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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: SADIC CURSE
Genere: Sentimentale, Drammatico, Dark, Soprannaturale
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Shounen Ai
Autore: deathstar galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 17/07/2008 19:39:04 (ultimo inserimento: 05/07/09)

Bisogna stare molto attenti alle nostre parole, quando non sappiamo chi ci sta ascoltando, o si rischia di ritrovarsi in un "gioco" sadico e violent
 
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PROLOGUE
- Capitolo 1° -

Salve a tutti! Sono tornata con una nuova fanfic.
In questo periodo, soprattutto di notte visto che di giorno lavoro, sto guardando moltissimo South Park (che amo sempre più), e così visto che il “Mio” Kenny muore di continuo o cominciato a pensare...
Un paio di premesse: -NON E’ una fanfic su South Park (L’originale è troppo bello per poterne fare una fanfic XD), ma ho semplicemente traslato il personaggio di Kenny McCormick, che ha solo alcune analogie con l’originale.
-E’ dedicata a Megghy, perchè è un anno che mi chiede di scrivere qualche cosa.
-Non poteva chiaramente mancare una coppia m/m XD

PROLOGUE

Era l’ora incerta che precede l’alba.
Il manto livido della notte era forato da poche stelle distanti, che brillavano di una luce argentea e solitaria. La luna quella sera era un elegante e sottile falce pallida, incapace di rischiarare le ombre che come inchiostro si stendevano sotto il dominio del cielo.
Non era strano che in quella parte della città, la parte “povera”, tutto sembrasse ancora più buio e squallido.
Affacciato alla finestra osservava le colline innevate lontane, fuori città.
Una scheggia di luce biancastra gli illuminava le braccia appoggiate al davanzale, mentre la brace della sigaretta rischiarava le sue labbra ogni qual volta la portava alla bocca.
Da quel lato della casa, dove poi si apriva la finestra della sua stanza, nemmeno la luce dei lampioni arrivava a squarciare il buio, e lui guardava le impronte nella neve bianca che copriva il suolo lasciando che il vento freddo, taliente come un rasoio, gli carezzasse il viso nella sua maniera dolorosa. Era una sensazione che, quando si sentiva triste, arrabbiato, ferito, gli era sempre piaciuta, qualla del gelo sulla pelle.
Dal suolo si alzava un forte odore di terra bagnata che si mischiava a quello del tabacco.
Kenny non riusciva a prendere sonno in quella notte di inizio ottobre.
Tutta la tensione che in quei giorni gli si era annidata dentro, premendo contro la sua cassa toracica, quasi a spezzargli le costole, stava lentamente svanendo con le boccate di fumo che si accaclcavano nell’aria fredda, soffiate dalle sue labbra.
Non riusciva più ad afferrare un solo pensiero.
Schiacciò il mozzicone di sigaretta sul davanzale, stirandosi, poi lo lanciò lontano, nel prato.
Rimase ancora qualche minuto guardando il cielo, abbassando il volume dello stereo quando quando udì l’auto del padre fermarsi rombando in quel modo così inusuale sul vialetto davanti al garage, e le luci dei fari strisciare oltre l’angolo della casa.
Corse alla porta infilandosi un paio di scarpe in fretta e si precipitò fuori, giusto in tempo per vedere la figura del padre muovere passi incerti fuori dall’auto.
:- Aspetta papà...- bisbigliò cercando di fare meno ruomere possibile.
:-Kenny!!!- Come non detto. Il padre di ritorno dal bar era ubriaco come al solito, e quella mattina, particolarmente chiassoso.
Kenny lo raggiunse pregando che il canto allegro del padre non svegliasse il vicinato intero, si mise un suo braccio intorno alle spalle e sorreggiendolo, per quanto il suo esile fisico glielo permettesse, lo aiutò a camminare verso la porta di casa.

:- Che cosa diavolo stai facendo? So camminare da solo...-
:- shhh, non fare casino...-
:- Pazzesco!!! Ora questo maledetto moccioso pensa di potermi fare da balia...- Fra le proteste del padre e il forte odore di whisky, Kenny riuscì a trascinare l’uomo fino dentro casa.
Lì lo lasciò cadere sui cuscini del vecchio divano logoro sospirando sollevato.

:- Ecco, ora fai quello che ti pare...- L’importante era averlo portato dentro ed aver evitato la scenata con la madre.
:- Dov’è tua madre Kenneth???- La voce del padre lo assalì prima che avesse raggiunto la porta della sua stanza.

