anime censure
data: 27/12/06
scritto da: cityryo profilo
penso che molti lo hanno gia' letto,ma per chi non la letto lo pubblico ( lo trovato su a.d.a.m)
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1. I cartoni animati giapponesi sono destinati ai bambini.

Questo è uno dei maggiori pregiudizi che ancora esistono nel nostro paese riguardo ai cartoni animati.

In realtà, l'animazione è un mezzo espressivo né più né meno come il cinema o la televisione; di per sé, non è riservata né ai bambini né agli adulti. In Giappone, in particolare, i cartoni animati hanno da tempo occupato il posto che in Occidente è dei telefilm: con la tecnica del disegno animato si realizzano principalmente prodotti per adolescenti o per adulti. La maggior parte dei cartoni animati giapponesi - a differenza di quelli occidentali, più tipicamente legati all'infanzia - si rivolge a un pubblico tra i 15 e i 30 anni: del resto, i protagonisti di molte delle più famose serie giapponesi sono adolescenti o giovani adulti.

Se mai, spesso queste serie vengono importate in Italia e adattate a forza, mediante censure, tagli e ricuciture, per essere proposte ai bambini, col risultato di distruggere opere di buon livello per proporre ai bambini qualcosa che non è stato pensato per loro. Del resto, i dati di ascolto delle trasmissioni di cartoni animati in Italia mostrano "inspiegabili" picchi in corrispondenza dei cartoni animati di qualità, che in realtà corrispondono ai momenti nei quali anche gli appassionati adulti si mettono davanti al televisore. Sembra che soltanto i responsabili dei palinsesti televisivi non si siano accorti del fenomeno.

Il problema è quindi quello di mostrare ai bambini i cartoni animati per bambini, e agli adulti i cartoni animati per adulti.

2. I cartoni animati giapponesi sono brutti.

Ovviamente si tratta di un giudizio personale. Questo documento, però, vuole invitarvi ad una riflessione, e a non fare di ogni erba un fascio: esistono cartoni animati giapponesi di qualità elevata e di bassa qualità. Il grande pubblico, inoltre, normalmente non conosce tutta una serie di elementi - primo fra tutti, quello che i cartoni giapponesi trasmessi in Italia sono pesantemente adattati - che possono modificare non poco questo giudizio.

3. I cartoni animati giapponesi sono un prodotto commerciale, sviluppato soltanto per vendere i relativi gadget ai bambini.

Certamente, come in ogni produzione cinematografica o televisiva, vi è anche un fine commerciale; a seconda dei casi, la "commercialità" della serie può essere più o meno elevata. In Giappone, tuttavia, i cartoni animati - essendo in buona parte destinati ad adolescenti e adulti - vengono realizzati più come un prodotto televisivo dall'elevata audience, come i nostri film e telefilm, che per vendere i gadget ad essi collegati. Al contrario, esistono negli Stati Uniti industrie di giochi che prima concepiscono i giocattoli, poi realizzano una serie animata esclusivamente per promuovere il prodotto: è il caso di cartoni animati o serie americane anche famose, come le Tartarughe Ninja Mutanti, i Power Rangers, la Principessa Sissi o i vari personaggi-squalo o dinosauro visibili nei negozi di giocattoli.

Difatti, spesso qualsiasi cartone animato passi per il video, se non è un prodotto Disney, viene etichettato come "giapponese". In realtà, moltissime delle serie animate trasmesse dalla televisione italiana negli ultimi anni sono di produzione europea o americana, oppure sono serie ideate e pianificate in Occidente, "appaltando" poi in Giappone soltanto la realizzazione delle animazioni o delle immagini. Negli ultimi tempi Mediaset ha trasmesso produzioni giapponesi nella fascia del pomeriggio, ma ha riempito le fasce orarie meno pregiate, come quella della prima mattinata, con cartoni animati americani o francesi di basso costo e bassa qualità.

Del resto, le manovre commerciali svolte sulla pelle dei bambini sono solitamente legate proprio alle produzioni americane: ad esempio, i film Disney sono sempre legati a grandi campagne pubblicitarie, sia palesi - si pensi ad esempio al martellamento di pubblicità derivante dagli accordi commerciali tra Disney e McDonald's - sia occulte, attraverso giudizi sempre entusiastici riportati con evidenza da giornali e telegiornali.

