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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: One Piece
Titolo Fanfic: LA VOCE NEL SILENZIO
Genere: Romantico, Drammatico, Song-fic
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Spoiler, One Shot, Shounen Ai
Autore: monka-chan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 21/04/2008 20:55:29

Dio, davvero non avrebbe più potuto sentire quel calore? Davvero non avrebbe più potuto vedere il suo viso, sentire il suo nome?
 
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CAPITOLO UNICO
- Capitolo 1° -

La voce nel silenzio.



Tink. Tink.
Una goccia, un'altra goccia. L'unico suono che riusciva a sentire era la costante e snervante caduta di piccole gocce d'acqua, dal soffitto alla pozza creatasi sul pavimento di fredda pietra. Non avrebbe potuto dire se esse provenissero da tubature ormai corrose dal tempo, o da una fessura della roccia di cui la prigione era fatta. In effetti, non era neppure certo di trovarsi in una prigione.
L'unica cosa che sapeva era di essere legato da catene di Seastone, fissate alle due pareti laterali della stanza. Era quindi costretto a rimanere in piedi, nonostante le gambe ormai rifiutassero di sorreggerlo, con le braccia aperte e il capo chino, che era stato coperto da un sacco di stoffa nera. Il suo corpo era ricoperto di ferite, così numerose che sembrava impossibile credere che il suo proprietario fosse ancora vivo. La polvere e il suo trasporto in quel luogo, non certo delicato, avevano infiammato i tagli, già profondi in partenza. Il petto si abbassava ed alzava a lunghi intervalli, mostrando l'evidente difficoltà respiratoria causata dal sacco che gli copriva il viso.
Tink. Tink.
Tutto il resto era silenzio.
Ace contrasse la mascella, gemendo per il dolore, ma subito reprimendo ogni altra esclamazione sofferente. Aveva perso. Era stato sconfitto da un suo sottoposto, aveva disobbedito all'incarico ricevuto da Barbabianca. Tossì forte, venendo subito investito dall'acre odore del sangue, mescolato all'aria incredibilmente umida. Forse sapeva dove si trovava.
Impel Down, la prigione sommersa da cui mai nessuno era riuscito a fuggire, limitrofa al quartier generale della Marina. Evidentemente, era stato trasportato lì dopo la distruzione dell'isola di Banaro da parte di Teach. Chi avrebbe mai pensato che quell'uomo fosse tanto ambizioso quanto forte? I suoi poteri lo avevano letteralmente distrutto, lasciandolo in vita per un soffio di fortuna. Proprio lui, il secondo comandante della Ciurma di Barbabianca, che dopo aver mangiato il Frutto Foco Foco aveva completamente dimenticato cosa fosse il dolore. Come aveva detto Teach, da quel momento aveva basato la propria forza unicamente sui nuovi poteri acquisiti, dimenticando cosa significasse la sconfitta.
Aveva perso, e la colpa era unicamente sua. Un sorriso, che ricordava più una smorfia a dire il vero, gli increspò le labbra. Cosa avrebbe detto lui se l’avesse visto lì, ora? Forse lo avrebbe schernito, e se ne sarebbe andato, abbandonandolo al suo destino. E l’avrebbe capito, in fondo. Chi avrebbe continuato ad amare un perdente? Come avrebbe potuto stimarlo ancora se lui stesso aveva ormai perso la totale fiducia in sè?
Tink.Tink.
Si morse un labbro, mentre involontariamente delle lacrime gli attraversarono le guance. Ringraziò il cielo che il suo viso fosse coperto da un telo, così che nessuno potesse vedere che, accanto alla devastazione del suo corpo, vi era anche uno spirito ormai sconfitto.
La luce, quanto avrebbe voluto rivedere la luce. Un’ultima volta. Ancora, una volta…E magari, anche il suo volto. Desiderava così tanto rivederlo… Avrebbe accarezzato quei lineamenti severi, sfiorato delle labbra sottili, perennemente serrate, e fissato i suoi occhi, chiari come il fumo che sempre lo avvolgeva. Oh, si. Avrebbe venduto l’anima per respirare ancora quel profumo, un misto fra il fumo di sigari e il sale dell’acqua marina.
Aveva ormai perso sensibilità, la testa gli girava, mentre era sul punto di perdere coscienza. Sarebbe sopravvissuto a lungo? Ne dubitava.
Tonf. Tonf.
Un altro rumore andò a coprire il ticchettio della goccia. Sembravano dei passi, di due o tre persone, che si avvicinavano. Forse lo avrebbero finito. Avrebbero messo fine a tutto…
Un cigolio, un uomo fece alcuni passi all’interno della cella, mormorando poi alcune parole che congedarono il marine che doveva esserne a guardia. Ace spalancò gli occhi, per un attimo dimentico della sua situazione. Dimenticò il dolore delle ferite, l’aria che arrivava a fatica ai polmoni, le gambe che avevano ormai ceduto. Gli sembrò che l’oscurità della stanza si attenuasse, che il peso della sconfitta che lo aveva afflitto fino a quel momento si facesse sempre più leggero.
Dovette trattenersi dal ridere, mentre le lacrime erano tornate a scorrergli lungo le guance.
Quella voce. Conosceva quella voce. L’aveva sentita così spesso nella sua testa, nel suo cuore! Quasi non si accorse quando gli venne tolto il sacco dal capo, poiché con gli occhi della mente già vedeva colui che gli stava di fronte. Eppure, appena riuscì ad aprire davvero gli occhi, la sensazione che provò fu così forte che per un attimo pensò che sarebbe morto per quella, invece che per le ferite.

