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Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Darren Shan
Titolo Fanfic: RICORDI E DISPERAZIONE
Genere: Horror, Azione, Avventura
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: finleydania galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 22/05/2008 19:57:40

Si può essere talmente dispiaciuti per la morte di qualcuno da non riuscire nemmeno a piangere? E' quel che succede a Darren. Ci riuscirà?
 
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- Capitolo 1° -

Mi lasciai cadere pesantemente sul letto. Ero davvero troppo stanco per fare qualunque cosa, persino coprirmi, così giacqui lì per un bel po', a pancia in giù, con un braccio che dondolava in aria, la faccia sprofondata nel cuscino, cercando di riposarmi.
" Ehi, Darren..." mi sussurrò qualcuno, dopo un tempo indefinibile. Aprii pigramente un occhio e vidi il familiare profilo di Mr.Crepsley, con il suo solito ciuffo color carota, i suoi occhi profondi e saggi, e il viso segnato dall'esperienza. O, almeno, credetti di vederlo, di riconoscerlo. Aprii anche l'altro occhio, e subito le ombre sfumarono, divennero più distinte, e mi riportarono alla realtà, alla dura, tragica realtà... Mr.Crepsley non c'era più...era morto, e nel modo più orribile e ignobile per un vampiro: infilzato e bruciato vivo, laggiù nella Grotta della Vendetta...
Avevo sperato per un attimo che si fosse trattato solo di un orribile sogno, ma purtroppo non era così. Sarebbe stato meraviglioso.
Mentre riprendevo lentamente consapevolezza di quel che era accaduto, e mi risvegliavo da quello stato di intontimento e stanchezza, sentii lentamente risvegliarsi, a poco a poco, anche il dolore, la tristezza, la desolazione, come tanti spilli ardenti nel cuore. Tutti insieme, spietati e crudeli. Mi aspettai di vedere finalmente una lacrima, almeno una, scorrermi giù lungo le guance, ma non fu così. I miei occhi erano completamente asciutti, non vi era nulla che somigliasse neanche lontanamente a una lacrima.
Al contrario, mi sentivo ardere di calore, come se stessi provando un dolore così forte da non potergli dare sfogo.
O forse, quel che provavo era solo sete di vendetta? Il sentimento da cui Mr.Crepsley mi aveva raccomandato di guardarmi, perchè mi avrebbe reso folle e crudele forse anche più di Steve?
Sarei diventato un mostro come lui se avessi dato ascolto a quella voce interiore, così insistente, che mi suggeriva di correre là fuori e vendicare Mr.Crepsley, uccidendo il suo assassino?
Perchè non riuscivo a piangere? Stavo davvero diventando così freddo, persino davanti a qualcosa di così terribile, o il dolore era semplicemente troppo?
Quante domande...sarebbe stato magnifico avere ancora Mr.Crepsley accanto a me. Così saggio, sembrava avere sempre una risposta per qualunque mia curiosità, anche la più strana.
Così, nonostante sapessi benissimo che non l'avrei trovato, non potei impedirmi di dare un'occhiata, cercandolo con lo sguardo. Mi aggrappavo ancora ad un'ultima, esile, speranza che stessi ancora sognando, e che quell'incubo presto sarebbe finito. Ma anche quella svanì, non appena vidi chi c'era davvero accanto a me. Gemendo, mi voltai verso Vancha.
Era lui che mi stava risvegliando lentamente, che si era avvicinato al letto, non Mr.Crepsley. Forse prima l'avevo confuso con lui perché durante i combattimenti di poco prima si era bruciato, oltre che gran parte del corpo, quasi tutti i capelli, e ora gliene rimanevano in testa solo pochi, al posto della sua solita criniera.
Adesso che ero ben sveglio, capivo benissimo che quelle poche ciocche, ispide e bruciacchiate, non potevano essere quelle di Mr.Crepsley.
Gemetti ancora, e sospirai di delusione.
Perchè non riuscivo ad accettarlo? Perchè mi aggrappavo ancora a speranze che non esistevano? E perché quel fuoco implacabile continuava ad ardere, come una belva affamata, dentro di me?
Mr.Crepsley...Mr.Crepsley...