:- A letto, dove credi che sia?...Anzi ora ci vado anche io, buonanotte.- Fu l’ultima cosa che aggiunse prima di chiudersi la porta alle spalle. Questione di pochi minuti e il padre sarebbe crollato addormentato. L’unica rischio che poteva correre ora era quello di cadere dal divano o di svegliarsi con una tremenda emicrania.
Ma questi sono i minimi rischi che corri quando sei alcolizzato.
Kenny non avrebbe saputo dire che cosa provava per il padre.
L’affetto era sepolto da qualche parte, fra una vasta gamma di sentimenti ai quali non riusciva a dare un nome. Pena? Risentimento?
Si, suo padre era un povero alcolizzato disoccupato, ma quando non era dominato dall’alcol non avrebbe mai alzato un dito sui suoi figli.
E se anche qualche volta lo aveva picchiato era stato solo per il semplice motivo che non era lui.
Nel buio della stanza si lasciò scivolare sul letto senza chiudere la finestra.
Gli occhi gli bruciavano per la stanchezza, eppure il sonno tardava ad arrivare.
La mente cominciò a riavvolgersi, fino a mostrargli momenti della sua vita che nemmeno sapeva di ricordare.
Poi spalancò gli occhi nel buio all’improvviso.
A pensarci bene gli avevano fatto meno male tutte le volte che il padre lo aveva picchiato o insultato che lui con quelle poche parole che gli aveva detto un giorno poco prima dell’inizio dell’ultimo anno di scuola.
“Le cose a volte cambiano”. Sembravano scritte indelebilmente sullo specchio della sua mente.
Essere rifiutato era una di quelle rare cose che non sopportava al punto di sentirsi quasi pazzo per la frustrazione.
Soprattutto essere rifiutato dopo aver dato ed investito tanto su qualcuno.
Eppure per un momento lui era stato suo. Per la verità per più di un momento.
Quindi quella situazione poteva essere considerata un “rifiuto”?
Non si erano più parlati da quel giorno piovoso di settembre, ormai era passato un mese, quindi si, era decisamente un rifiuto.
Maledizione.

****

Erano solo le sette, e Kenny era già a metà strada per la scuola.
Era uscito presto per evitare di risvegliarsi nel bel mezzo della scenata della madre che urlava al padre quanto era inutile e fallito.

Bright Hill Town era ancora tranquilla mentre a est il cielo cominciava a tingersi di giallo e rosa.
La neve era ancora intatta al suolo, probabilmente doveva aver nevicato ancora in quelle poche ore di sonno che si era concesso.
In realtà Kenny aveva voluto concedersi quella lunga camminata perché la tensione e il nervosismo che la sera prima se n’erano andati con il fuomo di una sigaretta sembravano tornati più opprimenti di prima. Così opprimenti da fare male, di nuovo, e più violentemente.
Si tirò su il cappuccio della giacca continuando a camminare a testa china.

Perchè voler bene a qualuno deve fare così male? Non ne vale la pena...

Questa domanda gli aveva riempito la testa in quegli ultimi giorni, così insistente, così assillante, che alla fine Kenny ci aveva quasi fatto l’abitudine, come si fa con un emicrania.

Amare? Ma davvero di amore si tratta?Forse sono ancora troppo giovane...o inesperto...o...no, non è vero...non conta l’età...o si?...amore o non amore fa male da morire...e non è giusto...

Adesso camminava piano attraverso il piccolo parco mentre la calma veniva spezzata dalle prime
persone mattiniere e dalla neve che cadeva dalle chiome brune degli alberi.
Ecco la signora Gray, con la sua valigetta di pelle e gli occhiali pericolosamente in bilico sulla punta del naso procedere per la stazione degli autobus come ogni mattina, diretta alla Lincoln High, la scuola privata di Bright Hill Town.