Al contrario della produzione americana, chiaramente destinata al mondo dei piccoli, molti film d'animazione giapponese hanno ricevuto apprezzamenti nei più importanti festival cinematografici internazionali come Berlino. Insomma, come è normale nel mondo dello spettacolo, esistono prodotti di qualità più o meno elevata; non bisogna fare di ogni erba un fascio.

4. I cartoni animati giapponesi sono tutti uguali.

E' come dire che i telefilm americani sono tutti uguali: non è vero, anche se è possibile individuare filoni di argomenti e quindi gruppi di serie con personaggi simili o trame dello stesso tipo. Spesso il successo di una certa serie provoca un "effetto imitazione" in Giappone e/o nella scelta delle opere da importare in Italia: questo ad esempio è successo all'inizio degli anni '80, quando il successo di Goldrake provocò una vera invasione di cartoni animati con i robot, genere che poi si è fortemente ridimensionato negli anni successivi. Inoltre, in Italia vengono importate soltanto le opere di un numero relativamente ristretto di autori famosi: questo significa che molte delle serie trasmesse sulle televisioni italiane appaiono simili tra loro nel disegno e nell'animazione, semplicemente perché sono concepite e disegnate dalla stessa persona o dallo stesso studio. Analogamente, i doppiatori che si sono dedicati al settore dell'animazione sono un numero relativamente ristretto, per cui è facile, specialmente con le serie della "prima ondata" (fine anni '70), che le voci sembrino sempre uguali.

Comunque, basta guardare qualche episodio di un certo numero di cartoni animati diversi per rendersi conto della grande varietà di temi, stili e argomenti al loro interno.

5. I cartoni animati giapponesi hanno trame banali e ripetitive, oppure incomprensibili.

Anche questa affermazione non è vera in generale: si possono trovare serie meglio o peggio sceneggiate, più o meno ripetitive, a seconda della qualità degli autori, ma il livello medio è decisamente buono. Non si spiegherebbe altrimenti perché milioni di spettatori adolescenti e adulti di tutto il mondo si siano appassionati all'animazione giapponese.

Non bisogna inoltre dimenticare che le serie giapponesi trasmesse dalla televisione italiana - in particolare quelle trasmesse sulle reti nazionali - sono pesantemente censurate, tagliate e ricostruite. Vi sono intere serie in cui mediamente viene tagliato il 20 - 30 per cento di ogni episodio (ad esempio la versione di Lupin III regolarmente ritrasmessa sulle reti Mediaset). Spesso due o tre episodi vengono "compressi" in uno solo; altrettanto spesso, pur non tagliando parti di animazione, vengono completamente alterati i dialoghi. In certi casi sono persino stati intenzionalmente modificati i personaggi e la trama, modificando pagine e pagine di sceneggiatura per cercare di rendere plausibili i tagli. Si pensi, ad esempio, che non è raro che la classica figura del "personaggio dalla doppia vita" presente in tanta parte della cinematografia e letteratura (Zorro, ad esempio) spesso e volentieri, in un adattamento italiano di un cartone animato giapponese, viene "sdoppiata" effettivamente in due personaggi (spesso due "gemelli", con le facili incoerenze che ne derivano quando, ad esempio, uno dei due "cloni" nostrani NON dovrebbe sapere qualcosa ma, invece, evidentemente la sa lo stesso…) Altro caso tipico è costituito da genitori che diventano zii (o nonni!!) e fratelli che diventano cugini o viceversa… oppure ancora da personaggi che, morendo, non muoiono affatto, ma se ne giustifica la scomparsa con più o meno fantasiosi "lunghi viaggi" all’estero quando non addirittura in "altre dimensioni"….

E' facilmente comprensibile quindi come, dopo un trattamento del genere, le versioni italiane abbiano una trama incomprensibile e piena di buchi, personaggi incoerenti o poco credibili, e appaiano in generale male sceneggiate.

