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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Beyblade (Bakuten Shoot Beyblade)
Titolo Fanfic: IL NONO GIORNO DELLA SETTIMANA
Genere: Sentimentale, Romantico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, What if? (E se...), Shounen Ai, Yaoi
Autore: ilakey galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 23/10/2004 20:24:13

yaoi- yuriyxboris- ^^ - I due ragazzi sono sempre stati legati fin da piccoli e hanno coltivato numerosi sogni assieme-
 
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NATALE
- Capitolo 1° -

IL NONO GIORNO DELLA SETTIMANA
Dedicata a Hohoemi ed Hie che in questi giorni ho conosciuto meglio ^^ e sono due fanciulle XD (si dice ragazze.. NdBoris) fantastiche!!! Spero che la fic non sia venuta troppo male ç__ç
Ambientata dopo la prima serie, la terza serie non è contemplata O_O

Il monastero era immerso nel silenzio solo qualche sospiro e sibilo non voluto si perdeva nell'aria della notte. Era il 25 Dicembre dell'anno 1998, più precisamente ci troviamo a Mosca spostati verso la periferia.
Le stanze all'interno dell'edificio erano tutte chiuse e immobili a quell'ora di sera, i letti addormentati e le luci spente. Solo qualche ritardatario nonostante la mezzanotte fosse passata, era ancora sveglio con la luce accesa e stava leggendo qualche libro finito nel monastero Barkov come un dono oppure ricomponeva e puliva i pezzi del proprio beyblade, stanco dopo le numerose battaglie.
In una delle ultime stanze del corridoio, nel secondo piano, vi erano due ragazzi, uno sul letto ed uno su una coperta distesa sul pavimento. Il ragazzo sul letto aveva un'aria annoiata, vispi occhi color ghiaccio, la bocca in una sottile linea severa, il viso ovale e pallido, quasi sottile come quello di una ragazza, un vero e proprio ossimoro con la folta capigliatura color fuoco. Quello disteso a terra era semiarrotolato nella coltre color rubino, le palpebre coprivano la metà delle iridi acquamarina ed i capelli erano corti e scompigliati di un indefinibile sfumatura grigia e lilla. Un braccio piegato sotto di se faceva da cuscino al suo capo chino mentre l'altro arto era appoggiato alla pietra fredda del pavimento e le sue dita seguivano svogliate i contorni di una interessante mattonella scura.
 "Ti ho già augurato Buon Natale?" chiese improvvisamente Boris volgendosi verso il rosso.
Yuriy lo guardò storto "Un milione di volte." poi si alzò a sedere raccogliendo dietro il proprio orecchio una ciocca fuggiasca.
"Facciamo qualcosa di costruttivo, non vorrai passare tutta la notte di Natale standotene lì a deprimerti, spero." prorruppe levandosi in piedi ed avvicinando ad un comò che stava dall'altra parte del letto.
La stanza non era molto grande, aveva due letti ai lati opposti ed ognuno aveva accanto a se un piccolo comò. I due lati restanti erano riempiti da uno stretto armadio sgangherato, la porta d'entrata e una finestra che lasciava scorgere, tra le sbarre color ruggine ed il vetro, un tratto di cielo nuvoloso.
Yuriy estrasse carta e penna dal terzo cassetto, l'ultimo in basso e poi tornò alla sua precedente postazione.
"Siccome non ti piacciono i libri.." iniziò intercalando "..facciamo un gioco."
"Yu, hai sedici anni, non sei un marmocchio." protestò l'altro ma tuttavia si mise ugualmente a sedere stringendosi la coperta attorno al corpo infreddolito per la febbre.
"E allora?" domandò il Wolborgblader mentre divideva il foglio in due con un veloce tratto di penna e scriveva in alto nelle due colonne i loro nomi. "Conosci gli anagrammi?"
"No." monosillabò burbero il Falbrogblader.
"Praticamente devi trovare una parola a cui poi devi cambiare l'ordine delle lettere per formarne un'altra, capito?"
Boris tossì un paio di volte "E' una cazzata." esclamò infine con la poca voce che gli era rimasta "Vado a dormire."
"Coda, cado." iniziò Yuriy scribacchiando sul foglietto malandato.
"Ho detto che non voglio giocare."
"Mela, male."
"Ti odio quando fai così!"
"Sei un po' indietro con le parole caro mio. Sono già a due."
Boris si alzò, sempre tenendosi appresso la coperta, e si sedette sbuffando accanto all'amico che lo stava osservando incuriosito.
Yuriy aveva degli occhi bellissimi, pensò il ragazzo dai capelli lilla, l'aveva sempre saputo, anche i suoi capelli erano splendidi, sembravano fiamme rosse che riuscivano a trasmettere attorno a se tutto il calore e la personalità del loro proprietario.
"Rosso, sorso."
Il Wolborgblader sorrise e scrisse le due parole pronunciate dall'amico sotto la colonna rispettiva. "Rema, mare."
I due continuarono così per qualche tempo, non avevano niente di meglio da fare la notte di Natale se non tentare di stare insieme e di dimenticare quello che vivevano tutti i giorni. Barkov non era lì, stava ritornando dal Giappone dopo una consulenza con il signor Hito ed, anche se vi erano comunque le restanti guardie, le regole erano leggermente meno rigide.
