torna al menù Fanfic
torna indietro

MANGA.IT FANFIC
Categoria: Film, Telefilm, Teatro
Dalla Serie: NCIS
Titolo Fanfic: NATALE
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: theguide galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 04/06/2008 15:52:43

Perchè McGee odia così tanto il Natale?
 
Condividi su FacebookCondividi per Email
Salva nei Preferiti
   

- Capitolo 1° -

Ok... questa la mia prima fanfic... siate clementi! ^_^

XXXX

Natale. Che strano. Non pensavo che addirittura nella sede centrale di un ente governativa questa… COSA… fosse così… sentita. Persino Tony canticchiava canzoni natalizie, e Gibbs sembrava meno brusco del solito. Avevo sperato che almeno per quell’anno mi sarebbero state risparmiate le solite ipocrisie, e i regali, e tutto quello che implicava la parola “Natale”, e invece no. La vigilia era arrivata, e tutti sembravano impazienti che passasse in fretta, per arrivare al giorno che io odiavo di più al mondo. Natale. Al contrario di Sarah, che invece adorava quel giorno, io avrei preferito che non fosse mai esistito. Ero religioso, vero, ma questo non significava che mi piacesse. Non mi sarebbe mai piaciuto.

- Ehi, Pivello, vai da Sarah, domani?- mi chiese Tony, e sentii i muscoli della mascella irrigidirsi di colpo. Cercai di rilassarmi e mi esibii in un sorriso tirato nient’affatto convincente.
- No, non da Sarah,- mormorai, - non c’è. È in Italia con alcuni amici.
- Allora perché non vieni con noi?- si intromise Ziva, - Andiamo al Nautilus. Ci sarà anche Abby!

Il cuore mi diede un balzo. //Sta cercando di convincermi?//

- No, grazie, Ziva. Ormai sono anni che non festeggio il Natale, non so neanche se mi ricordo come si fa,- dissi con una risata. Lei sembrò confusa.
- Scusa, il Natale non è importante, per voi?

Ovviamente, per “voi” intendeva noi cattolici. Sospirai. Era già difficile spiegare ad una persona di religione diversa perché non consideravi importante la nascita del figlio del tuo Dio, figurarsi se la persona in questione era ebrea e molto legata alla sua religione.

- In genere lo è,- risposi, vago, - ma io credo che non sia niente di più che un’altra festa commerciale. Gente che spende soldi per regali e decorazioni… non è il vero Natale.

Sembrò convinta.

- Forse hai ragione.

Non potevo crederci. Se l’era bevuta. Dovevo essere più bravo a mentire di quanto pensassi.
Scorsi Tony che mi guardava strano, e distolsi in fretta gli occhi. //Che sappia?//
Improvvisamente, il ricordo del mio ultimo Natale (l’ultimo Natale che avevo vissuto come tale) mi si riaffacciò nella mente, e d’un tratto mi mancò il respiro. Sentii gli occhi cominciare a bruciarmi, e scossi la testa. Tony non poteva sapere. Nessuno aveva mai… no. Non sapeva niente. Cercai di ricacciare indietro quelle immagini.

- Ehi, Tim, vieni a dare un’occhiata a questo!
- Corey, basta, hai bevuto troppo!
- Nah, andiamo! È Natale, Genio! Divertiti!

La voce di DiNozzo mi scosse dai miei ricordi con un brivido. Mentre provavo a rallentare il respiro e a calmarmi, cercai sui loro volti un qualsiasi segno che mi indicasse che si erano resi conto del mio piccolo - come definirlo? Flashback? - ma fui rassicurato dal fatto che nessuno sembrava averci fatto caso.
- Credevo che a casa McGee si festeggiasse sempre il Natale, a giudicare dal fatto che assomigli ad un chierichetto, Pivello,- mi provocò con uno strano sorriso, ma percepii una punta di disagio in quella battuta. Mi irrigidii di nuovo, e stavolta chiusi di scatto il rapporto, alzandomi prima che il dolore cominciasse a salirmi al cervello.
- Semplicemente non mi piace il Natale,- dissi in fretta, e, senza curarmi di quello che Gibbs mi aveva gridato, mi diressi più velocemente che potevo in ascensore. Solo quando sentii il confortante *thumph* delle porte dietro di me, lasciai che una lacrima mi scendesse lungo la guancia.