6. I cartoni animati giapponesi sono pieni di storie tristi e lacrimevoli.

Anche qui, si tratta di un pregiudizio derivante dal fatto che, dopo il successo di Heidi, all'inizio degli anni '80 vennero proposte in Italia molte serie simili, e il successo avuto in Occidente da queste serie convinse i produttori giapponesi a realizzarne altre sullo stesso modello. Peraltro, i giapponesi si sono limitati a riprendere un tipo di storia già ampiamente presente nella cultura occidentale, spesso trasportando in cartoni animati le storie che i bambini delle generazioni precedenti avevano conosciuto tramite i libri per l'infanzia di scrittori occidentali (si pensi a Cuore o Pinocchio). Infine, nella cultura giapponese è molto forte l'idea che con l'impegno costante si possano vincere le avversità: per questo motivo, molti prodotti per l'infanzia raccontano storie di bambini sfortunati che riescono a realizzarsi da adulti. Si è anche sentito qualcuno accusare per questo i cartoni animati di proporre una visione del mondo "shintoista" (la religione più diffusa in Giappone), in realtà questo concetto del realizzarsi nella vita tramite il proprio lavoro è un concetto positivo e altamente condivisibile da chiunque, e non pensiamo ci sia qualche tipo di filosofia che possa rivendicarne la paternità.

In ogni caso, così come esistono film tragici e film comici, esistono cartoni animati tristi e cartoni animati comici.

7. I cartoni animati giapponesi sono disegnati male, e sono tecnicamente inferiori ai cartoni animati occidentali.

Dal punto di vista estetico, ognuno può avere il proprio giudizio. Dal punto di vista tecnico, tuttavia, questo non è vero. Nelle manifestazioni specialistiche più importanti sono spesso i prodotti giapponesi a vincere la maggior parte dei premi, battendo i concorrenti occidentali.

Se mai, è necessario effettuare confronti ad armi pari: ad esempio, in Italia siamo abituati a confrontare le serie televisive giapponesi con i prodotti cinematografici americani, quando è evidente che, sia per motivi di budget, sia per le effettive possibilità tecniche del mezzo, un prodotto cinematografico è meglio animato di un prodotto televisivo. Inoltre, le serie giapponesi trasmesse in Italia sono spesso vecchie e rovinate da infinite repliche dello stesso esemplare. Pochi sanno che molte di esse hanno venti o trent'anni di età (ad esempio L'Uomo Tigre è del 1969): chiaramente la qualità della loro animazione non può reggere il confronto con prodotti odierni, giapponesi o occidentali.

8. I cartoni animati giapponesi sono fatti col computer.

Questo è normalmente falso, per un motivo molto semplice: sebbene sia possibile realizzare animazione con il computer, questo metodo è ancora molto più costoso rispetto all'assumere folle di giovani disegnatori che realizzino le scene a mano. Soltanto le produzioni molto ricche (ad esempio i film della Disney) possono permettersi un uso massiccio della grafica digitale.

Comunque, il fatto che l'animazione venga realizzata a mano o con il computer influenza soltanto l'aspetto estetico del prodotto, e quindi i gusti personali; la tecnica con cui l'animazione viene realizzata non influenza certo la qualità o il valore del prodotto. Anche quando viene utilizzato il computer, dietro c'è sempre l'inventiva e la fantasia di autori e disegnatori umani.

9. I cartoni animati giapponesi sono diseducativi.

A questa osservazione si può subito rispondere coi fatti: vi sono ormai almeno due generazioni cresciute a "pane e cartoni giapponesi", e il risultato non sembra negativo. Insomma, nonostante le fosche previsioni ripetute a ciclo continuo per vent'anni, non si ha notizia di giovani impazziti a causa dei cartoni animati o di suicidi di massa tra gli appassionati.

Tra l'altro, i dati disponibili mostrano come, tra gli appassionati italiani di animazione giapponese che hanno dai 18 ai 30 anni, vi sia una forte prevalenza di quelli con un livello culturale ed economico medio alto. In altre parole, è molto più probabile incontrare un giovane appassionato di cartoni animati in una Facoltà universitaria piuttosto che tra gli ultrà dello stadio, e questo ci sembra un valido punto a favore del valore educativo ed artistico dei cartoni animati (quelli di buona qualità, naturalmente).

Quanto al contenuto, spesso i cartoni animati giapponesi vengono accusati di essere privi di contenuti, violenti o pornografici: di queste accuse si parlerà nel resto di questo documento. In realtà, i valori trasmessi dai cartoni animati giapponesi sono quelli tipici delle culture orientali, rivalutate anche in Occidente negli ultimi decenni: l'importanza del lavoro di squadra e dell'amicizia, la capacità di vincere le avversità con l'impegno e l'autocontrollo, la necessità di andare oltre le apparenze e la superiorità dell'intelligenza sulla forza fisica. Chiunque potrà convenire che non si tratta certamente di valori negativi o diseducativi.