Meno rigido invece non era il freddo che aveva fatto ammalare il giovane Falborgblader che ora si dibatteva tra il trentotto di febbre e la tosse repentina ma che non era esonerato per questo dagli allenamenti quotidiani.
"Nano, nona." continuò Yuriy che ora era nettamente in vantaggio.
Boris si girò verso di lui un po' confuso "Come 'nona'?" domandò sospettoso.
"Ma sì." spiegò il rosso "Nona come la nona ora del giorno, oppure il nono giorno della settimana."
Il giovane Huznestov lo osservò con tanto d'occhi ed un sorriso ironico sul volto "In una settimana ci sono sette giorni!"
"E allora?....ah.." accortosi dell'errore commesso il capitano dei Demolition Boys scoppiò in una breve risata. "Bhè non suona male dai! Il nono giorno della settimana." si giustificò poi.
"Sei tutto matto."
"Però se esistesse il nono giorno della settimana sarebbe oggi visto che è martedì."
Erano scoccate le una di notte ma non c'erano orologi che indicavano l'ora, solo l'alto campanile di fianco al monastero, indietro sempre di quattro minuti. Davanti a quel campanile Yuriy e Boris si erano incontrati per la prima volta.
Avevano entrambi dieci anni e il rosso abitava al monastero già da tre anni prima che arrivasse l'amico, quel giorno erano arrivati alcuni bambini trovati per strada o in orfanotrofi vari insieme a tre guardie. Barkov l'aveva mandato a mostrare loro il monastero e a spiegare loro le regole, visto che già da tempo era il pupillo di Vladimir.
Il loro primo incontro era stato un disastro...decisamente. Avevano fatto a pugni per un futile motivo che ora nessuno dei due nemmeno ricordava più, fatto sta che erano stati immediatamente messi in punizione nei sotterranei in due celle contigue. Al buio, con il freddo che penetrava nelle loro ossa si erano messi a raccontare le proprie vite attraverso le sbarre e in quel momento, in cui ognuno apriva la mente all'altro, si era creato un legame indissolubile.
"Ho vinto." esclamò Yuriy dopo qualche minuto concludendo così la partita.
"Non è giusto, io ne ho altre da mettere." borbottò debolmente Boris.
Il rosso rimise al proprio posto carta e penna e si sdraiò sotto le coperte. "Meglio dormire ora, o domani non riusciremo a reggerci in piedi." constatò anche se sapeva che con ogni probabilità l'altro non si sarebbe retto in piedi ugualmente.
Boris fece per alzarsi ma venne bloccato dalla mano destra dell'amico. "Dormi qui, solo per questa notte." gli sussurrò.
Il Falborg blader arrossì leggermente poi annuì titubante e si mise accanto al rosso sotto le coltri insieme a lui, ancora avvolto però dalla propria coperta.
Yuriy spense la luce e il buio della stanza si infittì improvvisamente, poi parve diradarsi dal momento che gli occhi dei due ragazzi stavano iniziando ad adattarsi alla visuale notturna. La luna fuori era ricoperta da un'immensa nuvola grigio scuro che non aveva la benchè minima intenzione di spostarsi dal suo comodo posticino. In lontananza un cane abbaiò a lungo come a voler segnalare la presenza di un qualche intruso.
Il rosso passò veloce una mano dietro la spalla del compagno, mentre con la sinistra scostava un lembo un lembo della coperta per osservare il volto arrossato dalla febbre dell'altro russo. Gli occhi acquamarina erano semichiusi e lo osservavano lucidi, sembravano quasi due pozze di lacrime che si riflettono nel mare.
"Hai freddo?" chiese a bassa voce.
"Non molto."
Dall'attimo di sfogo natalizio erano tornati alla silenziosa normalità. L'ultima volta che avevano dormito assieme era stata quando entrambi avevano quindici anni, la notte prima del torneo mondiale, per infondersi sicurezza.
"Sicuro?"
Non gli giunse alcuna risposta, Boris si era beatamente addormentato.
-Tra le mie braccia.- aggiunse la sua mente ricolma di uno strano sentimento di agitata tranquillità.
Tra le sue braccia.
Come una cosa sola, come se tra loro ci fosse qualcosa che nessun altro poteva condividere, riservata solo a loro due.
Nessuna guardia crudele con le proprie punizioni, nè Barkov con la sua folle mani di grandezza, nessun blader freddo e chiuso in se stesso. Perchè loro non erano chiusi in se stessi, erano chiusi in loro stessi.
"In noi." forse le aveva dette o forse solo pensate. Fuori aveva appena ricominciato a nevicare copiosamente, se usavi l'immaginazione potevi persino sentire il rumore della neve che si posiziona danzando il proprio valzer sulla bianca pista da ballo.
E pensare che quel monastero che tanto desiderava il mondo intero, non era altro che un minuscolo puntino nello stesso mondo che di lui tutto ignorava e nemmeno considerava.
Persino Barkov, non era nessuno.
Quella notte dormirono tranquilli e indisturbati.