:- Buongiorno Mrs.Gray - La donna gli rivolse un sorriso in segno di saluto continuando la sua frettolosa camminata.
Ecco passare Sylvia, la ragazza bionda che ogni mattina faceva Jogging nel parco, sfidando pioggia, neve e qualunque altra cosa mandasse il cielo.
Eccola uscire dal parco e passare davanti al forno di Charlye dove il giovane commesso la saluta timidamente con un cenno della testa e poi rimane lì, immobile a guardarla correre con la scopa in mano a metà delle pulizie.
Dal fondo della strada compare il vecchio Sean, con las ua barba candida e il cappotto verde logoro che arriva fino al bar di Emily che lo aspetta con la colaione. Sempre così buona Emily, nei confronti dei meno fortunati. Eccoli salutarsi, scambiarsi qualche chiacchiara mentre il sig.Thompson esce dal bar con ancora il caffé fumante in mano in ritardo come sempre.
Già, come sempre.
Bright Hill Town era sempre così noiosa o era soltanto lui che da un mese non provava più alcuna emozione piacevole?
Kenny conosceva ormai a mermoria tutte le mosse di tutti gli abitanti del piccolo paese.
Li conosceva quasi tutti, anche se superficialmente, e tutti conoscevano Kenny, un pò per le sue stravaganze, un pò per il suo background familiare...un pò per le sue tendenze sessuali alquanto “curiose”...e in una cittadina come Bright Hill Town è difficile tenersi i propri segreti per se...anche se le cose che davvero erano importanti per lui, Kenny riusciva sempre a nasconderle in un modo o nell’altro.
La Kennedy High si profilò all’orrizzonte stagliandosi con la sua sagoma scura contro il sole nascente, ancora deserta.
Il cortile era stranamente silenzioso, coperto da uno spesso strato bianco immacolato, era raro vederlo così.
La scuola all’interno era ancora fredda, il sig. Robertson probabilmente non aveva ancora acceso il riscaldamento.
Controllando i corridoi vuoti Kenny arrivò fino alla sua aula sospirando, decisamente più tranquillo dopo essere sfuggito al vecchio custode. Se lo avesse visto lì a quell’ora non avrebbe esitato a chiamare la polizia accusandolo di spaccio o cose simili.
Il sig. Robertson aveva una vera avversione per gli adolescenti, restava un mistero infatti come avesse fatto a lavorare per più di venticinque anni in una scuola superiore.
Kenny si sedette al banco lanciando un occhiata al di fuori della finestra.
A quell’ora del mattino la prima luce del sole che entrava dalle finestre nel laboratorio di chimica creava strani giochi di luce colpendo le provette, così belli ed ipnotici che Kenny, reduce dalla notte quasi insonne, fissandoli a lungoi si addormentò.

:- Kenny...Kenny!!! Svegliati!!!-
Quella voce insistente, leggermente acuta, decisamente molto familiare non poteva che essere di Morgan.
Kenny aprì gli occhi ancora assonnati, alzò la testa dal banco levandosi il cappuccio cercando di riconoscere l’ambiente circostante.
:- Morgan?-

:- Certo! Morgan!!!- Il ragazzo aveva ancora le mani appoggiate alle spalle di Kenny.

:- Ma che cosa ci fai qui?- Il biondo represse uno sbadiglio.

:- Che cosa ci faccio qui? Ma sentilo...stavi dormendo sul banco a meno di cinquie minuti dall’inizio della lezione.-
Morgan prese posto accanto a lui, gettando una cortina di riccioli ramati oltre la spalla aprendo il libro di chimica.
:- A meno di cinque minuti? Mancano cinque minuti all’inizio della lezione?-
Il rosso annuì guardandolo con i suoi grandi occhi verdi come un cupo bosco. Quella mattina erano molto più scuri del solito, quando con la luce brillavano come smeraldi, e Kenny si rese conto che il sole era stato oscurato dalle nuvole.

:- Bèh potevi aspettare a chiamarmi ti pare?-
Morgan roteò gli occhi, un mezzo sorriso gli incurvò le labbra sottili e pallide.

:- Vedo che non ti perdi mai d’animo eh?...A proposito, dove eri ieri sera? Non eri alla festa a casa di Mark.-