//Perdonami, amico…//

XXXX

Guardai McGee allontanarsi in fretta verso l’ascensore, perplesso. Avevo letto qualcosa di molto simile alla… sofferenza… quando Ziva aveva detto “Natale”, e mi ero subito pentito d’avergli fatto quella domanda. Mi era sembrato quasi ferito dalla mia allusione a quella festa che diceva di odiare, e adesso che ci pensavo non aveva mai festeggiato con noi nemmeno negli anni passati, anzi, quando si avvicinava il 25 Dicembre diventava più triste e stanco, per poi tornare quello di sempre il 26.

- Che gli è preso?- chiese Ziva, guardandomi strana. Alzai le spalle.
- E che ne so? Dai, finiamo questa roba e andiamocene a casa!

//Che ha McGee? In genere è sempre gentile, non ha mai scatti di questo genere… forse non dovevo...//

Lasciai che l’accaduto mi scivolasse via dalla mente, e dimenticai in fretta che il mio collega era sparito a quel modo. Quando scesi nel seminterrato per parlare qualche minuto con Abby prima di andare, rimasi sorpreso nel trovarla da sola. Mi accolse la sua solita musica assordante, ed il suo sorriso allegro.

- Ehi, Tony!- mi salutò, lanciandomisi contro. Lasciai che mi abbracciasse.
- Ciao, angelo! Dimmi una cosa, McGee è qui?

Lei mi guardò.

- È stato qui, sì.
- E adesso dov’è?

Alzò le spalle.

- Da qualche parte in giro per l’edificio. Mi sembrava sconvolto e… e abbiamo parlato un po’.
- Sconvolto?

//Che diavolo gli è preso?!//

- Già.
- Puoi dirmi perché?
- No. Parlane con lui.

Annuii.
//Ha ragione. Se voglio saperlo…//

- Hai idea di dove possa essere adesso?- chiesi, guardandomi attorno a disagio. Lei sospirò.
- Tony, per lui è un brutto momento, adesso. Mi ha pregato di lasciarlo solo, ma… ma se vuoi parlare con lui… ma ti prego, per favore… sii gentile, ok? Non ha bisogno delle tue battute ironiche.

//Ma per chi mi ha preso?//
Sospirai.

- Certo che no, su, non sono mica insensibile. Dimmi dov’è, dai.

Lei annuì con un sospiro.

- E va bene…

XXXX

Le luci di Washington mi avevano sempre trasmesso una strana sensazione di pace. Guardarle adesso, dopo che per anni il ricordo del mio ultimo Natale mi aveva tormentato senza darmi neanche un attimo di respiro mi fece sentire bene, quasi… sollevato. Da qualche parte sotto di me, un Babbo Natale cominciò a canticchiare “Tu scendi dalle stelle”, senza riuscire ad azzeccare una nota. Era incredibile come tutto sembrasse uguale a quel giorno…

- Nah, andiamo! È Natale, Genio! Divertiti!

Scossi la testa, cercando di cacciare via quella voce dalla mia mente. Di nuovo, pesanti lacrime minacciarono di scendermi lungo il viso, ma le ricacciai fermamente indietro. Avevo promesso che non avrei pianto mai più. Qualcuno mi toccò piano su una spalla, facendomi trasalire. Mi voltai, e Tony era lì, davanti a me, la mia giacca tra le mani. Sembrava a disagio, ma non registrai quell’informazione se non dopo qualche secondo.

- Mettitela,- disse semplicemente.

Mi accorsi solo in quel momento che stavo tremando dal freddo. Presi la giacca dalle sue mani e lo ringraziai con un gesto del capo. Mi si avvicinò e notai che evitava di guardarmi. Non avevo voglia di parlare, così restammo a lungo in silenzio, mentre io cercavo di togliermi dalla testa voci e immagini che mi facevano male al cuore.

- Ti ha ferito?

Mi voltai di nuovo, stavolta più lentamente, sorpreso. //Che ha detto…?//

- Che cosa?- chiesi.
- Quella domanda, intendo. Ti ha ferito?