When I am down and, oh my soul, so weary
When troubles come and my heart burdened be


Rimasero in silenzio minuti che parvero ore, persi l’uno negli occhi dell’altro. Smoker fu il primo a riscuotersi, allontanando il viso da quello di Ace, a cui si era avvicinato per togliere il sacco nero. Quando era entrato in quella cella, le parole gli erano morte fra le labbra. Mai, mai aveva visto un uomo ridotto in simili condizioni. Il suo petto era ormai scomparso, sommerso dal sangue e dalla carne scoperta che faceva mostra di sé. E quando, con le mani tremanti aveva scoperto il viso, aveva stentato a riconoscerlo.
Strinse i pugni, fissando quel ragazzo che aveva tenuto fra le sue braccia solo poche settimane prima, e che ora sembrava in punto di morte. Smoker si trovava in quella prigione per avervi condotto Mr.Three, riuscito a fuggire dopo gli avvenimenti di Alabasta e che aveva catturato al largo di un’isola dell’arcipelago di Longring Longland. Aveva sentito due guardie chiacchierare circa un nuovo, famoso prigioniero, e ne aveva chiesto informazione. Per un attimo, aveva pensato fosse uno scherzo, ma quando lo aveva visto, così legato, all’interno della cella non aveva più avuto dubbi. La guardia gli aveva riferito che era stato ridotto in quelle condizioni da un altro pirata, tale Barbanera, che aveva anche raso al suolo l’isola sulla quale stavano. Era lui quel sottoposto che Ace stava inseguendo, come gli aveva rivelato un giorno? Ma com’era possibile che un pirata di grado inferiore avesse ridotto in quello stato un uomo come lui?

Then, I am still and wait here in the silence
Until you come and sit awhile with me



Gli si avvicinò, senza riuscire a parlare. Ace lo stava fissando, probabilmente aspettando un suo giudizio. Ed i suoi occhi erano così tristi che per un attimo il commodoro provò la tentazione di abbracciarlo, dimenticando la sua posizione, dimenticando il luogo dove si trovavano. Invece chiuse gli occhi, mentre a terra cadeva la cenere dei suoi sigari.
“Idiota.”
Pronunciò quella sola parola, ma vide lo sguardo del ragazzo illuminarsi, riempirsi di quelle fiamme che per la prima volta nella sua vita, in quella prigione, lo avevano abbandonato. Le gambe si mossero senza che lui riuscisse a fermarle, ed in un attimo lo stringeva a sé, lasciando che appoggiasse il peso del suo corpo su di lui, sorreggendolo con le grandi braccia che l’avevano circondato. Il marine sentì la fronte del giovane posarsi nell’incavo del suo collo, e avvertì una striscia di caldo sangue attraversargli il petto. Se il mondo in quel momento fosse stato distrutto, probabilmente nessuno dei due se ne sarebbe accorto. Finché restavano così, il loro mondo era solo fra le braccia dell’altro.

