torna al menù Fanfic
torna indietro

MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: MOONLIGHT
Genere: Sentimentale, Horror, Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Autore: miticashiba galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 02/08/2008 20:17:50 (ultimo inserimento: 03/08/08)

Lui: timido, imbranato e annoiato Lei: bella, misteriosa ed angelica La luna: grande ipnotica e piena Saprà Ryan affrontare la svolta della sua vita?
 
Condividi su FacebookCondividi per Email
Salva nei Preferiti
   
1 - PROLOGO
- Capitolo 1° -

La luna era alta nel cielo, in quella profonda distesa buia abitata da migliaia di stelle lucenti che le facevano compagnia. La luna era grande quella sera, grande e piena, dall’alto della sua maestosa forma scrutava ogni piccolo essere vivente che camminava sulla terra. Da lassù dominava indisturbata su questo mondo ormai in rovina. Io la fissavo, quasi ipnotizzato dalla sua indiscutibile bellezza, mi lasciavo avvolgere dal suo tenue chiarore che donava alla mia pelle un delicato colorito pallido. Ero stanco e triste quella sera, era tardi, notte inoltrata, dovevo rientrare a casa al più presto, con grandi probabilità mia madre sedeva in cucina ad aspettare che arrivassi pronta ad accogliermi con una delle sue solite ramanzine. Ma io non avevo voglia di alzarmi da quella panchina che si affacciava sulla Twilight Lagoon. Di fronte a me vedevo la Saint Antony’s Island con l’enorme chiesa omonima, illuminata da pochi lampioni sfavillanti. Aveva un aspetto così tetro di notte, non ci avevo mai fatto caso prima. Rimasi a fissare l’acqua per lunghi istanti, il dolce mormorio delle onde che si scagliavano sulla riva mi coccolavano, chiusi gli occhi cercando di rilassarmi.
Fu quella la prima volta che la vidi, la prima volta che le nostre strade si incrociarono. Riaprii gli occhi lentamente e osservai le lancette del mio Swatch di plastica, detestavo quell’orologio, era così infantile, tutti i miei amici sfoggiavano orologi in acciaio con quadranti grandi e prismatici, ed io invece mi vergognavo di quell’aggeggio di plastica malridotto, ma era un regalo di mia madre e conoscendola, di sicuro si sarebbe offesa se me ne fossi comprato uno di nuovo. Guardai deluso le piccole lancette gialle, segnavano le due e quarantatre, dovevo muovermi, s’era fatto davvero tardi. Mi alzai goffamente dalla panchina bagnata dall’umidità della notte, in quell’istante mi accorsi di lei. La guardai stupito, non l’avevo sentita arrivare. S’era accomodata nella panchina di fianco alla mia, sola, come me, era buio e non riuscivo a metterla bene a fuoco. Era giovane, aveva dei lunghi capelli biondi mossi che le arrivano a metà schiena. Portava un vestito leggero, bianco, con la gonna lunga fino ai piedi. Se ne stava rannicchiata abbracciando le proprie ginocchia per riscaldarsi. Era buio ma capii subito che stava tramando lievemente, d’altronde eravamo in marzo e quello che indossava era di sicuro un vestitino estivo. La fissai incuriosito, non sembrava nemmeno americana, provai una sorta di pena per quella ragazza in quel momento. Mi avvicinai a lei, non so perché lo feci, sono sempre stato un ragazzo timido ed imbranato, con le ragazze poi non ho mai avuto grande successo proprio perché con loro mi son sempre bloccato molto velocemente. Eppure quella notte non esitai un solo istante. Feci quattro passi per raggiungerla, lei sollevò il viso, due allarmanti occhi azzurri si posarono su di me interrogativi. Io arrossii, in quel momento non ci feci caso e grazie al buio della notte nemmeno lei se ne accorse, ma sentii una vampata di calore spandersi per tutto il viso mentre il cuore iniziava a battere sempre più forte.
«Tutto bene?» le chiesi cortesemente. Lei si guardò in giro, scoprendo che lì c’eravamo solo noi due. Accennò un debole sorriso poco convinto e annuì con il capo.
«Sei sicura, non hai freddo?»
«Sto bene, grazie...» si limitò a rispondere spostando lo sguardo da me all’acqua. Avevo la netta sensazione di infastidirla, ma c’era qualcosa in lei che mi attirava, che mi impediva di lasciarla in pace, poi però guardai fugacemente l’ora, erano quasi arrivate le tre, e mi decisi di andare.
«Ti lascio in pace allora, però copriti, l’umidità fa male alle ossa.» le dissi mentre mi allontanavo, avviandomi verso la strada di casa. Lei si voltò timidamente, impiantò per un lungo istante i suoi occhi chiari nei miei, non disse nulla, ma so per certo che quel suo sguardo mi stava ringraziando.


 
Continua nel capitolo:


 
  » Segnala questa fanfic se non rispetta il regolamento del sito
 


VOTO: (0 voti, 0 commenti)
 
COMMENTI:
NON CI SONO ANCORA COMMENTI, SCRIVI IL PRIMO! ^__-
 
SCRIVI IL TUO COMMENTO:

Utente:
Password:
Registrati -Password dimenticata?
Solo su questo capitolo Generale sulla Fanfic
Commento:
Il tuo voto: