Fanfiction pubblicata il 20/08/2004 17:16:59 - Ultimo inserimento 23/08/2004
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LEI
19.07.004
Nota: Il titolo della fan fiction è preso dall'omonimo libro di Jane Green di cui tutti i diritti sono suoi anche se la mia fan fiction non c'entra niente con il libro della Green.
Nota 2: E’ una fan fiction senza pretese. Volevo solo toccare un argomento che mi fa pensare un sacco. Spero di aver reso l’idea. Fatemi sapere.
J.
Non a tutti gli uomini piacciono le altre
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Capitolo 1°
Lei
“Chiamo a testimoniare la signora Lidya Montrey.”
“Prego signora Montrey, si accomodi.”
“Giura, davanti alla corte e alla giuria di questo tribunale di dire la verità nient’altro che la verità?”
“Lo giuro.”
“Come era il suo rapporto con suo marito?”
“Ho sempre pensato che io e mio marito fossimo un bel duo. Tutto sommato eravamo affiatati. Certo, ognuno aveva le sue menate e le sue insicurezze, ma chi è che non ne ha? Credo che, se avessimo evitato di far menare anche l'altro con le nostre esasperazioni, saremmo stati ancora più felici. Ma in fondo è normale. Voglio dire, eravamo sposati, è normale condividere tutto, giusto? Eppure ultimamente vedevo mio marito Kat sempre più distante.”
“Come vi siete conosciuti?”
“Ci siamo conosciuti e innamorati giovani. Avevamo appena diciassette anni... Ci siamo messi insieme quasi subito e dopo tre anni, all'età di vent'anni, ci siamo sposati.”
“Come si è accorta che qualcosa non andava?”
”Siamo stati molto felici, nei primi due anni, poi, al compimento del terzo anniversario, lui ha cominciato ad allontanarsi. Non so se sia cominciato proprio in quel momento o se era già una situazione che si verificava prima, ma è stato quel giorno che me ne sono accorta. Non so come o perché. Probabilmente per il fatto che lui se ne era dimenticato tornando a casa alle tre del mattino del giorno dopo facendomi stare terribilmente in ansia (perché non aveva avuto neanche la decenza di avvisare) e la delusione per la sua dimenticanza. Non ne feci parola con lui, ma quando andò in cucina per prendersi un bicchiere d'acqua, si accorse del tavolo apparecchiato elegantemente e si ricordò all'istante di che giorno fosse. Cercò in tutti i modi di scusarsi, ma io non volevo sentire ragioni. Ero arrabbiata all'inverosimile con lui, non solo perché se ne era dimenticato ed era tornato tardi senza per altro avere una scusa plausibile!, ma soprattutto perché erano settimane che spariva senza dirmi niente e tornava a ore impensabili. In più il suo cellulare squillava molto più spesso di quanto avesse mai fatto e tra di noi non c'era più stato nessun contatto fisico. Neanche un abbraccio. Per non parlare poi del sesso. Erano mesi che non lo facevamo.”
“Come ha affrontato questa mancanza?”
“All'inizio credevo si trattasse solo di una fase passeggera e i primi giorni non mi preoccupai, ma poi i giorni divennero settimane e le settimane mesi e io cominciai a covare l'orribile presentimento che lui avesse un'amante.”
“Glielo disse?”
“Affrontai l’argomento apertamente e mio marito fu costretto a confessare. Mi disse di amare questa persona e di aver provato tante volte a dirmelo ma di non esserci mai riuscito.”
“Lei gli credette?”
“Non gli credetti e gli urlai di essere uno schifoso. Lui provò a calmarmi ma non ci riuscì. Gli detti uno schiaffo molto forte e scappai in camera. Quella sera non tornò sull’argomento e dormì sul divano, ma l’indomani mattina, a colazione, si decidette a parlare.”
“Cosa le disse?”
“Mi disse che gli dispiaceva e che non avrebbe mai desiderato farmi del male. Io risposi che invece me lo aveva fatto e lui si scusò ancora.”
“Si scusò soltanto?”
“No. Mi spiegò i suoi sentimenti e io cercai in tutti i modi di non compiere un gesto dettato dall’ira, ma quando alla fine mi disse di non poter fare a meno di questa persona, gli tirai la tazza che stavo lavando e lo colpì al sopracciglio.”
“A quel lancio è dovuto quel taglio sul sopracciglio del signor Faerley?”
“Sì. Glielo procurai io con quel lancio.”
“Dopo il lancio cosa accadde?”
“Guardai il suo sopracciglio sanguinare e mi pentii subito di avergliela tirata. Così andai in bagno a prendere l’occorrente per disinfettarlo.”
“Lo disinfettò?”
“Sì. Mi aveva tradito ma io lo consideravo sempre e comunque mio marito, l’uomo che amavo e che mi aveva reso felice tanti anni senza mai farmi mancare nulla.”
“Dopo averlo disinfettato cosa fece?”
“Trassi un profondo sospiro e lo invitai a continuare da doveva aveva interrotto. Lui finì il suo racconto, raccontandomi dove si erano incontrati e come era cominciata e poi gli chiesi chi fosse.”
“Non l’aveva insospettita il fatto che avesse definito la persona con cui la tradiva ‘quella persona’?”
“Sì. Per questo gli chiesi chi fosse, altrimenti non lo avrei mai fatto. Non sono così masochista!”
“E lui cosa le rispose?”
“Ci mise qualche momento per rispondermi ma quando alla fine lo fece mi sentii morire. Non potevo crederci.”
“Cosa le disse?”
“Di essere innamorato di un uomo.”
“Come reagì?”
“Mi sentii ancora più tradita. Potevo accettare di essere stata umiliata e superata da una donna ma non da un uomo.”
“Perché?”
“Perché significava che non mi amava. Credevo che mi avesse preso in giro.”
“Glielo disse?”
“Sì.”
“E lui cosa rispose?”
“Non rispose.”
“Perché?”
“Probabilmente non voleva ferirmi ulteriormente.”
“Apprezzò il gesto?”
“Da una parte sì.”
“Dall’altra?”
“No, non gradii, ma lo compresi, per questo non insistetti.”
“Gli chiese il nome dell’uomo?”
“Non è un uomo… è un ragazzino. Ha appena vent’anni…”
“Suo marito quanti ne ha?”
“Ventitre. Quasi ventiquattro. La mia stessa età.”
“Il nome del ragazzo?”
“Jery. Jery Mattes.”
“Lo ha conosciuto?”
“L’ho visto stamattina in aula. Non lo avevo mai incontrato prima però mi ricordo di averlo visto servire ai tavoli del bar dove Kat va a fare colazione tutte le mattine.”
“Gli ha parlato?”
“No. Non sono ancora pronta.”
“Questo significa che prima o poi vorrà parlargli?”
“Forse. Probabilmente quando mi sentirò meglio lo farò.”