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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: il continuo di prologo-sotto la luna
Titolo Fanfic: TERRE DI LADRI
Genere: Sentimentale, Avventura, Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: sohi galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 15/04/2008 10:28:13

I complotti politici per il potere e la vita di una ladra s'intrecciano per decidere il destino di un regno
 
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ERIWIR
- Capitolo 1° -


CAPITOLO I

ERIWIR











Eriwir aprì gli occhi stanca e affaticata, la luce chiara della luna le si rifletté nell’iride verde. Aveva gli arti dolenti, reduci delle sue lunghe cavalcate ma non ci fece caso, era talmente abituata a spostarsi da una regione all’altra che quegli spasimi facevano parte di lei. Si alzò scostando la polvere dal mantello legato attorno al collo e scuotendo i lunghi capelli neri. Indossava un paio di pantaloni neri, molto aderenti agli arti muscolosi, con ai fianchi una cintura di pelle color blu notte dalla quale pendeva il fodero di cuoio di una spada e vari pugnali dalle misure diverse. Il seno abbondante e la gabbia toracica, invece, erano coperti da una maglia di pelle scura legata come un piccolo corpetto. Non aveva abbastanza soldi per comprare abiti migliori e, di certo, con il lavoro che faceva non le serviva essere troppo in mostra. Si diresse silenziosamente verso la superficie limpida del lago Tisin, illuminato dal tenue bagliore lunare. Si spogliò e vi s’immerse abbandonandosi alle proprie emozioni. L’acqua era fredda, gelida e le fece distaccare la mente da tutto ciò che fosse materiale.
È quasi ora, pensò.
Sapeva di dover avere i nervi saldi e la mente sgombra per prepararsi a ciò che sarebbe accaduto. Di solito non si metteva in grandi affari ma quella volta l’avarizia aveva catturato anche lei. Sapeva che tra poco si sarebbe incontrato con un individuo dell’alta nobiltà di cui non conosceva l’identità che veniva solo per chiederle una cosa…di uccidere. Lei era un’assassina…o meglio lo era da quando ne aveva memoria, aveva sempre lottato per vivere e quando aveva capito che le sue potenzialità andavano ben oltre quelle della classica ladruncola, beh la scelta fu sicura. In fondo nulla le pesava, era libera da ogni vincolo: non era una schiava né una contadina e non aveva legami familiari su cui contare. Era un orfana cresciuta in mezzo alla steppa che seguiva solo le proprie regole. Non aveva nessun ricordo del suo passato a parte l’immagine di una foresta alquanto sinistra che le frullava nella mente. Ma aveva imparato ad evitarla liberandosi di ogni pensiero attraverso le acque placide del lago.
Lasciò che i raggi lunari illuminassero il suo corpo di donna, appena formato. Sollevò una manciata d’acqua che si versò in testa, sentendo come se una lama ghiacciata le sfiorasse la pelle passando per l’incavo dei seni fino all’ombelico. Le piaceva molto esaminare i cambiamenti del suo corpo durante la crescita, si vedeva maturata, si vedeva capace di ogni cosa e il suo sentirsi finalmente parte del mondo femminile la incuriosiva molto. Si sfregò le spalle con le mani riprendendo contatto con la realtà. Osservò il cielo schiarirsi appena e capì che era quasi ora. Il suo bagno notturno l’aveva svegliata e resa attiva, lo faceva spesso visto che si poteva concedere solo poche ore di sonno a notte. Si rivestì velocemente infilandosi, questa volta, anche un paio di stivali neri. Poi si diresse tra gli alberi dove riposava il suo cavallo Fatal. Era un esemplare magnifico che aveva vinto a una scommessa contro un signorotto irritante. Per la sfortuna del nobile, lei era un’eccellente tiratrice con arco e