10. I cartoni animati giapponesi sono violenti.

Dipende da quale cartone animato si guarda; ci sono serie più o meno violente. Comunque, il livello di violenza del cartone animato giapponese - provare per credere - è mediamente di gran lunga inferiore a quello dei telefilm e dei film americani, dove le sparatorie e i morti sono normalissimi. L'esaltazione della forza bruta è casomai un elemento tipico della cultura occidentale, in particolare americana, mentre in Oriente, come ben sa chi pratica le arti marziali, la forza deve sempre essere dominata dall'autocontrollo e dalla parte spirituale di sé.

Vi è poi un'altra differenza culturale, che si riflette anche nei cartoni animati: nella cultura americana la violenza è un mezzo per risolvere i problemi, e vi è una identificazione tra i "buoni" e i "forti" (ad esempio il classico "Braccio di Ferro" è un cartone tra i più violenti a cui si possa pensare, con il protagonista che risolve le situazioni sempre e solo a suon di pugni…).
Al contrario, in praticamente tutte le serie giapponesi, i "buoni" utilizzano la forza soltanto se costretti, e soltanto per difendere sé e chi li circonda: a differenza di Rambo, Goldrake non attacca mai per primo, ma si limita a rispondere agli attacchi dei nemici. E comunque, sono molti i casi di personaggi positivi che combattono contro avversari molto più forti e violenti, che vengono sconfitti grazie all'intelligenza oppure grazie all'unione degli sforzi di più persone normali; ciò in contrasto con il modello americano del super eroe buono, bello, muscoloso e solitario.

In Italia vi è poi una situazione particolare: alcune serie giapponesi sono state vendute a gruppi di piccole emittenti locali, che per rifarsi del costo non indifferente dei diritti continuano a mandarle in onda a ripetizione per decine di volte. Sfortunatamente, a subire questo trattamento sono state proprio alcune delle serie più violente mai realizzate, come L'uomo tigre o Ken il guerriero, originariamente destinate ad un pubblico adolescente o adulto. Per questo motivo, spesso si pensa che tutti i cartoni animati giapponesi siano come questi, che invece costituiscono nell’enorme panorama delle produzioni nipponiche, l’eccezione.

A proposito della violenza, va detto che Mediaset censura abitualmente non solo i casi in cui un personaggio muore o rimane pesantemente ferito, ma anche ogni traccia di sangue e talvolta persino schiaffi (come quello di una ragazza gelosa al suo "lui") e addirittura i graffi (una rosa, nell’ovattato mondo di questi adattatori, è senza spine…). In realtà, è proprio questa censura ad essere diseducativa: infatti il risultato sono scene in cui pare che lotte, scontri fisici o incidenti non abbiano alcuna conseguenza, che coltelli e oggetti acuminati non siano pericolosi e che pochi secondi dopo l'accaduto la persona interessata sia nuovamente in piena salute. Al contrario, è importante che vengano mostrate le conseguenze della violenza, per quanto crude, in modo che chi le guarda possa comprenderle e impararle. Se mai, i bambini troppo piccoli e impressionabili non devono venire messi di fronte a vicende di questo tipo, ma questo sarebbe compito dei loro genitori, non della televisione…

11. I cartoni animati giapponesi sono pieni di donne nude e scene di sesso.

In alcuni cartoni animati compaiono personaggi femminili (vestiti) particolarmente prosperosi, ma non certo più dei personaggi femminili di Baywatch. Non si ha invece notizia di nudi, al di là di qualche scorcio di seni: in Giappone esiste persino una legge molto severa che vieta di mostrare organi sessuali in qualsiasi forma (addirittura una foto di un "Michelangelo" dovrebbe essere spesso e volentieri censurata per poter passare in TV…), cosa che invece accade costantemente nei film e telefilm occidentali.

A questo proposito, comunque, le versioni italiane mostrano spesso una inspiegabile prudenza: normalmente vengono censurate tutte le scene in cui si veda anche solo un bacio tra i protagonisti (sembra di essere negli anni ciquanta…), spesso eliminando proprio i momenti più importanti e toccanti della vicenda.

Esistono comunque cartoni animati pornografici (i cosiddetti hentai), esattamente come esistono film o fumetti pornografici di produzione italiana, ma non sono ovviamente trasmessi in TV (neanche in Giappone).

12. I cartoni animati giapponesi sono pieni di personaggi travestiti o sessualmente ambigui, e spingono all'omosessualità.

Esistono alcuni cartoni animati molto famosi (ad esempio Ranma 1/2) in cui i personaggi cambiano forma o sesso per un intervento "magico" indipendente dalla propria volontà; ma la magia è un tema ricorrente nella cultura giapponese esattamente come lo è nella cultura fiabesca occidentale (pensate a quanti personaggi che mutano forma ci siano nelle favole, da "La Sirenetta" a "Pinocchio").

Tuttavia la sessualità dei personaggi è perfettamente normale; se mai, trattandosi in molti casi di serie animate destinate agli adolescenti o agli adulti, si parla spesso delle emozioni e dei problemi legati all'amore (normalmente non di sesso, per quanto detto in precedenza).

A proposito dell'ambiguità, va anche notato che spesso nei cartoni animati giapponesi i cattivi sono fisicamente più belli e più forti dei buoni; ciò può spiazzare lo spettatore, abituato allo stereotipo americano secondo cui i buoni sono anche quelli "forti" e "belli", e talvolta viene visto come una vera "perversione". In realtà, anche questo rientra nell'insegnamento tipico delle culture orientali, che invitano a diffidare delle apparenze e a valutare la vera natura delle persone.

13. I cartoni animati giapponesi sono pieni di ragazzine attraenti e provocanti e spingono alla pedofilia e alle violenze sessuali.

Esistono molti cartoni animati - ad esempio Sailor Moon - che hanno come protagoniste delle ragazze; questo semplicemente perché il loro pubblico naturale è costituito proprio dalle giovani adolescenti, che devono quindi potersi immedesimare nelle protagoniste. Non si ha notizia di persone che, dopo aver visto questi cartoni animati, siano andate in giro ad insidiare ragazze: in realtà, gli stupri o la pedofilia sono crimini tipici di un ambiente sociale degradato e di basso livello culturale, ossia tutto il contrario di quello che, stando ai dati, è attualmente l'ambiente degli appassionati di cartoni animati.

Tra l'altro, l'insegnamento a diffidare delle apparenze, di cui si è già parlato, può se mai aiutare i bambini a difendersi da persone soltanto apparentemente ben intenzionate.

14. I cartoni animati giapponesi fanno venire l'epilessia.

Talvolta i giornali hanno riportato casi di bambini in cui la visione di cartoni animati avrebbe provocato l'epilessia (famoso è il "caso Pokemon" avvenuto in Giappone nel 1997, in cui alcuni bambini ebbero una crisi epilettica guardando un cartone animato). In realtà, soltanto i soggetti (bambini o meno) che hanno una predisposizione naturale all'epilessia (fotosensibilità) possono essere colpiti da una crisi. La causa scatenante, comunque, è legata a giochi di luce intermittente, che possono derivare da un programma televisivo (animato o no) così come, più semplicemente, dalle luci di una galleria o di un viale alberato percorso in automobile. Un bambino non predisposto, come è la grande maggioranza, non ha nulla da temere - non si spiegherebbe altrimenti perché, nel caso Pokemon, la crisi abbia riguardato poche centinaia di bambini su un'audience di parecchi milioni.

Comunque, dopo il caso Pokemon tutti i produttori giapponesi hanno posto ancora più attenzione nell'evitare immagini che possano provocare crisi anche in soggetti in cui la fotosensibilità è particolarmente forte, cosa che invece non avviene nelle normali trasmissioni televisive.

15. I cartoni animati sono uno strumento con cui i giapponesi vogliono "conquistare" i giovani occidentali e assimilarli culturalmente.

Innanzi tutto, il principale pubblico dei cartoni animati e dei fumetti giapponesi continua ad essere quello nipponico: per questo motivo, se è necessario "pensare" la serie per un pubblico, questo è innanzi tutto quello giapponese, e non quello occidentale. In realtà, il Giappone, come tutto il mondo industrializzato, si è ormai adeguato ad una cultura "internazionale": tra le usanze dei giovani giapponesi e quelle dei giovani italiani o americani non vi è quella grande differenza che poteva esserci venti o cinquant'anni fa. Questo è anche il motivo per cui i giovani occidentali non hanno alcun problema a comprendere i cartoni animati giapponesi.

