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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: GLI OCCHI DEL DIO
Genere: Azione, Avventura, Fantasy, Dark
Rating:
Autore: lucifer91 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 10/09/2008 00:13:11

Entra nel mondo di Kratos, Darcus e Kisidor ! Un mondo fantastico, con mille avventure e mille colpe di scena dove ogni personaggio non è mai quello
 
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L'ANTICO TRAGHETTATORE
- Capitolo 1° -

Nota dell'autore: In sostanza, mi sono ispirato a un pò di tutto per questa storia: manga, fumetti americani, libri. Tutto ciò mi piaceva, lo mettevo dentro tessendo pazientemente la trama !
Quando inizia a scrivere "Gli occhi del Dio", ero folgorato dal mito di J.K.Rowling: tanti soldi con quel piccolo maghetto strampalato ! Se ce l'aveva fatta lei, potevo farcela anch'io. Poi però successe una cosa non prevista: crebbi ( almeno un pochino ) e compresi che la letteratura, quella vera, non è una questione di soldi, o di affari, ma è arte che ti lascia sempre qualcosa dentro, qualcosa che non ti abbandona mai, che fa parte di te e ti aiuta a capire un pochino di più questo mistero chiamato vita. Quella è la vera letteratura: tutto il resto è spazzatura. Capendo questo, compresi che io non avevo, né ho, Nè forse non avrò mai le capacità di essere un buono scrittore. Ma il fatto è che non mi piace tanto scrivere, quanto raccontare belle storie !
Quindi spero che questa vi piaccia !
Buon divertimento !






Da giovane facevo all’amore
E ci pigliavo gusto;
Ma sposarmi una volta per sempre
Non mi pareva giusto.

Ma la vecchiaia col suo passo ladro
Negli artigli m’afferra
E m’ha portato in barca fino a terra
E questo è il guaio.

Un piccone, una zappa e un’altra zappa
E un sudario s’appresti
E all’ospite una fossa nera e fonda
Scaviamo lesti.

E all’ospite una fossa nera e fonda
Scaviamo lesti.


- Avete finito di recitare quella terribile canzone, Vecchio Caronte ?
All’udire la voce giovane e sprezzante, il traghettatore chiuse la bocca in un ghigno infastidito e si girò con occhi di sfida verso i suoi due giovani clienti.
- Ebbene, vecchio ? Che avete da guardare tanto ? Avete qualcosa da dirci ? Se l’avete, parlate: non c’è male più grande che serbar in noi stessi il furore bollente delle nostre parole. Se invece non l’avete, tacete e continuate a remare: è per questo vostro uffizio che noi vi paghiamo con due monete di puro argento, una a testa.
Con un grugnito di fastidio, il vecchio continuò a remare, mentre la mano sinistra reggeva la torcia che bruciava di candido fuoco che illuminava l’oscuro fiume senza fondo.
- Che vergogna che io, Caronte, a cui è affidata la custodia dei morti che hanno ricevuto dignitose onoranze funebri, che proprio io, debba trasportare sulla mia giusta, ma severa nave due bambini: e per di più, vivi !
- Di cosa vi lamentate, vecchio ? Siete costretto a fare ciò che vi ordino, come chiunque altro: creatura mortale o no, ognuno di noi deve attenersi a un preciso regolamento che sia la convenzione sociale o l’ordine del superiore. Se foste così potente da decidervi il vostro fato, caro Caronte, non dovreste traghettare le anime dei trapassati dalla sponda viva a quella che non lo è.
A sentire tali parole, detto con tale sicurezza che non poteva essere scagliata, sicurezza della beata ignoranza giovanile, il vecchio Caronte spostò la torca dall’infinito pavimento nero qual’era il fiume al fondo della barca dove i due bambini riposavano, difendendosi dal freddo con lunghi mantelli: la luce accecò per prima, come spronata dalla furia del vecchio traghettatore, il viso del giovane insolente illuminandogli il viso dai bei lineamenti incorniciato dai lunghi capelli neri sparati in ogni direzione, indomabili, ma eleganti, e adornato dai grossi e magnifici rubini grigi che non erano che i suoi occhi; tuttavia, quanto l’avida luce arrivò anche al secondo bambino, non scoprì niente di nuovo ritrovando lo stesso volto dipinti dagli stessi colori dell’altro, ma meno accesi, resi più opachi dalla timidezza, evidenziata da ogni suo tratto. I gemelli non potevano avere più che tredici inverni.
