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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: NEMESIS
Genere: Sentimentale, Avventura, Fantasy, Soprannaturale
Rating: Per Tutte le età
Autore: lavi-the-bookman galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 10/07/2008 07:56:34

"No. Non era fantasia. Qualcosa si muoveva, appena fuori dal suo campo visivo.Occhi bicolore, seguivano ogni suo movimento con famelico interesse."
 
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INCUBI
- Capitolo 1° -

Tutto era silenzio, salvo il costante gocciolio dell’inchiostro che imbrattava le pareti come sangue di un macabro rito.
La creatura d’incubo sorrise, scoprendo le zanne.
Avanzò con la mano tesa, il palmo rivolto verso l’alto tra le dita sottili e affusolate. I suoi passi rimbombavano nella sala del trono completamente deserta, a eccezione sua e della sua preda.
L’uomo indietreggiò contro la parete, in cerca di scampo e nel farlo incespicò nel corpo straziato di una delle sentinelle.
Il demone continuava a sorridere tranquillo, respirando la sua paura come ossigeno. Giocava con lui prima di farne un sol boccone, esattamente come un gatto con lo sfortunato topolino costretto a subire le sue sevizie prima di venire mangiato senza troppi complimenti.
E al pari di un felino, i suoi occhi famelici mandavano un lieve bagliore nel buio. Un occhio era bruno, l’altro era ambrato. Gli occhi di una bestia assetata di sangue.
Quando parlò la sua voce aveva un tono suadente e argentino come un sonaglio.
“Voglio tutto. Tutto, hai capito? Guardati, tu sei ormai un uomo finito. Tu hai perso. L’impero ha bisogno di forze fresche, di menti rivoluzionarie per progredire, oramai. Del resto, nemmeno volendo, potresti opporre una minima parvenza di resistenza. Ti ho già mostrato quanto siano stati inutili i tuoi tentativi di sfuggirmi, no?” Concluse in tono serafico, condendo il tutto con un sorrisetto diabolico. “Ora… prima di morire…”
Le dita sottili gli sventagliarono sotto il naso un foglio di pergamena gualcito.
“Cos’è quello?” Chiese l’uomo con voce venata di panico.
Il demone ridacchiò, dandogli un buffetto sulla guancia, lacerandogli la pelle del volto fino a strappargli un gemito di dolore.
“Ma lo vedi quanto sono previdente? Mi sono persino premurata di preparare il tuo testamento.”
“T…testamento?” Ripeté con aria orripilata il vecchio. Scorse velocemente il foglio e sul suo volto si dipinse un espressione ripugnata. Fissò ancora una volta le parole scritte nere su bianco, augurandosi che l’età avanzata gli stesse giocando qualche brutto tiro, poi il bel volto felino, fermo in attesa nell’ombra davanti a lui.
“Basterà la tua firma.” Lo incalzò il demone facendo un risoluto passo avanti.
L’uomo indietreggiò rapidamente, alla disperata ricerca di una via di fuga. Le sue mani scorsero sulla parete, fino ad incontrare la cavità del focolare spento, ma le sue gambe –di cui una decisamente rigida, ricordo di una passata battaglia- non fecero in tempo ad evitare il gradino di marmo e lui cadde di peso sulla superficie dura, con il fiato mozzo.
La cenere rovente gli penetrò negli occhi e nel naso, soffocandolo. La mano che aveva teso all’indietro per cercare di frenare al caduta si era dolorosamente scontrata con un oggetto duro e metallico. Tuttavia, quando intuì di cosa si trattava, non poté fare a meno di ringraziare gli dèi per quell’insperata fortuna. Il demone si chinò verso di lui, brandendo il foglio e l’uomo ebbe il tempo di un battito cardiaco per decidere il da farsi. Fortunatamente tutti quegli anni passati ad allenarsi e a giostrare avevano giovato ai suoi riflessi. L’attizzatoio balenò nella sua mano, per poi trapassare da parte a parte il ventre morbido del terribile mostro. L’uomo spinse con tutte le sue forze, spingendo con entrambe le mani il ferro rovente nelle carni del nemico, incurante del liquido nero e vischioso che gli spruzzava la camicia di lino candido e le braccia madide.
Il demone barcollò leggermente, senza emettere alcun suono, mentre, stupefatto si portava le mani alla ferita che continuava a stillare inchiostro.
Dalla bocca del vecchio stava per erompere un grido di trionfo, quando la creatura, afferrata con entrambe le mani l’impugnatura dell’attizzatoio se lo strappò via dall’addome come se niente fosse e lo gettò lontano. Quando sollevò il volto felino, e l’uomo vi vide il terribile ghigno che incurvava le morbide labbra capì che ogni cosa era perduta. L’inchiostro raccolto nella stanza, persino quello che insudiciava le sue vesti, la barba e i capelli ribolliva furioso, ferendogli la pelle come carta. Aveva come l’impressione che la sostanza densa e scura che lo avviluppava fosse provvista di migliaia e migliaia di bocche piene di denti acuminati, simili a quelle dei pesci, che si aprivano cieche sulla sua pelle cerea, alla ricerca del caldo sangue che scorreva nelle sue vene.
Aveva visto diverse volte quel fenomeno terribile, che aveva contribuito a far dilagare la paura nei confronti del demone della china fra tutti gli strati della popolazione, da quando era stato ritrovato il cadavere martoriato della ragazza, prima vittima della sua inarrestabile scalata al potere.
L’imperatore in persona aveva avuto l’occasione di esaminare i poveri resti. Le uniche tracce rinvenute erano state poche, sparute gocce di inchiostro.
Ma quel primo, agghiacciante ritrovamento era stato solo il primo di una lunga serie, che andava via via accrescendosi con la scia di assassini che il demone lasciava dietro di sé.
Il demone era in grado di manipolare a suo piacimento l’inchiostro che scorreva nelle sue vene, facendolo diventare lancia, spada, pugnale o scudo, o morsa implacabile per stritolare gli oppositori o soffocarli, penetrando loro in bocca e nel naso.
“Ho cercato di essere gentile con te, caro il mio ex imperatore, ma tu non mi stai lasciando scelta.” Sussurrò malevolo l’essere, ascoltando il cuore dell’uomo battere con sempre maggiore difficoltà, avvinto dai filamenti neri.
Presto avrebbe smesso di lottare, lo sentiva. Si sarebbe arreso e avrebbe firmato, supplicandola di risparmiarlo e lei avrebbe tratto un piacere ancora maggiore nel massacrarlo.
Sopra il palazzo, la distesa stellata tesa nella contemplazione del novilunio pareva rievocare le tenebre appena scese sul palazzo e sull’intero regno. L’oscura voragine della luna ricordava l’orbita vuota e tetra di un teschio intenta a spiare il sonno di morte che era calato come una cappa sulla reggia imperiale.
Quella era la notte del demone.