24 Dicembre-Martedì- 2004
Ancora Mosca, la case e gli alberi. La folla che si accavalla per comprare gli ultimi regali di Natale.
Ancora neve.
Il Gorky Park, non molto distante da casa sua, con le ragazze che intirizzite dal freddo, con le guance rosse, pattinano sul ghiaccio. I bambini fanno piccole gare a palle di neve e vengono sgridati dai genitori mentre la vecchia Davidova inseriva dischi di musica tranquilla i quali disperdevano nell'aria le loro alte note perchè Irina Davidova era sorda e non sapeva regolare il volume della musica.
Passò oltre, fortunatamente da casa sua non si sentiva quella dannata musica che in realtà era sempre la stessa, i soliti quattro dischi suonati in ordine casuale.
Con la sciarpa rossa che gli copriva anche il naso e le mani diligentemente in tasca, passò via Krismky e si intrufolò nell'innevato (tanto per cambiare, pensò) viale Pavlovich dove aveva un piccolo appartamento.
Era da due giorni che non tornava a casa, non che lì avesse qualcosa da fare, meglio stare in centrale che in quello squallido appartamento. E poi era Natale e lui detestava il Natale, lo trovava noioso e ripetitivo, solitario.
Almeno la centrale Golodkin era più animata e c'era sempre qualcosa da fare per tenersi occupati nonostante le seccature di Renko.
Si pulì i piedi sul tappetino dell'entrata e nell'atrio, prima di salire le scale, vide Valerya Pribluda, i riccioli argentati appiccicati al volto e gli occhi chiari e rugosi, piccola e minuta nei suoi abiti da uomo. Si volse verso Boris, ogni scusa è buona per attaccare bottone, pensò lui con rammarico.
"Allora Boris, dove sei stato in questi giorni?" chiese con voce gracchiante.
"Al lavoro." rispose lui sperando di cavarsela con una sola domanda e togliendosi i guanti.
"Lo sai cos'è successo?" iniziò la vecchia con fare pettegolo e agitando furbescamente nell'aria una mano adunca.
Il russo ventunenne salì il primo gradino "Mi dispiace Pribluda ma sono veramente stanco."
"Ma ascoltami un attimo!" esclamò offesa la donna alzandosi dalla propria poltroncina e arrivandogli accanto.
"Vieni vieni." lo chiamò salendo fino al proprio piano ed aprendo la porta dell'appartamento. La casa di Valerya era persino più disordinata di quella di Boris. L'entrata era un labirinto di scatoloni e ceste foderate. Sul tavolo nel centro della stanza stava un grosso gatto bianco dagli occhi gialli offuscati dalla cataratta e la coda paffuta che pendeva nel vuoto.
"Vado a prendere una cosa, dai tu da mangiare ad Arkasha?" La vecchia, senza ascoltare la risposta del giovane si intrufolò tra un maestoso divano ed un mobiletto con alcuni libri, entrando in un'altra stanza che doveva essere la camera da letto.
Boris guardò Arkady, il gatto che la donna chiamava affettuosamente Arkasha, poi sbuffando prese una delle scatolette di latta vicino al lavello e versò il contenuto dentro un piattino accanto alla prima cesta. Arkady balzò, pericolosamente senza equilibrio, a terra e si avvicinò titubante al cibo annusandolo.
"Mi rifiuto di chiamarti Arkasha, stupida palla di pelo." rimise la scatola al suo posto "Sono ridotto proprio male se parlo con un gatto in fin di vita come te. Ma dopotutto con chi altri potrei parlare?"
Era sempre vissuto a Mosca, sì era stato anche a Kiev ed a San Pietroburgo ma solo per motivi di lavoro. Una volta quando era ancora un ragazzino e viveva al monastero, lui e Yuriy avevano fantasticato su cosa e chi sarebbero diventati.

