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Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Moomins
Titolo Fanfic: The Moomin's Return
Genere: Sentimentale, Avventura
Rating: Per Tutte le età
Autore: hellena galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 19/05/2008 20:19:24 (ultimo inserimento: 21/02/09)

...si fermò per un istante, guardando il fiume, la cui corrente si era trasformata in una vera forza della natura...
 
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- Capitolo 1° -

E’ primavera. Il sole riscalda coi suoi tiepidi raggi i verdissimi prati della valle dei Moomin, finalmente colorati dalle margherite e dagli sgargianti fiori che hanno la fortuna di crescere in una valle di pace come quella. Il suo splendore si riflette sui vetri delle finestre e sul tetto rosso di casa Moomin, una deliziosa villetta dalle pareti azzurre, dove abitano dei simpaticissimi folletti, se così vogliamo definirli: Moomin, all’incirca di una decina di anni, ed i suoi genitori, papà Moomin e mamma Moomin. Il padre aveva l’aria molto seria, anche se doveva essere un gran giocherellone. Faceva lo scrittore, e attualmente stava scrivendo un libro dove parlava della sua vita. Indossava sempre una tuba di colore nero, e teneva spesso in bocca una pipa, il che gli dava un’aria importante. La madre era sempre molto dolce con tutti, specie con il figlio e con i suoi amici. Indossava un lunghissimo grembiule a righe verticali rosse e bianche, e sfaccendava sempre, ma era ben felice di farlo, perché si sentiva utile e soprattutto perché le piaceva.
Quella mattina Moomin si sentiva molto stanco, e così stava dormendo più del solito.
Mamma Moomin aveva preparato la colazione, e papà Moomin era seduto al suo solito posto, mentre leggeva un ingombrante giornale e sorseggiava con soddisfazione la sua solita tazza di caffè.
«Cara, non ti sembra che il nostro Moomin stia dormendo un po’ troppo?» Domandò, voltando goffamente pagina.
«Ma no, caro… ieri sera è tornato tardi a casa, ha fatto una lunga scampagnata coi suoi amici, e deve essere distrutto, poverino…» Fu la risposta di mamma Moomin, mentre stava cucinando un paio di uova strapazzate e delle frittelle per il suo figlioletto.
Papà Moomin bevve l’ultimo sorso del suo caffè, poi se ne versò un altro po’ dalla caffettiera posta al centro del tavolo.
Nel silenzio generale si udirono dei timidi passi scendere le scale che portavano alle camere da letto.
«…mamma…?…papà…?…» La voce di Moomin raggiunse le orecchie dei due genitori, che sorrisero, pronti ad iniziare una nuova giornata.
«Hai dormito bene, tesoro?» Domandò mamma Moomin, servendo le frittelle e le uova al figlioletto assonnato.
Moomin annuì, l’espressione del suo viso ancora insonnolita:
«Sì, grazie mamma» Rispose, cominciando a mangiare avidamente le sue frittelle. Inghiottì il suo boccone, poi continuò: «Ho fatto uno strano sogno, stanotte… c’era un terribile temporale e il fiume era straripato… e tutti i miei amici si erano rifugiati in casa nostra!»
«Beh… è un sogno ben strano! Ma stai tranquillo, qui non succederà! Adesso finisci di mangiare e poi esci a giocare! Oggi è una giornata stupenda!»
Moomin sorrise. Finì di mangiare, così si precipitò fuori.
«Cara… nostro figlio diventa ogni giorno più grande… mi sembra di vedere me stesso! Va sempre di corsa!» Sorrise papà Moomin, alzandosi dalla sedia.
Quell’esclamazione fece sospirare dalla nostalgia mamma Moomin, che era ferma davanti al lavabo, con in mano una spugnetta ed un piatto insaponato:
«Mi ricordo quando lo tenevamo in braccio… com’è volato il tempo…»

