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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: IL CREPUSCOLO SULL'ALBA
Genere: Drammatico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: briareos galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 30/04/2007 18:12:29

Tutte le morti sono inique,ma chi finisce la sua vita sull'asfalto verso casa subisce un'ingustizia che non può essere giustificata dal destino
 
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DISTESI
- Capitolo 1° -



Capelli al vento,lasciavamo scorrere i nostri ultimi secondi sdraiati uno accanto all'altro.
Nè tristezza,nè odio,nè amore, nè noia nè dolore corrompeva i nostri lieaneamenti immobili.
E così fuori dalla finestra il mondo rifletteva su di me il suo luminoso dito di un lampione.


Per quel che capisco,è tutto un processo contro di noi.Alcuni avvocati bianchi e arancioni ci sciamano intorno.Gridano che non hanno prove da mostrare e dicono che non c'è possibilità che ci sia ancora del liquido rosso che scorra fluente dentro i condotti dei nostri bracci.
E così non ci sono appelli.
Nè perdono.
Non c'è nulla di nulla.
Aspettettiamo sdraiati.
Cosa avevamo fatto?
Cosa potevamo fare?
Sbagliavamo? Forse ci stavamo perdendo qualcosa?
A guardarci così,da un'altra stanza posta sopra il cranio di un'altro,sì,indubbiamente sì.
E ora siamo sdraiati ,non possiamo fare altro.
Non fosse la noia non ci accorgeremmo neppure del nostro stesso respiro.
Ma in fondo siamo vivi?
Lo siamo mai stati davvero...?



Ricordo che i giorni si sfaldavano uno accanta all'altro.
Era di sabato,nell'ultimo week end dell'universo,io presi delle caramelle bianche altre rosse, a forma di cuore.
Mi bruciarono gli occhi,al calar del sonno e si dissolse pure la mia mente. E sfrigolava dolce sul tessuto dei miei neuroni,scintille dolci tra le sinapsi. Desiderai che la vita fosse sempre così mistica e dolce.
All'entrata della discoteca i miei occhi guardavano dentro sè stessi.
Meduse.a migliaia, di migliaia, lunghi filamenti violacei,ricordo che la mia bocca fece qualcosa, mangiai o mi masticai la lingua.
Qualcuno rideva,io stavo morendo,Caronte mi afferrava le mani e mi trascinava verso un'asfalto liquido e famelico, ricordo il sangue che mi usciva dai due buchi della faccia.
Mi aggrappai a un corrimano,la gravità me lo lanciò contro con violenza,qualcosa si strappò e uscì altro sangue.
Mi sdraiai su un letto di vomito e buio.
Sognai alcuni volti mentre il rumore della discoteca sconvolgeva le mie visioni.
E anche l'amica più vicina non tentò di svegliarmi.

Dove sei amica mia?Sei così vicina,ma non mi senti.
Non so neppure se ti ho solo sognato oppure sei sempre esistita.
...No...
...Ricordo bene il calore del tuo volto,delle tue lacrime,e ancora vivi,in un televisore rumoroso dentro i miei occhi,a schegge riempio con i ricordi il vuoto della tua assenza.
Ma anche se ti trovassi,ora, tu non saresti tu,ma un'altra. E così tu sei solo l'attrice stanca dei miei pensieri.
Dove sei ora?
Al rintocco del tuo nome non dasti neppure un suono,cosicchè per te sono come morto.
Eppure sei qui,accanto a me con i vetri del parabrezza che frammentano i tuoi meravigliosi lineamenti,il sangue che impasta i tuoi meravigliosi capelli.
La morte non è non è dolce,è amara e triste.Le mie dita sono screpolate.
Non sento niente
Non sento niente


Ci riunimmo in quattro,come uno solo, in una stanza con birra e musica.
Ognuno di noi aveva fatto voto di morire quella sera,benchè non avessimo ancora scritto i nostri testamenti.Perchè già da tempo avevamo capito che potevamo sentirci vivi solamente quando eravamo sul rasoio tra i due mondi.Facevamo a gara fra quali dei nostri metabolismi avrebbe collassato prima,sconvolto dalle bombe chimiche che inghiottivamo, per gioco ci mettevamo due monete negli occhi prima di partire tra le tormente dei nostri pensieri in tempesta.
Era incredibile.
Le vibrazioni scorrevano dolorose attraverso le nostre orecchie,i gangli nervosi dei nostri timpani si sovraeccitavano al suono initerrotto dei bassi, luci stroboscopiche esplodevano in scintille sulle nostre retine, gocce di luce e rumore sui nostri corpi sfatti, eravamo nell'amplesso dell'autodistruzione,neppure le fiamme avrebbero potuto portarci più lontano da quel mondo monotono.
Eravamo felici.
Uscimmo uno aggrappati all'altro,come marinai estasiati. Prendemmo la nostra barca per tornarcene alle nostre grotte,per altri sei giorni.

Poi la terra si fece più leggera d'un tratto ci cascò addosso un'onda di pietra immensa,la nostra barca volò si sbriciolò come polistirolo,un mostro marino ci aveva assalito a tradimento. Avevo qualcuno alla mia destra,il volto era stato masticato e sputato via per tutto l'abitacolo. Io scivolai fuori,l'atlantico rabbioso mostrava la forma deforme del demone acquatico,che ora era morto,nell'odore di gomma e olio bruciato.
Caddi tra le onde nere e dure del mare,capii che i miei ginocchi non si sarebbero mai più mossi.
Aspettai.

Il giorno cade,ai lati della strada.
E così come viene mattino,sento scendere una coltre di nebbia inquieta.
La posso sentire con le mani,nelle narci,nei polmoni.
Piccole molecole d'umidità che arrancano fra i capelli,nella pelle,sulle punta delle dita...
non riesco a ricordare di essermi sentito più vivo di adesso.

Che peccato scoprirlo così.

Il mostro giace a terra,ferito,immacolato,contorto.
E' incredibile che una cosa così grossa possa morire così facilmente .
Ed è morto,benchè non fossero stati necessari paletti,nè croci,nè aglio.

...No,mi sto sbagliando....

Siamo morti noi,alle ultime luci della notte,e quando la nebbia si alzerà non rimarranno che alcuni cadaveri e una macchina ribaltata sulla strada.


 
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