Al contrario, questa è una scusa utilizzata per giustificare alcune azioni inspiegabili: ad esempio, quasi sempre vengono censurate tutte le scene in cui compaiano degli ideogrammi giapponesi, a partire dalle immagini delle sigle originali (su cui ovviamente scorrono i titoli di coda). Spesso si tratta di parti pregevoli del cartone animato, che vengono sostituite con collage di immagini e con un nuovo brano in italiano, allo scopo di poterne poi vendere il disco.

Invece, è educativamente importante che i bambini e i giovani imparino a concepire l'esistenza di lingue e culture differenti dalla propria. Tra i giovani studenti di facoltà come "lingue e letterature straniere" ce ne sono veramente molti che rimasero incuriositi verso le culture diverse dalla propria per aver visto, da piccoli, quello strano modo di scrivere che hanno i giapponesi… e questi ragazzi sono, mediamente, persone mentalmente molto aperte e tolleranti verso gli altri.

16. I cartoni animati giapponesi contengono scritte e nomi occidentali per motivi commerciali, in modo da essere venduti meglio nel mondo.

Anche questo è falso. La cultura giapponese, come quella di molti popoli di mare, è tradizionalmente aperta e interessata alle altre, come dimostrano le migliaia di turisti che affrontano il lunghissimo viaggio verso l'Europa per ammirare i nostri monumenti. In particolare, vi è in Giappone una vera e propria mania per l'Italia e la Francia, che spesso quindi ricorrono anche nei cartoni animati, oltre agli stretti legami con gli Stati Uniti. Anche il fatto che nei cartoni compaiano talvolta scritte in caratteri occidentali non deve stupire: le scritte e le insegne in inglese o in altre lingue occidentali sono ormai comuni anche nelle città giapponesi, come del resto lo sono anche nelle nostre.

Peraltro, in tutto il mondo libri e film vengono ambientati in paesi diversi dal proprio, per aumentare il fascino "esotico" dell'opera: esistono cartoni animati giapponesi ambientati in Europa proprio come in Italia, ad esempio, esiste Tex, ambientato nel Far West.

17. I personaggi dei cartoni animati giapponesi hanno occhi grandi e capelli di colore improbabile.

Si tratta di due "trucchi" comuni nel cinema di animazione.

L'uso di colori strani per i capelli di alcuni personaggi viene utilizzato normalmente nell'animazione (anche occidentale: ad esempio nei Simpson Marge Simpson ha i capelli blu) per rendere più varie ed esteticamente attraenti le immagini, e per caratterizzare più facilmente i personaggi.

Gli occhi di grandi dimensioni, inoltre, rendono i personaggi più espressivi e permettono ai disegnatori di esprimerne meglio le emozioni. Si tratta comunque di un "trucco" inventato da Walt Disney (gli occhi di Paperino, ad esempio, rispetto al resto del corpo, sono enormi) e importato soltanto successivamente in Giappone, all’epoca di "Bambi", film di Disney che fece furore nel paese del Sol levante.

18. I cartoni animati giapponesi hanno titoli stupidi.

Se esaminate i titoli dei cartoni animati trasmessi da Mediaset, potreste chiedervi per quale motivo i cartoni animati trasmessi abbiano titoli lunghissimi e mediamente piuttosto stupidi (alcuni esempi: Un fiocco per cambiare, un fiocco per sognare - Un incantesimo dischiuso tra i petali del tempo per Rina - Una porta socchiusa ai confini del sole). In realtà, i titoli originali in giapponese, così come quelli delle altre versioni occidentali, sono "normali" titoli da film o telefilm, cioè titoli chiari e concisi che permettano una rapida identificazione dell’opera; tuttavia, negli ultimi anni Mediaset ha deciso di imporre alle versioni italiane titoli di questo tipo, spesso slegati dal contenuto effettivo del cartone. Da indiscrezioni, ciò verrebbe fatto per fare in modo che i bambini più piccoli facciano fatica a distinguere tra i vari cartoni, e quindi si mettano davanti al televisore a quella certa ora indipendentemente dal particolare cartone trasmesso, garantendo alla rete televisiva un ascolto costante.

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