- Taci ! Taci creatura mortale del Mondo di Sopra: se non fosse per le parole e per il rispetto che io provo nel mio petto, come fuochi senza fine, per quella persona, vi butterei entrambi sul fondo di questa maligna acqua, legati a un macigno, che mi farebbe la grazie di farmi riaccogliervi nella mia barca sotto le giuste ed abituali condizioni ! E non ci sarebbe soddisfazione più grande che arpionare dalle vostre mani putrefatte, gelide e biancastre i due oboli !
Soddisfatto per l’effetto delle sue parole sul giovane arrogante, li diede nuovamente la schiena concentrandosi sulla via. La sua felicità si riponeva nella speranza di poter trascorrere il resto del viaggio nel sacro silenzio, ma fu illusione di breve durata: infatti, una nuova voce di fare gentile e amabile, calcata in ogni parola dall’evidente timidezza, lo richiamò dal suo lavoro.
- La chiedo di perdonarla, Venerabile Caronte, ma la curiosità serba il mio cuore ed è troppo difficile per me, bambino schiavo dell’istinto e deficiente di pazienza, ignorarla e zittirla. Perciò la prego di rispondermi dandomi una risposta: non m’importa come o cosa, non m’importa se mi lascerà questa tenaglia crudele al cuore. Basta che ci sia, basta che sia una.
Dopo aver ascoltato parole così gentili e così ben pronunciate, dette poi in un fare così amabile, il cuore di Caronte si sciolse dall’avversione e la lingua del vecchio era impaziente di rispondere in equivalente modo.
- Ebbene, cara creatura consapevole dei tuoi limiti, io ti concedo la mia risposta, ma, ancor più importante, la mia considerazione, negata al fratello arrogante e antipatico – rispose il vecchio con una o due parole cariche d’affetto. Ignorando la pernacchia insolente e girandosi per la seconda volta, proseguì – Ebbene, qual è la tua domanda ?
- Ho ascoltato, con cuore aperto, la canzone che tante volte avete cantato e mi pare, spero di non cadere nell’inganno della mia ignoranza per non perdere la vostra fiducia appena acquisita, che tratti di vita e, sopratutto, di morte: faccende che riguardano i mortali. Orsù: voi che disprezzate e snobbate spesso e volentieri gli abitanti del Mondo di Sopra, perché cantate una canzone su loro e di loro ?
Il vecchio diede una risposta in un mondo in cui Darcus mai si sarebbe aspettato di ricevere e che fecce rabbrividire pure lo spavaldo Kratos: Caronte si mise a ridere una risata ricca, gioiosa, bella all’apparenza, ma fu il tempo dedicato ad essa a corromperla facendola divenire sinistra, sospetta, quasi diabolica.