Da quando, per uno scherzo del destino, ero diventato il suo assistente, e l'avevo seguito in giro per il mondo, era sempre stato al mio fianco. Sempre.
Non mi aveva mai abbandonato, nemmeno quando per un tragico equivoco provai ad ucciderlo, o quando mi misi in testa di non bere sangue umano per nessuna ragione al mondo.
Un sorriso amaro mi comparve sul volto, ripensando a come mi appariva stupida quella mia ostinazione adesso. Ripensai a tutte le volte in cui mi aveva incoraggiato, mi era stato vicino in tutti i sensi, e sentii un fiotto di nostalgia salirmi su per il petto, caldo, intenso e, in un certo senso, rassicurante.
Pensai a tutte le notti passate insieme, sotto le stelle, o scorrazzando in giro, ai tanti consigli che mi aveva dato, a quel suo fascino così speciale, a quel suo modo di volermi bene così discreto, ma sincero.
Era stato proprio come un nuovo padre, per me. Mi domandai che cosa ne sarebbe stato di me senza di lui, dove sarei stato in quel momento, come avrei fatto a sopravvivere in questo nuovo mondo oscuro e tenebroso, e capii quanto gli dovevo.
Mi tornò in mente la nostra prima svolazzata insieme, le nostre avventure al Picco e tutte le battaglie combattute insieme. I ricordi riaffioravano nella mia mente, accalcandosi gli uni sugli altri, come tanti flash di macchine fotografiche immaginarie.
Sentii una profonda commozione dentro di me, ma, anche stavolta, neanche una lacrima.
Perché non riuscivo a piangere? - mi chiesi ancora una volta. Sarebbe stato bellissimo, ma qualcosa mi impediva di farlo, per quanto fossi triste, non riuscivo ad esternare la mia emozione. Alla fine, mugugnando e ancora indolenzito per la posizione scomoda in cui avevo dormito, mi sedetti sul letto, e mi guardai intorno. Inconsciamente, i miei occhi continuavano a cercare Mr.Crepsley, si aspettavano di vederlo ricomparire da un momento all'altro. Continuavo, senza nemmeno rendermene conto, a lanciarmi intorno occhiate nervose e spaurite. Mi sembrò anche di rivederlo a un certo punto, poi il volto di Vancha mutò di nuovo nel suo. Fu questione di un attimo, poi tutto tornò come prima, l'illusione se ne andò come era arrivata. Perché i miei occhi continuavano a giocarmi questi scherzi? Sconsolato, abbassai il volto con un sospiro, e mi coprii la faccia con le mani, in preda allo sconforto. Gemetti ancora, e cominciai a singhiozzare sommessamente, il suono ovattato dai palmi delle mani.
"Darren?" ripeté qualcuno. Divaricai le dita, e rividi Vancha.
"Va...Vancha..." risposi io. La voce spezzata dall'emozione, dalla sofferenza interiore che continuavo a provare, dai singhiozzi.
"Sono io, Darren...va tutto bene." rispose lui. Sebbene si sforzasse di parlare normalmente, si sentiva chiaramente una nota di tristezza nel tono della sua voce.
"Non va affatto tutto bene, lo sai..." risposi io, acido. Singhiozzai ancora. Singhiozzi senza lacrime.
"Già...purtroppo." confermò lui. "E' inutile fingere che sia così...e...".
Vancha smise di parlare. Il tono della sua voce si fece più debole, e qualcosa di lucido e luccicante gli comparve vicino agli occhi, e prese a scendergli velocemente lungo le guance. Lacrime! Lacrime lucenti, gocce di sofferenza e di dolore. Cominciò a singhiozzare anche lui, si avvicinò a me, e, senza una parola, ci stringemmo in un caldo abbraccio. Un abbraccio di consolazione, di comprensione reciproca. Quando fummo viso contro viso, le sue lacrime mi bagnarono il viso, tiepide e rassicuranti. Per un attimo, credetti che alcune di quelle lacrime fossero le mie, di essermi unito al suo dolore, mettendomi a piangere anch'io, ma anche stavolta niente. Provai persino a stringere gli occhi, ma invano. Quando ci staccammo, gli rivolsi uno sguardo triste, e chiesi:
"Perché non riesco a piangere? Ho paura di me stesso...sono davvero diventato così insensibile?"
"No di certo!" rispose immediatamente, stupito della mia domanda. "Sento che sei triste quanto e più di me, le lacrime non sono certo l'unico modo di manifestarlo. Non pensarlo nemmeno, Darren. Il dolore che stai provando è troppo. E' uno shock terribile per te, sia fisico che psicologico, qualcosa che non hai mai provato prima, probabilmente. Così, il tuo corpo non sa bene come reagire, come affrontare tanto dolore. Sono certo che piangerai presto, non preoccuparti"
"Forse..." risposi io, non troppo convinto, e chinai la testa, rituffandomi nel fiume dei ricordi, con un gemito. Vancha allora decise che era meglio lasciarmi solo col mio dolore, e uscì dalla stanza senza aggiungere altro. Cosa avrei fatto adesso? Sarei stato in grado, senza Mr.Crepsley, di continuare questa difficile battaglia? O la mia impulsività, tante volte frenata giusto in tempo, mi avrebbe condotto verso un destino terribile? Che ne era stato di lui? Esiste davvero un paradiso...oppure dopo la vita - da vampiro o no - siamo condannati a morire per sempre? Al dolore che già provavo si aggiunsero anche queste altre preoccupazioni, come pesanti cappe sulla mia testa.
Mi vennero in mente tante altre persone che avevo amato e che erano morte...i loro volti mi balenavano davanti ad una velocità incredibile...Sam....Kurda...Gavner...Arra...chissà, forse proprio in quel momento mi stavano osservando, magari coricati beati su una nuvola come degli angeli, con un'aureola in testa, a guardare me seduto su un giaciglio e immerso nei miei tristi pensieri, o forse...no, non voglio nemmeno pensarci. Il flusso dei pensieri continuava a scorrere, inarrestabile, quasi con prepotenza, senza che potessi fermarlo...e fra i tanti flash di esperienze vissute ad un tratto mi comparve davanti un'immagine della mia famiglia. Una foto, nitida e precisa. Io, da bambino, con un sorriso birichino sul viso, i miei genitori e...Annie. Felici, sorridenti, in spiaggia. Io con un pallone da calcio sollevato sulla testa con aria vittoriosa e raggiante. Quella foto...quella foto...! Era...quella!
Guidato da un'emozione incontrollabile, da una rinnovata energia, mi alzai di nuovo dal letto, e provai a cercare la mia sacca, quella che era appartenuta a Sam, una volta. Dopo aver guardato un po' in giro, la trovai: Vancha l'aveva messa vicino ad un tavolo di legno, in un angolo. Tirai via la cordicella consumata che la chiudeva, vi ficcai dentro una mano, e, riconoscendo la foto al tatto, la tirai fuori. Eccola, esattamente come la ricordavo, in tutto e per tutto. Un po' spiegazzata in un angolo, ma intatta, anche dopo tanto tempo. Era lì...davanti a me. La fissai per un bel po', guardando l'espressione di spensieratezza sul mio volto e quello di Annie... e sentii di nuovo un calore intenso avvolgermi lentamente. Un calore diverso, questa volta. Non d'odio, di dolore...no, era molto più simile ad una sensazione di conforto, di calore, ad una carezza sul mio cuore. Strinsi la foto con delicatezza, per non lacerarla, non scordando quanto erano affilate le mie nuove unghie da mezzo-vampiro, e la sollevai verso il viso. Facendolo, non potei fare a meno di notare le cicatrici sui polpastrelli. Apparentemente, erano solo delle parti di pelle un po' più chiare, ma per me avevano rappresentato l'inizio di una nuova vita. Il segno indelebile di come il destino aveva influenzato la mia esistenza, cambiandola per sempre, in modo così drammatico. E, prima che me ne rendessi conto, su uno dei polpastrelli cadde qualcosa di caldo e umido. Il mio labbro superiore cominciò a tremare, e si aprì leggermente in un singhiozzo rumoroso. Un'altra lacrima cadde quasi subito al suo interno, seguita quasi subito da un'altra ancora, che però cadde poco dopo sulla foto, bagnandola. Delicatamente, la tolsi con un dito, perché non rovinasse la foto, e poi, stringendomela al cuore, mi buttai di nuovo sul letto e, stringendo forte il cuscino, scoppiai in lacrime.

 
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