:- No...- scosse la testa bionda :- Non avevo voglia...-

:- Non ci credo!-

:- Che tu ci creda o no non mi interessa...-

:- Quanto sei suscettibile...-

Kenny sospirò:- E’ solo che non ho dormito molto...-

:- Ah, ho capito! Non hai dormito...e forse c’è dell’altro, come ad esempio il motivo che ti ha tenuto sveglio e che non mi vuoi dire. Non guardarmi con quegli occhi sgranati sai? E’ chiaro che c’è dell’altro; non saresti così indisponente altrimenti...ed è da un bel pezzo che hai qualosa che ti tormenta in quella testolina ma chiaramente non vuoi farne parola con me, uno dei tuoi migliori amici...ma sta tranquillo eh, non me la prendo. Ma ti consiglio di fare qualche cosa per rimediare a questo brutto malumore, perché abbiamo davanti ancora otto ore di scuola e la gente fa molte domande...- Lo disse con un tono di velato rimprovero. Chiramente ci teneva a rivendicare il suo ruolo.
Kenny guardò l’amico con occhi stanchi, e non solo per il sonno. Morgan era sempre pronto ad analizzarti, a farti la predica, e a giocare al suo gioco preferito con la psiche umana; riusciva a farti dubitare delle cose di cui eri più sicuro se si metteva di impegno. E riusciva anche a farti sentire completamente in colpa.
Ma cosa poteva saperne lui di quello che gli succedeva? Non lo avrebbe capito, e forse lo avrebbe guardato con occhi diversi. Ed era una cosa che Keny non voleva.

In breve l’aula fu piena di chiacchiere, sedie trascinate per terra, risate.
:- Salve ragazzi!!!-
Leonard si tolse la berretta liberando i suoi capelli scuri e lisci e si spazzò via la neve dalle spalle.

:- Non ho fatto in tempo ad arrivare a scuola che ha iniziato a nevicare!!! Siamo solo ad Ottobre, di questo passo per Dicembre saremo bloccati in casa...Ehy Kenny!!! Perché non eri alla festa ieri sera? Ti saresti divertito!!! Jack ha fatto una scena da pazzi e...-

:- Lascialo stare, è di cattivo umore; non ha dormito.- Morgan lanciò un occhiata provocatoria a Kenny che decise di ignorarlo e tornare a guardare la neve fioccare dal cielo:- Visto? Non ti ascolta neppure.-

:-Oh...- Leonard scrutò il biondo con i suoi profondi occhi scuri di liquore sporgendosi in avanti :- Allora forse è il caso che taccia...-
Kenny annuì vago. Gli spaiceva essere così poco amichevole con i suoi migliori amici quella mattina, ma se non altro si era risparmiato il resoconto della festa e ogni singolo momento della vita amorosa di Leonard e Melissa.

Da quello che ricordava erano sempre stati in tre: Leo, Morgan e Kenny.
Leo era decisamente il ragazzo più allegro dei tre.
Era anche il più grande, per modo di dire, nato ad Ottobre. Era quello che si buttava a capofitto nelle cose, quello a cui succedevano tutte le cose più assurde. Era anche il ragazzo con più complessi che Kenny e Morgan avessero mai conosciuto, complessi per lo più inutili e che si creava da solo,e che gli avevano sempre dato prblemi con Melissa.
Già! La sua storia con Melissa. Andava avanti da quando erano bambini alla Jefferson Elementary. Vi erano certamente stati un paio di litigi in tutti quegli anni che li avevano portati a non rivolgersi la parola, ma nonostante tutti i brutti momenti, e tutti i flirt intermedi tra una litigta e l’altra, alla fine Leonard tornava sempre da Melissa e lei da lui. Quell’ottobre erano particolarmente adorabili, il perfetto cliché di una coppia. E tutta questa gioia si riflettev in pieno su Leo che pareva esplodere di energia e vitalità.
Morgan invece era nato in Dicembre, seguendo la cronologia quindi era il più piccolo .
Intelligente e sensibile, a volte era talmente riservato da risultare quasi acido quando qualcuno era troppo insistente. Il suo cervello era sempre in moto, intento ad interessarsi a tutti i problemi possibili ed inimmaginabili, e soprattutto ai misteri della fede, della quale per altro non sapeva ancora se aveva o meno, o di complotti politici e tutte quelle altre cose che Leo e Kenny ripudiavano a priori.
Cercava sempre il perché delle cose e provava sempre a motivare Leo e Kenny; era l’unico che era riuscito a canvincere Leo ad andare a lavorare l’estate di due anni prima in “quel negozio da sfigati, privi di fascino e senza vita sociale”, come lo definiva il moro, che alla fine era il Seven, una sala giochi, o a convincere Kenny a seguire il corso di letteratura inglese con lui per avere più crediti alla fine dell’anno.
Infine c’era Kenny, anche se era nato in Novembre.
Lui era l’eccentrico dei tre. Era strano, lo sapeva, e da quando gli altri avevano cominciato a farglielo notare sempre più spesso, aveva deciso di rientrare perfetteamente nel ruolo, lasciondo ogni sua stravaganza libera da qualsiasi freno, libera di prendere forma usando come veicolo il suo corpo.
Lui non era nè un leader come Leo, ne intelligente come Morgan. Era solo...Kenny.
In un gruppo c’è sempre qualcuno che non si contradistingue per caratteristiche particolari, ed in un gruppo di sole tre persone le probabilità di essere l’elemento meno appariscente aumentano drasticamente.
Per la verità c’era una cosa per cui Kenny si conradistingueva da Leo e Morgan; si chiamava Philip.
Lineamenti fini e delicati, incarnato chiaro, visino dolce incorniciato da lunghi capelli lisci e biondi, morbidissimi.
Due occhi grandi, grigi e luminosi. Movenze sinuose e voce calma e tranquilla, forse appena un pò troppo timida. Ma no, era anche quel suo modo di parlare così posato e timoroso che lo aveva sempre fatto sorridere.
Quel sorriso cominciava a farsi vivo un pò troppo spesso nei suoi pensieri però.