Tuttavia, nonostante i ragazzi aspettassero, non senza un poco d’impazienza, la sua ascesa per poi sfumare, la risata sparì come venne: di botto, senza prologhi e senza cornici. Vedendo l’agitazione negli occhi dei suoi giovani traghettati, Caronte si sentì d’obbligo di dare motivazione:
- Rido, mio giovane amico, perché mi divertono i dubbi che i mortali si pongono nel breve lasso di tempo che chiamano vita. La canzone, che mi piace tanto recitare, cita la teatralità, l’inevitabilità della morte e la sua crudeltà nel venire presto presto: stupidi, sciocchi superficiali ignoranti. La morte non è la fine, la morte è l’inizio: la morte è la spada della libertà che taglia i legami con i limiti terreni che voi chiamate corpo, la morte è la via verso una nuova era. Voi, esseri di sopra, vi preoccupate tanto della vostra prigione di carne e dei piccoli piaceri che essa vi può offrire, mentre trascurate la vera libertà, l’anima che è immortale e che fu, che è e che sarà per l’eternità – la fiamma bianca della torcia diede un lampo di luce che rese visibile per pochi secondi il vecchio rendendone la toga putrida e la barba colorata di un bianco spettrale e gli occhi rossi che potevano appartenere a un demone. La sua barba e i suoi occhi lo rendevano così spaventoso che un brivido percorso svelto svelto le schiene dei due giovani fratelli – Le mie parole sono rese concrete e inconfutabili da questa guerra che devasta la vostra amata terra come fecce la Grande Peste di Pandora: macchiate ogni giorno le vostre anime con terribili peccati per beni e piaceri carnali. Ah, ai mie tempi ! Ai miei tempi tutto era diverso, ma ormai tutto è mutato……esattamente come diceva il vecchio Oscuro…che vergogna vedere l’amore del corpo prevalere sull’amore dell’anima !
- Non dite stupidaggini vecchio: oggi c’è la guerra come lo fu nei tuoi tempi – fu il rancore e la vergogna per essersi fatto chiamare con aggettivi così poco onerosi a muovere Kratos, a farlo alzare e parlare: confutare le parole del vecchio era diventato il suo obiettivo principale, solo per riacquistare un po’ di stima che, per suo percezione, sentiva d’aver perso nei confronti dell’amato fratello.
- Ti sbagli, stupido: non fu una guerra, fu uno sterminio che diverso, ma diverso assai – rispose il vecchio Caronte e la freddezza delle sue parole spegniette senza fatica l’infuocata battuta del giovane che si ritrasse sedendosi e sentendosi due volte sconfitto e ancor più umiliato – Strage, guidata da uno solo i cui poteri nessun di noi poteva resistere o controbattere: i più furono uccisi dalla disperata furia vendicativa di Lui, ma alcuni, così pochi che posso nominarli e contarli sulle punte della mia mano destra, sono sopravissuti e continuano ancor oggi a vivere serbando però nel cuore il ricordo di quel terribile giorno, di quel buio in cui spesso muoio.
Le parole di Caronte erano caricate di un alone di mistero che non potevano lasciare indifferente né la curiosità di Kratos, così desideroso d’ascoltar il vecchio solo per contraddirlo per dispetto, né tanto meno quella di Darcus, già scatenata da una semplice canzone. I due fratelli si scambiarono un veloce sguardo, dove l’uno riuscì a vedere nell’altro la stessa agitazione che si muoveva nel proprio petto a cui s’aggiunse la felicità di sapere che entrambi erano mossi da tale sentimento.
Fu Darcus a parlare:
- Chi, mio buon traghettatore ? Chi fu la fine dei Grandi Dei ? Quale essere è talmente potente da portare le tenebre dell’estinzione a creature di così elevato prestigio e potere, meritevole di un rispetto e di una referenza che resistono anche all’inesorabile trascorrer del tempo che di nulla ha pietà e che di tutto fa vittima ? – chiese e, nonostante la voce tremolante per il freddo e per la soggezione che il vecchio gli dava, con quella barba e quei occhi, fecce un passo avanti, spinto, invece lui, dall’ansia della risposta.
- Chi, quindi ? Non cosa ?
- Fu una cosa o un individuo a sterminare la tua razza, vecchio ? – chiese Kratos venendo anche lui avanti, similmente al fratello, con occhi che cocevano di un fuoco più appassionante di quella della torcia, retta dalla mano del vecchio – Non sei molto chiaro, nel tuo borbottare !
- Secondo voi, bambini ? Fu un cosa o un chi a uccidere, uno dopo l’altro, senza misericordia, ignorando le suppliche delle madri, le preghiere dei padri e i pianti dei bambini ?
- Fu un cosa ! – rispose subito Kratos avvicinandosi al vecchio con uno breve scatto, guardandolo sempre con le sopraciglia incrociate – Nessun cuore può commettere tali atrocità ! Le suppliche delle madri fermerebbero la mano attentatrice, le preghiere dei padri farebbe sorgere il dubbio dell’azione nella mente dall’assassino e i pianti dei bambini allenterebbero la presa che le dita hanno sul coltello che cadrebbe a terra con un sordo tonfo ! Solo un cosa è capace è capace di tali azioni ! Al massimo, può essere un vile animale !
- E invece tu, ragazzo ? Tu che dici ?
Darcus gli rivolse un breve sguardo prima di spostarlo sui propri piedi e un innocente rossore gli colorò il giovane e garbato viso.
- Io dico che è stato un individuo.
- Perché, dunque ?
- Perché un individuo non è altro che un vile animale sotto gradite spoglie.
Caronte scoppiò di nuovo a ridere e la sua risata fu di nuovo così penetrante che costrinse Kratos a ritornare al fianco del fratello che non mosse un muscolo, come paralizzata da quell’allucinante stridulo.
- Così simili nel corpo, così diversi nella mente ! – fini di ghignare Caronte e, ritornando al suo amato compito, aggiunse – Bravo, Darcus: non ti può dar torto ! Fu proprio un individuo, uno solo, a sterminare il mio popolo. Tuttavia l’ironia più grande è che quest’essere fu figlio del popolo stesso che condannò !
- Com’è possibile ? Come può uno sovrastare i molti ?
- Oh, l’uno sovrasta spesso la moltitudine e molte volte la domina, con la forza o con la parola o con il logos.
- E di grazia, qual è il nome di questo micidiale carnefice ? – chiese Kratos sbuffando l’indignazione in ogni parola che pronunciava.
- Ha molti nomi questo mio Dio, molti di questi impronunciabile nelle lingue mortali – rispose Caronte agitando la torcia lentamente e dando una leggera spinta con il remo per direzionale la barca nella via desiderata - Tuttavia anche voi lo conoscete e anche voi gli avete dato un appellativo che riassume, in tre sole parole, tutto il suo essere e la cornice di lui: voi lo chiamate il Padrone della Morte.
- Il Padrone della Morte ? – chiesero i due con unica voce.
- Si, egli: colui che non solo domina la Morte, ma ne fa quel che vuole – confermò il vecchio alzando la torcia e la luce bianca del fuoco candido illuminò una sponda nera e scogliosa dove un uomo di matura età attendeva pazientemente il loro arrivo: aveva capelli corti e rossi e magnifici occhi azzurri che davano la sensazione di poter penetrare tutto e di non trascurar niente. L’uomo, con almeno quarantanni sulle spalle, era avvolto in un mantello di un verde acceso.
- Sei in ritardo, Caronte, e per giunta racconti a queste giovane orecchie parole che non dovrebbe udire – disse l’uomo con voce da rimprovero facendo un passo avanti, pronto ad accoglierli.
- Maestro ! – cantarono ancora insieme le fanciullesche voci.
- Suvvia, Elio ! Non rimproverarmi quando sento che sono io, qui, la parte offesa ! – lo rimbeccò Caronte, mentre la punta della piccola barca baciava terra – il mio servizio non è riservato ai vivi e tu lo sai !
- Allora, mio caro, vorrai dirmi come hanno fatto Persefone, Enea, Teseo, Orfeo, Deifobe e Psiche a starci sopra ? – rispose con uno sbuffo divertito Elio prendendo al volo le mani dei due giovani e stringendoli a sé, librandoli in aria e in tal modo facendogli scendere dalla barca. Quando i loro piedi toccarono la sponda rocciosa, ghermì, con stretta d’acciaio, le spalle d’entrambi – Forza, su: non vedo l’ora di sentire tale commedia !
- Non provocarmi, giovinastro ! Oltre al danno, devo subirmi anche la beffa ? Ti ricordo che io accetto due monete per morto: è questo il mio prezzo !
- Infatti, vecchio Caronte: per morto, non per passeggero ! – rispose Elio con un ghigno divertito dipinto sul volto arguto – Inoltre sono due bambini che contano, e pesano ti vorrei ricordare, come un uomo solo: non lamentarti tanto vecchio poiché il pagamento è equo. Eri tu che mi stavi facendo la frittata, Caronte, con quella tua lunga lingua maledetta !
- Dici ? Sono loro che hanno fatto domande: dici che è stato il loro istinto, il fervore della vita, a chiedere risposte proprio su quello ?
- Io non dico niente se non che sei stato uno sciocco: t’hanno chiesto, non t’hanno posto di rispondere: è stata una tua scelta ! – ribadì Elio – Ma adesso taci, vecchio sconsiderato: lui alfine ha saputo e sta giungendo in questo luogo ignorato dai vivi !
- Ah, dunque ha saputo ? Ecco perché m’avete chiamato: ora mi spiego tutto – annuì il vecchio con fare grave – Lui è colui che mi fa più timore dopo l’altro che serviamo, ma di sicuro ha più diritto di stare qua di voi tre prigioni di carne, non essendo né vivo né morto.
Ed appena il vecchio Caronte finì di recitare la sua battuta, in perfetto tempismo come in uno spettacolo teatrale dove tutto avviene sotto il comando di umano intelletto, un fulmine silenzioso piombò sulla scena, esattamente alla destra dei tre sulla terra ferma, e la sua luce permise di far comprendere a Darcus e a Kratos dove essi effettivamente si trovavano: erano in una grotta con il soffitto adornato da molti picconi neri ed affilati.
- Dunque è questo il posto dove li hai portati, Elio ? – chiese una voce e dalla luce azzurra emerse un’alta figura incappucciata i cui i lineamenti del volto erano nascosti dalla fitta oscurità.
I due fratelli si guardarono e ancora seppero di star provare gli stessi moti dell’anima: qual’essere poteva permettersi un’entrata così teatrale piegandolo il volere del fulmine come se fosse la magia più elementare ?
Di certo, non era essere umano.
- Nonostante rifiuti il nome e il titolo di Susanoo, usi comunque i suoi poteri a quanto vedo – accolse il nuovo arrivato Elio facendo però un paso indietro – Si, ebbene: necessitavo di un posto dove nasconderli.
- A chi ? A me forse ? – chiese di nuovo la voce della nera figura.
- Non essere sciocco Kisidor: li nascondo da lui ! – rispose immediatamente Elio cercando di tener un tono di voce dignitoso, ma la sua impazienza nel proclamarsi innocente e giusto nei confronti del nuovo arrivato lo tradì – Dhordor vorrà senza dubbio i suoi nipotini, soprattutto se sono il frutto del suo amato figlio ! Inoltre, con questa guerra di sterminio contro gli umani, vorrà al suo fianco i suoi amati bambini, non credi ?
- Non sapevo che t’interessasse tanto…..
- Non dimenticarti che Ladhars fu mio allievo: non potevo lasciare i suoi figli, miei allievi inoltre, alle mani di un sanguinario così barbaro !
- E nasconderli proprio qui….dove lui dimora ? – la figura di cui portava il nome di Kisidor alzò la voce caricandola d’ira e i suoi occhi s’illuminarono d’un rosso malefico, addirittura più demoniaco di quello degl’occhi di Caronte: divennero come due piccole fari nell’oscurità solamente che lasciavano una luce rossa sangue che metteva i brividi.
- K-Kisidor……non capisco le tue parole, ma ti posso assicurare che le mie intenzioni erano delle più nobili ! – aggiunse subito Elio facendo un passo indietro e tenendo presso sé i bambini come due scudi; anche il vecchio Caronte indietreggiò, fino a quando gli fu consentito, sulla sua barca.
- Poniamo che io ti creda, Elio. Poniamolo per il tuo bene – parlò la voce abbassando i toni, ma i malefici occhi rimasero accesi di quel rosso innaturale – Devo comunque porti una richiesta che non può accertar rifiuto e solo ascoltare assenso.
Gli occhi d’Elio scrutavano velocemente la figura in tutta la sua maestosità per poi concentrarsi, per brevi secondi, sugli occhi rossi prima di ritornar, umili, a terra. Caronte, da parte sua, continuava a tenersi con l’espressione tesa e impaurita.
- Parla, Kisidor – accordò Elio parlando a fatica e stringendo i due ragazzi con più vigore – Se la tua richiesta sarà giusta nei confronti delle mie possibilità, allora al il mio cuore non starà cosa più cara che soddisfarla.
- Le tue parole gentili nascondono la vera natura del tuo cuore, Elio.
- Mio signore ! – protestò Elio con parole scattanti che tradirono la paura.
- Molto bene….la mia richiesta è semplice e non vedrei un qualsiasi motivo per rifiutarla – una mano uscì dal mantello e l’indice puntò, insieme agli occhi rossi, il giovane Darcus – Voglio quel ragazzo !
- No ! – urlò immediatamente Kratos sfuggendo alla morsa del maestro e posizionandosi davanti al fratello con le braccia spalancate – Darcus rimane con me: siamo fratelli !
- Capisco quale spirito abbia mosso il tuo cuore, ragazzo mio, ma tenervi insieme è troppo pericoloso – la voce dell’essere di nome Kisidor suonò più tenera e persino gli occhi, prima talmente minacciosi, parvero addolcirsi. Ma fu un attimo: infatti, quando ritornarono all’uomo dai capelli rossi, ritornarono malefici come prima – Converrai con me, Elio, che Dhordor non oserà fronteggiarmi su un fronte diretto e inoltre, seppur in un caso fortunato o a causa di un mio errore, anche se perdessi il ragazzo, Dhordor non avrebbe l’altro. Non convieni con me, Elio ? Perché se sei con la mia opinione, allora ti stanno a cuore, o meglio t’importa dei ragazzi, o, se d’altro canto non lo sei, allora questo significa…..
- Io……certo, mio Signore, ci troviamo d’accordo ! – aggiunse in svelta Elio quando l’occhio gli sfuggì sullo sguardo rosso sangue.
- Bene: ragazzo, vieni con me !
- No ! Per caso, voi siete sordo, cavaliere ? – urlò di nuovo Kratos spalancando ancor di più le braccia – Non m’importa chi siate, da dove veniate o che cosa siete in grado di fare ! Dovrete passare sul mio cadavere prima che io vi lasci portar via mia fratello !
- Ragazzo….non rendere le cose più difficili di quanto siano già…capisco come tu ti possa sentire…..
- Voi siate mai stato privato di un caro legame ? Di un affetto insostituibile al vostro cuore ? – chiese Kratos alzando la voce mutata dalla rabbia, facendo un passo avanti verso lo sconosciuto di cui tutti, persino il maestro, persino il vecchio arrogante e antipatico, avevano paura.
- Si: e più di una volta.
- Ebbene, se lo sapete….perchè volete affliggere il mio cuore con lo stesso dolore ?
Per la prima volta da quando erano nati, Darcus avvertì un tono lamentoso, spaventato e supplicante, tutto questo insieme, nella voce del fratello e seppe, con una certezza che per tutta la sua vita non si poté mai spiegare, che il viso del caro fratello era rigato dalle candide lacrime di lui.
- Fratello….
- Non me lo porterete via !
- Ragazzo…mi dispiace, ma non esiste differente soluzione……
- No ! Darcus, scappa !
Kratos cercò di estrarre un corto pugnale d’argento che teneva nascosto negli stivali, ma il suo corpo disobbedì ai suoi comandi; cercò di pensare cosa fosse, quale stregoneria stesse usando quell’uomo demoniaco, ma la sua mente annegò in una nebbia che lo concentrava; quindi cercò d’aver paura, o almeno seppe che doveva provarla, ma neanche la sua anima, che rimase calma e rilassata, non funzionava secondo le regole: l’unica cosa che c’era, l’unica cosa in cui era focalizzato tutto il suo essere, erano quei occhi rossi che erano sempre più appariscenti, man mano che scendeva l’oscurità: gli sembrò di scorgerne la forma,….una sorta di triangolo…..no, non un triangolo……aveva tre punte rosse…….
- D-Darcus….
Poi nulla s’illuminò e fu delle nere tenebre.

Settimana prossima: la nuova vita di Kratos !
 
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