Recensione
Ju On è la maledizione di una persona che muore in preda a una collera furiosa che si accumula, e poi si scatena nei luoghi in cui è vissuta.
La giovane Rika, assistente sociale tirocinante, riceve il compito di andare ad assistere un’ anziana donna da poco trasferitasi in una nuova casa assieme al figlio e alla nuora. All’ insaputa di tutti, però, l’abitazione era stata in passato teatro di un tragico fatto di sangue e minacciose presenze sono ancora in cerca di vendetta.
Questo l’incipit di Ju On, che poi si sviluppa “a incastro” narrando a una a una le vicende dei vari personaggi venuti a contatto con la maledizione senza necessariamente rispettare una continuità temporale d’insieme (ad esempio dopo l’inizio dedicato a Rika, i due episodi successivi fanno un leggero balzo indietro di un giorno). Questo tipo di costruzione rimanda da un lato a Kurosawa (Rashomon) e dall’altro a Tarantino (Pulp Fiction), ma nell’insieme risulta originale e vincente.
Il regista Takashi Shimizu, discepolo del regista di Ringu, Hideo Nakata, dimostra di aver appreso appieno la lezione del maestro, mettendo a frutto gli elementi che hanno fatto di Ringu l’horror di culto del cinema giapponese: assenza quasi totale di sangue (se si esclude il finale, ma niente di che), i fantasmi (qui sono molti, ma quella principale, la terribile Kayako Saeki, non può non ricordare la Sadako di Ringu anche se molto diversa), la vicenda costruita attorno a un evento accaduto nel passato. Le apparizioni degli spettri sono spesso da brividi e colgono di sorpresa lo spettatore, lasciando un senso di inquietudine che tarda ad andarsene anche e soprattutto dopo l’agghiacciante finale. Poche le musiche nel film, in cui sono preferiti i non meno disturbanti silenzi, ma quelle poche pur non spiccando per originalità sottolineano a pieno i momenti clou del film. Ottimo, invece, l’effetto sonoro che accompagna le apparizioni di Kayako Saeki.
Tra le poche note stonate segnalo (e non è poco) l’intero episodio dedicato a Izumi, ambientato molto tempo dopo le altre vicende e collegato molto alla lontana agli altri, e che forse è stato inserito solo per aumentare la durata del film. Anche la fotografia non è sempre all’altezza, risultando discontinua, a volte buone e a volte scialba. Buone le prove degli attori, soprattutto quella di Takako Fuji nella parte della più volte citata Kayako Saeki.
Il film vanta un seguito diretto dallo stesso Shimizu e presto potrebbe vantare anche un remake americano. La casa di produzione di Sam Raimi (che di Case se ne intende) ha infatti acquistato i diritti del film, che Raimi vorrebbe affidare allo stesso Shimizu.
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Voti
Regia: |
8 |
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Sceneggiatura: |
8.5 |
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Effetti speciali: |
7 |
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Attori: |
7.5 |
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Storia: |
7.5 |
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Musiche: |
7 |
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Adattamento italiano: |
8 |
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Doppiaggio: |
7 |
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Originalità: |
7.5 |
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VOTO GLOBALE: |
8 |
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Commento finale
L’ennesima dimostrazione che per girare un ottimo horror non sono necessari grandi effetti speciali e scene splatter, e che le idee più fresche e originali in questo genere (e in altri) arrivano dal cinema orientale. Malgrado qualche pecca e qualche indubbio debito nei confronti di Ringu, Ju On riesce nell’ obiettivo principale di un film del terrore, ovvero spaventare. Date un’occhiata sotto le coperte prima di andare a letto. Io vi ho avvisati. |
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