"Io morirò qui, scommettiamo?" aveva detto Boris finendo di montare Falborg. Yuriy l'aveva guardato storto accompagnando l'occhiata con uno schiaffo sulla nuca. "Sei uno stupido, se muori tu allora morirò anch'io."
Questa volta era il turno dell'occhiataccia di Boris. "Non volevi diventare uno scrittore?"
"Allora io diventerò uno scrittore e tu vivrai con me." Un pensiero alquanto stupido ma dopotutto avevano solo quindici anni. "E che cosa scriverai?"
"Un libro su noi."
"Il monastero?"
"Noi due."
Perchè la sua voce gli era improvvisamente apparsa così dolce?

Arkady iniziò a farsi le unghie sui suoi pantaloni, beato mentre Boris tentava di staccarlo senza tuttavia rovinare la stoffa. "Insopportabile come sei ti dovrebbero sopprimere." borbottò chiedendosi dove diamine era finita Valerya Pribluda.

Boris aveva rimesso nella tasca il proprio beyblade. "Ed io cosa sarò?"
Il rosso l'aveva osservato esageratamente a lungo come soppesando ardue possibilità di scelta. "Tu diventerai un poliziotto." aveva profetizzato alla fine.
Il russo dai capelli lilla si era messo a ridere. "Certo! come no."