frecce, tema della scommessa. Lo vinse semplicemente catturando più prede in una battuta di caccia. L’animale, dal pelo nero e liscio, era poi diventato il suo compagno più fedele, solo lei era in grado di montarlo e proprio perché aveva disarcionato moltissimi uomini, nelle città del sud, gli era stato dato l’appellativo di Fatal. Appena lo raggiunse montò subito in sella e lo spronò ad un galoppo leggero. Non doveva arrivare troppo in fretta, il suo segreto era far aspettare il cliente in modo da farlo spazientire ed alzare il prezzo. Anche se non era certa che in quell’occasione avrebbe funzionato non doveva comunque dare l’impressione di una morta di fame che aveva un disperato bisogno di soldi.
Sopraggiunse nel luogo d’incontro senza fretta. Era una radura in mezzo alla foresta. Il terreno era brullo e senza vita, non c’erano animali, solo la desolazione più totale. Dall’altro lato dello spiazzo sostavano tre figure minacciose coperte da dei mantelli scuri con cappucci proprio come lei. Eriwir li guardò furtiva, erano posti in fila, i due esterni erano sicuramente le guardie del corpo, armate di spadoni e faretre con archi. Quello di mezzo, invece, doveva essere il cliente. Da sotto il mantello, che chiaramente era di un tessuto più pregiato di quello che indossava lei, si riusciva a vedere un’armatura nera con dei particolari dettagli in argento e in oro. Uscì dal fitto del bosco e, lentamente, si avvicinò al centro della radura. Come previsto, appena la videro, le due guardie del corpo scattarono sull’attenti irrigidendosi sui loro destrieri. Con sua sorpresa, invece, l’uomo di mezzo rimase calmo e tranquillo. Doveva essere di sicuro un sottoposto, abituato ai lavori più spiacevoli. Una volta più vicina, Eriwir riuscì a intravedere la parte inferiore del suo viso: labbra rosso sangue in perfetto contrasto con la carnagione cadaverica.
Vide chiaramente l’espressione dell’uomo mutarsi in un lugubre sorriso che le fece salire i brividi lungo la schiena, ma non ci badò poi tanto.
“Perdonate il mio ritardo” disse distaccata, pronunciando quelle parole come se non avessero alcun valore.
L’uomo restò impassibile annuendo con il capo e mantenendo lo stesso atteggiamento sprezzante.
“Saprete di certo che l’incarico che vi voglio affidare è molto delicato e deve essere svolto con la massima riservatezza”
Eriwir annuì fredda. Sai che novità, pensò, tutti gli affari sporchi della nobiltà erano riservati. L’uomo continuò su quella scala dandole l’impressione di conoscere i suoi pensieri.
“Desidero discutere di questo in un altro luogo, i miei informatori si sono fatti sfuggire il luogo del nostro incontro e non vorrei incappare in qualche spia nemica”
Eriwir riflesse attentamente: era logico che poteva rischiare di incappare in una trappola perciò non poteva rischiare.
Fece cenno di no con il capo. “Io non mi sono guadagnata l’appellativo di migliore tra i migliori per cadere in un trucchetto così banale!”
Il sorriso sulle labbra dell’uomo si allargò.
“Bene allora andremo solo noi due, in un luogo che deciderà lei!”
Questa volta Eriwir annuì istintivamente, senza pensarci: se mai fosse stata una trappola i suoi sensi, sviluppati e acuti, l’avrebbero avvisata.
Smontarono entrambi da cavallo. Eriwir pensò rapidamente al luogo più adatto dove trattare e poi iniziò ad incamminarsi. Era un vecchio nascondiglio usato in genere da ladri o banditi ricercati, lei lo aveva scoperto quando era piccola. Erano in pochi coloro che potevano accedervi, solo quelli che sapevano dove si trovava. Era posto al centro esatto del bosco, intricato tra gli arbusti che lo componevano. Ci si arrivava solo a piedi e questo dette ad Eriwir la possibilità di analizzare le caratteristiche fisiche dell’uomo. Era indubbiamente forte e agile; un avversario pericoloso, pensò. La sua armatura e lo spadone non sembravano pesargli e sapeva tenere un ritmo serrato anche per molto tempo. Era di certo un cavaliere ben addestrato. Eriwir mantenne un passo scattante per vedere fino a che punto poteva spingere il negoziatore, il suo piano fallì: neanche un piccolo segno di stanchezza attraversò il viso semi nascosto di lui.