You raise me up, so I can stand on mountains.

Anche se stava per morire, il suo corpo era così caldo…Dio, davvero non avrebbe più potuto sentire quel calore? Davvero non avrebbe più potuto vedere il suo viso? Non lo avrebbe più sentito pronunciare il suo nome?

You raise me up, to walk on stormy seas.

Lo sentì sollevare il viso, alla ricerca del suo sguardo. Gli sfiorò una guancia con il dorso della mano, allontanandola subito quando lo sentì emettere un gemito di dolore. Appena lo fece però Ace mosse un braccio, all’improvviso, cercando di fermare la sua mano. Si sentì la catena stridere, bloccando in aria il braccio del ragazzo e strappandogli un’esclamazione.
“Sei venuto a dirmi addio, vecchio?”
Una voce sussurrata, resa roca dalla sete, giunse alle orecchie del marine.
“Perché dovrei farlo?” Replicò questi, mantenendo un tono di voce duro e severo che stonava assai con la forza con cui le sue braccia stringevano il pirata. In esso si leggeva un’indifferenza che sembrava essere smentita dal bisogno con cui le sue dita si aggrappavano ai capelli del ragazzo.

I am strong, when I am on your shoulders.

“Perché sto per morire.” Disse queste parole ridendo. Una risata triste, interrotta da pesanti ed affannosi respiri. Smoker strinse i sigari fra i denti, emettendo un suono simile ad un ringhio. Possibile che scherzasse anche su una cosa del genere, quell’idiota?
“Se davvero tu stessi per morire…Dovrei solo dirti arrivederci.”

You raise me up, to more than I can be.

Lo vide alzare gli occhi verso i suoi, scrutandolo con fare indagatore. Imbarazzato per quanto aveva detto, Smoker affondò il proprio viso fra i capelli neri del ragazzo, inspirandone il profumo. Insieme, nella vita e nella morte.
Ace spalancò gli occhi, ma non riuscì a chiedergli di ripetere, poiché uno scatto di tosse lo bloccò.
Il commodoro si allontanò da lui, proprio un attimo prima che la guardia entrasse nella cella, per controllare la situazione.
“Tutto a posto, signore?” Chiese questa, facendo passare lo sguardo dal prigioniero alle macchie di sangue sulla giacca del marine. I suoi occhi interrogativi corsero quindi a quelli di Smoker, aspettando una risposta.
“Va tutto bene, ma il prigioniero è in pessime condizioni. Possibile che non ci sia un medico in questo edificio?” Chiese bruscamente, senza lasciar trapelare impazienza dalla sua voce, nonostante stringesse i pugni lungo i fianchi. La guardia indietreggiò di qualche passo, stupito dalla richiesta, ma rispose prontamente:
“I prigionieri qui rinchiusi sono tutti pericolosi criminali, signore. Non c’è mai stato un medico, in questa prigione…”
Il commodoro fulminò con lo sguardo il marine, gettando poi un’occhiata ad Ace, mentre una nuvola di fumo bianco gli avvolgeva il viso.
“E poiché sono criminali, non hanno il diritto di vivere?” mormorò, tornando a fissare la guardia ed alzando la voce in un tono che non ammetteva repliche. “Porta qui un medico, e fa curare il prigioniero. Se morirà, ti riterrò direttamente responsabile. Non dimenticare che stiamo parlando del comandante della seconda flotta di Barbabianca, un prezioso testimone per la marina.”
Il giovane fece un veloce inchino, spaventato dal tono brusco del commodoro, e subito si diresse correndo verso l’uscita della prigione. Smoker emise una lunga colonna di fumo, continuando a fissare il punto dal quale la guardia era sparita.
“Un prezioso testimone per la marina, eh?” La voce del pirata lo riscosse, facendolo voltare verso l’uomo incatenato, che teneva ancora il capo chino. Riuscì tuttavia a scorgere l’accenno di un sorriso sul suo volto, e, quando questi sollevò lo sguardo per lanciargli un’occhiata provocatoria, confermò la sua impressione. Il pirata lo fissava con aria canzonatoria, ma che mal mascherava uno sguardo che tendeva sempre più alla riconoscenza.
“L’ho detto solo per salvarti, stupido.” Borbottò Smoker, voltando il capo ed appoggiando la schiena contro una fredda parete della cella.
“Lo so.” La replica di Ace fu istantanea, priva di esitazione. Quell’immancabile fiducia negli altri e in sé stesso, presente anche nel fratello Rufy, l’avrebbe un giorno portato alla rovina. E, in fondo, era il motivo per cui si trovava rinchiuso in quel luogo, ora.

