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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Naruto
Titolo Fanfic: KARAKIRI
Genere: Romantico, Drammatico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, What if? (E se...)
Autore: tsuyuko galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 10/07/2008 15:36:33

“Un gatto nero…” “ La mamma dice che quando ti tagliano la strada, chi passa per primo aspetta…” “… la morte.”
 
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- Capitolo 1° -

Karakiri

Il team 8 correva, saltando da un ramo all’altro dei fitti alberi di quel bosco sconosciuto.
Kiba e Shino erano ai due lati dell’unica kunoichi del gruppo, che muta se ne stava in testa.
I capelli corvini erano scossi dal leggero venticello che la corsa provocava, le sopracciglia erano aggrottate per la concentrazione, sotto di loro il byakugan attivato permetteva alla ragazza una vista indubbiamente pi ampia.
Era da quasi una giornata intera che correvano a quella velocità, senza soste, sotto ordine dell’Hokage.

“Sasuke Uchiha è stato rintracciato.”
Una mappa del paese del fuoco era stesa sulla scrivania affollata di carte. Hinata aveva sussultato a quella notizia improvvisa; il mukenin che da ormai più di tre anni era scappato dal villaggio della foglia si era finalmente fatto trovare. Merito degli alleati di Suna.
Si riscosse quando, sulla mappa, venne segnata con un pennello una linea rossa dall’Hokage: il loro percorso.
“Dovete fare il più presto possibile – fece quindi con tono grave – non possiamo permetterci che scappi di nuovo. Arriverà presto una squadra di soccorso.”
“ Andate!” e, pronunciato con forza quest’ultimo ordine, i tre iniziarono la loro corsa.
Alle porte del villaggio c’era Naruto, l’aria tesa, il sudore che gli imperlava la fronte. Hinata incontrò i suoi occhi e glielo promise, senza alcun bisogno di parole…

***
“Karin! Juugo! Si stanno avvicinando tre shinobi della foglia. Occupatevene voi.”
Tre ragazzi, in una radura, si avvicinarono a quello che pareva il capo, un ragazzo moro, alto, pallido, gli occhi scuri e spenti.
“Da dove vengono?” fece la ragazza, annoiata.
“Ovest.”
I due ninja interpellati, quindi, si avviarono nella direzione indicata loro; il terzo, invece, rimase lì.
“Io devo…”
“Sì, Suigetsu. Vai da lui.”

Rimasto da solo, il ragazzo poggiò la schiena coperta dal kimono bianco ad un tronco, le braccia conserte, osservando il cielo.
Chissà quanto ci avrebbe messo…
***
Hinata fermò bruscamente la sua corsa, i compagni la imitarono, chiedendo se ci fossero problemi.
“Arrivano in due. Uchiha-san non è con loro.”
“Dannazione.” Si lasciò sfuggire Kiba, stringendo i pugni. “Starà scappando.”
La ragazza scosse il capo, in segno di diniego.
“Qualcuno dovrà proseguire… chi non viene attaccato, raggiungerà l’Uchiha.”
Piazzate alcune trappole, ripresero la loro corsa, ancora più all’erta di prima, pronti a proteggersi da un eventuale attacco.
Una delle bombe scoppiò, e per loro fu il segnale. Pochissimi secondi dopo si ritrovarono davanti due ragazzi non più grandi di loro che, con una risata, additarono i loro coprifronte.
“Guarda, Juugo, sono del villaggio della foglia! Credevate di portare indietro il vostro amato compagno?”
Proruppero in un’altra risata sguaiata, ed improvvisamente si avventarono uno contro Shino, l’altra contro Kiba
Hinata diede un ultimo sguardo ai compagni, e poi sparì tra il folto degli alberi.
Riuscì a scorgerlo parecchio tempo prima che abbandonasse la protezione degli alberi, uscendo allo scoperto. Era poggiato ad un albero, con aria disinvolta, e non si stupì più di tanto a ritrovarsela lì di fronte. Si scostò dal suo appoggio, venendole in contro, e a pochi metri di distanza si fermò.
“E tu dovresti riportarmi a casa?”
La kunoichi non rispose, né abbassò lo sguardo che tanto coraggiosamente stava tenendo alto. Si limitava a fissarlo, gli occhi nivei tornati normali, sapendo che prima o poi avrebbe dovuto attaccare, pur non sapendo come.
Prese un respiro, caricando i polmoni, pronta a dire o fare qualcosa, ma il respiro rimase lì, fermo nel petto.
Un gatto nero era passato come un fulmine tra di loro, tagliando a metà la radura e rifugiandosi tra i tronchi degli alberi.
Entrambi rimasero allibiti.