Nello stesso istante, al di là del tempo e dello spazio, qualcosa di grosso e pesante attraversò i contorni onirici e sfocati del sogno di Tetsuya, come un giavellotto scagliato con forza e precisione e che, a giudicare dal dolore lancinante alla tempia, doveva essere ancora conficcato lì, vibrante, in attesa di essere strappato via. Il ragazzo si passò le dita sul viso, stancamente.
Non poteva continuare di quel passo per sempre; la sua resistenza sarebbe venuta presto a meno.
Era quasi un mese, ormai che rifaceva sempre quello stesso identico sogno, e ogni volta nuovi dettagli andavano ad arricchire lo scenario che si snodava sotto le sue palpebre.
Cercò di afferrare gli ultimi brandelli di sogno che si divincolavano ancora dalla sua pelle sudata e di ricomporli. Chiuse gli occhi, tentando di ricordare. Dunque, l’imperatore era morto, come prevedeva che sarebbe successo, e in un modo a dir poco atroce. Ma prima, aveva firmato.
Tetsuya inorridì e dita di ghiaccio gli accarezzarono la spina dorsale.
Si guardò nervosamente alle spalle, come aspettandosi di vedere un viso di una bellezza disumana, una bocca rossa e piena e due occhi dal taglio felino, ma non vide niente di tutto ciò.
La sua stanza era sempre la stessa, nella sua caoticità. Rassicurante, piena di tutti gli oggetti a lui familiari.
La sveglia trillò e lui tese prontamente una mano per spegnerla. Una volta quel suono fastidioso ed elettronico lo sorprendeva sempre nel bel mezzo di un sonno profondo e privo di strani incubi psichedelici, ma da qualche mese a quella parte, le cose erano cambiate.
Era lui a svegliare la sveglia. Quel pensiero assurdo lo fece sorridere.
Si alzò lentamente, sbrogliandosi arto per arto dal groviglio di coperte e lenzuola e afferrò la divisa piegata con cura da una parte, ben deciso a non lasciarsi turbare da ciò che aveva appena visto.
Per quanto lo riguardava, quella faccenda era chiusa. Non era lui a doversene preoccupare. Quelle inquietanti visioni erano solo la causa delle ore passate davanti alla televisione o ai videogiochi. Solo questo! Ma allora, perché accidenti, perché, le sue mani erano prese da quel tremito incontrollabile? Strinse i denti fino a sentirsi la mascella indolenzita. No. Non era fantasia. Qualcosa si muoveva, appena fuori dal suo campo visivo. Una presenza strisciante, elusiva, come qualcosa sepolto in fondo alla sua mente che si rifiutava di farsi trovare, e allora non appena lasciava vagare lo sguardo tornava a rintanarsi sibilando nell’ombra. Occhi curiosi, occhi bicolore, seguivano ogni suo movimento con famelico interesse.
Più che deciso a non farci caso, Tetsuya scese al piano inferiore, ostentando un aria perfettamente rilassata e allegra. Teneva lo sguardo fisso davanti a sé, perché aveva la sgradevole sensazione che, se si fosse voltato, avrebbe visto qualcosa di terribile, che non avrebbe mai potuto dimenticare.

 
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VOTO: (2 voti, 2 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 2 commenti
joeytre - Voto: 14/08/09 11:32
La mia ff non è niente in confronto a questa xD Ti prego continua, è davvero ben fatta, soprattutto nelle descrizioni...Aspetto con ansia il secondo capitolo ^^
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--gabriella-- - Voto: 20/02/09 14:06
è bellissima questa fanfiction! mi piace molto e mi ha intrigata...perchè non la continui?? spero tanto che lo farai
kiss kiss
--gabriella--
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