There is no life - no life without its hunger
Each restless heart beats so imperfectly


Nel silenzio che si venne a creare, entrambi chiusero gli occhi, in contemporanea. Potevano sentire i loro respiri, l’uno tranquillo, l’altro affannoso. E per un attimo, ai due uomini sembrò di avvertire persino il battito dei loro cuori. E no, non era sincronizzato, anzi. Essi battevano in modo così diverso, così imperfetto, che sembravano voler prevalere l’uno sull’altro. Rimasero così lunghi istanti, cullati da quell’insolita ma dolce sinfonia, fino a che Smoker non sentì, in lontananza, la pesante porta di ferro, che dava accesso a quell’area della prigione sottomarina, aprirsi, cigolando. Il commodoro si voltò verso il pirata, e i loro occhi si incontrarono. Dovevano separarsi, entrambi lo sapevano.

But when you come and I am filled with wonder
Sometimes, I think I glimpse eternity.


Il marine si avvicinò ad Ace, che continuò a tenere il viso basso, ma su cui era ancora possibile vedere quel sorrisetto ironico. Un sorriso che nascondeva tutta l’amarezza del suo cuore. Smoker si pose di fronte al pirata, abbassando anch’egli il viso. I sigari si andavano ormai consumando, ma lui sembrò non accorgersene. Una mano scattò al volto del giovane, per spostare una ciocca di capelli ribelli, cadutagli davanti al viso. Fu allora che Ace sollevò lo sguardo, posandolo in quello di Smoker. Rimasero così immobili, l’uno con una mano sospesa in aria, a sfiorare il viso dell’altro. Non parlarono, non dissero più alcuna parola. Il marine si abbassò all’altezza del volto del ragazzo, fino ad incontrare le sue labbra, in un bacio inizialmente dolce, poi sempre più intenso, che il giovane ricambiò con tutta l’energia che il suo corpo devastato ancora possedeva.Dopo lunghi istanti, Smoker allontanò il viso, lentamente, e diede le spalle ad Ace, camminando poi in direzione della porta della cella.
Tonf. Tonf.
I passi della guardia, seguita probabilmente dal medico si avvicinavano sempre più.
Il marine indugiò, afferrando una sbarra di Seastone della cella con una mano. Avvertiva lo sguardo del pirata fisso sulla sua schiena. Nonostante ciò estrasse dalla tasca due nuovi sigari, mettendoseli in bocca ed accendendone l’estremità con un accendino. Una nuvola di fumo si espanse nella stanza, circondando il volto del ragazzo. Non si voltò più, ma attraversò la porta della cella, superando poi la guardia e il medico, senza proferire parola, fino a sparire dalla vista.
Ace, rimasto solo nella cella, sorrise, respirando ancora quell’acre profumo che aveva invaso la sua cella. Non aveva bisogno di parole, non le voleva. In quel profumo, così forte ed amaro, aveva tutte le risposte che cercava.
Tink. Tink.
Una goccia, un’altra goccia.






Nota: La canzone qui inserita è "You raise me up" di Lena Park.
 
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