Evitava ancora il mio sguardo, e gliene fui grato.

- No, Tony… non è stata quella domanda. Come…- non mi andava di parlare, ma sentivo che c’era qualcosa in Tony, quella notte, che avrebbe potuto farmi stare… non so… bene… o almeno un po’ meglio. – … come mi hai trovato?
- Abby mi ha detto che eri qui.
- Ah.

Una pausa.

- Ma se vuoi che me ne vada…
- No, no. Non… non voglio restare solo. Ti dispiace?- chiesi in fretta, temendo d’aver detto la cosa sbagliata.
- Affatto.

Sembrava sincero. Sospirai.

- Lo so che probabilmente non hai la minima voglia di ascoltarmi, Tony, ma la verità è che ho passato troppe notti a guardare tutto questo,- dissi, indicando con un gesto della mano la città sotto di noi, - e mi basterebbe dimenticare per un attimo quello che è successo. È così sbagliato?

La sua mano si appoggiò gentilmente sulla mia spalla, e mi diede una leggera scossa.

- Pivello, io sono qui. Non ti chiedo di parlare con me, ti chiedo di permettermi di stare con te, anche se non vuoi dirmi niente.

Rimasi sorpreso da quella sua improvvisa gentilezza, e cominciai a rilassarmi. Non lo guardavo, ma sapevo che era concentrato sulle luci della cupola della Casa Bianca, in lontananza.

-… ti è mai successo di perdere qualcuno che amavi?- chiesi con un filo di voce. Scosse piano la testa.
- No, Tim, mai. Ma immagino che sia…- sospirò, come se stesse cercando di figurarsi come potesse sentirsi, -… terribile…
- Già. Io… - mi passai una mano sul volto e proseguii, ingoiando le lacrime, -… io volevo bene a Corey… davvero… e… ed è stato… un incubo.
- Corey? Era questo il suo nome?

Annuii.

- Sì. Eravamo… molto legati… eravamo insieme al MITT.

Cercavo di frenare il bruciore agli occhi, e ringraziai il cielo che fosse buio. Tony mi guardava, adesso. Sembrava triste. Lessi un lampo di empatia nei suoi occhi scuri, e mi sciolsi del tutto. Non piangevo, no, ma mi tremava la voce, le mani, le gambe, mi sentivo come non mi ero mai sentito in vita mia. E lui era lì.

- Tim… era…?- non finì la frase, ma io feci cenno di sì.
- Il mio migliore amico, Tony, sì.
- La notte di Natale?- domandò, cauto.
- Sì.
- Quando?- non fu altro che un semplice sussurro.
- Tre anni fa. L’anno in cui sono entrato all’NCIS.
- Oh. Tim… perché non me l’hai mai detto?
- Tony… non lo so. Io… stavo male… ma non ho mai parlato. Mai. Con nessuno.
- E allora perché Abby sapeva?

Sospirai e mi voltai verso di lui, lasciando che i miei occhi si incontrassero nei suoi.

- Glielo dissi… esattamente l’anno dopo. Venne da me, la sera della Vigilia, e non ero esattamente in vena di compagnia. Evitò che mi ubriacassi come un liceale.
- Tu? Ubriacarti?- rise, - Non ci credo!

Riuscì a farmi sorridere.

- Già…
- Tim, vuoi… parlarne…?- mi chiese, tornando serio. Quella richiesta mi colpì come uno schiaffo in piano viso. Barcollai e feci un passo indietro. Solo la prospettiva di ripensare a quello che era successo mi terrorizzava profondamente. Lui se ne accorse e si morse il labbro inferiore.

- Oh, McGee… scusami. Scusami. Non volevo, io… non importa…- cercò di dire.

Capii che aveva frainteso. Ritrovai a fatica la voce e mormorai: - Non è questo… non sei tu. Non so se… non so come reagirei se… se raccontassi di nuovo tutto dall’inizio, Tony… io… Tony, io l’ho visto morire e… e la cosa mi fa ancora stare male.
- Non dovevo chiedertelo, non sono affari miei, lo so…
- È ok, Tony. Non sei tu. Ci… ci proverò. Ma ti avverto… quando ne… ne ho parlato ad Abby… ho… ho pianto. E non è una cosa che voglio che succeda di nuovo.