:- Incredibile Philip è arrivato in ritardo...- Il mormorio ironico di Leo lo raggiunse strappandolo improvvisamente dal suo mondo, riportandolo alla realtà dove vide quel sorriso che lo stava torturando assumere una forma concreta proprio accanto all’insegnate, in segno di scusa.

:- Chiaramente lo fanno entrare, non è mi arrivato tradi da quando sono cominciate le superiori...-
:- Lo credo bene, non avrà mai visto una festa in vita sua! Sta sicuro, al massimo alle nove e mezza quello è già nel mondo dei sogni.- Leo e Morgan stavano ancora sghignazzando quando Kenny si voltò a guardarli.

:- Siete davvero due stupidi imbecilli. Sembrate tornati ale elementari. E ridete per delle battute che non fanno nemmeno sorridere, ormai le avete finite.- Il tono di Kenny era qualcosa di più che irritato.
Le risate di Leo e Morgan avevano acceso una miccia che da troppo tempo minacciava di farlo scoppiare.
Leo e Morgan si scambiarono una veloce occhiata sorpresi. Poi Leo, prendndendo ancora qualche secondo di tempo nel quale il biondo tornò a fissare il paesaggio spoglio al di là del vetro della finestra, gli chiese :- Ma che ti prende? Sei strano questa mattina. Non ti è mai importato nulla di quello che dicevamo di Philip, anzi!-
Morgan annuì solidale :- E’ un pò di tempo che te la prendi troppo Kenny.-

Kenny si sentì punto sul vivo :- No è solo che...-

:- Moore, Foster, McCormick, per piacere prestate attenzione alla lezione!!!- La voce della professoresa arrivò come un sibilo di frusta fino al fondo dell’aula.
In quel momento qualche banco più avanti Philip voltò leggermente la testa, quel tanto che bastava perché il suo sguardo si incrociasse per un breve istante con quello di Kenny.


La giornata era passata e Kenny non era nemmeno riuscito a distinguere un ora dall’altra.
Ora l’unica cosa che lo preoccupava mentre ripercorreva lo stesso parco di quella mattina, era l’idea di passare un altra nottata insonne.
Era appena uscito dal lavoro eppure non si sentiva più stanco come quella mattina.
Il suo corpo doveva aver deciso di sceherzare; gli era pesato tutta la mattina, ed ora che poteva finalmente rilassarsi aveva deciso di entrare nel pieno dell’attività sfoderando un’energia trovata chissà dove.
Il vento di ottobre scuoteva gli alberi vuoti senza fare rumore, mentre il fogliame a terra sussurrava nella sera.

Era tutto così tranquillo e quieto che non ebbe più voglia di camminare. Si sedette su una panchina a guardare i colori del crepuscolo scurirsi e le prime stelle accendersi nel cielo sgombro di nuvole.
La neve che era caduta quella mattina era già stata calpestata, ma riluceva di bianco illuminata dagli ultimi deboli raggi.

:- Kenneth...- Sentì una vicino a se.

