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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: FATHER
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: crystall galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 26/11/2005 13:15:30

e` una one-shot un po` particolare, ma non so proprio come sintetizzarla.
 
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ONE-SHOT
- Capitolo 1° -

Un urlo di pura gioia riempì il cupo silenzio del castello. "Arkanta! Arkanta, vieni a vedere!" Il bambino alzò appena lo sguardo dal libro sulla cui copertina nera spiccava, in lettere dorate, la scritta 'Divine Commedy: Paradise.' "Che succede, papà?" domandò osservando gli occhi azzurri di Tilo brillare di quella luce che, ormai sapeva, accompagnava le sue vittorie scientifiche. "Ce l'ho fatta!" Rispose semplicemente, con quella nota di pura follia nel tono che Arkanta spesso aveva sentito nella sua voce.
Poco dopo si reggevano al corrimano di ferro sbrecciato, stando attenti a non calpestare le parti marcite degli scalini di legno. Con una fretta dettata dalla più alta vetta di entusiasmo mai raggiunta Tilo Vilosevich aprì la pesante porta rinforzata, mostrando al figlio il laboratorio che tante volte gli aveva fatto vedere, ma che esibiva sempre con rinnovato entusiasmo. Era da un po' che non ci metteva piede, ma notò subito la porta aperta della stanza Chirurgica, che mostrava un po' dell'interno. Il padre gli aveva parlato spesso degli esperimenti che svolgeva lì "E così… alla fine hai creato un Vampiro senza Cuore…" L'uomo non rispose, ma il ghigno che aveva sulle labbra gli informò che, in realtà, nella frase aveva sbagliato qualcosa. Lo prese per mano, portandolo nella stanza. Arkanta trattenne un urletto di meraviglia. Sul lettino giaceva un essere, per quanto sembrava, appena ventenne. I capelli, biondi e corti come quelli del padre, rilucevano di sfumature argentee alla strana luce della camera. Il petto era aperto, in modo da mostrare l'esperimento più importante mai riuscito. Il cuore era assente. Ma le vene si contraevano ritmicamente, pompando il sangue. Non fu quello a sorprenderlo, però. Già mille volte l'aveva visto con il Vampiro Pallido. Quelle che davvero lo sorprendevano erano le ali. Bianche e piumose, come non aveva mai viste. "Cos'è?" Domandò a bassa voce, quasi per paura di disturbare il sonno di quella meravigliosa creatura "E' un Angelo. E' bello, vero?" Il piccolo annuì appena, sfiorando con una mano la pelle nivea dell'essere. "Si…" rispose in un soffio. Non si sorprese quando il padre s'inginocchiò dietro di lui, passandogli un braccio attorno alla vita. "E' bello quasi come te." Gli sussurrò ad un orecchio per poi baciargli il collo. Arkanta non rispose. Lui non era neanche lontanamente paragonabile a quell'angelo dormiente. Ma, ormai lo sapeva, suo padre sul suo viso vedeva quello della madre. Anche con il viso sfigurato dai graffi, sarebbe stato sempre il più bello. "Ti amo tanto, Arkanta… davvero…" sapeva anche quello. E sapeva quello che poi sarebbe successo. Difatti le mani del padre gli si poggiarono sulla gola, stringendo su quel collo fragile. Non si oppose, era inutile. Sapeva anche quello, ormai. Lo sguardo gli si offuscò prima di quanto pensasse. E proprio mentre il respiro iniziava ad essere urgentemente necessario, la presa si allentò, per poi sparire del tutto. "Perché mi fai così male, Arkanta? Perché sorridi col suo sorriso e mi guardi col suo sguardo?" Gli domandò stringendolo a se e facendolo dondolare insieme a lui. Arkanta non rispose. Non avrebbe mai saputo cosa dire.

Aprì lentamente gli occhi. La stanza gli vorticava intorno e li richiuse. "Non devi sforzarti, hai preso una brutta botta." Spostò il capo verso la voce, aprendo gli occhi e tentando di mettere a fuoco il ventenne che gli sedeva accanto, in quella stanza d'ospedale. "Kvertus…" Mormorò con un sorrisino "Come ti senti, Arkanta?" Il Vampiro annuì "Mi sento la testa pesante." Kvertus sospirò "E' normale. Una mazza da baseball sulla nuca non è propriamente normale! Secondo il Dottore, tutti i ricordi che hai fino ad oggi potrebbero risultare compromessi." Il più giovane restò in silenzio, pensieroso "Infatti... non ricordo quando se n'è andato nostro padre." Ammise. Per un po' di tempo il fratello non rispose, poi sospirò "Avevi cinque anni. Non l'hai mai conosciuto, in effetti."
 
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