Una piccola bambina dai corti capelli corvini correva, tutta trafelata, per le vie di Konoha. La lezione all’accademia era finita da mezz’ora, ormai, e se non fosse stata trattenuta dalle incessabili chiacchiere di Ino Yamanaka, lei non sarebbe stata in un tale ritardo.
Doveva prepararsi per la festa di quella sera, a cui il papà teneva tanto che lei vi prendesse parte, impeccabile come la mamma, perché a quella festa avrebbero partecipato i ninja più autorevoli del villaggio. Lei non era brava a mettere il Kimono, doveva fare presto o sarebbe stata la fine.
Correva, la piccola bambina, sforzandosi di tenere i grandi occhi nivei aperti, nonostante il vento li ferisse. Correva, e avrebbe continuato a correre se quel gatto nero non le avesse tagliato la strada. Si era immediatamente fermata, ma così facendo aveva perso l’equilibrio, finendo tra le braccia di un ragazzino un bel po’ più alto di lei. Alzò il volto rosso un po’ per la corsa, un po’ per l’imbarazzo, ritrovandosi davanti quello di un ragazzo dai capelli neri e la pelle candida. Gli occhi neri di lui la fissavano: era stata salvata da Sasuke Uchiha, il ragazzo di cui l’amica Ino aveva tanto voluto parlarle prima. La bambina riacquistò il controllo del suo corpo facendo un passo indietro, liberandosi così dalla sua presa.
Si era venuto a creare un silenzio carico d’imbarazzo, che infine il ragazzino si decise a rompere.
“Un gatto nero…”
“ La mamma dice che quando ti tagliano la strada, chi passa per primo aspetta…”
“… la morte.” Concluse lui per lei, notando la sua difficoltà nel pronunciare quelle parole.
Un altro silenzio venne quasi subito spezzato dal ragazzino, ancora, che tendendole la mano aveva scatenato la sua curiosità.
“Così se ci succede qualcosa non saremo soli” fece lui, a mo’ di spiegazione. La bambina capì all’istante, ed afferrò la mano, inaspettatamente calda, che le veniva porta.
“Al mio tre.”Aspettò che la voce maschile e un po’ infantile del ragazzo soffiasse un ‘tre’ appena udibile per dare una leggera spinta alla sua mano, e ritrovarsi un passo più avanti, dandogli le spalle.
Sentì i suoi passi allontanarsi, ma lei rimase lì, ferma.
“Immagino che anche tu sia in ritardo.” Le fece notare lui, senza voltasi. Hinata si riscosse e si voltò appena, dicendo “Grazie, Uchiha-san!” per poi riprendere a correre.

Il suo papà l’aveva presentata a un sacco di gente, tra cui aveva riconosciuto il padre di Ino, da cui però si era separata. E adesso, lasciata da parte dai suoi genitori, si ritrovò in un angolino, accanto a sé il bambino di oggi. Poco dopo essersi poggiata al muro, lui se ne staccò, andando verso quella che pareva l’uscita. Senza riuscire a fermarsi, gli chiese dove fosse diretto.
“Via di qui – le rispose – il nostro ruolo è finito. Non serviamo più a loro, ora.” Quelle parole le aveva dette con tanto disprezzo che la scossero. Ma in fondo, quella, era solo la verità.
Riuscì a pensare solo questo, prima che Sasuke parlasse di nuovo.
“Faresti bene ad andartene anche tu.”<
Come se non stesse aspettando altro che quel consiglio, Hinata eliminò la distanza che i passi misurati dell’Uchiha avevano creato. Si mantenne un po’ dietro di lui, la testa bassa, guardandolo di sottecchi. Il suo kimono non aveva tasche dove poter affondare le mani, che adesso si agitavano febbrili lungo i fianchi, incapaci di stare così, lunghe distese.
Trattenne il fiato. Il gatto di oggi era nascosto all’ombra degli alberi che costeggiavano la strada.
“Uchiha-san…” sussurrò lei, intimorita dalle gialle pupille verticali del felino, che la fissavano insistenti.
“Non ricordarmi continuamente quel cognome, Hinata
“V-Va bene, S-sasuke-kun…”acconsentì, arrossendo appena.
Lui seguì il suo sguardo, incuriosito, e notando l’albero fece con sarcasmo.
“Se mi taglia di nuovo la strada voglio proprio chiedergli quale guaio peggiore di questo ci aspetta.”
E se Hinata fino a ieri, in quella stessa situazione, avrebbe chiesto un semplice ‘Perché? Cosa ti è successo, Sasuke-kun?’, adesso si limitò a sussurrare un ‘già’ appena udibile.
Perché infondo, la morte che quei due bambini avevano sfidato insieme, era arrivata, portando via con sé la loro innocenza.


Quel ricordo riaffiorato al passaggio di un semplice gatto nero aveva investito la mente di entrambi, lasciandoli col fiato sospeso per quella scena che, stranamente, si ripeteva.
Hinata era basita, guardava Sasuke, le labbra schiuse, come a chiedere spiegazioni.
Lui, invece, era confuso. Ma per quella volta si fece guidare dall’istinto.
“Un gatto nero…”
“La mamma diceva che quando ti tagliano la strada, chi passa per primo aspetta…”
“… la morte.” Concluse lui.
“Siamo già morti una volta… Sasuke-kun”
Come quella volta, le porse la mano; era calda.
La voce matura del mukenin scandì il passare dei tre secondi. Entrambi si diedero una piccola spinta, trovandosi un passo più avanti.
Non si allontanarono. Rimasero così, guardando in direzioni opposte, finché lei non si poggiò alla sua schiena, lasciando che il peso fosse sostenuto in parte dall’altro.
“Il nostro ruolo è finito da tempo… ce ne dobbiamo andare.” Quelle parole… le aveva già sentite, ma la colpirono ugualmente, accelerandole il battito cardiaco.
Ma in fondo, quella, era solo la verità.
Sentì Sasuke torcere il braccio ed afferrare la katana. Sarebbe morta di lì a poco, ma non riuscì del tutto a preoccuparsi. Lasciò che la testa trovasse appoggio sulla sua spalla, portandola indietro.
“Così se ci succede qualcosa non saremo soli…” sussurrò infine lei, intuendo le intenzioni del mukenin.
La lama della spada venne lentamente estratta dal suo fodero, catturando un raggio rosso di Sole prima di sprofondare tra le pieghe del kimono bianco, immediatamente sotto il ventre, scorrendo fino ad incontrare la schiena della kunoichi e continuando ancora, trapassando anche lei. Fu un dolore intenso che perforò entrambi, sottraendo loro anche la forza di soffrire. Scivolarono, schiena contro schiena, arrivando al terreno ormai vermiglio, sporco di sangue.
Il capo corvino di Hinata era ancora poggiato alla sua spalla, sembrava che guardasse quel tramonto che tanto aveva aspettato a mostrarsi, forse per accogliere la loro dolce morte.
Il gatto abbandonò il proprio rifugio, avvicinandosi ai loro corpi, chinandosi a leccare le loro dita intrecciate, gli occhi gialli velati di lacrime.


Questa fic è stata postata su efp col nick Tsuyuko.
Il karakiri (che si legge harahiri) è il suicidio orientale. Hara sta per ‘centro vitale’, hiri per ‘tagliare’. Il centro vitale si trova, come ho scritto nella fic, pochi centimetri sotto l’ombelico, ed è lì che gli orientali spesso tagliano per levarsi la vita. Di una cosa non sono sicura: se questo termine viene usato solo per il suicidio o anche per l’assassinio…
Spero vi sia piaciuta, ciao!
 
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COMMENTI:
Trovato 1 commento
sonsierey 25/07/08 17:05
si dice Harakiri... scusa
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