Annuì.

- Non preoccuparti. Quello che succederà qui resterà tra me e te. Te lo giuro.

Respirai profondamente per cercare di calmarmi, e tornai a guardare Washington.

XXXX

- Ehi, Tim, vieni a dare un’occhiata a questo!

Mi voltai, sospendendo per un secondo la mia risata per guardarmi alle spalle. Il mio amico era accanto a me, circondato da alcuni dei nostri, un accendino in mano: si divertiva a dare fuoco ad alcuni piccoli petardi che esplodevano con uno schiocco ogni volta che lui accendeva la miccia. Il suo sorriso allegro, reso più largo dall’alcol, lampeggiava nelle luci basse del pub in cui eravamo.

- Corey, basta, hai bevuto troppo!- esclamai, ma non potei trattenermi dal ridere: non reggeva l’alcol, toccava sempre a me riportarlo a casa dopo una festa, al college, dato che spesso non riusciva nemmeno a reggersi in piedi.
- Nah, andiamo! È Natale, Genio! Divertiti!- mi rispose, scuotendo i ricci biondi lunghi fino alle spalle. Era sempre stato un po’ anticonvenzionale, ed era per questo che stavo bene con lui. Eravamo così diversi…

Lasciai il mio bicchiere sul tavolo, e lo presi per le spalle.

- Andiamo, amico, ora basta! Vieni, andiamo a casa.

Lui annuì. Salutò alcuni dei nostri con un gesto, mentre ci allontanavamo dal fracasso del pub. Camminammo per un po’ nella neve, ridendo. Ero un po’ brillo anch’io.

- Ehi, Genio?- mi chiamò, senza fiato, - Lo sai, stavo pensando a una cosa.
- A cosa?

Sospirò.

- Un giorno… ci separeremo, Piccolo Tim.

Odiavo quando mi chiamava così, ma non potei trattenermi dal sorridere.

- Lo so, ma non è adesso il momento di pensarci, non credi?

Rise.

- Vero… ma voglio che tu mi prometta una cosa.
- Cosa?
- Mi verrai a trovare, se accetterò quell’incarico in Virginia ?

Scoppiai a ridere.

- Stammi a sentire, Hairboy,- dissi, dandogli una pacca su una spalla, - niente potrà mai impedirmi di venirti a trovare, è chiaro? Niente!

Restammo ancora per un po’, poi cominciò a fare freddo.

- Dammi le chiavi,- dissi, - non sei in grado di guidare.
- Oh, andiamo! Non fare il guastafeste, su!

Sospirai e scrollai le spalle. //Due chilometri, che può succedere?//… quello fu l’errore più grosso di tutta la mia vita.

XXXX

Squadrai il mio compagno per un istante. Dio… portare un peso come quello per tre anni… doveva essere stato un inferno…

- E… lo lasciasti guidare?- chiesi, con un filo di voce. Lui annuì, asciugandosi gli occhi lucidi.
- Sì, lo feci. Sarebbe andato tutto bene… ma la strada era ghiacciata, ed era buio… Corey non vide un dosso, e perse il controllo…

La voce gli si incrinò e si spezzò. Gli misi una mano sulla spalla. Adesso lo sentivo piangere, e provai un moto di simpatia per quel ragazzo… era così fragile…

-… non ci accorgemmo del camion dall’altro lato della strada. Corey sterzò, e sfondammo il guard-rail. Un volo di quasi sei metri, Tony, e… e mi sento in colpa… era… era ancora vivo, quando ho ripreso conoscenza, ma… è morto poco dopo in ospedale. Non ho potuto parlargli, né dirgli addio come si deve…

Lo strinsi a me.

