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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: IL REGNO DI VITA-SENZA-TE
Genere: Drammatico, Dark, Autobiografico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: 100km galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 03/06/2008 19:33:49

Un racconto intrigante e grottesco. Un chiasmo di vita e morte, felicità e dolore.
 
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- Capitolo 1° -

C era una volta, in un regno chiamato Vita-senza-te, un re anziano e burbero chiamato Infranto. Infranto era molto affranto perché non amava più i suoi devoti sudditi che tanto avevano fatto per lui: gli portavano la colazione a letto gli preparavano da mangiare e gli cantavano dolci canzoni la sera per farlo addormentare, nei tempi in cui Vita-senza-te era il più fiorente di tutti i regni. Infranto dal canto suo li ricambiava con il suo buongoverno,facendo in modo che tutti avessero ciò di cui avevano bisogno e, soprattutto, assicurandosi che la vecchia cava di pietra rimanesse ben chiusa. Tutti infatti a Vita-senza-te avevano terrore di quella cava nella quale si raccontava abitasse un mostro triste e terribile. Infranto, che era una persona saggia e dotata di buonsenso ovviamente non dava credito a queste dicerie ma, poiché voleva accontentare il suo popolo in ogni modo, acconsentì alla bizzarra richiesta e fece sigillare la cava. Infranto era un re benevolo e gioviale, e gli piaceva tenere splendide festa a corte alle quali erano invitati gli ospiti più eleganti del regno. Tra loro c’ era la bellissima Lady Liegia, la donna per la quale il re sospirava. Un giorno Infranto, passeggiando con la sua diletta tra i giardini del suo grande palazzo, raccolse un mazzo di viole, i fiori preferiti di Liegia, e glielo porse chiedendole se volesse sposarlo: lei arrossendo accettò e Infranto, per suggellare l’unione tanto desiderata, si avvicinò e bacio le sue labbra, che sapevano di ciliegia. Così, Infranto regnò per mesi felice con accanto la sua regina, e divenne ancora più buono e generoso perché l’ amore gli aveva dato nuova forza vitale. Vita-senza-te conobbe un periodo di splendore come non l’aveva mai conosciuto, tutti stavano bene e si amavano, ogni giorno a palazzo si organizzavano feste gioiose e le viole crescevano in abbondanza tra i viali profumati dei giardini. Una sera, durante uno spettacolo di saltimbanchi e giocolieri, Liegia si alzò dal trono senza dire nulla e, facendosi strada tra la maschere colorate e i nastri svolazzanti uscì da palazzo. Infranto si chiese il motivo per cui la sua amata aveva deciso di andarsene proprio nel bel mezzo del ricevimento, mentre tutti si divertivano, si affacciò alla finestra e la vide allontanarsi a grandi passi verso le aride pianure di Vita-senza-te: la chiamò a gran voce e lei si girò rivolgendogli il più bel sorriso che gli avesse mai rivolto. Infranto, rassicurato da quel sorriso e con il cuore pieno di dolcezza, si tranquillizzò e tornò a sedere sul trono confidando che la sua Liegia sarebbe presto ritornata. Poco dopo però, un contadino irruppe nella sala e corse a perdifiato arrivando al cospetto del re: era sconvolto dalla fatica e dalla paura, per lunghi secondi rimase in ginocchio a riprendere fiato bagnando copiosamente di sudore il pavimento della sala finchè, nel silenzio costernato di tutti i presenti disse con la voce distorta dall’angoscia: < Lady Liegia! Altezza, Lady Liegia è andata…Mio Dio, è andata alla cava!>. Ci fu un sussulto generale, alcune dame svennero e tutti vennero presi da un panico incontrollabile. <Mantenete la calma vi prego! Liegia starà bene, non c è nulla da temere!> tuonò imperioso Infranto, ma a nulla valse il suo appello. La sala venne abbandonata in pochi minuti in un caotico spingersi, calpestarsi e imprecare. Infranto alla vista di quell’inferno si lasciò cadere sulle ginocchia tenendosi tra le mani il capo incoronato mentre, nella foga della fuga, i convitati terrorizzati facevano scempio della sua reggia. Quando l’ultimo dei fuggitivi ebbe varcato la soglia, Infranto si rialzò e, rivolgendo il volto al soffitto affrescato, maledì a gran voce quella stupida superstizione della cava, che gli aveva causato tante preoccupazioni inutili e, infine, quel disastro. Decise che avrebbe incaricato i domestici di rimettere in ordine la mattina successiva, ma prima doveva riabbracciare Liegia, doveva rivedere il suo sorriso, dolce come quello che gli aveva regalato poco prima, per riprendersi dal dispiacere. Indossò il suo mantello migliore e si mise sulle tracce dell’amata dirigendosi, appunto,verso la cava, dove il contadino avevo detto di averla vista. Dopo un lungo cammino attraverso il monotono paesaggio di Vita-senza-te, tra pianure desolate, aspre montagne e paludi melmose, finalmente raggiunse il luogo maledetto e si stupì che il muro di cinta che aveva fatto costruire intorno alla cava era misteriosamente sparito nel nulla. Non era stato abbattuto, era proprio svanito come se non fosse mai esistito. Infranto urlò il nome di Liegia all’oscurità in ascolto ma non vi fu risposta. Allora il re, tremante per l’ansia di rivedere la sua regina sana e salva, si avvicinò a piccoli passi fino all’ imboccatura della cava di pietra e cercò di scrutarne il fondo: l’oscurità della notte sembrava scaturire direttamente da quella voragine profondissima e ogni lieve sospiro di vento che vi si addentrava riecheggiava al suo interno con un cupo ululato.< Voglia il cielo che non sia caduta là dentro…> era il pensiero che si dibatteva nella mente frustrata di Infranto, che chiamò il nome di Liegia a squarciagola protendendosi verso il fondo dell’orrido abisso. Silenzio. Infranto venne scosso da un fremito. Arretrò di qualche passo,svenne. Si risvegliò da un sonno sbagliato e giurò di aver dormito per molte ore, ma tutt’intorno il buio della notte era ancora liquame denso di dubbio. Fuori si sé, si portò risolutamente fin sull’orlo della cava di pietra e, con il volto rigato da lacrime che gli bruciavano le guance e il naso che gocciolava in modo ben poco regale, si riempì i polmoni del nome che aveva poc’anzi ripetuto invano ma, proprio mentre la disperazione di Infranto stava per esplodere, la vista di qualcosa lo pietrificò. Sul fondo del baratro il re di Vita-senza-te vide il tormento,il disgusto,la vergogna,l’abiezione. Tra il galleggiare di ombre policrome, di tutte le iridescenti sfumature del nero pece, due grandi occhi lo fissavano tristi. L’urlo che stava per lanciare gli si rivoltò nella gola e detonò nel suo cervello. Infranto era afono e sordo mentre contemplava atterrito quegli occhi, così tragicamente umani: erano verdi,una strana tonalità di verde,con pigmenti castani intorno alle pupille, profondi e infinitamente malinconici. Occhi che avrebbero potuto essere quelli di un uomo, ma che rivelavano qualcosa di osceno e grottesco, specialmente quando il velo d’ombra si diradava impudico facendone intravedere le profonde e scure occhiaie. Queste verdi gocce infette che galleggiavano fisse nell’oscurità ondeggiante annientarono il cuore di Infranto. Profumo di ciliegia. Occhi pesti e stanchi. Sensi annebbiati. Profumo di ciliegia.