Come no. Agente Huznestov, con una marea di lavoro da sbrigare e un dannato capo investigatore di nome Renko Chuchin, un pignolo che veniva dalla Siberia, cresciuto in un paesetto di cui lui non aveva mai sentito parlare.
Yuriy aveva profetizzato giusto, ma perchè allora non vivevano insieme? Perchè l'aveva lasciato solo?
Dove erano i suoi bestsellers?
Ma soprattutto, dove era il suo affetto?
Lui ne aveva un disperato bisogno ma se ne era accorto troppo tardi. Si era accorto troppo tardi di amarlo.
Il suo amore perduto, suona romantico, ma è una vera cazzata, lui non voleva un amore perduto, lui voleva amarlo lì, subito, per sempre.
"Eccomi qua ragazzo mio." disse la vecchia entrando improvvisamente con andatura altalenante ed un pacchetto in mano. Osservò compiaciuta Arkasha che si ingozzava e poi porse la scatola rettangolare ad Huznestov.
Lui rimase un attimo interdetto..quella vecchia svitata gli aveva fatto un regalo per Natale?
"Non è da parte mia stupido!" brontolò burberamente Valerya come se gli avesse letto nel pensiero. Allora Boris si decise ad afferrare titubante il pacchetto.
Non era molto spesso, era un rettangolo ricoperto di carta nocciola con un biglietto con stampato sopra il suo indirizzo.
"E' arrivato ieri ma tu non c'eri!" lo rimproverò la Pribluda. "Bhè? Non lo apri?"
S' certo, vecchia impicciona, proprio qui davanti a te.
"Non ora, torno a casa." ed uscì dall'appartamento sotto gli occhi contrariati della donna e quelli velati del suo gatto. Dopo essersi chiuso la porta dietro di se, tenendo il pacco in mano, salì rapidamente l'ultima rampa di scale ed entrò in casa propria.
Caos gelido.
Andò ad aprire il riscaldamento poi appoggiò il pacco sul tavolo con noncuranza e si preparò un caffè dopo essersi tolto la sciarpa e il giaccone.
Ringraziò se stesso per avere una cucina così pulita in confronto a quella di Arkasha & Valerya, poi si sedette con la tazza colma di nero in mano, a fissare il rettangolo misterioso.
Chi poteva averglielo mandato? Il primo pensiero andò a Rossya Marakov, una seccatrice diciannovenne che si era invaghita di lui l'estate scorsa e che lui aveva ostinatamente mandato al diavolo.
Un regalo di Natale da incubo, qualcosa di fatto in casa con un diabetico bigliettino rosa.
Seconda opzione? Potevano benissimo aver sbagliato indirizzo, Huznestov non era certo un cognome comune a Mosca ma neanche raro mentre Boris, bhè di Boris la città era colma. Oppure Renko, animato da un improvviso quanto miracoloso buon animo natalizio, aveva deciso di mandargli un regalo.
Per Boris Huznestov, lesse sul biglietto.
Non era sicuro di volerlo aprire, era meglio restare illuso sul fatto che quel pacco era veramente lì per lui e solo per lui.
Mise la tazza vuota nel lavello, in precario equilibrio su alcuni piatti abbandonati poi andò a farsi un bagno nell'acqua bollente.
Poi si rivestì pesante e tornò in cucina e si accese una sigaretta con il fornello a gas.
Un brutto vizio rilassante. Aveva iniziato a fumare a diciassette anni e si riprometteva sempre di smettere, Yuriy l'avrebbe costretto a smettere se fosse stato lì.
Ripensò all'articolo di giornale che aveva ritagliato due anni fa da un vecchio giornale risalente all'anno 1999, i primi giorni di Gennaio. L'articolo, di un certo Milov Borodin, narrava dell'incendio che due giorni prima aveva completamente distrutto un antico monastero nella periferia di Mosca. Il fuoco aveva ucciso quasi la metà delle persona che gli stavano dentro, rimaste intrappolate dalle fiamme mentre i fuggitivi erano stati immediatamente portati all'ospedale.
Non si sapevano le cause dell'esplosione, avvenuta in prossimità dei sotterranei, ma alcuni la collegavano ad illegali esperimenti, i segreti dei quali erano morti con il signor Vladimir Barkov, soffocato nella sua stanza mentre dormiva.
Quella stessa notte Yuriy e Boris erano stati divisi, quest'ultimo si era ritrovato nell'ospedale al centro di Mosca, solo e con qualche magra spiegazione dell'accaduto, poi era stato mandato dritto al primo orfanotrofio nel giro di cinque kilometri e nessuno si era degnato di rispondere alle sue richieste di ritrovare Yuriy o almeno Sergej ed Ivan.
Non aveva mai nemmeno saputo se Yuriy Ivanov era morto o ancora vivo...per lui era diventato un poliziotto, per avverare almeno uno dei loro sogni.
"Al diavolo il Natale." sussurrò tra se prendendo in mano il pacchetto ed iniziando a strappare la carta velocemente, con la sigaretta tra le labbra.
Sotto la normale carta marrone trovò un agile volume, un libro praticamente.
Lo osservò svogliato, aveva una copertina rigida con disegnato sopra un pupazzo di neve, come in una fotografia. Le pagine sapevano di carta appena stampata ed erano leggere al tatto come ali di farfalla.
Tornò a guardare la copertina.
'Il nono giorno della settimana'
Questo era il titolo. Il cuore gli balzò in gola e dalla bocca dischiusa gli uscì un verso strozzato come un singhiozzo. Febbrilmente spostò lo sguardo sull'autore del libro.
Ivanov Yuriy.
Yuriy.
Il giramento di capo lo costrinse ad appoggiarsi al tavolo mentre le ceneri della sigaretta cadevano sul pavimento ignorate da tutti.
Tornò a guardare la carta da pacco agitandola per vedere se al suo interno era nascosto un biglietto, una lettera, qualsiasi cosa.
Ma dentro non vi era niente. Con il cuore che batteva a mille aprì il volume e iniziò ad ammirarlo dalla prima pagina bianca. La seconda conteneva il titolo, che rimbalzava nella sua mente da bravo ballerino.
Voltò ancora pagina, dei futili ringraziamenti, nomi che lui non conosceva.
Nella pagina successiva.
Per Boris.
Aveva dedicato quel libro a lui?
Scorse veloce le pagine fino ad arrivare all'ultima. Improvvisamente apparve una macchia bagnata che dilagò leggermente sulla carta opaca. Altre lacrime scesero sulle sue guance, così tante che con i singhiozzi avevano iniziato a scuotergli dolorosamente l'anima.

Gorky Park. Martedì 25 Dicembre, alle ore 20.30.
Ti amo.
Yuriy Ivanov.

In penna nera, allungate, inconfondibilmente la calligrafia di Yuriy.
Ti amo.
Erano le 20.16
Uscì di casa dimenticandosi la sciarpa e il cappotto ed iniziò a correre.
Pribluda stava spettegolando con Anatoly Davydov, un vecchio generale che abitava accanto a lui.
Passò oltre ed ignorò i commenti scandalizzati sulla sua sconsideratezza.
"Senza giacca? ragazzo!" gli urlarono dietro.
Non aveva bisogno di uno stupido cappotto, Yuriy lo stava aspettando e allora sarebbe stato il suo amore a scaldarlo.



 
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