:- Philip.- Aveva già sussurrato il suo nome ancora prima di voltarsi e trovarsi accanto il ragazzino dal viso apparentemente tranquillo. Tuttavia quella maschera di calma era tradita da quella traccia di gioia e timore che gli si leggeva negli occhi, che nonostante la luce ormai sparita ostentavano ancora la loro bellezza.
Rimasero in silenzio, fino a che Philip non fece la domanda che entrambi stavano aspettando :- Come...come stai?...-
Kenny rimase ancora un momento a guardarlo in viso prima di ridere sommessamente :- Come qualcuno che ha perso la persona più importante che ha e ancora non ne ha compreso il motivo...-
Philip abbassò lo sguardo sui suoi piedi mentre tracciava un semicerchio intorno al suo corpo nella neve.
:- Scusami, era una domanda stupida...-

:- Si lo era.- Kenny si sforzo di esibire il tono più freddo che gli riuscisse, poi incapace di guardare Philip i cui occhi stavano lentamente velandosi di lacrime, tornò a concentrarsi lontano, fra le colline dove il sole sembrava ormai solo un piccolo occhio incandescente.

:- Non avrei voluto che andasse a finire così.-

:- Sei un bugiardo Philip...se tu non avessi voluto avresti fatto in modo di non lasciarmi, o almeno ti saresti sforzato di darmi una spiegazione decente, non “le cose a volte cambiano”...che razza di motivazione è? Non sono ancora riuscito a capire che cosa esattamente sia cambiato e...- Kenny interruppe quel fiume di parole. Era inutile erano pressapoco le stesse che gli aveva detto quel giorno e non avevano portato a niente:- Lascia stare.-

:- Volevo solo che non mi odiassi Kenneth. L’ho fatto davvero per buone ragioni, anche se non mi è piaciuto interromeere tutto così...perdonami ti prego.-

:- E’ ovvio che non ti odio Philip, e tu lo sai.
Sei un maledetto batrado, non mi hai nemmeno rivolto la parola dall’inizio della scuola...no, non ti odio, ma se mi chiedi di perdonarti chiedi troppo, sei la persona alla quale voglio più bene al mondo Philip, e tu mi hai fatto passare l’inferno...-

:- Non dire così.- Philip si asciugò una lacrima rotonda come una perla che gli scivolava lungo la guancia :- Anche io sono stato malissimo Kenneth...-

Kenny sospirò esasperato :- Non è colpa mia Philip!!! Mi dipiace, ma in fin dei conti sei stato tu a decidere!!! Non mi hai dato possibilità di replica...non mi hai più parlato...Preferirei morire infinite volte nelle maniere pù atroci piuttosto che passare un solo altro giorno come qulli che ho passato, con questo dolore che ti schiacchia il petto, che ti esplode nelle tempie e ti uccide mentre devi contnuare ad andare avanti come se niente fosse. Ogni giorno che passa mi rendo conto di non essermene ancora fatto una ragione...Quindi non chiedermi di peronarti perché non posso farcela!- Kenny si trovò in piedi, sentì la sua ultima frase eccheggiare nel parco vuoto e si srese conto di aver urlato e di avere una mano tremante di rabbia stretta intorno al polso di Philip che ora pingeva sul serio, sempre in silenzio, ma non faceva più nulla per nascondere o asciugare le lacrime che gli rigavano il viso.
:- Non riuscivo a parlarti...avevo paura di questo...che...che tu ti arrabbiassi...-

:- Non avrei dovuto alzare la voce...o toccarti, scusa.-
Kenny si voltò e a passo spedito imboccò l’uscita del parco.
Aveva una confusione tale in testa da non sapere bene cosa fare. Tornare a casa, restare per strada, tornare al lavoro.
Scese dal marciapiede per attraversare la strada mentre dall’angolo sbucarono taglienti le strisce di luce dei fari di un auto nera che ha una velocità sorprendente e odore di gomme bruciate accellerò lungo la strada.
Kenny era in mezzo la strada, si fermò all’improvviso sentendo il fiato caldo i qualcuno sul collo e un sospiro, e si rese conto che l’auto non si sarebbe fermata e che quello non era un incidente, ma quell’auto stava puntando proprio contro i lui.
Poi si sentì staccare dal suolo, colpire il parabrezza dell’auto, e un dolore atroce alla testa mentre il sangue usiva in fiotti caldi dal suo corpo.

Chiedo scusa per eventuali errori di battitura e non.
Commenti? Critiche? Altro? Scrivetemi
Balck KisseS 

 
Continua nel capitolo:


 
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VOTO: (0 voti, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
Rif.Capitolo: 4
larisa
31/07/08 02:56
molto carino, spero di leggere presto il seguito!!!
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