Con uno sforzo immane il sovrano riuscì a riprendere il controllo di sé e a distogliere lo sguardo, facendo un balzo all’indietro di diversi metri prima di stramazzare miseramente al suolo. Quindi si rialzò sulle gambe malferme e cominciò una folle corsa verso la reggia di Vita-senza-te. Nella notte muta il cielo livido di tempesta sbeffeggiava il pianto isterico di re Infranto con tuoni sarcastici. Di tanto in tanto durante il tragitto si arrestava bruscamente per raccogliere viole di fango,dato che sentiva ancora profumo di ciliegia.

Arrivò alle porte del palazzo e le sbattè con violenza. Trovò ad attenderlo tutta la popolazione di Vita-senza-te. Infranto non sapeva dire se era madido di sudore per la fatica della corsa oppure perché l’atmosfera in quella sala era unta,oleosa…In un cachinno di gorgoglii e rigurgiti che avevano una vaga parvenza di parole i suoi sudditi non erano altro che cadaveri rinsecchiti, imputriditi e secernenti ogni sorta di umore graveolente un corpo umano può secernere. La pelle dei loro volti ricopriva gli occhi e piaghe purulente solcavano impietose i corpi emaciati. Da quel giorno Infranto non fu più il buon sovrano di un tempo, confortato e consigliato dalla sua fedele regina, ma un anziano e apatico Dio di un regno marcescente: gli occhi avevano portato la peste.


Questo racconto non l'ho scritto io, ma il mio ex ragazzo. Si parla di una mente geniale e contorta, priva di freni inibitori.
Spero che abbiate apprezzato questo racconto così come l'ho apprezzato io.

100km
 
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