Moomin aveva ormai raggiunto il ponte che portava al villaggio vicino, e si apprestava ad attraversarlo, ma prima si decise a fermarsi. Tese l’orecchio, sorridendo nell’udire il suono dell’armonica del suo migliore amico.
«Wilson!!! Ehi, Wilson!!!» Esclamò, scuotendo la mano in alto. Il suo amico era seduto sul bordo del ponte, con la solita espressione pensierosa e concentrata sulla musica che usciva dal suo strumento.
«Ehilà! Moomin! Come va? Dormito bene?» Esclamò a sua volta Wilson, col suo solito tono amichevole.
«Sì, grazie! Tu?»
Wilson annuì, sorridendo:
«Vieni nella mia tenda: ho trovato una cosa nel fiume, poco prima che arrivassi tu!»
«Davvero? Che cos’è?» Domandò, curioso, Moomin, seguendo l’amico nella sua piccola tenda da campeggio.
Wilson era un ragazzo dall’età sconosciuta, che vagabondava spesso, e quindi era molto responsabile e prudente. Adorava partecipare ai giochi dei suoi amici, ed era anche molto dolce e sapeva cosa fare nelle situazioni difficili. Indossava sempre un vecchio vestito verde, mentre al collo teneva legato un foulard giallino. In testa un grosso cappello dello stesso colore del vestito, su cui aveva legato una grossa piuma, anch’essa gialla.
«Ecco, guarda!» Esclamò il ragazzo, porgendo all’amico l’oggetto rinvenuto lungo il corso del fiume.
«Un… un fiocco per i capelli? Rosa??»
«Già… deve appartenere ad una ragazza… ma non ho mai visto nulla del genere in questa valle!»
«A chi lo dici…!»
D’un tratto dal cielo cominciarono a cadere delle timide goccioline di pioggia, mentre alcune nubi nere, trasportate dal vento, coprivano lentamente il sole, lasciando spazio al freddo interludio tra il bel tempo ed il temporale.
«Moomin! Svelto! Torna a casa! Ne riparleremo appena uscirà il sole!» Esclamò Wilson, calcandosi bene il cappello sulla testa.
Moomin non se lo fece ripetere due volte. Prendendo il fiocco tra le mani salutò l’amico, tornando a grandi passi verso casa sua.
«Mamma! Papà! Chiudete le finestre!» Esclamò, appena fu entrato in casa.
Mamma Moomin corse a controllare tutto il piano terra e la cantina, papà Moomin fece lo stesso al secondo piano, mentre Moomin si precipitò all’ultimo piano.
Pochi minuti dopo, il cielo era completamente coperto da una miriade di nuvoloni neri, e l’aria trasmetteva un senso di pesantezza, ed una sensazione umidiccia si impossessava dei corpi di chi si trovava per caso sotto quel temporale primaverile. Soltanto dopo numerosi tuoni e lampi il cielo si decise a rovesciare intere secchiate d’acqua, creando in poco tempo molteplici pozzanghere.
«Uffa… che tempaccio… e dire che Wilson mi stava mostrando qualcosa di interessante!» Mormorò Moomin, sospirando con lo sguardo volto oltre la barriera di vetro fradicia.
Mamma Moomin e papà Moomin distolsero gli occhi dalle loro faccende:
«Cosa ti stava mostrando, figliolo?» Chiese mamma Moomin, posando per un momento sulle ginocchia il lavoro a maglia che stava completando.
Moomin alzò gli occhi verso la madre:
«Ah, sì! Guardate!» Esclamò, correndo al piano di sopra. Poco tempo dopo tornò con in mano il grosso fiocco rosa, mostrandolo ai genitori.
«Wow! È bellissimo, tesoro!» Esclamò mamma Moomin, prendendo l’oggetto tra le mani e guardandolo sotto ogni prospettiva.
«Avete mai visto nulla del genere tra i capelli di qualcuno, al villaggio?» Chiese Moomin, gli occhi pieni di curiosità.
Anche papà Moomin si avvicinò all’oggetto, guardandolo con aria interrogativa:
«No, affatto… ma ciò non toglie che sia stato comprato da poco e che lo abbiano perduto lungo il corso del fiume!»
«Tu dici, papà?»
«Beh… la mia è solo un’ipotesi, figliolo, non ne sono affatto certo! Ma credo che sia meglio portarlo all’ispettore non appena il temporale sarà finito, così lo riporterà alla sua proprietaria»
«Sì, caro… è una decisione più che giusta!» Concluse mamma Moomin, riprendendo il suo lavoro a maglia.

Purtroppo per la famiglia Moomin, il temporale si rivelò più lungo e violento del previsto, tanto che ad un tratto cominciarono a cadere dal cielo perfino chicchi di grandine grossi quanto delle noci e tanto pesanti da riuscire a bucare la sottile stoffa impermeabile della tenda di Wilson.
«Accidenti!» Esclamò il ragazzo, non appena il primo chicco centrò in pieno la sua testa. Alzò gli occhi verso l’alto, notando come la sua tenda fosse irrimediabilmente bucata. Poi, quando altri chicchi cominciarono ad invadere il suo riparo, decise di fuggire ed andare a ripararsi da qualche altra parte. Durante la sua corsa verso il ponte, per raggiungere casa Moomin, udì, tra lo scrosciare della pioggia ed il fragore dei tuoni in lontananza, un urlo soffocato. Si fermò per un istante, guardando il fiume, la cui corrente si era trasformata in una vera forza della natura. All’interno dell’acqua notò una figura umana, che si dibatteva per cercare di sfuggire alla corrente che la stava trascinando verso una meta indistinta.
Wilson si gettò immediatamente nella gelida acqua, aggrappandosi ad un masso ancorato al letto del fiume, in attesa che il malcapitato raggiungesse la sua portata. Finalmente il ragazzo tese un braccio, afferrandogli con forza la mano:
«Tranquillo, ti ho preso!» Esclamò, caricandosi chi stava per annegare sulle spalle. Poi uscì dall’acqua, stendendo per un momento la figura sull’erba bagnata. Senza far caso al suo sesso, la prese in braccio, cominciando a correre a perdifiato verso casa del suo amico.

«Caro, vuoi un’altra tazza di tè?» Domandò con fare materno mamma Moomin, avvicinando la teiera al marito.
Papà Moomin scosse la testa, finendo di bere il tè rimanente nella sua tazza.
«E tu, Moomin? Ne vuoi un po’?»
Moomin volse lo sguardo verso la madre, con aria preoccupata.
«Che hai, figliolo? Hai una faccia…»
«Papà… tutto questo è molto simile al sogno che ho fatto stanotte…»
«Oh, Moomin! Non devi preoccuparti! A quest’ora tutti i tuoi amici sono al sicuro nelle loro case!» Lo rassicurò mamma Moomin, quando un ennesimo lampo rivelò dietro la finestra una sagoma oscura.
Moomin gridò, arretrando verso il padre:
«Papà! C’è qualcuno fuori!!! C’è qualcuno!!!»
Papà Moomin, nell’aver visto anche lui quella sagoma, si avvicinò alla porta, dalla quale si sentiva bussare con insistenza.
La aprì violentemente, rimanendo a bocca aperta nel vedere chi fosse:
«WILSON!» Esclamò Moomin, facendosi spazio tra i due genitori: «Sentivo che stava per succedere qualcosa! Avanti, entra!»
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, entrando di corsa dentro casa.
La famiglia Moomin rimase esterrefatta quando vide cosa teneva in braccio Wilson:
«Ma… lei chi è?» Domandò papà Moomin, aiutando il ragazzo a posare la malcapitata sul divano.
«E’… una ragazza» Fu la risposta di Wilson: «Il fiume la stava trascinando verso la cascata… l’ho tirata fuori in tempo!» Concluse, avvicinandosi a lei. Le poggiò un orecchio sul petto. Il suo volto cambiò espressione: «Mamma Moomin! Presto! Mi serve un catino!» Gridò, con agitazione.
Mamma Moomin si precipitò in cucina, mentre Wilson cominciò a sbottonare la maglietta alla ragazza.
«Papà, che succede!? Perché tutta questa agitazione!?!» Domandò Moomin. Ormai non stava capendo più nulla.
«Non respira più!» Rispose Wilson, preparandosi per praticarle la respirazione artificiale.
Nel frattempo mamma Moomin tornò con in mano un grosso secchio di legno, posandolo a terra accanto a Wilson, che cercava disperatamente di far riprendere la ragazza.
D’un tratto quest’ultima cominciò a tossire, vomitando tutta l’acqua che le impediva di respirare.
«Povera cara…» Mormorò mamma Moomin, accarezzando la testa bagnata della ragazza: «Forse è meglio se la lasciamo riposare un po’… sarà molto stanca…»

«Wilson, il tuo aiuto è stato davvero provvidenziale!» Esclamò papà Moomin, mentre il ragazzo beveva lentamente il suo tè caldo. Nel panico generale non si era accorto di quanto si fosse stancato.
«Già! Wilson, sei stato un eroe!» Aggiunse Moomin, mettendo una coperta sulle spalle dell’amico.
Wilson arrossì:
«Non sono capace di abbandonare qualcuno in pericolo!» Rispose, con modestia.
«Ma hai compiuto un gesto eroico, per salvare quella povera ragazza! Ed è salva, è questo che conta!» Concluse mamma Moomin, mettendo un piatto di biscotti appena sfornati di fronte al ragazzo.
Il suono di alcuni, timidi passi raggiunse le loro orecchie.
«Oh! Ben svegliata! Come ti senti?» Chiese mamma Moomin, nel vedere la ragazza che aveva salvato Wilson sullo stipite della porta della cucina.
La ragazza si guardò intorno con aria smarrita. Si massaggiò con espressione dolorante la testa, poi volse gli occhi verso il piatto di biscotti, ed il suo stomaco brontolò.
«Devi essere affamata! Prego, serviti pure!» Esclamò papà Moomin, scostando un poco la sedia libera dal tavolo.
La ragazza, sorridendo, annuì gaiamente, sedendosi al tavolo. Allungò una mano verso un biscotto, portandolo avidamente verso la propria bocca. Si fermò poco prima di morderlo, posandolo nel piatto di fronte a sé.
«Ehm…» Mormorò, spostando lo sguardo da mamma Moomin fino a Wilson.
«Dicci, cara» La esortò mamma Moomin, con in mano un vassoio vuoto.
«…wh… where am I…?» Chiese finalmente la ragazza.
La famiglia Moomin rimase per un momento spiazzata, di fronte alla domanda posta loro dalla ragazza. Deglutirono. Era straniera.
«Excuse me, can you tell me where I am?» Ripetè la ragazza, restando ferma al suo posto, sempre con lo sguardo perso nel vuoto.
Wilson si fece avanti:
«You’re in Moominland! How are you? Are you wounded?»
«No, thanks, I’m okay.» Rispose la ragazza.
«Tu conosci la sua lingua, Wilson?» Domandò papà Moomin, aspirando una grossa boccata di fumo dalla sua pipa.
«Sì, papà Moomin. Quando è inverno mi capita spesso di andare in paesi dove si parla la sua lingua!» Rispose Wilson, sorridendo.
«Davvero? Allora chiedile come si chiama!» Esclamò Moomin, con entusiasmo.
Wilson voltò lo sguardo verso la ragazza:
«Ehm… my friends would like to know what’s your name… anyway, nice to meet you! I’m Wilson» Esclamò il ragazzo, sorridendole.
La ragazza ricambiò il sorriso:
«Nice to meet you, Wilson! My name is Lucy!» Rispose, cominciando a mangiare il biscotto che aveva posato nel piatto.
«Lucy? What a beautiful name!» Esclamò Wilson, dandole la mano. Poi si voltò verso i suoi amici, traducendo ciò che aveva detto la ragazza: «Si chiama Lucy»
Lucy si infilò le mani tra i capelli ancora bagnati, quando sobbalzò, con espressione terrorizzata:
«My ribbon!!! Oh, my God! I’ve lost my ribbon!!! No! I can’t believe it!»
«Your ribbon?» Domandò Wilson, la cui espressione si illuminò: «Moomin! Dove avete messo il fiocco rosa che ti ho dato?»
Moomin corse a prendere il nastro, mostrandolo alla ragazza.
«Oh! My ribbon! Thanks, thanks a lot!» Esclamò Lucy, stringendo forte il fiocco. Poi se lo mise tra i capelli, che tornarono in ordine al loro posto.
«Come sei graziosa con quel fiocco tra i capelli!» Esclamò mamma Moomin, congiungendo le mani.
«What?» Domandò la ragazza, cambiando espressione. Non aveva compreso le parole di mamma Moomin.
Wilson si apprestò a tradurre:
«Moomin mama said you that you are very pretty with that ribbon in your hair! And I think the same!»
«Oh! Thanks!» Rispose la ragazza, arrossendo.
L’intera famiglia scoppiò a ridere.
Contagiando perfino Lucy.
 
Continua nel capitolo:


 
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VOTO: (2 voti, 3 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 3 commenti
niglia89 - Voto: 22/02/09 16:34
molto molto bella!
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

Rif.Capitolo: 1
hellena
19/05/08 22:09
Grazie, Bro! 6 sempre così dolce, piccolino mio! Ti voglio un mondo di bene!!! Bacioni!!!
D'accordo con il commento: 0 si - 1 no, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

dohan - Voto: 19/05/08 22:03
fa-vo-lo-so! Brava sister! Come sempre sai scrivere stupendamente!!! Bacioni Bro
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