Arrivarono dopo un ora buona, se non altro con il suo passo svelto avevano seminato eventuali aggressori. Davanti alloro era stanziata una possente ed enorme quercia centenaria che stringeva con le sue radici una capanna di legno improvvisata. Dalla facciata frontale si vedeva un piccolo portico con due finestre dai vetri opacizzati e una piccola porticina. L’unica entrata era quella e l’interno era protetto dalla struttura dell’albero. Era un luogo perfetto.
Eriwir lasciò che l’uomo osservasse curioso in panorama per poi procedere silenziosa verso la porta. L’aprì facendo sollevare un sottile strato di polvere dal pavimento. Il loro passi scricchiolarono sul pavimento in legno. La capanna era costituita da una sola stanza: al centro era posto un piccolo tavolino di legno di pino posto davanti a un piccolo caminetto pieno di cenere. Alla loro sinistra c’era una piccola tendina di cuoio marrone che copriva quella che doveva essere la zona da letto, mentre alla loro destra la parete era interamente formata da radici che si sovrapponevano l’una sull’altra. Eriwir si diresse ad una delle sedie attorno al tavolo sulla quale erano poggiate due lampade ad olio. Le accese e le appese al caminetto in modo da illuminare la stanza. L’uomo intanto si era seduto di fronte a lei e la squadrava con sospetto.
“È la vostra abitazione?” chiese scettico.
Lei non rispose; la prima regola del suo lavoro era non dare troppe informazioni di se.
“Parliamo del mio lavoro”
“Vuole dire che accettate” disse furbo.
“Prima di dire qualsiasi cosa chiariamo i dettagli!”
L’uomo la studiò per un attimo valutando il luogo dove l’aveva condotto.
“D’accordo. L’avvertirò subito dicendole che l’uomo in questione è esperto nell’uso delle armi e delle tecniche di combattimento!”
Fece una piccola pausa per vedere la reazione di Eriwir alle sue parole, ma lei rimase impassibile, con il viso semi coperto dal cappuccio in attesa che l’uomo continuasse. La voce di lui era spettrale: troppo calma per essere reale come troppo corrotta dall’odore del sangue per non esserlo. Continuò.
“Si nasconde vicino alle sorgenti del fiume Tir, nei pressi di un piccolo paese di nome Ever…forse ne avete sentito parlare. Il vostro compito, come le ho già preannunciato dovrà essere della massima discrezione, non vogliamo fughe di notizie”.
Eriwir fece cenno di si con il capo.
“Le assicuro che non fallirò e che i segreti del suo padrone saranno ben protetti!”
“Lo spero per lei. Ora parliamo di contanti. Noi siamo disposti a pagarla duemila Zarit ora e il resto della somma al lavoro compiuto…diciamo come precauzione!”
Sfilò da sotto il mantello un sacchetto di cuoio nero e glielo pose. Lei lo afferrò con aria calma calibrando il peso. Aprì il sacchetto e infilò una mano dentro. Contò attentamente e velocemente il denaro. Era tutto. Annuì freddamente riponendo la sacca in una tasca nel mantello.
“Ci sono altre cose che dovrei sapere…ad esempio se ha un seguito o il suo nome, cose di questo genere”
“Si sa proteggere benissimo da solo, questo glielo garantisco!”
Le sue labbra fine e rosse si distorsero in un lugubre sorriso mentre la sua mano scorreva sul tavolo impolverato. Le sue dita incisero un nome nel manto di sporcizia. Lei lo lesse e tutto fu chiaro…






 
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