- Tim… non è stata colpa tua…- provai a sussurrare, ma lui cercò di divincolarsi dalla mia stretta. Io non lo lascia, opponendomi con tutte le mie forze.
- Tu non capisci!- gridò, il viso nascosto nella mia giacca, - Sarei dovuto morire io, quella notte! Io, Tony! E invece… e invece ho lasciato che prendesse il mio posto! Non è giusto!
- Non puoi sentirti in colpa perché sei ancora vivo, Tim…
- Se fossi…
- No, adesso basta!- gridai, scuotendolo per una spalla, - Smettila! Ti sei colpevolizzato per quasi tre anni per una cosa che non potevi evitare! Chi ti dice che se avessi guidato tu, Corey sarebbe ancora vivo, eh? Pensi che lui voglia questo? Che tu soffra per una cosa che non hai fatto? Te lo dico io, no!

Mi resi conto di essere stato un po’ duro, ma quel ragazzo aveva bisogno di qualcuno che lo scuotesse da quel suo stato di dolore insuperabile, e quello era l’unico modo per farlo. Mi guardò attonito per un istante, gli occhi rossi di pianto. In quello sguardo lessi tutte le emozioni che un uomo possa provare in una volta sola. C’era dolore, per la morte di una persona che amava, c’era confusione, per il modo in cui gli avevo parlato… e c’era rimorso, paura, rabbia. Erano gli occhi di un ragazzo che aveva visto la morte da vicino prima ancora di essere in grado di affrontarla da solo, ma che nonostante questo cercava di andare avanti, in quel mondo di violenza che era anche il mio, nel giorno che sarebbe dovuto essere di festa, e che invece si era trasformato in un incubo senza preavviso. Adesso capivo perché era scattato a quel modo… e non avrei mai voluto saperlo. Ebbi paura per un istante che si fosse pentito di avermene parlato, ma, al contrario di quanto mi ero aspettato, si asciugò gli occhi col dorso della mano e si staccò appena da me, tremando molto meno.

- Grazie…- mormorò, -… forse mi serviva una scossa…
- La prossima volta basta chiedere, e ci penserò io a scuoterti per bene!- esclamai, cercando di risollevare l’atmosfera. Funzionò: rise.
- Ci penserò…
- Ti senti meglio?
- Molto, grazie.
- Bene. Ora… che ne dici se torniamo dentro? Fa freddo…

Lui annuì. Lo precedetti di qualche passo, ma subito mi richiamò indietro. Mi voltai. Aveva gli occhi rivolti al cielo. Mi guardò per un secondo, poi sorrise.

- Tony… sta nevicando.

Sorpreso, seguii il suo sguardo e sorrisi anch’io. Era vero. Enormi fiocchi di neve pesante scendevano lentamente in larghe spirali, posandosi sui nostri cappotti, imbiancandoci i capelli e i colletti delle giacche. Mi infilai i guanti.

- Sarà un bel Natale,- mormorai. Tim annuì, senza guardarmi.
- Sì… davvero un bel Natale…- disse. Mi raggiunse e mi prese per un braccio: lo lasciai fare, colto alla sprovvista.
- Andiamo,- disse, - non vorrai mica ammalarti? Che dirà Ziva se non vieni, domani sera?

Sorrisi: quelle poche parole, anche se dette con la sofferenza che potevo ancora leggergli negli occhi chiari, significavano molto per lui… e per me. Aveva detto: “vieni”, non “vai”. Capii che cosa significava quella leggera differenza; annuii.

- Cercherò di non mancare. E non dimenticare di chiedere alla tua dama di restare libera, eh? Non vorrai farlo all’ultimo momento!

Scoppiammo a ridere, ed insieme rientrammo in ufficio. Era così che doveva essere… era così che doveva andare. E Tim, adesso, sapeva che avrebbe potuto contare su di me. Sempre.

XXX

Non mandatemi subito a quel paese XD ci devo ancora prendere la mano... divertiti?
 
  » Segnala questa fanfic se non rispetta il regolamento del sito
 


VOTO: (1 voto, 2 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 2 commenti
theguide 26/06/08 16:19
grazie bonny^^
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

bonny17 - Voto: 16/06/08 19:23
Sniff sniff... è davvero commovente... dolcissima!! ç.ç ^^
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

 
SCRIVI IL TUO COMMENTO:

Utente:
Password:
Registrati -Password dimenticata?
Solo su questo capitolo Generale sulla Fanfic
Commento:
Il tuo voto: