impedendogli di guardarmi negli occhi. Perché so fin troppo bene che vi leggerebbe dentro, ancora una volta, la conferma di aver indovinato.
- Falla breve, cugino – si intromette provvidenzialmente Phoebe – noi stiamo per andare a cena. Che cosa vuoi? –
- Soltanto, cara cugina, ricordare a Rose che abbiamo un impegno, stanotte – sottolinea.
Torno a fissarlo sinceramente stupita.
- Di che cavolo stai parlando? Cos’è, per stasera sei rimasto a corto di munizioni?! Sai che io non ci vengo a letto con te! - gli sputo addosso con la massima gentilezza che riesco a racimolare.
Ma ormai ci avrà fatto l’abitudine. Alza gli occhi al cielo, sospirando rassegnato.
- Sto parlando della tua sconfitta, Rose – mi ricorda trionfante – io ho vinto, tu hai perso. Sbaglio o si era deciso che il perdente pagava pegno?! – mi canzona, facendo finta di non ricordarlo.
Questo è uno dei famosi momenti in cui lo prenderei volentieri a calci in culo.
- Si – ringhio a denti stretti.
- Bene – annuisce soddisfatto – e si da il caso che il pegno in questione debba sceglierlo io. E mi è sufficiente ricordarti che domani – calca l’accento su questa parola – abbiamo il compito in classe di pozioni, per farti capire cosa mi aspetto che tu mi aiuti a fare stanotte …ci siamo intesi? –
Stronzo.
So di non potermi rifiutare. Ne andrebbe di mezzo il mio orgoglio, oltre che la mia faccia.
- Intesi – sussurro fissandolo con uno sguardo inceneritore.
Lui mi afferra per il braccio, allontanandomi da orecchie indiscrete. Poi, fissandomi dritto nelle pupille, si abbassa alla mia altezza prima di sussurrarmi dolcemente
- Molto bene Weasley. Ti aspetto fuori dal mio dormitorio. A mezzanotte in punto. –
Si rialza, mi sorride, e poi si volta, lasciandomi scossa da un brivido.
Non di piacere.
Di paura.
Al solo pensiero di quel che mi aspetta, sento una morsa di terrore misto ad eccitazione attanagliarmi le viscere.
- Che cosa diavolo state tramando voi due? – mi chiede Phoebe una volta rimaste sole.
- Niente, lascia perdere. Te lo spiego dopo cena. – taglio corto.
- Hey ragazzi! – quel borioso di un Malfoy è di nuovo in piedi sul tavolo, dove Jeff si è leggermente ripreso – diamo inizio ai giochi! Quanto tempo passerà prima che Jessica Finnigan abbandoni l’assediamento del nostro Zabini?! –
Una decina di puntate assurde si levano simultaneamente dalle labbra di dieci folli scommettitori.
Io li osservo, e posso solo sperare di non mettermi nei casini.
Sono stanca, sono arrabbiata perché ho perso, terrorizzata per quello che mi toccherà fare, ho la nausea per il troppo odore di fumo e sto morendo di fame.
Ma guardando Jeff e Scorpius, i miei due migliori amici, le mie due colonne portanti in questa scuola, allegramente abbracciati l’uno all’altro, non posso che sentirmi la ragazza più felice del mondo.
Tuttavia mi rendo conto che per voi, ascoltatori esterni, sia difficile intuire le mie emozioni quando ancora non vi ho svelato un dettaglio fondamentale della mia vita.
Sto persino dando per scontato che voi sappiate chi sono io, che stupida, come se avere come genitori due dei più famosi maghi del mondo magico sia un biglietto da visita sufficiente per farmi riconoscere ovunque io vada.
Magari siete dei babbani, e non avete neanche la minima idea di cosa sia, il mondo magico.
Ok, ma io ci provo lo stesso. Sono una ragazza testarda, quando mi ci metto.

Sono la figlia maggiore di Ronald Bilius Weasley, Auror del ministero, migliore e storico amico dell’eroe (nonché mio zio) pluririconosciuto Harry Potter, il rosso imbranato, lo straccione, colui che al primo anno vinse contro Voldemort stesso la migliore partita a scacchi che Hogwarts avesse mai visto.
Mia madre è Hermione Jane Granger, la secchiona Mezzosangue migliore amica di Harry e Ron. La ragazza bacchettona, la dentona, sempre china sui libri. Prefetto di Grifondoro. Il cervello più brillante di tutta la sua generazione. Colei che ideò il CREPA e l’Esercito di Silente, e fu la responsabile del rapimento di Dolores Umbridge da parte di un’orda imbufalita di Centauri nella Foresta Proibita.
Presero entrambi parte in modo decisivo alla sconfitta di Lord Voldemort.
I miei genitori sono due eroi.
E io li odio per questo.
Perché tutti mi guardano con occhi diversi, mi analizzano, mi confrontano, si aspettano che io sia alla loro altezza. Molti mi conoscono solo per il cognome che porto. Tanti altri mi ammirano solo per chi sono, e non per come sono. E altrettanti mi disprezzano per lo stesso motivo.
Mi chiamo Rose, come il più innocente e delicato tra i fiori.
Ma le spine che sporgono dalla mia anima sono più taglienti della lama di un pugnale.
Il mio secondo nome è Hermione, come mia madre, per ricordarmi costantemente di essere la figlia di una mente geniale. E di dovermi comportare come tale.
Il mio cognome è Weasley, come decine e decine di miei zii, zie e cugini. Per ricordarmi di far parte di una famiglia importante, una famiglia numerosa, tra cui io e mio fratello siamo gli unici discendenti Mezzosangue.
Ed io la sola pecora nera.
Mi chiamo Rose Hermione Weasley.
E sono una Serpeverde.
L’unica dell’intera famiglia, da generazioni intere.
Spregiudicatezza, cattiveria e superbia.
So che sono queste le prime caratteristiche che vi vengono in mente pensando alla mia Casa.
Anche per i miei genitori, soprattutto mio padre, è stato così. E lo è tuttora.
Ricordo ancora le urla, l’incredulità, la malvagità di mio padre nell’inveire contro di me, rannicchiata e tremante nella poltrona di casa a piangere calde lacrime di bruciante vergogna. Quando seppe che non ero una Grifondoro, mi accusò di essere perfida. Disse che doveva esserci qualcosa di oscuro e pericoloso dentro di me, che sarei diventata una buona a nulla, un’incapace, una strega, stando in quella Casa. Mi urlò, con gli occhi accecati dal fanatismo e dalla paura, che era colpa mia, che avevo disonorato tutta la sua famiglia facendomi smistare tra quella gentaglia infida, vigliacca e leccaculo.
Mia madre tentò con tutte le sue forze di farlo ragionare, anche prendendolo a schiaffi, ma non mi fu di grande aiuto. Anche per lei fu, ed è ancora, difficilissimo accettarlo.
Avevo undici anni, e fu allora che capii che se volevo sopravvivere, dovevo riuscire a convivere con il costante disprezzo dei miei genitori e a cavarmela con le mie forze. Da allora, ho imparato a non sentirne la mancanza, a non agognare più un complimento da mia madre o una carezza da mio padre, ho imparato a vivere senza di loro e a non lasciarmi mai più calpestare. Sono riuscita a differenziarmi, a maturare una personalità ribelle e profondamente inquieta, a sviluppare peculiarità del mio carattere volutamente opposte a quelle dei miei genitori. Con enorme fatica mi sono pian piano scrostata di dosso l’immagine di brava ragazza che tutti, a scuola e a casa, avevano di me.
Ma questa non è una favola, non è una barzelletta, non è neppure la trama a lieto fine di un romanzetto rosa.
Questa è la mia storia.
E se volete ascoltarla, dovete essere pronti a scrollarvi da dosso ogni pregiudizio.
Non dovete giudicarla, non dovete condannarla, non dovete idolatrarla.
Dovete soltanto viverla.
Tutto quello che accade qui dentro è imprevedibile, non ci sono eroi da esaltare, malvagi da perseguitare, innocenti da salvare. Non ci sono buoni o cattivi, perché nessuno può essere esclusivamente una cosa senza l’altra.
La mia storia parte da qui, da una sconfitta a poker e da un pegno da pagare.
Ma questo, è soltanto l’inizio.

 
Continua nel capitolo:


 
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VOTO: (1 voto, 2 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 2 commenti
elfa-nihal - Voto: 14/11/08 19:43
è bellissima,complimenti
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

Rif.Capitolo: 1
alexandros4ever
13/11/08 20:36
beh... wow! è davvero bella e secondo il mio modesto parere anche scritta bene.
aggiorna presto!!!
CIAO
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

 
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